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Sperandio, Tommaso

Tommaso Sperandio
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:
Attivo come misuratore dei possessi del Capitolo di Santa Maria Maggiore nel 1690.

Produzione scientifica:

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Susanna Passigli

Spannocchi, Tiburzio

Tiburzio Spannocchi
N. Siena 18 ottobre 1541
M. Madrid 4 febbraio 1606

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:
Tiburzio Spannocchi nacque a Siena il 18 ottobre del 1541 da Bianca di Daddo Nicoluccio e da Luca, discendente da una nobile famiglia, il cui capostipite, Ambrogio di Ser Mino da Spannocchia, era vissuto a metà del Trecento. Morì a Madrid il 4 febbraio 1606

Produzione scientifica:
Al seguito di Marcantonio Colonna, Generale delle Armate Pontificie, si distinse nella lotta contro i Turchi, prendendo parte alla battaglia di Lepanto, che riaffermò il ruolo dominante della Spagna nel Mediterraneo palesando, al tempo stesso, la posizione strategica della Sicilia, “primo baluardo dell’Europa, frontiera di Africa, Asia, piazza d’armi delle forze marittime e cattoliche”, di fondamentale importanza anche per la sua produzione granaria che copriva gran parte del fabbisogno del Mediterraneo polarizzando nei suoi caricatori le flotte mercantili catalane, ragusee e nordiche.
Nel 1577 Tiburzio Spannocchi fu incaricato dallo stesso Colonna, divenuto intanto Vicerè di Sicilia, di compiere ricognizioni lungo le coste siciliane al fine di valutarne il sistema difensivo ed individuarne eventuali punti deboli per elaborare un piano organico di difesa dell’Isola. La sua “Descripcion de las Marinas de todo el Rejno de Sicilia” fu molto apprezzata dal sovrano spagnolo, tanto che nel 1580 fu inviato dal Vicerè in Spagna, dove fu esaminato dal Consigliere D.Francisco de Ibarra, che pur rilevandone la scarsa esperienza nei campi di battaglia, lo dichiarò “abilissimo artista, molto competente nell’arte fortificatoria e tale da offrire garanzie di fedeltà” offrendogli di entrare al servizio del Re.
In Spagna Tiburzio Spannocchi si occupò di ripristinare le fortificazioni di Fuerteventura, al confine tra Francia e Spagna. Attese poi alla ristrutturazione delle strutture difensive di Fuenterrabia. Nel 1581 elaborò i piani per la realizzazione dei forti sullo Stretto di Magellano con le istruzioni per edificarli . Intanto si profilava per la Spagna la conquista del Portogallo, il cui pretendente al trono si era rifugiato nelle isole Azorre, dove nel 1583 Spannocchi fu inviato al seguito del marchese di Santacroce, che lo aveva conosciuto a Lepanto. Nel 1584 elaborò un piano di fortificazione dell’isola Terceira, occupata durante la spedizione.
Tornato a Madrid fu incaricato, in quello stesso anno, di disegnare per la Corte le planimetrie di Aranjuez e dell’Escoril.
Il suo parere fu sentito anche in merito alle fortificazioni americane. Nel 1588 approvò il progetto elaborato da Antonelli per la fortificazione del Caribe ed elaborò piani per la fortezza del Morro a l’Avana e per il forte della Punta del Judìo a Cartagena del Indias. Fu poi inviato a Pamplona per la costruzione della cittadella, secondo il progetto elaborato precedentemente dal Fratin, presentando nel 1589 il resoconto del suo intervento; le sue lamentele per lo scarso apprezzamento del suo lavoro gli fruttarono un aumento dello stipendio e la nomina a “Gentiluomo di Casa Reale”.
Il suo prestigio intanto cresceva anche per la morte di altri ingegneri che avevano lavorato per la corona, come Antonelli e Palearo.
A seguito degli assalti della flotta inglese di Drake, fu incaricato di ispezionare Vigo e la Coruña. Nel 1590 fu chiamato a Lisbona dove compì dei sopraluoghi e realizzò i disegni per la creazione di un forte alla foce del Tago per fermare l’ingresso di nemici. Per Cadice, saccheggiata nel 1596 dagli Anglo-Olandesi, elaborò i progetti per nuove strutture difensive, affidandone l’esecuzione al Rojas. Lavorò anche alle opere di fortificazione in Aragona, specie a Saragozza e nelle valli dei Pirenei. Elaborò il progetto della cittadella di San Pedro in Jaca a schema pentagonale, comune nella seconda metà del 500 e perfezionò con due suoi allievi, Ambrogio Urbin e Girolamo de Soto, le difese della cittadella moresca di Aljaferia, usata come palazzo reale, che si voleva trasformare in sede del Tribunale della Inquisizione .
Tra il 1594-98 fu incaricato delle fortificazioni lungo il golfo di Biscaglia, che essendo assai articolato si prestava agli sbarchi nemici. Visitò Fuenterrabia e la Guipuzcoa, progettandone le difese ed affidandone l’esecuzione al de Soto.
Con il sostegno del duca di Lerma, per il quale aveva progettato una casa a Valladolid poi non realizzata, il 15 aprile del 1601 fu nominato “Ingeniero Major de los Reinos de España” acquisendo competenza su tutte le opere di fortificazione. In questa veste, alla vigilia dell’azione dell’Armada contro l’Inghilterra, pronunciò un discorso, il cui testo è conservato presso la Biblioteca Nazionale di Madrid, nel quale esaminava gli elementi favorevoli alla Spagna, ma anche le potenzialità nemiche, indicando i luoghi dei probabili attacchi. Fu poi inviato nella valle del Guadalquivir per progettare strutture atte ad arginare i frequenti disordini della popolazione di origine moresca; scrisse, inoltre, un trattato sulla difesa di Siviglia dalle inondazioni del Guadalquivir.
Nel 1602 andò alle Baleari per perfezionarne le difese e l’anno seguente, recatosi a Cadice per il rafforzamento della cinta muraria, costruì mulini azionati dalle onde per cui aveva avuto il “privilegio d’invenzione” .
Nel 1605, come si evince da una lettera di Filippo III al Governatore del Brasile Diego Botelho, fu incaricato di studiare le difese di Salvador e di Recife. La sua presenza era così importante che nello stesso anno gli fu negato il congedo di alcuni mesi per tornare in Italia a rendere omaggio al Papa Paolo V, suo parente.
Tra i suoi meriti ci fu quello di aver formato Cristobal de Tojas, Leonardo Turriano, Geronimo Soto ed altri, grazie al suo insegnamento presso l’Accademia di matematica, fondata da Filippo II.

