Archivi autore: leandro

Stefanini, Giacinto

Giacinto Stefanini
N.
M. Levanto 1812

Relazioni di parentela: Non si conoscono rapporti di parentela né ascendenti né discendenti che possano far pensare a una dinastia.

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Ingegnere militare, topografo.

Biografia:
La data precisa della nascita rimane per ora oscura, ma si presume sia nato a Levanto intorno al 1770. Muore, assassinato, a Levanto, nel 1812. In un registro dell’archivio comunale della località (registro 189) si conserva notizia dell’omicidio. Con lettera del 31 maggio 1812 il maire informa il prefetto del fatto avvenuto nella notte del giorno precedente. Con lettera successiva (6/6/1812) si descrive la dinamica del fatto in questi termini: il «capitano dimissionario del Genio, Giacinto Stefanini, mentre si recava a casa con la figlia Luisa di anni 15, alle ore 10 della notte, in località Piano di S. Rocco del comune di Levanto, veniva assalito e pugnalato a morte». L’omicida riconosciuto dalla figlia è il nipote, Francesco Barletta, che uccide per vendicarsi della non restituzione di somme dovute dal padre dello Stefanini.

Produzione scientifica:
Il 6 dicembre 1796 firma, a Genova, con Giacomo Brusco, Francesco Pezzi e Agostino Menici, la Relazione per la batteria sulla punta detta della Torre d’Amore da levante della città e sulla punta o penisola di Sant’Andrea da ponente (Fara, 2006, p. 207).
Conosciamo poi una carta intitolata Piano dell’attacco di Serravalle e successiva al giugno 1798: ASG, Raccolta cartografica, n. 1079, SERRAVALLE, 7, busta 17 bis (per la scheda descrittiva si rimanda al catalogo).
Redatta attorno al 1800 è la Descrizione del Golfo della Spezia, delle sue fortificazioni, e dello stato attuale delle medesime e Sentimento sulla difesa del Golfo della Spezia.
Nel 1805, insieme a Girolamo Spinola, esegue rilievi sul terreno dello Sperone e del Diamante, chiavi del sistema difensivo genovese (ISCAG, FT 2560, 2562).
Nel 1806 esegue un rilievo della Spezia e del suo circondario (Plan de la ville de la Spezzia et de ses environs levé trigonométriquement (ISCAG, FT 64/A, 4014) e il Plan de l’anses des Graces dans le Golfe de La Spezia avec sondes (ISCAG, FT 64/A, 4023) con risultati molto lodati dai contemporanei. La precisione del Plan de la ville sarà superata solo con l’introduzione del sistema a curve di livello da parte dei topografi francesi comandati dal capo di battaglione P.-A. Clerc (Rossi, in stampa). Così A. Fara: «Il capitano Stefanini svolse nel 1806 il rilievo della città e dell’Ansa delle Grazie sulla costa occidentale del Golfo. Egli adottò una rappresentazione classica dell’orografia, a sfumo e luce obliqua, che non era ancora quella a delle curve orizzontali che verrà impiegata dopo qualche anno in maniera sistematica proprio sul territorio della Spezia. Ma il suo rilievo della città assume ora una notevole importanza nella cartografia della Spezia. Si distingue per l’esattezza trigonometrica e rappresenta una delle piante fondamentali per lo studio della città ancora chiusa nelle mura seicentesche e dotata di sei porte» (Fara 1983, p. 32).
Fara dice anche che nello stesso anno, su ideazione del capitano Etienne Delmas, Stefanini compila il progetto per una ridotta fra il monte Due Fratelli e lo Sperone, alle spalle di Genova (ISCAG, FT 2533, 2537) e che con Etienne Delmas e Francesco Pezzi collabora alla stesura del Mémoire sur le golphe de la Spezia di Hyacinthe Boucher de Morlaincourt datato luglio 1807.

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
P. Cevini, La Spezia, Genova, Sagep, 1984.
A. Fara , La Spezia, Bari, Laterza, 1983.
A. Fara, Napoleone architetto nelle città della guerra in Italia, Firenze, Olschki, 2006.
L.C. Forti, Le «gite» nel golfo della Spezia di Giacomo Brusco (1793-1794). Dall’analisi topografica alla difesa marittima del golfo, in M. Quaini (a cura di), Carte e cartografi in Liguria, Genova, Sagep, 1986, pp. 232-238.
L.C. Forti, Fortificazioni e ingegneri militari in Liguria (1684-1814), Genova, 1992.
L. Rossi, La nascita della cartografia a curve di livello tra Francia e Italia, in A. Cantile (a cura di), La cartografia in Italia. Nuovi metodi e nuovi strumenti dal Settecento a oggi, Firenze, Istituto Geografico Militare, in corso di stampa.

Altro:

Rimandi ad altre schede: Giacomo Brusco, Francesco Pezzi, Pierre Antoine Clerc

Autore della scheda: Carlo Alberto Gemignani

Pezzi, Francesco

Francesco Pezzi
N. 1764
M. novembre 1816

Relazioni di parentela: Non si conoscono rapporti di parentela né ascendenti né discendenti che possano far pensare a una dinastia.

