Archivi autore: riccardo

Zambelli, Carlo

Carlo Zambelli
N. Mozzadella 1658
M. 1708

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:
Nacque a Mozzadella nel 1658 e morì nel 1708. Nel 1695 si trasferì a Reggio Emilia e in molte occasioni sottolineò la sua provenienza.

Produzione scientifica:
La costruzione di carte corografiche, mappe, cabrei avvenne nel momento nel quale assunse la patente di agrimensore e “perito del pubblico” che aveva ottenuta dal Consiglio Generale nel 1695. Le caratteristiche dei suoi lavori rispecchiano le capacità della scuola dei periti agrimensori, già presente fin dal XVII, che produceva buone rappresentazioni del territorio con tecniche che via via si erano sempre più raffinate. Il modo di arrivare ad apprendere tale attività era quello di fare un periodo di apprendistato sotto un maestro che poteva durare anche qualche anno. Normalmente coloro che si dedicavano a questa attività erano persone che appartenevano a classi sociali non troppo basse. La remunerazione comunque era modestissima per cui dovevano dedicarsi ad altra attività (per es. al sacerdozio o alla vita militare)
Senza dubbio il nostro perito aveva acquisito una buona tecnica avendo una preparazione nella matematica e nella geometria. Nel 1696 cercò di avere lavoro dal comune, offrendo la possibilità di essere pagato nelle festività di Natale e di S. Pietro. Per avere possibilità economiche valide chiese il permesso di aprire una bottega dove “vendere anche pane” e tentò di effettuare speculazioni finanziarie con l’ottenimento delle gabelle dai “rivenderoli”. L’esito però fu molto negativo. Proprio questi tentativi dimostrano che il nostro si trovava nella classica situazione economica dei periti del tempo. Comunque molto importante è il fatto che con Zambelli inizia la prassi di affidare ufficialmente e continuativamente la carica.
La produzione cartografica inizia nel 1697 con la costruzione della pianta di Reggio Emilia,che dedica a Rinaldo d’Este e delle carte delle acque dello stato del ducato di Modena. Questi lavori avrebbero dovuto essere credenziali per farsi strada, ma i tentativi a Modena e Parma non diedero risultati e quindi si rivolse al comune di Reggio Emilia. Inoltre importanti lavori eseguì soprattutto nel reggiano fra il 1702 e il 1707 ed appose il suo nome e la sua qualifica in molte altre opere(1699,1700,1702,1703) fatte per il comune. Tutta la produzione da lui sottoscritta è legata alla costruzione di disegni o di carte eseguite ad inchiostro ed acquarellate.
La sua produttività riguarda un decennio ed è notevole e di alta qualità. Spesso sembra effettuare una ricerca estetica che lo porta a sentire il senso delle composizioni. Di lui si conoscono la pianta di Reggio Emilia del 1697 che appare però come probabile copia di una pianta del 1619 dello Sadeler. Una rappresentazione del 1705 inserita nel cabreo del Monastero benedettino di S. Pietro e Prospero situato nell’Appenino reggiano (territori di Buana, Villaminozza, Nismozza, Collagna) sembra ricalcalcare una mappa del 1677 di Ottavio da Reggio. Una seconda pianta è quella della fortezza di Brescello del 1707 dove sono illustrate le fortificazioni con chiaro intento militare. Come la precedente carta sembra essere stata ripresa da altro originali anche perché chi ha esaminato questo lavoro reputa sia privo di originalità. Nelle corografie del ducato modenese a nord della via Emilia gli elementi fondamentali sono i corsi d’acqua e le risorse idriche, ma questi elaborati sembrano essere ripresi da opere precedenti e quindi non rilevate direttamente dal nostro. Quanto alle esperienze da agrimensore è interessante la rilevazione dei beni della Commenda gerosolimitana di S.Stefano del 1705 eseguita in collaborazione con Marco Montanari.
La sua notevole precisione (dati geometrici riportati con proiezioni ortagonali nella rappresentazione delle carte per le caratteristiche del territorio e vedute tipicamente prospettiche per gli edifici) appare invece nelle mappe prediali dovendo fornire una perfetta idea della proprietà e di tutto ciò che in esse è presente (edifici, acquedotti, scolatori,ecc.). La precisione deriva dal fatto che il perito doveva vedere de visu il territorio, i tipi di colture presenti e le caratteristiche degli edifici La costruzione di questi cabrei era importante perché ancora non vi erano catasti:. Con queste opere estremamente precise egli cercò di aumentare il suo prestigio per invogliare i committenti a servirsi di lui. Data la sua bravura era divenuto un punto di riferimento professionale per tutti i periti reggiani. Ebbe del resto un allievo il Montanari che collaborò nel 1705 con lo Zambelli per la rilevazione dei beni della Commenda gerosolimitana di S.Stefano.
Importante comunque è stato il rapporto con la corte estense destinataria di carte corografiche e del cabreo del Principe Foresto a Rivalta. Comunque la precisione, l’eleganza, l’approfondimento scientifico preludono ai lavori di Banzoli G.A.
Nella terza parte dell’articolo del Bergomi sono elencate le opere dello Zambelli con un brevissimo commento e con l’indicazione del luogo dove attualmente si possono reperire.


Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
BARICCHI W., I periti agrimensori del territorio di Reggio Emilia tra il XV e il XIX secolo, in “Le mappe rurali del territorio di Reggio Emilia” (a cura di W. BARICCHI) , 1985, pag.177-186.
BERGOMI M., Reggio e il territorio reggiano nelle carte del Seicento, in “Reggio Storia”, vol. 19, 1983 con elenco di tutte le opere eseguite dal nostro autore.
DAVOLI Z., Reggio nelle antiche stampe, in Reggio Emilia. Vicende e protagonisti, (a cura di BELLOCCHI U., Bologna, Edison, 1979, pp.193-225.
DAVOLI Z., Vedute e piante di Reggio Emilia nei secoli XVI,XVIII,XVIII, Reggio Emilia, Bizzochi ed., 1980.
NIRONI V., La riforma cinquecentesca delle mura di Reggio, in “Bollettino Storico reggiano”, n.21, 1971.
PICCININI G., Piante e vedute di Reggio nell’Emilia, Reggio Emilia, Libr. Nironi, 1939.
RICCARDI P., Carte e memorie geografiche e topografiche del modenese, in “Atti e Memorie della R. Accademia di Scienze , Lettere ed Arti di Modena” , vol. XX, 1880.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Maria Luisa Scarin

Zaltieri, Bolognino

Bolognino Zaltieri
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: stampatore

Biografia:
XVI sec.
Venezia

Produzione scientifica:
Si ricordano 46 edizioni tra 1555 e 1576, ma la stampa di opere geografiche si colloca secondo l’Almagià tra il 1565 e il 1570. Curò la stampa delle 50 carte di Giulio Ballino nel “De’ disegni delle più illustri città et fortezze del mondo. etc.” del 1569

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:
•[Pianta- veduta prospettica di Venezia], Venezia, 1567

• [Carta del Ducato di Carniola di Wolfgang Lazius «Ducatus Carniolae una cum Marcha Windorum»], Venezia,1569

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
MAZZARIOL G., Catalogo del fondo cartografico queriniano, Venezia, Lombroso, Ed., 1959, p. 11
PASTORELLO E., Tipografi, Editori, Librai a Venezia nel sec. XVI, Firenze, 1924






Carte di confine. Dai domini di s. Marco ai possedimenti assurgici. Sei secoli di manoscritti, edizioni a stampa, cartografia e vedute, Catalogo Libreria Editrice Goriziana, Gorizia, 2006, pp. 157,n.218
MORETTO G., Venezia le immagini della Repubblica, 2001
LAGO L., Imago Adriae, Trieste, 1996, pp. 81-83, n. 32
LAGO L. - ROSSIT C., Theatrum Forii Iulii. La Patria del Friuli ed i territori finitimi nella cartografia antica sino a tutto il sec. XVIII, Trieste, Ed. Lint, 1988,vol.I, p.43, 127-129, vol.II, 56
SCHULZ J.,The printed plans and panoramic views of Venice, “Saggi e Memorie di storia dell’arte”, vol. 7, 1970, p.46
CUCAGNA A., Il Friuli e la Venezia Giulia nelle principali carte geografiche regionali dei secoli XVI, XVII e XVIII. Catalogo ragionato della Mostra storica di cartografia, “Atti del XVIII Congresso Geografico Italiano”, Vol. III,Trieste, 1964, pp. 134-136, n. 48, p. 365
MARUSSI A., Saggio di cartografia giuliana. Dai primordi al secolo XVIII, Trieste, 1946, p. 20
TOOLEY R.V., Maps in Italian Atlases of the sixteenth century, in “Imago mundi”, III (1939),p.23, n.126
ALMAGIÀ R., Monumenta Cartographica Vaticana, Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, 1948,vol. II, pp.44-45
ALMAGIÀ R., Monumenta Italiae Cartographica, Firenze, I.G.M., 1929, p. 30 b, tav.XXXIV,2
MARINELLI G., Saggio di cartografia della regione veneta, “Monumenti Storici pubblicati dalla R. Deputazione Veneta di storia Patria”, vol. VI, serie IV, Miscellanea, vol. I, Venezia, 1881, p.97, n.489, pp.130-131, n. 624

Rimandi ad altre schede: Nicolò Valeggio

Autore della scheda: Anonimo

Zaccarini, Giovanni

Giovanni Zaccarini
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza: Istituto Geografico De Agostini.
Qualifica: Topografo-mappatore e disegnatore/incisore.

Biografia:
Oltre ad aver insegnato fisica presso lo stesso istituto nell’a. s. 1915-1916, G. Zaccarini è stato per alcuni anni in Africa, dove ha compiuto una serie di ricognizioni che hanno permesso la realizzazione della Carta della Somalia (De Agostini, scala 1:400.000), a lungo considerata la più dettagliata fra quelle riguardanti quel paese; in particolare, i lavori di rilievo sul terreno hanno richiesto una decina d’anni d’attività (1927-1941, tenendo conto del periodo di prigionia dell’Autore in Kenya), sono stati percorsi trentacinquemila chilometri e stabiliti centotrenta punti astronomici.
L’importanza dell’opera dello Zaccarini, quindi, sta nell’aver raccolto informazioni utili sul territorio somalo, a quel tempo conosciuto dagli italiani in modo approssimativo, e, contemporaneamente, nell’aver prodotto una nuova carta della zona, apportando numerose correzioni alla cartografia precedente.