Della sua produzione resta solo una piccola parte; la sua raccolta di piante e di progetti di fortificazioni, elaborata su incarico del sovrano per il “Deposito topografico dei piani delle fortezze”, andò probabilmente dispersa durante la guerra di Successione.
Al di là dei rilievi relativi al Castello di San Pedro in Jaca e della Alijaferia di Saragozza, la sua opera più significativa giunta a noi resta la “Descripción de las Marinas de todo el Reino de Sicilia”, un manoscritto conservato presso la Biblioteca Nazionale di Madrid con il numero 788. Si compone di 101 fogli di mm.345 x 240, tranne i ff.19-20 e 22, che misurano mm 605 x 470 e 345 x 285.
Si tratta di un’opera redatta in parte in lingua italiana e in parte in Spagnolo, avviata probabilmente sotto Filippo II, come suggerisce lo scudo colorato sul frontespizio, e completata intorno al 1596 sotto Filippo III, cui è dedicata. Sintetiche le pagine in lingua spagnola, contenenti la dedica ed una descrizione delle peculiarità della Sicilia e delle sue difese, compilate forse in un secondo momento, quando già lo Spannocchi si trovava in Spagna; analitica la parte in Italiano, che esamina capillarmente le peculiarità e i sistemi di controllo dei diversi territori costieri. Lo spazio litoraneo siciliano, descritto nelle sue peculiarità morfologiche e produttive, viene percepito dallo Spannocchi come una frontiera unica da tutelare con un organico sistema difensivo, articolato sulle strutture esistenti e su altre da creare ove necessario.
Il manoscritto, oltre alla dedica al sovrano, comprende quattro capitoli relativi alla descrizione della Sicilia e delle sue risorse economiche; alle cause che hanno motivato l’indagine e ai risultati raggiunti; ai sistemi di controllo in atto e a quelli progettati e, infine, al costo dei materiali, ai pesi, alle misure e alle monete in uso in Sicilia. Segue poi una tavola sinottica in lingua spagnola che offre, per le singole marine, indicazioni sul carico demografico, sui limiti territoriali, sulla consistenza delle strutture difensive esistenti e delle milizie pubbliche e private poste a loro tutela e, infine, sui siti ove erigere nuove torri con i relativi costi.
Imponente l’apparato iconografico, volto ad illustrare al sovrano lontano le peculiarità del territorio costiero dell’isola di Sicilia, che per la sua posizione, si rivelava strategica nella lotta contro gli assalti barbareschi e per le sue risorse economiche andava difesa ad ogni costo. La prima tavola acquerellata (605 mm x 470 mm) riproduce l’intera Isola; è costruita con il Nord in alto ed ha una scala di riduzione di 50 miglia. Presenta molti elementi riconducibili alla cartografia nautica, dalle rose dei venti ai rombi che da esse si diramano, dalla attenzione riservata alla delineazione delle peculiarità della cimosa costiera (porti, approdi, foci fluviali) alla modestia delle indicazioni relative all’entroterra, limitate ai fatti geografici più significativi, ed infine ai toponimi inseriti perpendicolarmente alla linea di riva, sì da consentire di leggere la carta ruotandola. Seguono 60 rilievi acquerellati di grande suggestione ed elaborati con tecnica iconografica differente: per i centri urbani più importanti planimetrie redatte su un piano perpendicolare all’osservatore; per il profilo costiero semplici rilievi con le peculiarità morfologiche e vedute a volo d’uccello dei centri abitati. Sui vivagni, inoltre, 79 piccoli schizzi riproducono la sagoma delle torri e dei castelli esistenti lungo i litorali. Un apparato iconografico composito, dunque, che può essere considerato il primo atlante manoscritto della Sicilia.