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Ingegnere militare, professore di matematica e ingegneria militare

Biografia:

Produzione scientifica:
L’attività grafica di Francesco Pezzi è legata al ruolo di ingegnere nel campo dell’artiglieria e delle fortificazioni. La produzione autografa nota è comunque esigua.
Soprattutto per le fasi operative più precoci è difficile distinguere i lavori di Pezzi da quelli del superiore diretto Giacomo Brusco.
Con Brusco Pezzi lavora, a partire dal 1787 e per oltre dieci anni, alla «Pianta geometrica del recinto delle Nuove Mura della città di Genova» (L. C. Forti, 1992, p. 229).
Nel 1794 inizia una prolungata serie di ricognizioni a La Spezia. In questa occasione Pezzi invia alla Giunta di Pubblica difesa della Repubblica una memoria intitolata: Riflessioni intorno alla difesa del Golfo (19 maggio 1794), che propone la costruzione di batterie sulla Palmaria, sulla spiaggia della Grazie e ai Cappuccini (quest’ultima verrà effettivamente eseguita nel 1798. Cfr. A. Fara 1983, pp. 29-30).
Il 6 dicembre 1796 firma, a Genova, con Giacomo Brusco, Agostino Menici e Giacinto Stefanini, la Relazione per la batteria sulla punta detta della Torre d’Amore da levante della città e sulla punta o penisola di Sant’Andrea da ponente (A. Fara, 2006, p. 207).
Del 16 ottobre 1796 è il Rapporto sul Golfo che fa il punto su alcune considerazioni difensive proposte dal Brusco per La Spezia (A. Fara, 2006, p. 224).
Nel 1799 invia col Brusco una lettera al Ministro di guerra e marina che analizza i dati raccolti in seguito ad una ricognizione presso il forte Diamante, giudicato da Menici bisognoso di urgenti interventi difensivi (A. Fara, 2006, p. 209-210). Dopo la capitolazione di Genova, durante la seconda campagna d’Italia (giugno 1800) redige una Relazione relativa alle fortificazioni genovesi destinata al capitano de Liliemberg (A. Fara, 2006, p. 210).
Ancora inerenti la situazione genovese sono il Mémoire sur l’état de situation des plans de la direction de Gênes à la fin de 1807, sur le travaux qu’on y a executés pendant la même année, et sur les ouvrages projetés puor l’an 1808 (Genova, 22 gennaio 1808 – A. Fara, 2006, p. 217) e il Mémoire supplémentaire sur l’assiette des établissemens militaires de la place de Gênes (Genova, 16 aprile 1808 – A. Fara, 2006, p. 212).
Per quanto riguarda l’attività spezzina in questi anni, risulta collaborare con Giacinto Stefanini ed Étienne Delmas alla stesura del Mémoire sur le golphe de la Spezia di Hyacinthe Boucher de Morlaincourt (Mantova, 7 luglio 1807 – A. Fara, 2006, p. 225) insieme al quale Pezzi aveva disegnato, nel 1806, il “taglio” del bastione della cittadina Porta a mare (Museo Tecnico Navale di La Spezia – MTN – 10145, A. Fara, 2006, p. 225).
Conosciamo poi un personale Mémoire sur le golfe de la Spezia, datato gennaio 1808, che sintetizza la visione difensiva del Pezzi maturata negli anni (A. Fara, 1983, p. 37; L. Rossi, 2003, p. 94 e 132; A. Fara, 2006, p. 235). Con questo rapporto – nel quale vengono riprese alcune idee contenute in un memoriale dell’anno precedente, compilato dal colonnello Morlaincourt – Pezzi traccia le linee generali di un sistema imperniato sulla costruzione di un forte fondato direttamente in acqua al centro del Golfo – alla profondità di 15 metri – e sulla realizzazione di un grande arsenale marittimo, con conseguente cambiamento di destinazione per il Lazzaretto del Varignano (A. Fara 1983, p 34).
Del 7 Aprile 1808 è il Précis sur le moyens de défense employés au golfe de la Spezia en exécution des ordres de Son Excellence le ministre de la guerre, datès du 29 janvier 1808, che prevede un’incremento dell’armamento delle fortificazioni (A. Fara, 2006, p. 227).
Il progetto generale e definitivo della difesa costiera, redatto da Pezzi è datato 13 luglio 1808 e intitolato Projet de défense pour le golfe de la Spezia (A, Fara, 1983, pp. 36-37; A. Fara, 2006, p. 236), Si fonda ancora una volta sull’idea del forte realizzato in mare, tra la torre della Scola e le punte S. Terenzio e S. Teresa. Il documento risulta corredato di un disegno ad acquerello finora non reperito (L. Rossi, 2003, p. 132).
Tra il 1808 e il 1809 redige una ulteriore serie di progetti riguardanti varie opere fortificate: batteria da tre cannoni da 24 alla Mariella nella Palmaria (MTN, 10143); batteria da quattro cannoni da 24 e tre mortai da 12 pollici alla Scola nella Palmaria (MTN, 10143); batteria San Pietro a Porto Venere; batteria della punta della Castagna; batteria di Maralunga (MTN, 10172); forte sul punto culminante della Palmaria; cinta continua dal punto culminante della Castellana al mare (A. Fara 1983, p 41; A. Fara, 2006, p. 258).
Nel 1810, in seguito ad ordine imperiale del 6 gennaio, è chiamato a seguire i progetti di costruzione di due ridotte intorno a Piano (1 agosto, progetto elaborato dal capitano Chayron) e il progetto della ridotta della Cossa sulla Castellana in sostituzione del forte previsto nei pressi di Pianello al di sopra di Montale. Altri progetti riguardano un forte sul monte Soggio, una batteria a Maralunga, un forte sul plateau dell’Isola Palmaria e uno sulla sommità dell’isola del Tino (MTN, 10170-10171, in A. Fara 1983, p 4 e A. Fara 2006, pp. 258-259).
Un Precis sur la Défense Général du port de la Spezia, è firmato da Pezzi l’1 agosto 1810 e allega una carta del golfo in scala 1:10000, a sua volta riduzione di una carta trigonometrica in scala 1:5000 (Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio – ISCAG, cartelle Chiodo, Roma, in M. Quaini [2], 1986, p. 231).
Nel febbraio 1811 progetta una cinta di fortificazione sulla montagna di Porto Venere. Del giugno dello stesso anno è il piano per il «cavaliere o ridotto pentagonale» da costruirsi sul punto culminante della Castellana.
Nel gennaio 1812, su indicazioni del Consiglio del Genio, si occupa della ridotta «modello n.I» prevista ancora per il punto culminante della Palmaria (A. Fara, 2006 p. 260). Ancora nel 1812 Pezzi dirige il restauro della scarpa del forte Santa Maria.
Nel 1813, ultimo anno di servizio stila le Apostilles du Sous-Directeur des fortification sur les pprojets des ouvrages de fortification del la partie occidentale du Golf de la Spezia (20 gennaio). Per lo stesso anno risultano in progetto le batterie della Castagna, di san Pietro a Porto venere, della Scola, della Mariella e dei Marmi alla Palmaria, la cinta di Porto Venere e la ridotta sulla cima della Palmaria, tutte opere ascrivibili in buona parte a Pezzi. Altri progetti in cantiere, per i quali Pezzi diede certamente un contributo, riguardano il restauro delle torri pentagonali del Tino e della Scola, un forte sulla Castagna, un’opera all’angolo della cresta della Castellana, la torre della Polla e la diga di sbarramento del passo di Porto Venere ideata da François de Chasseloup-Laubat (1754-1833 – A. Fara, 2006 p. 260).