Produzione scientifica:

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:
Carta della Somalia, direttore del Servizio A. Dardano, topografo-mappatore e disegnatore/incisore G. Zaccarini, scala 1:400.000, 1927-1941 (rilievo), Istituto Cartografico De Agostini, Roma, 1930-1939 (edizione).
Fogli esistenti 21. Pubblicazione diretta dal Servizio Cartografico del Ministero delle Colonie; direttore del servizio: A Dardano; rilievi e compilazione: cap. Zaccarini; per il tracciato Bur Acaba - Adalei, rilievi I. G. M.; disegno, incisione e stampa: Soc. An. Prof. G. De Agostini, Milano.
Foglio1: Bender Cassim; foglio 2: Dante - Alula; foglio 3: quadro d’unione; foglio 4: Callis; foglio 5: Bender Beila; foglio 6: Gherlogubi (Stampa Tipolitografia del Servizio Cartografico); foglio 7: Rocca Littorio (Gallacaio); foglio 8: Eil; foglio 10: Dolo - Oddur (per il tratto Dolo - Dermangli rilievi e compilazione: Missione Citerni; per F. Uebi Scebeli: Missione Duca Abruzzi); foglio 11: Belet Uen; foglio 12: El Bur; foglio 13: Obbia; foglio 14: El Uach; foglio15: Baidoa - Lugh Ferrandi (per il tracciato Bur Acoba-Baidoa: rilievi I. G. M., per il F. Giuba: rilievi Com.te Carniglia); foglio 16: Mogadiscio; foglio 17: Itala; foglio 18: Dif (confine: dalla carta compilata dalla commissione anglo - italiana per il confine dell’Oltre Giuba); foglio 19: Gelib (Reg. Brava e Goscia: rilievi I. G. M.; F. Giuba: rilievi Com.te Carneglia); foglio 20: Brava - Merca; foglio 21: Bur Gavo (confine e costa: dalla carta della Commissione anglo - italiana per il confine dell’oltre Giuba); foglio 22: Chisimaio.

Carta politica dell’Africa orientale, disegnatore/incisore G. Zaccarini, scala 1:4.500.000, Istituto Geografico De Agostini, 1935.

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
G. Zaccarini, “Recenti progressi della cartografia della Somalia”, in: Congresso Geografico Italiano, Napoli 1930. Atti 3: pp. 148-51.

Rimandi ad altre schede: Vedi schede su A. Dardano e sull’Istituto Geografico De Agostini

Autore della scheda: Andrea Zandonai

Ximenes, Leonardo

Leonardo Ximenes
N. Trapani 27 dicembre 1716
M. Firenze 3 maggio 1786

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:
Nacque a Trapani il 27 dicembre 1716 da Giuseppe (di famiglia di antica origine spagnola) e Tommasa Corso, e morì a Firenze il 3 maggio 1786.