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Biblioteca Nazionale di Madrid, Ms 788
Biblioteca Nazionale di Madrid, Ms 2355, f.67, Muerte del Principe Emanuel Filiberto de Sabota, Virrey de Sicilia y principe de la Mar. Relacion de su entierro y honras .1624
Biblioteca Nazionale di Madrid, Ms 979, Discorso al Re Catt. Per l’impressa d’Inghilterra. Del Cavalier fra Tiburio Spannocchi.
Archivio Generale di Simancas, M.P. y D. XXXVIII-92
Archivio Generale di Simancas, Guerra Antigua, l.171,f.147.
Archivio Generale di Simancas, M.P.y D.V-85
Archivio Generale di Simancas,Mar y Tierra, l.597, año 1602.
Biblioteca Centrale Militare di Madrid, Collección Aparici, t.I,III, V,VI,VII,IX.

MOSQUERA DE FIGUEROA C.,Commentario en breve compendio de disciplina militar, en que se scrive la jornada de las islas de los Açores. En Madrid, año 1596, f.70-71.
Parecer que dio el Comendador Tiburio Spanoqui Cavallero del Abito de San Juan, ingeniero mayor de su Magestad y Gentilhombre de su Casa. A la muy noble y muy leal Ciudad de Sevilla, sobre los Reparos que convienen para la inundación del Rio Guadalquivir. Impreso en Se villa en Casa de Francisco Pérez. Año de 1604.
DELLA VALLE G., Lettere Sanesi del padre maestro, vol.III. Roma,1786, pp.395-396)
MAGGIOROTTI L.A., L’opera del genio italiano all’estero. Gli architetti militari. Vol.III. Roma, Libreria dello Stato, 1939.
DEL ARCO A., La ciudadela de Jaca. “Archivio Español de Arte”, 1945, pp.277-29
GARCIA MERCADAL J., Viajes de extranjeros por Espana y Portugal, vol.I. Madrid, 1952,p.1469.
CERVERA VERA L., El consunto palacial de la Villa de Lerma. Valencia, 1969, p.60
FERNANDEZ CANO V., Las defensas de Cadiz en la Edad Moderna. Sevilla, 1973
LLAGUNO E., Noticias de los arquitectos y arquitectura de Espana.,1977, tomo III, p.85-266
POLTO C., La Sicilia di Tiburzio Spannocchi. Una cartografia per la conoscenza e il dominio del territorio. Firenze, I.G.M., 2001.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Corradina Polto

Spagni, Giovanni Battista

Giovanni Battista Spagni
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:
Vissuto nel XVI secolo.