Come detto la produzione grafica autografa è piuttosto esigua. Nel volume edito da A. Fara nel 2006 compaiono attribuiti al Pezzi un Progetto del forte in mezzo al golfo della Spezia, del luglio 1808 (collezione privata, in A. Fara, 2006, tav. XLVIII) ed il Profilo schematico del forte stesso, datato giugno 1808 (collezione privata, in A. Fara, 2006, fig. 155).

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
A. Fara, La Spezia, Laterza, Bari, 1983
A. Fara, Napoleone architetto nelle città della guerra in Italia, Olschki, Firenze, 2006
L. C. Forti, Le «gite» nel golfo della Spezia di Giacomo Brusco (1793-1794). Dall’analisi topografica alla difesa marittima del golfo, in AAVV, Carte e cartografi in Liguria, Sagep, Genova, 1986, pp. 232-238
L. C. Forti, Fortificazioni e ingegneri militari in Liguria (1684-1814), Genova, 1992
M. Quaini [1], Dalla cartografia del potere al potere della cartografia, in AAVV, Carte e cartografi in Liguria, Sagep, Genova 1986, pp. 7-60
M. Quaini [2], Il Golfo della Spezia: dal fascino delle rovine al teatro del progetto, in AAVV, Carte e cartografi in Liguria, Sagep, Genova 1986, pp. 171-218
M. Quaini [3], A proposito di “scuole” e “influssi” nella cartografia genovese del Settecento e in particolare di influenze franco-piemontesi, in “Cartografia e istituzioni in età moderna” (Atti del convegno, 1986), Genova 1987, II, pp. 783-802.
C. Farinella, Un matematico genovese del XVIII secolo. Lettere di F.Pezzi a A. M. Lorgna e S. Canterzani, in Miscellanea storica ligure, anno XVIII n.2, Studi in onore di Luigi Bulferetti, Istituto di Storia moderna e contemporanea, Genova, 1986, pp. 765-881
L. Rossi, Lo specchio del Golfo, La Spezia, Agorà, 2003

Altro:

Rimandi ad altre schede: Giacomo Brusco, Giacinto Stefanini

Autore della scheda: Carlo Alberto Gemignani

Fra Mauro, Camaldolese

Mauro
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Cosmografo Camaldolese attivo nel convento di S. Michele a Murano