Produzione scientifica:
Trasferitosi definitivamente nella città toscana, il 2 febbraio 1750 ricevette gli ordini della Compagnia di Gesù nel Collegio di San Giovannino ove approfondì gli studi astronomici, matematici e geografici: entrato in contatto con l’erudito Giovanni Lami e con la sua cerchia culturale, del quale divenne collaboratore con scritti nelle “Novelle Letterarie”, incontrò immediatamente il favore di Emanuele di Richecourt presidente della Reggenza lorenese, grande appassionato di geografia e collezionista di cartografie, che, proprio nel 1750, assegnò allo scienziato gesuita l’impegnativo incarico di realizzare una moderna Carta della Toscana inquadrata con la maggior precisione possibile nel reticolato geografico.
Da allora, la vita di Ximenes fu impiegata più che nelle speculazioni teoriche nello studio finalizzato alla risoluzione di problemi importanti della vita umana e dell’amministrazione statale, e specialmente nella progettazione e realizzazione di innumerevoli lavori e interventi pubblici di ordine idraulico, stradale, urbanistico e confinario. Per offrire contributi originali alle risposte che salivano dalle istituzioni e dalla società, il gesuita si occupò con pari efficacia – curando particolarmente l’aggiornamento con le fitte corrispondenze internazionali e con l’approvvigionamento di libri, riviste scientifiche e strumenti (oltre a quelli astronomici e topografici, disponeva di sofisticati barometri, livelle, bussole con traguardo, ecc.) – dei saperi matematico-astronomici, ingegneristico-architettonici correlati ad acque, strade e urbanistica, e dei saperi naturalistico-geografici incentrati sull’analisi ambientale e territoriale. Dotato di una singolare curiosità storico-erudita, il nostro provvide sempre a ricercare nelle biblioteche e negli archivi non solo fiorentini fonti documentarie scritte e specialmente cartografiche funzionali ad una più agevole lettura geografica del territorio e alla redazione di più consapevoli ed aderenti progettazioni di interventi spaziali.
Ad esempio, nelle sue opere idrauliche del 1765 relative al Bolognese e alla Romagna, utilizzò con maestria le celebri cartografie tolemaiche, dell’Aleotti e del Magini e tante altre a stampa e manoscritte di cui poté disporre, opportunamente comparate con la raffigurazione ufficiale “sottoscritta concordemente da’ periti bolognesi e ferraresi” nel 1762, per “dimostrare il vero antico stato di tanti paduli” e per evidenziare i mutamenti e le permanenze nell’assetto territoriale con speciale considerazione per la linea di costa e la maglia idrografica. Quando all’inizio degli anni ’60 si accinse a scrivere la sua Della fisica riduzione della Maremma Senese, non mancò di riunire in una filza che intitolò Relazioni e notizie dei lavori fatti nella Pianura di Grosseto in diversi tempi decine di memorie sei-settecentesche e la legislazione riguardanti l’area, con un inserto dedicato a Piante e profili del Lago e Fiumara di Castiglione dei Fossi della Pianura di Grosseto. Quando stava per stendere l’altro volume sulla stessa area Esame dell’Esame, scrisse a più riprese, da Grosseto, ai suoi collaboratori a Firenze perché ricercassero le fonti d’età antica, medievale e rinascimentale sulla Maremma e sulla navigabilità dell’Ombrone. Allorché dovette studiare i complessi problemi della bonifica della Valdichiana, richiese all’abate aretino Mauro Lancisi i documenti storici di cui era a conoscenza che fossero utili per l’esame della valle, e nel 1777 volle utilizzare la grande carta chianina di Antonio Ricasoli del 1551 per calcolare gli acquisti che erano stati fatti in oltre due secoli dalla bonifica e per visualizzare le trasformazioni paesistico-ambientali intervenute nel frattempo. E appena ebbe ricevuto l’ordine granducale, il 23 giugno 1780, di partecipare al consesso tra i rappresentanti degli Stati toscano e genovese per cercare di risolvere le controversie confinarie in Lunigiana, il nostro scienziato pensò bene di provvedersi, a Firenze, di una nutrita serie documentaria con circa 30 cartografie a stampa e manoscritte cinque-settecentesche sulla regione lunense e sui territori interessati di Pontremoli e Godano: la loro attenta considerazione doveva fare emergere – come dimostra l’emblematica e inedita Breve memoria sopra i confini delle carte – l’appartenenza di volta in volta dei piccoli territori controversi.
Del resto, l’Indice generale di tutte le carte topografiche, livellazioni, sezioni e profili occorsi nelle diverse operazioni e lavori fatti in campagna (redatto dopo la morte dello scienziato) dimostra che il gesuita era riuscito a costruire – e talora a procurarsi da altri – numerose rappresentazioni dello spazio, in parte espropriate dall’amministrazione statale e attualmente conservate negli Archivi di Stato di Firenze e Pisa, nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e in parte oggi disperse: ben 148 fra carte singole e atlanti che “coprivano” tutte le aree di cui si era interessato, vale a dire la Valdichiana, il Bolognese con la Romagna, il bacino di Bientina con la Versilia e la pianura pisana, la Maremma Grossetana, il Pistoiese, il Padovano con il Brenta e il territorio di Chioggia, l’area pontina, ecc. (in BNCF, Fondo Nazionale, II-368, fasc. 6).
Già l’11 agosto 1750, Ximenes approntò un articolato piano di ricerca basato su osservazioni astronomiche e rilevamenti geodetici e topografici (Considerazioni intorno alla rettificazione della Carta Geografica della Toscana, in BNCF, Fondo Nazionale, II-307, ins. 27), questi ultimi da svolgere con l’aiuto del giovane Gregorio Michele Ciocchi, che “ha studiato tre anni sotto di me ed ha qualche misura di Astronomia e di Geografia”, e dell’ingegnere Antonio Falleri, che da anni lavorava individualmente ad un analogo progetto e che “intendeva bene di prospettiva e sapeva levare in pianta”. E’ da sottolineare che Ximenes previde pure la possibilità di misurazione di una base geodetica da Firenze a Prato o addirittura a Pistoia, oppure da Firenze a Livorno, impresa non ancora riuscita ad alcuno ma che proprio allora stavano conducendo i due confratelli Cristoforo Maire e Ruggero Giuseppe Boscovich nello Stato della Chiesa.
Per il primo e più impegnativo aspetto, quello astronomico, provvide al ripristino della quattrocentesca meridiana di Paolo Toscanelli in Santa Maria del Fiore e alla fondazione della Specola nel Collegio di San Giovannino (dove rimase sempre a lavorare, anche dopo la soppressione dei gesuiti nel 1773 e l’assegnazione della sede agli scolopi), per determinare le posizioni di Firenze; il problema della carta geometrica toscana (che impegnò lo scienziato fino al 1777) si rivelò ciclopico per un unico attore e finì col legarsi indissolubilmente al catasto particellare che, proprio nel 1777-78, il granduca Pietro Leopoldo tentò inutilmente di realizzare.
Sempre al fine di realizzare l’impresa della carta toscana, Ximenes previde inutilmente, fino almeno alla riforma del 1781, con vari scritti del 1750-77, l’unificazione delle tante e “incomodissime” unità di misura usate nel Granducato, spezzando una lancia a favore del miglio e braccio geografico, che peraltro non vennero mai adottati.
In ogni caso, l’impegno profuso nella costruzione di una moderna rappresentazione cartografica dello Stato lorenese gli valse – il 18 ottobre 1755 – il titolo di geografo imperiale, con tanto di cattedra di Geografia nell’Università di Firenze, mentre il contributo offerto come scienziato territorialista fu ulteriormente premiato – nel 1766 – con la concessione della qualifica di matematico regio. Non è da trascurare il fatto che è proprio grazie al prestigio del gesuita se la sua creatura scientifica – l’Osservatorio Ximeniano – poté sopravvivere alla sua scomparsa con la dotazione di due cattedre di astronomia e idraulica, assegnate rispettivamente agli allievi scolopi Gaetano del Ricco e Stanislao Canovai, intorno ai quali all’inizio del nuovo secolo dovevano formarsi tanti bravi ingegneri e scienziati (ad esempio, rispettivamente come Alessandro Manetti e Giovanni Inghirami).
Anche con il nuovo Reggente Botta Adorno, Ximenes ottenne la conferma dell’incarico della carta toscana, su cui il 18 gennaio 1761 presentò una seconda Memoria generale e un Piano operativo (ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 200, ins. Carta Generale della Toscana, e Reggenza, f. 780, ins. 53), in cui in sostanza si ripetono i contenuti del 1750, salvo specificare le caratteristiche di scala più topografica che corografica del prodotto, contemplante la restituzione planimetrica anche dei singoli edifici di interesse pubblico. Quando l’argomento tornò di attualità nel 1775-77, con Pietro Leopoldo che chiese il parere di Ferroni e Ximenes sul progetto presentatogli da Gian Domenico Cassini, il gesuita presentò – il 26 dicembre 1777 – la Memoria sulla Carta Geografica della Toscana e sul suo Estimario (BNCF, Fondo Nazionale, II-322, ins. 7), in cui sosteneva, una volta tanto d’intesa con l’altro matematico granducale, la convenienza di unire l’operazione carta alla realizzazione del catasto geometrico, con l’impiego di scienziati e ingegneri prevalentemente toscani (il collaboratore Francesco Puccinelli con il padovano Giovanni Antonio Rizzi Zannoni tra i primi, Nini, Grobert e Bombicci fra i secondi).
Tra il 1756 e il 1765, il gesuita scrisse varie relazioni ai Reggenti Richecourt e Botta Adorno perché istituissero la carica di “Idrometra dello Stato o Ingegner Maggiore o Professore Idraulico” nella sua persona che “oltre alla scienza da lui dimostrata ne’ libri stampati accoppia una pratica locale acquistata in più occasioni”. L’idrometra avrebbe dovuto fondare a Firenze una vera e propria scuola di tecnici, abilitando altresì gli ingegneri già impiegati negli uffici statali e sovrintendendo a tutti i lavori pubblici del Granducato” (Barsanti e Rombai, 1987, p. 55).
Anche se fino al 1766 tale invito non fu accolto, come idraulico, Ximenes cominciò presto ad operare per formare tecnici adeguati e per rispondere a precise committenze statali. Infatti, egli si occupò per un trentennio – peraltro con risultati non sempre pari alle attese – di tantissime grandi o comunque impegnative operazioni di bonifica, ora con adozione del sistema della canalizzazione e ora di quello della colmata. Il suo pragmatismo nelle questioni di acque scaturiva dall’analisi – sempre accuratissima sul piano storico e su quello ambientale strettamente integrati – delle caratteristiche naturali e sociali di aree e luoghi, ma è certo che Ximenes è da considerare erede delle concezioni della scuola sperimentale galileiana, quando preferì la cosiddetta fisica riduzione (cioè la regolazione equilibrata dei deflussi di zone umide e corsi d’acqua, da raggiungere, insieme con il loro risanamento igienico-ambientale, mediante l’apertura di efficaci canali da utilizzare anche come comode idrovie) all’eliminazione totale di laghi e acquitrini a tutto vantaggio della colonizzazione agraria.
Il gesuita applicò le sue idee di bonificatore – supportate da ampie memorie geografico-storiche, nonché da cartografie e profili di livellazione – un po’ a tutte le zone umide della Toscana, in primis, a partire dal 1756-63, al bacino di Bientina e alle aree adiacenti del Valdarno di Pontedera e della Versilia, dove le acque lacustri e palustri defluivano o potevano essere fatte defluire mediante l’apertura di specifici scolmatori. In queste aree Ximenes tornerà ripetutamente negli anni successivi e fino all’inizio degli anni ’80, anche su incarico della Repubblica di Lucca.
Ad esempio, il 27 ottobre 1766 diresse la visita del granduca Pietro Leopoldo (neo incoronato) al comprensorio di Bientina per prendere visione dei lavori in gran parte già ultimati nel 1763 ma senza aver apportato i risultati sperati. E nel 1778 e fino al 1785 ottenne l’incarico per un progetto risolutivo della bonifica del Padule di Bientina (vi collaborarono anche illustri tecnici non toscani, incaricati dalla Repubblica di Lucca, come l'abate astronomo Ruggiero Giuseppe Boscovich, il bolognese Eustachio Zanotti, il matematico veronese Anton Maria Lorgna).
Dopo Bientina, fu la volta della pianura grossetana e del lago-padule di Castiglione, dove nel 1758-59 studiò analiticamente quel territorio e ne progettò la grandiosa riduzione fisica che cominciò ad essere realizzata nel 1766, con i lavori che continuarono almeno fino al 1781, anche qui senza i successi preventivati.
Contemporaneamente, si occupò anche dei problemi del bacino di Ghirlanda, della Maremma di Castagneto, della pianura pisana a sud e a nord dell’Arno fino a Pietrasanta, della Valdinievole e della Valdichiana, del piano di Rosia, del Pian del Lago, e di altre parti d’Italia a partire dalla regione romagnola e bolognese nel 1762-66, alla cui sistemazione dedicò sei memorie a stampa e altri opuscoli (tutti ben documentati, anche mediante il riuso della cartografia del passato), in singolare polemica con gli scienziati Tommaso Perelli e Pio Fantoni che sostenevano l’apertura di nuove linee o canali scolmatori con percorsi i più diversi, mentre invece il gesuita affermava la validità del Po di Primaro come scolmatore fondamentale dell’intera regione.
Altri studi, progetti e interventi riguardarono, nel 1775 e nel 1783, il basso corso del Tevere, nel 1765 il bacino pontino, nel 1774 il Lago Trasimeno, nel 1777 il territorio di Padova e del Brenta; non mancarono gli interventi di sistemazione e regimazione fluviale dei corsi d’acqua della piana di Arezzo, del Senese, del Grossetano, della Valdichiana e di altre aree anche fuori Toscana, e di progettazione e costruzione di saline (alle Marze di Castiglione), di canali navigabili (a Bientina e Fucecchio, tra Castiglione e Grosseto, a Firenze tra la pescaia di Ognissanti e l’Ombrone Pistoiese), oppure di acquedotti (solo progettati a Pistoia e Genova, realizzati a Castiglione della Pescaia e Capalbio) e di porti e approdi marittimi (a Castiglione e a Genova).
In questi lavori una parte non secondaria delle impronte tuttora rimaste nel territorio è costituita dai fabbricati con ponti cateratte o delle bocchette, come quelli di Castiglione della Pescaia e di Bientina (monumentali edifici idraulici progettati e realizzati per il controllo delle acque lacustri in rapporto al loro deflusso in mare o in Arno e anche per la pesca).
Come progettista e costruttore di strade e ponti, Ximenes ha legato il suo nome alla grande strada rotabile Pistoia-Modena per l’Abetone, detta appunto Ximeniana, realizzata nel 1766-78 con i suoi ponti e con le sue poste e fontane monumentali, dopo la radicale modificazione del progetto già redatto dall’ingegner Anastasio Anastasi; altre realizzazioni ximeniane degli anni ’70 e ’80 furono la Pistoia-Lucca (con le appendici della Traversa della Valdinievole tra Borgo a Buggiano e la Firenze-Pisa alle Fornacette e della diramazione per Altopascio), la Siena-Grosseto e la Lauretana tra Monte Oliveto e Sinalunga, insieme con tanti grandiosi edifici postali e ponti.
Ximenes studiò pure (con attenti sopralluoghi sul campo e ricerche documentarie d’archivio) i complessi problemi di confinazione in Lunigiana tra Granducato e Repubblica di Genova o in Maremma tra Granducato e Principato di Piombino (aree delle basse valli di Cornia, Pecora ed Alma, di Gualdo oggi Puntala, di Buriano).
Riguardo alle realizzazioni cartografiche – effettuate spesso insieme agli ingegneri suoi allievi o comunque collaboratori, come tra i primi Gregorio Michele Ciocchi al suo servizio dal 1758 al 1771 almeno, Donato Maria Fini, Alessandro Nini, Filippo Grobert e l’astronomo ingegnere pesciatino Francesco Puccinelli al suo servizio tra il 1767 e il 1784, e tra i secondi Ferdinando Grazzini, Giuseppe Montucci, Giovanni Maria Veraci, Agostino Fortini, Ferdinando Morozzi, Fiorenzo e Bernardino Razzi, Giovanni Boldrini, Bernardino Fantastici e Giuseppe Salvetti – sono da rilevare: la grande Carta topografica generale del Lago di Castiglioni e delle sue adiacenze sino alla radice dei poggi, rilevata nel 1758-59 insieme con Agostino Fortini e Gregorio Michele Ciocchi e altri tecnici per studiare il progetto di sistemazione d’insieme della pianura (l’originale è in ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 749, e in Miscellanea di Piante, n. 130.a) e poi edita nella sua memoria del 1769 con altre otto tavole relative alle bocchette e cateratte del padule e al fiume Ombrone, frutto di accurate misurazioni e osservazioni per mettere a punto un progetto di globale risanamento della grande e malarica zona umida di Castiglione della Pescaia, fino ad allora costituente uno dei principali centri di produzione ittica della Toscana. La Carta topografica generale rappresenta di fatto una delle prime e perfezionate topografie di una subregione toscana.
Altra rappresentazione di rilievo è quella della pianura costiera tra Pisa e Lucca con l’Arno e il Serchio e le zone umide confluenti sui due fiumi, rilevata dopo accurate livellazioni tra il 1757 e il 1762 e pubblicata insieme ad altre quattro tavole, con illustrazione dei vari progetti di canalizzazione e bonifica, nell’opera del 1782.
Tra le tante altre figure sono da segnalare la raccolta di 12 Piante dimostrative di vari rami del Fiume Ombrone dalla Barca d’Istia fino a Campagnatico, e de’ vari impedimenti che soffrirebbe la navigazione a monte di Grosseto, redatta nel 1766 a corredo di una perizia dello stesso scienziato, nell'ambito di un progetto finalizzato alla rimozione degli ostacoli nel letto del fiume per facilitare lo scorrimento delle acque in funzione della navigazione e della fluitazione del legname (ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 713, ins. "Lavori all'Ombrone"); e le tre incisioni di Giuseppe Pozzi che corredano l’Esame dell’esame di un libro sopra la Maremma Senese ripartito in tante note da uno scrittore maremmano del 1775: la Carta dell’antica Etruria, la pianta della città di Roselle secondo i ritrovamenti del 1774 e la pianta con sezione dell’antico anfiteatro rinvenuto nella stessa città (Zangheri, a cura di, 1984, p. 65).