Produzione scientifica:
Negli anni 1587-88 il nome di Giovanni Battista appare nei cosiddetti “Recapiti alle Reformagioni” e viene indicato come perito agrimensore e “testimonio” di aver visto la pertica scolpita su una colonna nella Chiesa di S. Giovanni a Reggio della quale è data indicazione nello Statututo di Reggio ( tale pertica di sei braccia era utilizzata a Reggio e nel suo distretto). Apparve nel 1616 insieme al figlio Andrea nel volume “Misure e piante delle possessioni della Eredità ovvero Fabbrica detta la Girolda”. Da questo momento molti lavori furono effettuati insieme al figlio. Nello stesso anno infatti si incontrano come esecutori dei rilievi dei Beni della Casa della Carità.
E’ considerato valido tecnico cartografo, dedito prevalentemente alle rilevazioni delle proprietà private.

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
ARTIOLI N., Mappe prediali reggiane del’600, in “Il Filugello”, n. 4, Reggio Emilia ,1968

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Maria Luisa Scarin

Spagni, Andrea

Andrea Spagni
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:
Vissuto nel XVII secolo.

Produzione scientifica:
Nel 1645 fece la rilevazione di un possesso della Confraternita di S. Rocco nei Borghi di S. Stefano. Dello stesso anno vi sono misurazioni e mappe di un “beneficio del Principe” a San marco.

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
BIBLIOGRAFIA
ARTIOLI N., Mappe prediali reggiane del’600, in “Il Filugello”, n. 4, Reggio Emilia ,1968

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Maria Luisa Scarin

Sottis, Giovanni Battista

Giovanni Battista Sottis
N. Vinovo
M. 1770

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Misuratore e sovrastante, ingegnere topografo

Biografia:

Produzione scientifica:
L’attività documentata a partire dal 1743 dai mandati di pagamento dell’Azienda delle Fabbriche e Fortificazioni riguarda campagne cartografiche su: città e cittadella di Piacenza; Valli Po, Varaita, Maira, Grana e Stura (1743-50), città di Cuneo e dintorni (1744), Confini con la Repubblica di Genova/Riviera di Genova (1745-47); Litorale e Riviera di Ponente (1747), dintorni di Demonte, Valdieri (1747), carta dei boschi dell’Alto Novarese e Ossola superiore (1752-60); Val Sesia (1754); Carta particolare delle miniere di Macugnaga (1755); carta e descrizione dei boschi della Valle Anzasca (1755); Lago Maggiore e Valle Astrona (1757-58); Lago maggiore e riviera d’Orta (1759-60); riduzione delle carte delle Valli piemontesi nel 1761-62 (ci lavorano anche gli assistenti Avanzati e Chiapasco); pianta fortificazioni di Torino (1763); Pianta del distretto della Caccia (1766); riduzione delle carte delle province di Torino e Ivrea (1766); riduzioni della carta Topografica Generale (1767); le attestazioni successive riguardano genericamente lavoro a tavolino fino al gennaio 1770.

Produzione di cartografia manoscritta:
- CARTA TOPOGRAFICA E DESCRIZIONE DELLE SELVE DELLA VALLE DI VIGEZZO PARTE DELL'OSSOLA SUPERIORE NELL ALTO NOVARESE, 1755 (ASTO, Corte, Carte topografiche per A e B, Novarese 3)
- CARTA TOPOGRAFICA IN MISURA DELLA VALLE D'ANZASCA PARTE DELLA GIURISDIZIONE DELL'OSSOLA SUPERIORE E / PARTE INFERIORE NELL'ALTO NOVARESE COL DELINEAMENTO DELLE MINIERE ESISTENTI NEI TERRITORJ D'ESSA VALLE, 12 giugno 1758 (ASTO, Corte, Carte topografiche per A e B, Anzasca)
- Carta Topografica dell'Alpe di Cravairola, 9 settembre 1759 (ASTO, Corte, Materie Politiche per rapporto all'estero, Confini cogli Svizzeri, m. 3)
- CARTA TOPOGRAPHIC.A IN MISURA / DEL DUCATO D'AOSTA divisa in 4.° parti, con Avico, Denis, Durieu e Carello, s.d. (ASTO, Corte, Carte topografiche per A e B, Aosta 4) - Sul secondo foglio reca l’indicazione "Originale dai Sig.ri Avico Durieu Carelli, Denis e Sottis", che in assenza di sottoscrizioni autografe lascia il dubbio che possa trattarsi di una copia
- PLAN de la ville et environs / de luneville avec un proiet de son / augmentation marqué de josne, s.d. (ASTO, Carte topografiche segrete, Luneville 21 D II rosso)
- PLAN des villes citadelle et forts de / Strasbourg de ses environs et projets josne, s.d. (ASTO, Carte topografiche segrete, Strasbourg 30 D I rosso)
- PLAN des villes Citadelle, vieille fortiffications / et environs de Nency, s.d. (ASTO, Carte topografiche segrete, Nency 32 D II rosso)
- PLAN du vieux et neuf brisack / et de leurs environs, s.d. (ASTO, Carte topografiche segrete, Brisach 4 D II rosso)