Biografia:
Ultimo quarto del XIV secolo - ca. 1559-1464.
Fra Mauro camaldolese celebrato dai suoi contemporanei con l'appellativo di cosmographus incomparabilis, è ricordato quale autore di un mappaemundi monumentale e celeberrima, disegnata intorno al 1450. Per secoli conservata nel monastero di San Michele di Murano venne esposta, a seguito della soppressione del monastero nei primi anni dell'Ottocento e dopo un breve passaggio a Palazzo Ducale di Venezia, nella Sala vecchia del Sansovino, nella Biblioteca Nazionale Marciana, dove tuttora è conservata (Mittarelli 1779, coll. 756-760; Zurla 1806; Gasparrini Leporace 1956, pp. 11-16). Fra Mauro passò tutta la vita a San Michele di Murano, come dimostrano alcuni atti notarili e i registri contabili del convento, presso il quale risulta "converso" già nel 1409 (Cattaneo 2003, pp. 21-26, con elenco dei documenti d'archivio e Cattaneo 2005a, pp. 345-359, per le loro trascrizioni). Nei vent'anni che seguirono, Fra Mauro dovette distinguersi come cosmografo, tanto che nel 1444 venne incaricato dai Savi ed Esecutori alle Acque - un organo permanente con poteri esecutivi di gestione della laguna - di fornire una perizia tecnica sulle deviazioni del fiume Brenta (Venezia, Archivio di Stato, Savi ed Esecutori alle Acque, Capitolare I, B. 342, f. 47v, 2 agosto 1444; Venezia, Archivio di Stato, Zendroni 1726, II pp. 172-180). Questo fatto getta luce sulle competenze che i cosmografi avevano tra Medioevo e Rinascimento indica l'abilità di rappresentare il mondo "a piccola scala", ma anche di disegnare mappe di regioni, province, e piccoli territori come la carta dei possedimenti del monastero camaldolese di San Michele di Leme in Istria, del 1437, disegnata da Fra Mauro per risolvere una disputa patrimoniale tra il monastero e un signorotto istriano, della quale si conserva solo un'edizione a stampa del 1762 (Costadoni e Mittarelli 1762, t. VII, pp. 252-256). Placido Zurla, nella monografia che dedicò all'opera di Fra Mauro nel 1806, summa di oltre cent'anni di storiografia camaldolese, basandosi su un libro contabile di San Michele oggi perduto, indica che tra il 1448 e il 1449 Fra Mauro lavorava alla creazione di mappemundi (Zurla 1806, pp. 79-80 che cita il Registro 451 - 1448 fino al luglio 1449 - di San Michele; Woodward 1987, p. 367). È probabile che Fra Mauro abbia allestito in questo periodo la mappamundi conservata nella Biblioteca Marciana. Tra il 1453 e il 1456 Fra Mauro compare diverse volte nel registro delle spese di San Michele come riscossore di prebende, occupandosi sopratutto di sbrigare faccende economiche tra il monastero e Venezia. È tuttavia l'8 febbraio 1457 e il 24 aprile 1459 che il nome del camaldolese ricorre sovente nei registri di San Michele, impegnato nella preparazione di un mappamundi per la maiestad del Segnor Portugal, commissionata cioè da Alfonso V (1432-1481) re di Portogallo e Algarve. A richiedere la carta per conto della corona portoghese fu l'ambasciatore Joao Fernandes Silveira, giunto a Milano e a Venezia nel 1456 per negoziare la partecipazione di milizie portoghesi al bando di crociata a seguito della caduta di Costantinopoli del 1453, promosso da papa Niccolò V e rinnovato da papa Callisto III (Monumenta Henricina, vol. 12, pp. 202-204). A giudicare dalle modalità di preparazione della nuova mappamundi, descritte con dovizia particolare nel registro dell'abate Maffeo - vennero impiegati scriptori e dipintori pagati a giornata, con la collaborazione anche di Andrea Bianco - si trattava quasi certamente di una copia derivata da una mappamundi già esistente, pagata complessivamente ventotto ducati e inviata in Portogallo il 24 aprile 1459, accompagnata dal patrizio veneziano Stefano Trevisan, andata purtroppo perduta; nulla esclude che potesse trattarsi di un elaborazione di quella ora conservata nella Biblioteca Marciana di venezia (Roma, Archivio di Stato, San Gregorio al Celio, inv. 25/II, n. 9, n. 63, c. 169 v.; Lisbona, Archivio da Torre do Tombo, Chanceleria de D. Alfonso V, liv. 1, c. 2; cattaneo 2005, p. 348-349). Infine, il 20 ottobre 1459, l'abate Maffeo annotava nel Libro di entrata ed uscita di San Michele che tutti i "mappamondi, disegni et scripture" di Fra Mauro erano stati portati al monastero di San Giovanni della Giudecca, in una cassa chiusa da un lucchetto, riconsegnata ai monaci di San Michele nell'ottobre del 1464 (Roma, Archivio di Stato, San Gregorio al Celio, inv 25/II, n. 9, n. 63, c. II).
Questo documento suggeriva l'ipotesi che Fra Mauro fosse morto tra il mese di maggio del 1459, quando l'abate Maffeo annotò di avere avuto otto ducati da Fra Mauro, e il mese di ottobre 1459 (Almagià 1944, pp. 32-39). È tuttavia possibile ipotizzare che Fra Mauro non fosse morto nel 1459, ma che in quell'anno, per ragioni rimaste ignote, si fosse trasferito alla Giudecca e che lì fosse deceduto prima del 25 ottobre 1964, quando i suoi "mappamondi, disegni et scripture" furono definitivamente riportati a San Michele.
Quale che sia stata la verità biografica, è importante rimarcare il fatto che l'abate Maffeo scrivesse al plurale, dimostrando con certezza che l'opera complessiva di Fra Mauro fosse relativamente cospicua e comprendesse, oltre a diverse opere cartografiche, anche disegni e scripture, tra le quali è lecito annoverare anche le raccolte cosmografiche scritte preparatorie per gli estesi cartigli della mappamondi.
Se la vita del maldolese risulta non completamente ricostruibile, l'analisi dell'unica opera certamente a lui attribuibile (alla Biblioteca Apostolica Vaticana si conserva una carta strettamente legata alla mappamundi della Marciana, ma non riconducibile direttamente a Fra Mauro; cf. Ms. Borg. V; Almagià 1944, pp. 32-29; Winter 1962, pp. 17-28), delle sue complesse, della sua struttura narrativa articolata e di tre gruppi principali di fonti nel contesto della cultura veneziana di metà Quattrocento (documenti quattrocenteschi, provenienti sopratutto dagli Archivi di Stato di Venezia e di Roma, dall'Archivio di Torre do TOmbo di Lisbona e dall'Archivio di Camaldoli; antiche descrizioni a stampa dell'opera cosmografica di Fra Mauro, derivate principalmente dalla descrizione che ne fece Giovanni Battista Ramusio nel secondo volume della Navigazioni e viaggi pubblicato nel 1559; infine, studi manoscritti e inediti dei secoli XVII e XVIII provenienti dall'Archivio del Monastero di Camaldoli) consentono di cogliere con ampiezza particolare elementi importanti per una sua biografia culturale (Almagià 1944, pp. 32-29; Winter 1962, pp. 17-28; Iwanczak 1990, pp 53-68; Falchetta 1995, pp. 7-109; Falchetta 2000, pp. 39-50; Cattaneo 2003, pp. 19-48; Id. 2005 (a); Id. 2005 (b); Id. 2005 (c); Falchetta 2006).