Produzione di cartografia manoscritta:
Disegni di profili di livellazione dei canali Ozzeri e Rogio (Bientina), 1756 (ASP, Piante dell'Ufficio Fiumi e Fossi, nn. 66-69 e 70-71);
Piante di sezioni e livellazioni del Fiume Serchio e altre piante relative a corsi d'acqua dell'area del Padule di Bientina, attribuite, 1757 (ASP, Piante dell'Ufficio Fiumi e Fossi, nn. 60, 83 e 85);
Carta topografica della confluenza tra il Fosso Ozzeri e il Fiume Serchio, con Agostino Fortini, 1757 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 340);
Pianta topografica generale del lago di Castiglioni [della Pescaia] e delle sue adiacenze sino alla radice dei poggi, con gli ingegneri Agostino Fortini e Gregorio Michele Ciocchi, 1758-59 (ASF, Miscellanea di Piante, 56 e 130a, edita anche in Della fisica riduzione..., incisore Giovanni Canocchi, 1769);
Disegno di cateratte nel Padule di Bientina e profili dei suoi emissari (firmato come "Padre matematico Gimenes"), anni ’50-’60 del XVIII secolo (ASP, Piante dell'Ufficio Fiumi e Fossi, nn. 56, 57 e 72-73);
Piante e spaccati della Fabbrica delle Cateratte detta Casa Rossa a Castiglione della Pescaia, in 4 tavole, 1765-66 (ASF, Miscellanea di Piante, nn. 57a-c, editi anche in Della fisica riduzione..., incisore Giovanni Canocchi, 1769);
Raccolta di 12 Piante dimostrative di vari rami del Fiume Ombrone dalla Barca d’Istia fino a Campagnatico, e de’ vari impedimenti che soffrirebbe la navigazione a monte di Grosseto, 1766 (ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 713, ins. "Lavori all'Ombrone");
Piante e alzati (6 disegni) del nuovo mulino di Grosseto e del sistema idrico di alimentazione con fabbrica delle cateratte, 1765-70 (ASF, Miscellanea di Piante, nn. 128a-f);
Pianta Topografica del Nuovo Navigante Grossetano e de’ terreni adiacenti dalla Cateratta del Fiume Ombrone fino al Padule, 1765-70 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 129, e ASF, Piante dello Scrittoio delle Regie Fabbriche, cartella V, n. 9);
Carta delle nuove Saline delle Marze presso Castiglione della Pescaia, 1765-70 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 129b);
Pianta del Poggio della Badiola e de’ terreni annessi per i fieni della pesca, 1765-70 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 129/d);
Pianta dell’acquedotto di Castiglione della Pescaia, 1765-70 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 60);
Carte (oltre una quindicina di tavole) di diverse zone del Lago e del padule di Castiglione della Pescaia e della pianura grossetana, con i suoi corsi d'acqua, con profili di livellazione, 1765-70 (ASF, Miscellanea di Piante, nn. 129c-i, 182a-e);
Cabreo dei terreni comunali disposti intorno al lago-padule di Castiglione della Pescaia, suddivisi in preselle e cedute a privati nell’anno 1769, con Giovanni Boldrini, 1769 (ASF, Ministero delle Finanze, f. 545);
Profili della livellazione della Via Modenese, con Alessandro Nini, 1766-71 (ASF, Piante di Ponti e Strade, F.13, 41 e F.15, 65);
Pianta dimostrativa della Fattoria di Montecchio nel Valdarno di Pontedera, 1772 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 81/a);
Pianta del Palazzaccio del Sale e Tabacco nella Piazza del Duomo di Pistoia, 1774 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 185);
Piante e alzati (2 carte con progetto) del nuovo edificio della Posta della Scala da costruirsi sulla Strada Romana in Val d'Orcia, 1775 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 214);
Pianta dell’Acquidotto per la Città di Pistoia con l’unione delle Sorgenti di salici, Sette Fonti e Pian degli Osi fatta l’anno 1779 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 206);
Carte dei confini tra Principato di Piombino e Granducato di Toscana disegnate da Alessandro Nini e Giacomo Benassi, in Val di Cornia, 1779-85 (ASF, Miscellanea di Piante, nn. 37 e 517), in Val di Pecora (ivi, nn. 507, 516 e 764), in Pian d’Alma e Gualdo (ivi, nn. 58, 501, 513-514, 518, 520-522, 531, 535 e 545), nella sezione nord-occidentale della pianura di Grosseto tra la Bruna e il lago padule di Castiglione (ivi, nn. 503, 506, 515, 519 e 523-529);
Pianta del Padule di Bientina e del basso bacino del Serchio con i canali e le cateratte esistenti e in progetto, 1782; Pianta di Viareggio e del suo porto canale, 1782; e Pianta dell’ultimo tronco dell’Ozzeri e del Serchio fino al Mulino delle Carte, 1782 (edite con profili e livellazioni in Piano di operazioni idrauliche..., 1782).

Produzione di cartografia a stampa:
Opere a stampa: Memoria idrometrica relativa alla teoria delle tre linee proposte negli atti della visita di S.E. il Cardinale Conti aperta l’anno 1761, Faenza, Presso l’Archi, 1743;
Seconda memoria idrometrica responsiva alle difficoltà mosse contro alla prima da’ Signori Marescotti, Bertaglia e Bonati, Faenza, Presso l’Archi, 1763;
Terza memoria idrometrica, presentata per parte della Romagna alla nuova conferma del progetto di Primaro esibita per parte della città di Bologna, Firenze, Moucke, 1763;
Memoriale ragionato delle Città, Terre e Castella della Romagna interessata intorno alla nuova proposizione della Linea Perelli, Firenze, Moucke, 1763;
Quarta memoria idrometrica presentata per parte della Romagna in risposta al parere de’ due Matematici intorno a’ progetti sul regolamento delle acque bolognesi, Firenze, Moucke, 1764;
Del vero stato antico e moderno delle Valli Superiori e Inferiori del Bolognese e della Romagna e dei veri effetti, che possono augurarsi dai nuovi progetti, Roma, Bernabò, 1765;
Sommario della quinta memoria. Confronto della carta stampata ed inserita in una Raccolta di scritture e notizie concernenti la remozione del Reno dalle Valli fatta in Bologna l’anno 1682 per Giacomo de’ Monti, Roma, Bernabò, 1765;
Sesta memoria idrometrica presentata per parte della Romagna nella quale si replica alle risposte del sig. Dottor Teodoro Bonati e alla perizia del signor Antonio Baruffaldi, Roma, Bernabò, 1765; Scusa dell’Autore delle Memorie Idrometriche intorno al suo silenzio sopra un certo scritto intitolato Saggio de’ fatti insussistenti ecc. presentata per parte della Romagna, Roma, Bernabò, 1765;
Opuscolo intorno agli aumenti delle piene del fiume principale per l’unione di un nuovo influente, “Atti dell’Accademia delle Scienze di Siena detta de’ Fisiocritici”, 3 (1767), pp. 17-83;
Della fisica riduzione della Maremma Senese. Ragionamenti due ai quali si aggiungono quattro perizie intorno alle operazioni della Pianura Grossetana ed all’arginatura del Fiume Ombrone, Firenze, Moucke, 1769;
Esame dell’Esame di un libro sopra la Maremma Senese, ripartito in tante note da uno scrittore maremmano, Firenze, Cambiagi, 1775;
Risposta al parere di Francesco Bombicci sui pretesi vantaggi del Ponte nuovo di Pisa per la fattoria di Agnano, Firenze, Cambiagi, 1778;
Nuove esperienze idrauliche fatte ne’ canali e ne’ fiumi per verificare le principali leggi e fenomeni delle acque correnti, Siena, Bindi, 1780;
Memoria intorno alla regola con la quale si alterano le velocità dei fiumi influenti per il contrasto che ricevono dai loro recipienti, “Atti dell’Accademia delle Scienze di Siena”, 6 (1781), pp. 31-120;
Piano di operazioni idrauliche per ottenere la massima depressione del Lago di Sesto o sia di Bientina, Lucca, Buonsignori, 1782;
Raccolta delle perizie ed opuscoli idraulici del Sig. Abate L. Ximenes, alla quale si aggiungono le perizie di altri professori che hanno scritto sulle stesse materie, Firenze, Allegrini, vol. I, 1785 e vol. II, 1786;
Dell’utilità o inutilità delle arginature de’ fiumi e de’ laghi. Memoria idraulica di L. Ximenes coronata dall’accessit il 6 agosto 1777, “Atti della R. Società Economica di Firenze ossia dei Georgofili”, 1 (1791), pp. 196-302.
Opere manoscritte: Considerazioni intorno alla rettificazione della Carta Geografica della Toscana, 11 agosto, 1750 (BNCF, Fondo Nazionale, II-307, ins. 27);
Parere intorno alla cagione ed a’ rimedi delle frane, che negli anni assai piovosi accadono in molte parti della Toscana e massimamente nella Val d’Elsa e nel Lucardese, 1751 (BNCF, Fondo Nazionale, II-307, ins. 13);
Memoria intorno alle facilità e privilegi che possono accordarsi alla Maremma Senese, 1758-65 (ASF, Miscellanea di Finanze A, f. 107);
Memoria generale e Piano operativo per la costruzione della Carta Geografica della Toscana, 18 gennaio 1761 (ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 200, ins. Carta Generale della Toscana, e Reggenza, 780, ins. 53);
Relazione dei lavori ordinati da S.M.I. nel piano di Bientina ed eseguiti da Leonardo Ximenes della Compagnia di Gesù dal 1757 al 1763, 1763 (AOXF, 23);
Memoria sulla Carta Geografica della Toscana e sul suo Estimario, 26 dicembre 1777 (BNCF, Fondo Nazionale, II-322, ins. 7);
Visita delle strade e dei canali navigabili della Valdinievole, 1779, e Visita delle strade e dei canali navigabili della Valdichiana (ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 879, mazzo I, ins. S); Relazione della Fonte della Città di Pistoia, 27 dicembre 1779 (BFPt, Manoscritti, B. 167); Memoria intorno alla linea del confine giurisdizionale tra il territorio di Pontremoli e quello del Genovesato, per servire d’informazione sulle regioni che competono alla Toscana, luglio 1780 (ASF, Reggenza, f. 656, Confinazione di Pontremoli);
Memoria di Leonardo Ximenes intorno allo stato delle operazioni maremmane alla consegna fatta all’Ufficio dei Fossi di Grosseto, 1781 (AOXF, 89, ins. 16);
Relazione sull’acquedotto di Genova, 15 settembre 1784 (BNCF, Fondo Nazionale, II-310, ins. 1); Relazione sul Porto di Genova, 1784 (BNCF, Fondo Nazionale, II-310, ins. 2);
Osservazioni generali e particolari sul progetto della strada o carreggiabile o corriera per la Riviera di levante, partecipato in due volumi di piante da’ Sigg. Capitani Brusco e Ferretti, 1784 (BNCF, Fondo Nazionale, II-310, ins. 3);
Memoria per la costruzione del Ponte sul Torrente Ramairone, e Relazione della fabbrica del Ponte sul Fiume Lemo, e Relazione sulla sistemazione dei torrenti Gromolo e Petornia, 1784 (BNCF, Fondo Nazionale, II-310, inss. 4-5, 7 e 11 con altri analoghi scritti).

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Barsanti e Rombai, 1987; Barsanti e Rombai, a cura di, 1994, pp. 133-152; Barsanti, 1987, pp. 135, 136, 151, 152, 155 e 156; Rombai, Toccafondi e Vivoli, 1987, pp. 86, 119-124, 145-147 e 159; Barsanti, Bonelli Conenna e Rombai, 2001, pp. 40 e 42; Barsanti, 1992, p. 63; Sterpos, 1977, pp. 7, 24-26 e 34; Zangheri, a cura di, 1984, p. 65; ASF, Reggenza; ASF, Ministero delle Finanze; ASF, Miscellanea di Finanze A; ASF, Segreteria di Finanze ante 1788; ASF, Piante dello Scrittoio delle Regie Fabbriche; ASF, Miscellanea di Piante; ASF, Piante di Ponti e Strade; ASF, Pratica Segreta di Pistoia; ASF, Camera di Soprintendenza Comunitativa; BNCF, Fondo Nazionale; AOXF; BFPt, Manoscritti.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai

Warren, Odoardo

Odoardo Warren
N.
M. Firenze 1760

Relazioni di parentela: Fu padre di Odoardo Warren il giovane, diventato maggiore del Corpo del Genio Militare nel 1749, a 35 anni, già capitano del Corpo da 5 anni, su proposta del direttore colonnello Giovanni De Baillou.

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Colonnello, direttore generale dell’Artiglieria e Fortificazioni

Biografia:
Muore a Firenze tra il 4 e il 15 gennaio del 1760 (al 4 gennaio risale l’ultimo documento firmato; il 15 gennaio vengono messi i sigilli al suo gabinetto di lavoro). Alla guida dell’Artiglieria e Fortificazioni gli succede il ten. col. Giuseppe De Baillou.
L’attività cartografica di Warren è documentata tra il 1739 e il 1749.

Produzione scientifica:
Con Ordinanza del 26 aprile 1739, art. 17, viene nominato nuovo Direttore generale dell’Artiglieria e Fortificazioni (ASF, RR. Fabbriche, f. 1942, n. 27), responsabilità che comprendeva la cura di tutti gli arsenali, le fabbriche militari e i porti di Livorno e Portoferraio.
Contemporaneamente è incaricato di predisporre le piante delle principali città e fortezze del Granducato, per le quali a partire dal 10 giugno dello stesso anno può contare sulla collaborazione dei comandanti delle varie piazze, sulla disponibilità di una nave e in generale su tutti quegli «aiuti, assistenze, e comodi che possono comunemente bisognarli per il miglior servizio di S.A.R.» (ASF, RR. Fabbriche, 1942, n. 27, doc. del 10.6.1739).
Tra il 1739 e il 1749 compila la Raccolta di Piante delle principali città e fortezze del Gran ducato di Toscana levate d’ordine di Sua Maestà Imperiale sotto la Direzione del S.re Odoardo Warren colonnello del Battaglione d’Artiglieria e Direttore Generale delle Fortificazioni di Toscana. MDCCXLIX (ASF, Segreteria di Gabinetto, n. 695), in collaborazione con Andrea Dolcini, dal 1746 luogotenente ingegnere del Corpo del Genio Militare, Giuliano Anastasi o Anastagi, nominato ingegnere solo il 27 dicembre 1745, Gaetano Benvenuti e Niccola Lotti, per il quale il Warren chiede il 14 aprile 1742 l’inserimento nel Corpo, e nel 1758 sarà luogotenente.
Il volume è dedicato a Sua Maestà Imperiale l’Imperatore e Granduca Francesco Stefano di Lorena – residente a Vienna come consorte di Maria Teresa d’Asburgo –, con una lunga introduzione e con la divisione delle fortezze in Prima Classe, Seconda Classe, Castelli e Torri lungo la Costa e nelle Isole. Il censimento fotografa, tramite una sessantina di raffigurazioni cartografiche e ampie descrizioni, torri, forti e centri urbani fortificati con relativi armamenti e funzioni e con ampio inquadramento dei medesimi nei territorio insulari, costieri e interni circostanti.
Nell’opera manca la rilevazione delle torri di alcuni settori costieri settentrionali e naturalmente quelle del territorio di Piombino e dell’Argentario che non appartenevano al Granducato.
Warren Allega alla Raccolta la carta di Teodoro Vercruyss Etruria Vetus et Nova (edita in T. Dempsterio, De Etruria regali, Firenze 1724), giudicandola «una di quelle che hanno meno errori», pur dopo averla fatta migliorare con l’aggiunta di tutte le torri e piazzeforti disegnate nel suo atlante e con la coloritura ad acquerello dei confini.
Vicino alla Raccolta, per datazione e autori, è il volume Città e Fortezze del Granducato (ASF, Segreteria di Gabinetto, n. 696), e ancora alla Raccolta possono riferirsi le Città murate, ville granducali e fortezze di Toscana (ISCAG, cartella XXII, nn. 1563-1656), un corpus di circa 90 tra mappe e prospetti.
Sotto la guida del Warren viene redatta anche la Carta della Toscana divisa nei stati fiorentino, sanese, pisano e pietrasantese, di Andrea Dolcini, 1755 (SUAP, RAT, 151).
Tra il 1743 e il 1745, Warren viene inviato a Livorno dal Consiglio di Reggenza per curare il potenziamento e la riorganizzazione di quella piazza; nel 1748 riordina e riorganizza il battaglione di artiglieria. Tra il 1742 e il 1752 ordina il disarmo e l’evacuazione delle fortificazioni di Sansepolcro, Cortona, Radicofani, Lusuolo, Barga, Prato, Montepulciano, Sorano e Pitigliano. Dal 1753 al 1756 è a Portoferraio per il potenziamento e la riorganizzazione della piazza.

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Archivio di Stato di Firenze, 1991; Barsanti, 1984; Barsanti, a cura di, 1992; Barsanti, Bravieri e Rombai, a cura di, 1988; Bellinazzi e MannoTolu, 1995; Bertocci, Bini e Martellacci, 1991; Bortolotti, 1982; Breschi, 1981, pp. 23-66; Di Pietro e Fanelli, 1973; Errico e Montanelli, 2000; Falciani Prunai, Minicucci e Rombai, 1980; Fara, Conforti e Zangheri, 1978; Ginori Lisci, 1978; Gurrieri, a cura di, 1979; Ludovico, 1991; Maccari, 2003; Manetti, 1991; Mazzanti, 1984; Mori, 1907, pp. 1-8; Orefice, 1999; Orefice e Martellacci, 1988; Principe, 1988; Rombai, 1993; Rombai, 1995; Rombai, 1987; Rombai, 1997; Rombai, 1980; Rombai, 1982; Rombai e Vivoli, 1998; Romby, 1993; Toccafondi e Vivoli, 1993; Valentini, 1993; Vivoli, 1992; ASF, Segreteria di Gabinetto; ISCAG; SUAP, RAT; ASF, Miscellanea di Piante, ASF, RR. Fabbriche.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Rosamaria Martellacci

Volcius Vincentius Demetrius Raguseus

Raguseus Volcius Vincentius Demetrius
N. Ragusa (Dubrovnik) 1563
M. Napoli o Roma 1607

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: cartografo

Biografia:

Produzione scientifica:
Tutte le sue carte sono manoscritti, decorati con colori, figure e rose dei venti nello stile tipico ricorrente nei portolani dell’epoca. Volcius seguiva l’esempio dei disegnatori provenienti da diverse scuole famose, quali i laboratori di Majorca, Genova e Venezia. I suoi documenti cartografici vengono notati nel 1881 al III Congresso Geografico Internazionale di Venezia. Il Nordenskiöld (1897) segnala quattro portolani ed una carta a lui direttamente attribuibili, mentre secondo Novak (2001), ad oggi sono noti 20 portolani del Volcius, custoditi nelle principali biblioteche del mondo.

Produzione di cartografia manoscritta:
• Atlante-portolano, 1593, Stoccolma, coll. priv. Nordenskiöld;
• Portolano, 1596 (?), Roma, Biblioteca Vaticana;
• Portolano, 1598, Parigi, Bibliotheque Nationale;
• Carta, 1601, Bologna, Biblioteca Municipale Magnani;
• Portolano, 1607, Firenze, Archivio di Stato.

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
NOVAK D., The portolans of Vincentius Demetrius Volcius (1563-1607) - A portolan maker from Dubrovnik in NOVAK D., LAPAINE M., MLINARIC D. (a cura di), “Five Centuries of Maps and Charts of Croatia”, Zagreb, Skolska Knjiga, 2005.
STEVENS EDWARD L., Portolan Charts, New York, Hispanic Society of America, 1911.


TOOLEY R. V., Tooley’s dictionary of Mapmakers, Map Collector Publications Limited, Tring, Hertfordshire, England, 1979, p.643.