Produzione scientifica:
Definita da Ramusio uno dei "miracoli di Venezia", la mappamundi fi Fra Mauro "appare come l'ultimo grande sforzo, fatot in Italia, di inserire ciò che è noto in campo geografico nello schema della cartografia ecumenica non matematica" (Ramusio 1959, vol. II c. 17r; Ramusio 1980, vol. III pp. 69-71; Milanesi 1993, pp. 15-80, in partic. pp. 23-28). Il disegno della mappamundi si spiega in riferimento a tre distinti processi storici: lo sviluppo di reti di conoscenze a grande distanza; la fondazione di un'economia mondiale capitalista; infine, l'espansione e l'apertura mentale verso spazi e mari prima considerati non accessibili all'uomo. Sono processi che intorno alla metà del Quattrocento avevano in Venezia uno degli agenti principali, se non l'agenti principale, su scala europea e, possiamo dire, ecumenica. Dipinta e istoriata con colori luminosissimi, la mappamundi è inscritta in una cornice quadrata lunga 223 cm, all'interno della quale è posta una cornice circolare dal diametro di 196 cm. Oltre 3.000 iscrizioni - delle quali circa duecento sono cartigli complessi ed estesi, il resto toponimi - e centinaia di immagini (città, templi, monumenti funebri, strade, confini, navi), tra le quali si distingue nell'angolo inferiore sinistro il paradiso terrestre miniato da Leonardo Bellini (1423-25 - ca. 1490) dando forma all'opera di Fra Mauro (Marcon 2001, pp. 103-108; Cattaneo 2003b, pp. 97-102). La corografia e la geografia dei popoli, classiche e "moderne", la cosmografia aristotelica del mondo sublunare, la cosmologia cristiana, la cartografia nautica e tolemaica, la letteratura odeporica trecentesca e quattrocentesca, sono inscritte e si sovrappongono nella cornice grafica della mappamundi. Come la mappamundi di Pietro Vesconte (Città del Vaticano, Bliblioteca Apostolica Vaticana, Ms. Pal 1362B, ca. 1320), il cosiddetto Mappamondo genovese del 1457 (Firenze, Biblioteca Nazionale, Pot. 1), la cosiddetta Carta catalano-estense (Modena, Biblioteca Estense Universitaria, C.G.A.I., ca. 1460-70), tuttavia con un'ampiezza euristica e conoscitiva molto più vasta, l'opera di Fra Mauro è una cosmografia "di sintesi" che trae origine dall'intersezione di milieux culturali plurimi (Woodward 1987, pp. 286-370; Milanesi 1990, p. 23). Scolastica, umanesimo, cultura monastica e ambiti meno dotti e più pratici, custodi di saperi che Carlo Maccagni definiva "dei tecnici" - in cui confluiscono computistica, abaco, pratiche di marcatura, arte della navigazione e cartografia nautica - sono strettamente correlati all'unità epistemica di queste mappe (Maccagni 1993, pp. 631-676; Cattaneo 2003a, pp. 19-48; Gautier Dalchè 2004, pp. 39-51; Cattaneo 2005a; Falchetta 2006).
Il monastero di San Michele di Murano, nel quale visse Fra mauro, comprendeva una biblioteca che, sul modello di quelle apparse a partire dell'ultimo quarto del XIII secolo negli ordini mendicanti, era divenuta nel corso del Quattrocento un importante centro di cultura veneziana, non solo monastica.
Per iniziativa del generale dell'ordine camaldolese Ambrogio Traversari (1386-1439) e di Paolo Venier (abate di San Michele dal 1392 al 1448) la biblioteca divenne referente di un circuito librario più vasto, con un'intensa attività di acquisti, scambi e prestiti di libri (Mittarelli 1779; Meneghin 1962, v. 1 pp. 255-258; Merolla 1997, pp. 120-122; Caby 1999 p. 629). Inoltre, a San Michele di Murano, gli ambasciatori in visita alla Serenissima venivano ospitati in appartamenti espressamente loro riservati, accanto a quello dell'abate. Questo spiega, almeno in parte, la ricchezza del sapere mediato da Fra Mauro, in cui confluiscono auctoritates, matrici culturali, reti di informazioni, linguaggi grafici e tecniche plurime.
Fra Mauro compone un trattato cosmografico in forma ecyclopediae attraverso un fitto confronto con le principali auctoritates della millenaria storia della philosophia naturalis e della cosmografia. Sa maneggiare con buona maestria gli strumenti della fisica di derivazione aristotelica e, soprattutto, è da annoverarsi tra i primi lettori critici della Geografia di Tolomeo (Cattaneo 2005c, pp. 41-65). Tramite le opere di Marco Polo, Odorico da Pordenone, Niccolò de' Conti, e la testimonianza orale di chi "aveva visto a occhio", accoglie importanti novità geografiche, ad esempio per il disegno delle coste dell'Africa, per il "Cataio", le isole delle spezie e le grandi rotte di navigazione nell'Oceano Indiano. È anche al livello della struttura narrativa che la mappamundi, costruita da Fra Mauro in prima persona e affidata alla presenza evidentissima dell'utilizzo del pronome "io" - primo caso documentato nella storia della cosmografia e cartografia occidentale - mostra uno dei suoi aspetti peculiari. Il camaldolese fa ricorso al pronome "io" soprattutto in questioni che oggi potrebbero essere definite "metodologiche". Si possono distinguere diversi ambiti: quando spiega le ragioni del suo operato, quando correggere o specifica le informazioni trascritte e infine, soprattutto, quando vuole contrapporre e enfatizzare la propria opinione e la sua libertà di scelta rispetto a quella delle molteplici auctoritates, di volta in volta citate. L' "io" del cosmografo, ergendosi al livello degli auctores con i quali si confronta, avvalora o al contrario smentisce le loro opinioni in un confronto che il camaldolese pare volere imbastire anche con cosmographi suoi contemporanei, lasciati anonimi (Gautier Calche 2004, pp. 39-51; Cattaneo 2005a, pp. 324-341).
Nella mappamundi sono menzionate in modo esplicito circa quaranta opere. Tra gli auctores quattro gruppi sono distinguibili e riconoscibili. Un primo gruppo che possiamo definire dei "teologi ed esegeti", nel quale confluiscono i padri della Chiesa e le loro fonti: Agostino, Boezio, Gerolamo, Giovanni Damasceno, Basilio, Giovanni Crisostomo, Beda, Rabano Mauro. Un secondo gruppo formato da Aristotele e dai suoi lettori e commentatori arabi e cristiani: Avicenna, Averroè, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino, Giovanni Sacrobosco, Campano da Novara, Giovanni Buridano (questi ultimi due non citati ma riconoscibili).
Un terzo gruppo è invece formato dai geogradi del mondo antico, greci e latini: Dionisio Perigeta, Arriano, Plinio, Solino, Pomponio Mela, Claudio Tolomeo e anche Strabone, in un brevissimo accenno, che però rappresenta una vera primizia nella storia della ricezione della sua Geografia. Infine vi è un quarto gruppo, quello dei viaggiatori-mercanti e dei geografi "moderni", i cui membri non sono quasi mai direttamente nominati, tuttavia riconoscibili e identificabili: in particolare Marco Polo, Niccolò de' Conti, Oderico da Pordenone, Fazio degli Uberti, insieme ad anonimi viaggiatori, indicati come "coloro che sono nassudi lì" o "questi i qual hanno uisto ad ochio", ai quali il camaldolese fa ricorso per quelle zone dell'ecumene ignote ai geografi antichi, in particolare l'Africa meridionale, l'estremo Oriente e il bacino dell'Oceano indiano (Cattaneo 2005b, pp. 157-202; Flachetta 2006). Alcune precisazioni sono tuttavia doverose: è importante sottolineare che quelli elencati sono esclusivamente i testi dichiarati da Fra Mauro. Quando si passa al tentativo di ricostruire la cultura del camaldolese, di stabilire cioè le fonti consultate in forma diretta, la questione si fa più complessa. Non solo Fra Mauro non consultò direttamente molti degli autori e dei testi che menziona, ma sono spesso testi e autori non dichiarati ad essere i più utilizzati e riconoscibili nei cartigli della mappamundi. è una circostanza che potrebbe trovare una spiegazione nel fatto che autori come Tommaso d'Aquino (menzionato ma non nel lungo cartiglio in cui Fra Mauro traduce in forma letterale un lungo articolo della Summa theologiae) potessero essere immediatamente riconoscibile ai lettori dei cartigli e la loro citazione poteva essere ritenuta ridondante. Nel caso invece di Odorico da Pordenone e, sopratutto di Marco Polo e Niccolò de' Conti, fondamentali e copiosamente utilizzati sopratutto nella rappresentazione dell'Asia e dell'Oceano Indiano, e mai citati, si potrebbero addure un'altra spiegazione: che non venissero esplicitamente menzionati in quanto non annoverabili tra gli auctores, neppure tra i novi, perchè percepiti come "testimoni", e come questi ultimi lasciati anonimo nel novero residuale di chi ha "uisto a ochio".
Se, dunque, le vere fonti della mappamundi sono spesso celate, allo stesso tempo, Fra Mauro si fa interprete di una cultura di florilegio. Accanto al sapere derivato dalle auctoritates, il camaldolese si fa portavoce anche di nozioni divenute patrimonio condiviso di un pubblico eterogeneo, assai vasto, formato da mercanti, notai, medici praticanti, da literati e poeti, difficilmente riconducibili a nomi specifici. All'evidente familiarità con i più diversi maestri, si affiancano passi che ricalcano loci communes della cultura, non solo cosmografica, del tempo in cui la presenza degli auctores è affidata a riferimenti indiretti, trasformati da un linguaggio ricco di espressioni, metafore e immagini estranei alle fonti indicate (Cattaneo 2005b, pp. 293-341).
La mappamundi di Fra Mauro è sta generalmente considerata e archiviata come una summa antiqua di saperi che il Rinascimento e l'espansione europea, avrebbero da subito reso vecchia e datata. Studi recenti invitano tuttavia a riconsiderare questa lettura: i documenti rimasti e l'analisi storico critica della mappamundi fanno ritenere che i lettori quattrocenteschi e cinquecenteschi potessero scorgere nell'opera di Fra Mauro ben altro che una sintesi cosmografica vecchia e datata.