LUETIC J., Pomorci i Jedrenjaci Republike Dubrovacke, Zagreb, Nakladni Zavod Matice Hrvatske, 1984.
NORDENSKIÖLD A. E., Periplus. An Essay on the Early History of Charts and Sailing-Directions, (traduzione dallo svedese; Francis A. Bather), Stockholm, Norstedt, 1897 (ristampa Burt Franklin, New York), p. 68b.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Anonimo

Viviani, Vincenzo

Vincenzo Viviani
N. Firenze 1622
M. Firenze 1702

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:

Produzione scientifica:
Ebbe dai granduchi Ferdinando II e Cosimo III dei Medici importanti incarichi pubblici, partecipando altresì ai lavori dell’Accademia del Cimento, ove svolse un ruolo di primo piano e propose moltissime esperienze.
Per molti decenni operò a tempo pieno all’interno della magistratura del Capitani di Parte Guelfa – ufficio responsabile dei lavori pubblici ad acque, strade e fabbricati, e quindi della difesa del territorio – svolgendo ruoli tecnici sempre di maggiore responsabilità, dapprima (dal 1644) come capomastro, poi come aiuto dell’ingegnere (1649), ingegnere sostituto (1653) e ingegnere effettivo (1658).
Nel 1665, Viviani fu insignito della carica – che nel 1641-44 era già stata attribuita ad Evangelista Torricelli – di idrometra e primo matematico del granduca, con obbligo di insegnare matematica nello Studio di Firenze (Barsanti, 1994, p. 58).
Con Viviani, quindi, la direzioni dei lavori pubblici passò dai pratici ai matematici, e grazie all’impegno teorico e pratico profuso per quasi un sessantennio in materia di bonifica idraulica e sistemazioni fluviali, il nostro riuscì a qualificare e formare intere generazioni di ingegneri architetti (anche come cartografi) della Toscana, dai quali venne riconosciuto quale maestro indiscusso. Ma, più in generale, con Viviani la problematica idraulica esce dal chiuso delle accademie, e dalle speculazioni teoriche scende ad affrontare le questioni concrete: in perfetta consonanza con le nuove aspirazioni sviluppiste del governo e delle classi imprenditoriali della Toscana, passate ormai dalla pratica della mercatura alla valorizzazione produttiva delle campagne.
Le sue innumerevoli commissioni in ogni parte del Granducato richiesero la redazione di altrettanti rapporti e perizie rimaste manoscritte, quasi sempre in forma di brevi scritti tecnici su realtà spaziali molto esigue, talora corredati da mappe, disegni o schizzi sommari, tuttora conservati in vari fondi archivistici (principalmente in ASF, Capitani di Parte Guelfa e Miscellanea Medicea, ma anche in BNCF, Manoscritti Galileiani-Discepoli di Galileo).
Si pensi che soltanto nell’archivio dei Capitani di Parte Guelfa sono state individuate circa 300 relazioni del Viviani che fanno riferimento al fiume Arno!
L’onore della stampa spettò – seppure a distanza di quasi un secolo e mezzo, e precisamente nel 1822 – soltanto alle due opere più complete e organiche commissionategli dal granduca Cosimo III: la Relazione intorno al riparare, per quanto possibile sia, la città e campagne di Pisa dall’inondazioni, stesa nell’aprile 1684 in seguito ad una attenta visita eseguita insieme all’idraulico olandese Cornelio Meyer; e il Discorso intorno al difendersi da’ riempimenti e dalle corrosioni dei fiumi applicate ad Arno in vicinanza della città di Firenze, redatto nel gennaio 1687.
La Relazione sul Pisano evidenzia la criticità sanitaria e la precarietà dell’assetto idraulico della vasta bassa pianura dell’Arno, punteggiata di acquitrini permanenti e soggetta alle ricorrenti inondazioni del fiume e dei suoi numerosi affluenti; ed evidenzia pure la cautela e il pragmatismo propri degli scienziati galileiani e dell’Accademia del Cimento. Il piano del Viviani non prevedeva interventi drastici, come ad esempio la deviazione di gran parte delle acque dell’Arno a monte di Pisa (operazione da secoli richiesta da alcuni, per salvare la città dai ricorrenti pericoli alluvionali), o come la colmata generale dell’acquitrinosa pianura pisana, perché “non si può con industria ed arte vincer la forza della natura”.
Nel passato si era ovviato a questi pericoli mediante interventi contingenti e scoordinati tra loro, come la realizzazione di grossi argini fluviali e l’escavazione di canali di scolo verso il Fiume Morto a nord e lo stagno di Calambrone e Coltano a sud; tuttavia, l’impegno della specifica magistratura pisana, l’Ufficio Fiumi e Fossi, non era valso a mantenere in equilibrio questo sistema artificiale di drenaggio idrico.
Partendo da queste premesse storiche, il nostro scrive che occorreva innanzitutto “rimettere in opera e ridurre allo stato antico tutti quei fossi e scoli che più ora non operano con ricavarli e arginarli tutti insieme [...], ma prima si riaprano gli sfoghi di detti fossi e quello in particolare del Fiume Morto con cavare anche questo dove ne sia il bisogno, ma soprattutto col raddrizzarlo per la via più breve, ristringerlo all’apertura dei ponti ed arginarlo in moderata distanza dalle ripe sin dentro il mare con incassarvelo ancora per molte braccia”. Anche l’Arno – che subito a valle di Pisa arricchiva i paduli ivi esistenti per l’incapacità di far defluire in mare tutte le sue acque – doveva essere liberato del gomito o meandro di Barbaricina (un’ampia area da colmare e recuperare alle coltivazioni) e portato in un nuovo letto con inclinazione più favorevole al deflusso nel Tirreno.
Poiché il fiume stava progressivamente sollevando il suo alveo per l’interrimento naturale, occorreva anche rialzarne le sponde e consolidarle con la costruzione a distanza di contrargini da mantenere con cura; questi argini paralleli al corso d’acqua erano intesi come funzionali al deposito delle “fecondanti torbide” fluviali, per recuperare gradualmente all’agricoltura parte della pianura più depressa che era quasi stabilmente occupata da impaludamenti.
Viviani esprime la sua piena fiducia in questo metodo delle piccole colmate, da realizzare comunque con cautela e con ordine anche a distanza dall’Arno. “Messe in difesa le terre buone, occorre cominciare a colmare per grande altezza e non in fretta, a impresa per impresa, le terre più lontane dal mare ed insieme le più prossime all’Arno con le più remote da quegli scoli che debbono ricevere poi le loro acque piovane, e di poi l’altre terre di mano in mano per traverso fino ai predetti scoli per continuare con tale ordine a colmare le altre tenute per di sotto che si vanno accostando al mare”. Questo metodo sistematico – proposto anche per i grandi comprensori di bonifica, quali la Valdichiana e la Valdinievole – era ritenuto l’unico in grado “di restituire a Pisa la salubrità dell’aria, la copiosa popolazione e l’antico pregio di essere il granaio della Toscana”.
Il Discorso sul territorio fiorentino affronta in modo ugualmente organico il problema tanto temuto del riempimento del letto fluviale nei pressi di Firenze. Con accurate ricerche storiche e sul terreno, Viviani verificò il rialzamento di alcune braccia dell’alveo dell’Arno e dei suoi principali tributari, ciò che finiva con il provocare sempre più frequenti allagamenti dei piani interrati e a terreno delle abitazioni non solo urbane. Il nostro si accorse pure che il riempimento d’Arno “non segue già per uniforme altezza in universale né per tutta la larghezza del medesimo letto, ma questo occupamento di vaso e di continente dà causa alle piene di procurarsi il luogo perduto dentro le ripe più deboli onde ne seguono corrosioni e lunate, e di scorrervi ancora più alte donde n’avvengono inondazioni”. Pur non credendo che Firenze corresse il rischio di trasformarsi in una città acquatica, necessariamente intersecata da canali, come ad esempio Mantova e Ferrara, e che le sue campagne “abbiano a ricoprirsi d’acque e convertirsi in cubili di ranocchi o di pesci, poiché per divina provvidenza l’umana industria saprà conservare il tutto”, tuttavia il problema era preoccupante e ne andavano ricercate le cause.
Tali cause furono individuate nell’eccessivo “diboscamento, che in universale contro gli antichi provvedimenti è stato fatto delle alpi e dei monti, di quegli in particolare che secondano il corso dell’Arno dall’Incisa a Rovezzano”, con i coltivi che non sempre erano stati “fatti con buon ordine dalle radici di essi monti fino alle cime e nei fondi delle valli, per dove, passando le piovane, si formano i borri, i fossati, i rii, i fiumicelli e i fiumi che scendono in Arno. Queste sono le più potenti cagioni che concorrono alla di lui ripienezza, poiché le piogge cadenti sopra quei monti spogliati di legname e coltivati e smossi, non trovando più il ritegno della macchia e del bosco, vi scorrono precipitose e s’accompagnano colla materia di terra, sasso e ghiaia dalla quale son formati e la conducono furiosamente nel fiume”, che a sua volta la spingeva e l’abbandonava gradualmente lungo il proprio corso.
Il progetto elaborato dallo scienziato prevedeva vari interventi, a partire dall’innalzamento degli argini fluviali (rafforzati da scarpe, sassaie e altri manufatti di difesa) e dal parziale raddrizzamento dei corsi d’acqua per eliminare i gomiti troppo pronunciati che impedivano o rallentavano il deflusso; quanto però all’Arno, lo scienziato sconsigliava fermamente la sua canalizzazione – proposta da molti onde accrescerne le funzioni idroviarie – tra Firenze e Signa perché d’estate non c’era acqua sufficiente ad alimentare il canale stesso.
Ma di fondamentale importanza erano il rinnovo della legislazione vincolistica nei confronti dei tagli dissennati dei boschi alpestri e l’attivazione di una vera e propria bonifica montana fatta di adeguate sistemazioni idraulico-agrarie e forestali: a partire da quelle trasversali ai pendii montani e collinari, realizzabili con “serre o chiuse o leghe o traverse di buon muro”, sopra le quali costituire “folte piantate di boscaglie o da fuoco o da taglio” oppure di olivi. Invece, nelle aree vallive (e specialmente nelle aree fra Incisa e Firenze), occorreva rimettere in funzione gli antichi sbarramenti trasversali ai corsi d’acqua, le pescaie, “e fabbricarne delle nuove” (anche sui principali affluenti) per rallentare il deflusso delle acque.