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:
- Biblioteca Apostolica Vaticana: MS. Borg. V, [Mappamundi], mebr., seconda metà del sec. XV.
- Lisbona, Archivio da Torre do Tombo: Chanceleria de D. Alfonso V, liv. 1, 1462.
- Roma, Archivio di Stato: San Gregorio al Celio (inv 25/II, n. 9), n. 63.
- Venezia, Archivio di Stato: Savi ed Esecutori delle Acque, Capitolare I, B. 342, 2 agosto 1444; Bernardino Zendrini, Memorie storiche delle acque di Venezia.

Bibliografia:
Caby 1999, p. 629; Cattaneo 2003a; Cattaneo 2003b; Cattaneo 2005a; Cattaneo 2005b; Dalchè 2004; Falchetta 2000; Falchetta 1995; Falchetta 2006; Gasparrini Leporace 1956; Iwanczak 1990; Maccagni 1993; Marcon 2001; MCV 1994, pp. 32-39; Meneghini 1962; Merolla 1992; Milanesi 1993; Mittarelli 1779; Mittarelli, Costadoni 1755-1773; Monumenta Henricina 1960-1978, vol. 12, pp. 202-204; Ramusio 1559, vol. II c. 17r; Ramusio 1978-1988; Winter 1962; Woodward 1987; Zurla 1806.

Altro:

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Angelo Cattaneo

Glisenti (Glissenti), Antonio detto il Magro

Antonio Glisenti
N. 1540
M. 1602

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Perticatore, Perito del Magistrato ai beni Inculti

Biografia:
Antonio Glisenti (Glissenti) detto il Magro, soprannome con cui tra l'altro si firma in alcuni documenti cartografici, sarebbe originario della Val Sabbia in provincia di Brescia, nota per l'arte ed il commercio del ferro.
Secondo numerose fonti, sarebbe nato nel 1512 e sarebbe morto il 18 ottobre 1576, come riportato sulla lapide della chiesa dove risulta sepolto. Ad esso sono attribuite numerose pubblicazioni di taglio medico e geografico.L'uso del condizionale è d'obbligo se si parte dalla considerazione che numerose paiono le contraddizioni, in alcuni casi già adombrate da Cicogna (1847) che, ricordando l'opera Dialogo del Gobbo da Rialto et Marocco dalle pipone dalle colonne di S. Marco, sopra la Cometa alli giorni passati apparsa su nel Cielo, resta sorpreso del fatto che l'autore parli di un accadimento che sarebbe avvenuto nel novembre 1577, ovvero un anno dopo la sua morte!.
L'errore deriverebbe dall'omonimia di due persone, con buona probabilità cugini, che avevano intrapreso la medesima professione di medico, ma con diversa fortuna; mentre l'uno aveva avuto fama e ricchezza, tanto da venire soprannominato il Mago, l'altro, di fronte al successo del cugino, dopo aver subito l'emarginazione e la fame, tanto da essere soprannominato il Magro, aveva dovuto "riciclarsi" come cartografo. Una professione nella quale, invece, ebbe notevole successo, avendo saputo correlare la preparazione tecnico-scientifica, derivatagli dagli studi in medicina, alla pratica acquisita collaborando con valenti periti.
Le notizie bibliografiche, piuttosto scarse e tutte indirette, suggeriscono che l'Antonio Glisenti cartografo sia nato intorno al 1540 (1563 firma un disegno come perticatore) e nel 1566 lavora come perito straordinario del Magistrato ai Beni Inculti.
Dopo aver trascorso qualche anno a Padova dove è attestato dal 1570, a partire dal 1575, con la nomina a perito ordinario, si trasferisce a Venezia. L'ultimo suo disegno risale al 1602, ed è presumibile che intorno a questa data sia collocabile anche la sua morte.
Uomo colto, con una solida preparazione scientifica, entra in polemica con Cristoforo Sorte in più occasioni, sia per le competenze scientifiche, circa le quali non risparmia critiche, sia per alcuni interventi tecnici realizzati o progettati, tra cui famosa è rimasta la disputa sul Modo d'irrigare la campagna di Verona.

Produzione scientifica:
- Antonio Glisenti, il Sommario delle cause che dispongono i corpi de gli huomini a partire dal corrottione pestilente del presente anno MDLXXVI...raccolte per M. Antonio Glisente... Veneti, 1576.
- Antonio Glisenti, Replica di Antonio Glisenti in proposito della risposta de M. Christoforo Sorte, Venezia 1594.
- Antonio Glisenti,Risposta di Antonio Glisenti al modo d'irrigare la campagna di Verona, dintrodurre più navigationi per lo corpo del felicissimo stato di Venetia, di M. Chrstoforo Sorte, Venezia (s.d.).
- Antonio Glisenti, Risposta fatta per il sumario delle cause pestilenti, di m. Antonio Glisente bresciano: alla apologia dell'eccell. m. Anibal Raimondo veronese, Venetia (s.d.).
- Antonio Glisenti, Trattato del regimento del viuere, et delle altre cose che deveno usare gli huomini per preservarsi sani nelli tempi pestilenti. Continuato alla cognitione delle cause che producono la peste, per m. Antonio Glisente Bresciano, Venetia, Borgominieri, 1576.

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Adami 1915; Cicogna 1847; Enciclopedia Bresciana 1982; Monti della Corte 1962; Vaglia 1959, Vaglia 1964.

Altro:

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Silvino Salgaro

Zuliani, Giulio

Giulio Zuliani
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Disegnatore perito e proto

Biografia:
XVIII secolo.

Produzione scientifica:
Presso l’ASVe sono conservati una decina di suoi disegni di corsi di fiumi e canali (1757-1794) e il catastico della seconda presa dei territori mestrino e veneziano (1767)

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:

Altro:
Documenti presenti nel catalogo CIRCE n. 11; cfr http://sbd.iuav.it/

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Giuliana Baso, Francesca Rizzi e Vladimiro Valerio



Zuliani, Marco

Marco Zuliani
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Incisore

Biografia:
Prima metà XIX secolo.

Produzione scientifica:
Esegue alcune carte dell’Atlante Universale del Globo di Giuseppe Dembscher pubblicato dalla Tipografia di Alvisopoli nel 1829.

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Valerio 1993a, pp. 163,179.

Altro:

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Giuliana Baso, Francesca Rizzi e Vladimiro Valerio



Zubotto, Girolamo

Girolamo Zubotto
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Autore

Biografia:
Fine XVII secolo.

Produzione scientifica:

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Mazzariol 1959, n. 293.

Altro:

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Giuliana Baso, Francesca Rizzi e Vladimiro Valerio



Zulian, Pietro

Pietro Zulian
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Pubblico perito

Biografia:
XVIII secolo.

Produzione scientifica:
Autore nel 1768 della mappa consorziale della località tra il fiume Piave, il territorio di Musile, la fossa Mille Pertiche e Tinchera, il Lamone e la Fossetta (ASVe)

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:

Altro:
Documenti presenti nel catalogo CIRCE n. 1; cfr http://sbd.iuav.it/

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Giuliana Baso, Francesca Rizzi e Vladimiro Valerio



Zilli, Antonio

Antonio Zilli
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Ingegnere

Biografia:
Metà XIX secolo.

Produzione scientifica:
Autore della tavola di progetto del 1846 dei Tipo di pianta ed alzato di una garetta, a corredo del progetto di [rinnovamento] delle garette per uf[fici] delle guardie di finanza lungo le linee doganali (ASVe).

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:

Altro:
Documenti presenti nel catalogo CIRCE n. 1; cfr http://sbd.iuav.it/

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Giuliana Baso, Francesca Rizzi e Vladimiro Valerio



Zenoi, Domenico

Domenico Zenoi
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Incisore

Biografia:
XVII secolo.

Produzione scientifica:
Veneziano, lavora ad opere di cartografia a partire dal 1559. Negli anni successivi focalizza la sua attività su pante di fortezze e di città che egli rende con uno stile raffinato. Piante a sua firma compaiono nelle raccolte di Ferrando e Donato Bertelli (1568-1574) e di Giovanni Camocio.

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Baldacci 1967, p. 48; Valerio 1993a, p. 158, 160.

Altro:

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Giuliana Baso, Francesca Rizzi e Vladimiro Valerio