La prima impresa idraulica del Viviani fu la visita – fatta nel giugno 1644 con gli ingegneri Alessandro Bartolotti e Baccio Del Bianco – al Bisenzio in località Poggione, per visionare e risarcire la steccaia devastata dalle piene fluviali. Della stessa area, il nostro si interessò a più riprese, come nel luglio 1652, quando rilevò la pianta della zona di Capalle per progettarvi un taglio o raddrizzamento fluviale, mentre nello stesso anno provvedeva a riparare l’argine d’Arno alle Cascine. Sempre sul maggior fiume della Toscana, nel maggio 1653, insieme ad Alfonso Parigi (come pure, da solo, nell’ottobre 1669), propose rimedi “necessarissimi” (“palate” soprattutto) alla breccia d’argine formatasi alla confluenza del fiume Greve; nel settembre 1661 e nell’ottobre 1670 restaurò la steccaia di Montevarchi; nel giugno 1662 rinforzò la strada romagnola che lambiva l’argine del fiume in loc. Girone; nel gennaio 1666 riparò la corrosione nel bosco di San Moro di Signa; nel settembre 1673 e ancora nel settembre 1691 effettuò lavori ad Ugnano e Brozzi; nel 1679 effettuò lavori di rifacimento degli argini nel Pian di Ripoli e anche subito a valle di Firenze; nel luglio 1680 risarcì il pignone sotto Varlungo, ecc.
In altri contesti spaziali, nell’ottobre 1669 studiò la realizzazione di un ponte cateratte in loc. Mora, nel piano di Lecore, sull’Ombrone Pistoiese, per salvaguardare dalle esondazioni la campagna circostante. Nel dicembre 1679 denunciò gli abusi del proprietari frontisti dell’Ombrone che – anziché rinforzare gli argini – li avevano indeboliti con l’espandervi le coltivazioni e con il costruirvi vari manufatti che addirittura occupavano anche il letto fluviale, ostacolando in tal modo il deflusso delle acque. Dalla visione di questa situazione, il nostro per la prima volta osava allargare la sua attenzione dalla contingenza del bisogno locale ai problemi generali di sistemazione fluviale durevole e di messa in sicurezza delle pianure, con il consigliare l’ufficio di ricostruire con luci di adeguata altezza i ponti esistenti, di reprimere gli abusi umani (demolire i manufatti e i campi impropriamente costruiti), di sistemare a dovere la sfociatura dell’Ombrone in Arno con la realizzazione di una solida sassaia per stabilizzare i due corsi d’acqua, di riarginare gli affluenti dell’Ombrone con tanto di rettificazione degli alvei di alcuni di loro, e finalmente di provvedere per quanto possibile al rialzamento delle piane più depresse mediante la pratica antica e di lungo periodo delle piccole colmate.
Si occupò pure – insieme all’ingegnere Francesco Landini, nel luglio 1671 e nel marzo 1672 rispettivamente – del consolidamento delle colline meridionali fiorentine dominate dal forte e dalla basilica di San Miniato e dalla villa granducale di Poggio Imperiale, mediante l’erezione di muri di consolidamento, l’escavazione di acquidocci e l’impianto di filari di cipressi e di altre alberature.
Tra gli altri impegni, vale la pena di ricordare il suo parere del 1691 sulla causa relativa al triplice taglio del torrente Vingone progettato dall’allievo prediletto, l’ingegnere Giuliano Ciaccheri, ma rifiutato dai locali proprietari terrieri. Lo scienziato non esitò a sconfessare il più stimato rappresentante della burocrazia tecnica medicea, convinto com’era che lo scavo di un nuovo lungo letto fluviale in area più soggetta a maggiori rischi di esondazione dell’Arno non era conveniente anche per il consumo di fertile terreno agrario che ne sarebbe derivato, e quindi consigliava prudentemente di fare una deviazione assai più contenuta e di raddrizzare per quanto possibile il torrente con eliminazione delle maggiori tortuosità, provvedendo semmai alla costruzione, nell’alto bacino idrografico, di solide serre per attenuare l’impeto della corrente e, nella sua parte bassa, di scoli per “separare le acque di monte, che per lo più ne scendono cariche di materie nocive, dall’acque piovane e chiare del piano”.
Poiché questi consigli erano rimasti inascoltati, nel 1697 Viviani tornò a perorare la validità delle opere di sistemazione fluviale eseguite a monte, propedeutiche alla salvaguardia degli argini di piano. Del resto, lo scienziato – almeno a partire dagli anni ’80 – fu sempre coerente con il convincimento che il complesso problema della sistemazione e messa in sicurezza della valle dell’Arno poteva essere risolto soltanto mediante la messa in pratica di un piano organico di bonifica generale (Barsanti, 1994, pp. 59-60).
Viviani operò in modo non episodico anche nei comprensori umidi più lontani da Firenze, come la pianura grossetana, e soprattutto la Valdichiana e la Valdinievole.
Nella pianura di Grosseto Viviani seguì il lavoro svolto dal suo principale collaboratore Giuliano Ciaccheri tra il 1694 e i primi anni del nuovo secolo. Nell’impossibilità di provvedere alla bonifica completa del lago-padule di Castiglione della Pescaia, si provvide al risarcimento degli argini dell’Ombrone (per impedire che le esendazioni fluviali peggiorassero l’assetto idraulico della pianura) e alla costruzione del nuovo canale Navigante da Castiglione al Porticciolo di Grosseto: in questo periodo furono disegnate anche una carta generale della pianura di Grosseto (ASF, Scrittoio delle Regie Possessioni, f. 6944) e varie carte topografiche della fiumara con porto canale di Castiglione e del Nuovo Navigante con l’area attraversata (ASF, Mediceo del Principato, f. 2029, cc. 1-3 e 13-15) (Barsanti, 1984, pp. 62-63).
Nel comprensorio del padule di Fucecchio, il nostro si recò più volte per risolvere i gravi problemi della bonifica che interessavano le tante fattorie granducali della valle. Nel maggio 1670 osservava come le colmate poco regolate della Pescia di Pescia stessero danneggiando i circostanti terreni di proprietà granducale e privata, appartenenti alle fattorie di Altopascio e Bellavista. Proponeva pertanto di togliere il fiume dal suo letto e di condurlo a sfociare nel padule del Cerro, riempiendo l’alveo rimasto asciutto con una vicina gora alimentatrice di un mulino. Nel 1682 fece un’importante ispezione a Ponte a Cappiano dove la chiusura di buona parte delle calle produceva difficoltà di deflusso e ristagno delle acque: lo scienziato ordinò la riapertura delle bocche e anzi il loro ampliamento con la sbassatura della loro soglia, anche per potenziare la navigazione nella zona umida; a quest’ultimo fine, progettò pure la costruzione di un nuovo canale navigante nel padule. Nel 1693, visitò la fattoria granducale del Terzo dove progettò possenti arginature alle casse di colmata e pera di canalizzazione per impedire ce le torbide della Nievole e della Borra pregiudicassero gli scoli di Bellavista e di altre proprietà (Barsanti, 1994, pp. 65-66).
Pure della Valdichiana, e soprattutto della parte meridionale ove passava il confine fra Granducato e Stato Pontificio, Viviani si occupò a più riprese fin dal 1657-60, anche collaborando con il matematico papale Gian Domenico Cassini.
Così, nel 1657 accompagnò nelle Chiane il cardinale Giovan Carlo de’ Medici e in quell’occasione si rese conto del grande interrimento che si era registrato nell’area di confine, con il rischio di bloccare il deflusso delle acque verso il Tevere: da qui, l’idea di riportare l’Astrone nel piano di Cetona. Nell’aprile 1664, grazie anche al suo contributo e a quello dell’ingegnere Francesco Landini che lo affiancò, furono approvati i tredici capitoli dell’intesa o Concordia fra il papa Alessandro VII e il granduca Ferdinando II (edita nel 1665 con una pianta con profilo), che riguardavano la regimazione e riescavazione anche con nuovi letti dei torrenti Tresa, Astrone, Buterone, Cardete e altri scorrenti nel delicato scacchiere e che – prima di confluire nel Canale Maestro della Chiana – inondavano e danneggiavano le campagne. Nel 1667, il nostro scienziato si dichiarò sgomento di non poter quantificare le spese per i lavori delle Chiane “così inferme e noiate dall’acque trattenutevi”; ancora nel 1677 visitò l’area palustre delle Chiarine, proponendo lavori per il loro risanamento.
Nel 1684 e ancora tra 1689 e 1690 Viviani fu inviato a Roma per discutere con i tecnici pontifici un accordo generale per la bonifica definitiva della valle, operazione da sempre avversata dai romani per i timori di accresciute inondazioni da parte del Tevere che una simile sistemazione avrebbe potuto arrecare: per convincere il papa e i suoi collaboratori, Viviani portò con sé numerose piante fatte disegnare dal suo principale collaboratore tecnico, l’ingegnere Giuliano Ciaccheri.
Nel maggio 1691, lo scienziato dette puntuali istruzioni a Ciaccheri circa il procedere dei lavori nelle Chiane, e in particolare su come voltare Parce, fosso di Gragnano e Astrone nel piano di Chiusi, con il raccomandare di servirsi sempre di precisi rilevamenti cartografici (Barsanti, 1994, pp. 66-67; Di Pietro, 2005, pp. 109-111).
Come è facile capire, buona parte dei suoi rilievi e progetti fu invariabilmente corredata da disegni di livellazioni e/o da mappe o carte topografiche, ma a quanto è dato sapere queste rappresentazioni – redatte sotto la sua direzione – furono regolarmente disegnate e in genere firmate dagli ingegneri e capomaestri suoi collaboratori, ed è quindi difficile se non impossibile presentare qui un elenco.
Basti ricordare che, con l’ingegnere Giuliano Ciaccheri è autore della prima cartografia in scala topografica frutto di regolari operazioni metriche pubblicata a corredo di un’opera idraulica: trattasi della Carta del Pian di Pisa inviata manoscritta al granduca Cosimo III nel 1684 e poi inserita nell’opera a stampa dell’idraulico olandese Cornelio Meyer Arte di restituire a Roma la tralasciata navigazione del suo Tevere (Roma, Per il Varese, 1685) (Gabellini, 1987, p. 150).


Discorso al Serenissimo Granduca di Toscana Cosimo III intorno al difendersi da’ riempimenti, e dalle corrosioni de’ fiumi applicate ad Arno in vicinanza della Città di Firenze edita in Raccolta d’Autori Italiani che trattano del moto dell’acque, Firenze, Stamperia di Sua Altezza Reale, vol. IV, 1765, pp. 217-258;
Relazione al Serenissimo Granduca di Toscana Cosimo III intorno al riparare per quanto possibile sia la Città e Campagne di Pisa dall’inondazioni edita in Raccolta d’Autori Italiani che trattano del moto dell’acque, Firenze, Stamperia di Sua Altezza Reale, vol.. IV, 1765, pp. 259-269.


Produzione di cartografia manoscritta:
Pianta della zona di Capalle, 1652 (ASF, Capitani di Parte. Numeri neri, f. 1073, c. 61);
Pianta e profilo dello stato dell’acque delle Chiane dal Ponte di Valiano sino al Ponte di Sotto ecc., disegni degli ingegneri Gio. Nicolò Pulega e Francesco Landini (ASF, Piante dello Scrittoio delle Regie Possessioni, piante topografiche, n. 105.5);
Carta del Pian di Pisa, con l’ingegnere Giuliano Ciaccheri, 1684 (edita in Cornelio Meyer, Arte di restituire a Roma la tralasciata navigazione del suo Tevere, Roma, Per il Varese, 1685;
Disegno in pianta della Pianura di Grosseto, con Giuliano Ciaccheri, 1694 circa (ASF, Scrittoio delle Regie Possessioni, f. 6944);
Varie carte topografiche della fiumara con porto canale di Castiglione e del Nuovo Navigante con l’area attraversata, con Giuliano Ciaccheri, 1694 (ASF, Mediceo del Principato, f. 2029, cc. 1-3 e 13-15);

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Barsanti, 1984; Barsanti, 1994, pp. 43-68; Gabellini, 1987, p. 150; Maglioni, 2001; Piccardi, 2001; Di Pietro, 2005, pp. 109-111; ASF, Capitani di Parte Guelfa. Numeri neri, ff. 1055, c. 144, 1063, cc. 223 e 259, 1073, cc. 56 e 61, 1074, c. 39, 1081, cc. 80 e 113, 1082, c. 111, 1085, c. 103, 1092, c. 62, 1103, cc. 24 e 51, 1667, cc. 13 ss.; ASF, Segreteria di Finanze, f. 1013; ASF, Scrittoio delle Regie Possessioni, ff. 6941, 6943 e 6944; ASF, Piante dello Scrittoio delle Regie Possessioni, piante topografiche, n. 105.5; ASF, Mediceo del Principato, f. 2029, cc. 1-3 e 13-15; ASF, Miscellanea Medicea; BNCF, Manoscritti Galileiani-Discepoli di Galileo, nn. 222, cc. 79 ss. e 153 ss., 229, c. 91, 232, c. 52, 233, cc. 9, 161, 217 e 237 ss., 234, cc. 97 ss. e 125 ss., 235, cc. 73 ss. e 167 ss., 236, cc. 34 ss., 263, cc. 98 ss.; BRF, Manoscritti Riccardiani, n. 2711, c. 81.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai

Vivenzio, Giovanni

Giovanni Vivenzio
N. Nola
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:
Nato a Nola nella prima metà del XVIII secolo.

Produzione scientifica:
Nel 1780 fu nominato Cavaliere Costantiniano, medico di Casa Reale e Protomedico Generale del Regno. Visitò, nella qualità di direttore dell'Ospedale degli Incurabili e dei Reali Ospedali Militari delle due Sicilie, la Calabria devastata dal sisma del 1783, pubblicando nel 1788 a Napoli un trattato in due tomi Istoria de’ tremuoti avvenuti nella Provincia della Calabria Ulteriore, e nella Città di Messina nell’anno 1783. E di quanto nella Calabria fu fatto per lo suo risorgimento fino al 1787. Preceduta da una teoria, ed Istoria Generale de Tremuoti.

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Mandalari M., Biblioteca storico-topografica delle Calabrie, cap. II, Messina, Grafiche “La Sicilia”, MCMXXVIII, p. 72; Principe I., “Carte geografiche nella raccolta Zerbi”, Vibo Valentia, Edizioni Mapograf, 1990, pp. 162-163.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Maria Luisa Bonica

Vineis, Pietro Antonio

Pietro Antonio Vineis
N. Mongrando(Biella)
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: agrimensore, misuratore di fieni

Biografia:
Di Mongrando (Biella). Attività documentata dal 1695 al 1751.

Produzione scientifica:
Dopo l’istituzione delle Piazze da agrimensore e misuratore col Regio Editto del 21 agosto 1733 anche coloro che stanno già esercitando la professione devono, per continuare a farlo, entrarne in possesso: Vineis è tra i primi ad acquistare una Piazza dalle Regie Finanze, nel novembre 1733 (ASTO, Controllo Generale Finanze, Vendite di Piazze da Misuratori, reg. 1, f. 21) ed il 7 gennaio 1734, nonostante fosse già munito delle patenti camerali, viene esaminato presso l’Università di Torino ed approvato “Agrimensore, e Misuratore di fieni” (Arch. Storico Univ. di Torino, Registro degli esami di architetti, misuratori e maestri de’ conti, X.D.1, f. 115).
E’ attivo nel biellese dove esegue carte per i conti Frichignono di Castellengo e Avogadro di Valdengo. E’ anche autore di un libro figurato realizzato nel 1734 per l’Ospedale Maggiore di Biella, che intitola “cabreo”, nonostante non sia realizzato su carta bollata: si tratta di un fascicolo di 16 fogli con mappe acquerellate, caratterizzate da un disegno non pittorico ma fortemente stilizzato e particolarmente vivace nell’uso dei colori.
Nel 1744 è deliberatrario della misura generale del territorio di Cacciorna, ma entra poi in lite con la comunità, insoddisfatta del lavoro svolto (ASTO, Finanze, I Arch., Misure territoriali e Allibramenti, m. 4, fasc. 3; PALMUCCI, p. 128).

Produzione di cartografia manoscritta:
- Parte di bosco sita in Castellengo regione alla Valle dell’Arca, assegnata al conte Giovanni Antonio Frichignono in una divisione in data 5 maggio 1695, 1695 (ASBI, Arch. Frichignono di Castellengo, Disegni, 96).
- Cabreo di tutti li Beni posseduti dal Ospitale Maggiore di questa Citta tanto / nel Territorio di questa Citta che ne respetivi di Pralongo Cossila Ponderano / Gaglianico, e Cantone della Barazza formato da me sottos[critt]° Misuratore / principiato d’ordine delli sia SS.ri Consig.ri d’essa Citta, é comunità di d° / Ospitale Magggiore Gio Thomaso Montella, et Giose Anto Vercellone, et terminato / nella Aministraz.ne avutane di d° Ospitale dalli rispettivi SS.ri Sindaco Carea, e / Consigliere Gromo nell’anno 1734:, 1734 (ASBI, Disegni non inventariati, Cabreo dell’Ospizio Provinciale di Biella).
- Tippo regolare della Vigna Giardino, e puoco Bosco / dell’Illmo Sig. Conte Carlo Dom:[eni]co Avogadro posta / nel Castello di Valdengo […], 20 ottobre 1742 (ASBI, Arch. Avogadro di Valdengo, Disegni, 3).
- Copia della mappa di Andorno Caciorna, sott. Antonio Bonesio desunta dall’originale di Pietro Antonio Vineis del 26 ottobre 1744, 6 agosto 1776 (ASTO, Azienda Generale Finanze, Catasto Antico del Piemonte, Andorno Cacciorna, all. A, rot. 16).
- Tipo relativo alla bealera del Pesce per la quale esisteva contenzioso tra i conti di Castellengo e alcuni particolari di Mottalciata, 21 giugno 1750 (ASBI, Arch. Frichignono di Castellengo, Disegni, 84).
- Corso della roggia che la comunità di Mottalciata ha derivato, per utilità pubblica dalla roggia detta del Pesce proveniente da Castellengo e beni dei signori di Frichignono posti nello stesso territorio, 4 agosto 1750 (ASBI, Arch. Frichignono di Castellengo, Disegni, 7).
- Tipo dimostrativo delle cascine e dei beni posseduti dai conti Frichignono di Castellengo con indicazione delle rogge, 2 novembre 1751 (ASBI, Arch. Frichignono di Castellengo, Disegni, 9).
- Tipo relativo al terreno detto della Carbonara di proprietà del Convento di S. Caterina di Biella, s.d. (ASVC, Corporazioni Religiose, Disegni, 42).

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
L. PALMUCCI, «Tanto per servizio del Principe che per l’utile del pubblico». Misuratori, estimatori e cartografi-agrimensori, in D. BALANI, D. CARPANETTO, Professioni non togate nel Piemonte d’Antico Regime, Torino 2003, pp. 111-141.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Elena Marangoni

Vincenzutti, Simone

Simone Vincenzutti
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: agrimensore

Biografia:
Udine -XVIII sec.

Produzione scientifica:
Pubblico perito agrimensore

Produzione di cartografia manoscritta:
[Carta del Friuli «Patria del Friuli»], 1733, (Civici Musei, Udine)

• [Disegno della possessione Lovaria del pezzetto di terra dei Sig. Desia ], 10 dicembre 1737, (Archivi Storici Diocesani - ACAU- Nuovi manoscritti - cartella 921/7, Udine)

• [Disegno per i beni della Chiesa di San Giovanni di Pavia di Udine], 5 settembre1739, (Archivi Storici Diocesani – ACAU - Nuovi manoscritti - cartella 921/7, Udine)

•[«Pianta e misura della piazzetta chiamata “la rovina”»], Udine, 1739

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
PESARO A., Di carta, terre. Di terre carte. Il territorio friulano rappresentato e significato in antiche carte manoscritte, Udine, Gaspari editore, 2006, p.121
LAGO L., Theatrum Adriae, Trieste, 1989,
p.176, fig.110; pag. 293, n. 307
LAGO L. - ROSSIT C., Theatrum Forii Iulii. La Patria del Friuli ed i territori finitimi nella cartografia antica sino a tutto il sec. XVIII, Trieste, Ed. Lint, 1988, vol.I, p. 24, vol.II, pp. 62, 116-119, tav. CXXXIII, p.120,121,122,124,125,127,149
MIOTTI L. R., La Carnia e il Canal del Ferro nelle principali rappresentazioni cartografiche del secolo XVIII. Tesi di Laurea, Fac. Magistero, Univ. di Trieste, a.a. 1973,1974

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Anonimo