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
C. BRAYDA-L. COLI-D. SESIA, Specializzazioni e vita professionale nel Sei e Settecento in Piemonte, in “Atti e rassegna tecnica della Società Ingegneri e Architetti in Torino”, Nuova serie, 17 (1963), n. 3, p. 136.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Maria Luisa Sturani

Sorte, Cristoforo

Cristoforo Sorte
N.
M. Venezia 1600

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: perito

Biografia:

Produzione scientifica:
Primo Perito Ordinario del Magistrato ai Beni Inculti della Repubblica di Venezia

Produzione di cartografia manoscritta:
• [Carta del Friuli «Dissegno dilla Patria del Friuli»], 1590, (Oesterreichisches Staatsarchiv-Kriegsarchiv, Vienna)

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
LAGO L., Imago Italiae, la fabbrica dell’Italia nella storia della cartografia tra Medioevo ed Età Moderna, edizioni EUT, Trieste, 2002
VITALI B., Osseruationi nella pittura di M. Christoforo Sorte ad instantia del mag.co et eccell. dottore & caualliere il sig. Bartolomeo Vitali, con l’aggionta d’una cronichetta dell’origine della magnifica città di Verona, Venezia, Gio. Ant. Rampazetto, 1594

BÉNÉZIT E., Dictionnaire critique et documentaire des peintres, sculpteurs, dessinateurs et graveurs de tous les temps et de tous les pays par un group d’écrivains spécialistes francais et étrangers, Paris, 1976, Vol. IX, p.712

LAGO L., Imago Italiae, la fabbrica dell’Italia nella storia della cartografia tra Medioevo ed Età Moderna, edizioni EUT, Trieste, 2002, pag.384, fig. n.380
DE MARTIN PINTER A., Due carte geografiche del territorio cividalese dei secoli XVI e XVII, estr. da “Quaderni Cividalesi”, 99, III serie, Cividale, 1992, p.81
LAGO L., Theatrum Adriae, Trieste, 1989,pp.107-108, figg. 66-67; p.269, n. 182
LAGO L. - ROSSIT C., Theatrum Forii Iulii. La Patria del Friuli ed i territori finitimi nella cartografia antica sino a tutto il sec. XVIII, Trieste, Ed. Lint, 1988, vol.I, p. 23, 41, 43, 47, 49, 182-190, tav. LXXXI, p.202, vol.II, p.19, 55, 150, 180
SALGARO S.,Il topografo nella repubblica Veneta del XVI sec.. gli albori di una professione ancora indefinita, “Cartografia e Istituzioni in età moderna”, Genova, 1987, pp.315-343
SALGARO S., Christophorus de Sortis, pictor et chorographus veronensis, «Imago et mensura mundi», Atti e del IX Congr. Inter. Di Storia della cartografia, Istituto della Enciclopedia Italiana G. Treccani, vol I, Firenze, 1985, pp.115-126
PAGANI L., La tecnica cartografica di Cristoforo Sorte, “Geografia”, II(1979), p.87, n. 18
CUCAGNA A., Il Friuli e la Venezia Giulia nelle principali carte geografiche regionali dei secoli XVI, XVII e XVIII. Catalogo ragionato della Mostra storica di cartografia, “Atti del XVIII Congresso Geografico Italiano”, Vol. III, Trieste, 1964, pp.146-158, n. 53; p.365
ALMAGIÀ R., Cristoforo sorte, il primo grande cartografo e topografo della Repubblica di Venezia, 1957, “Scritti Geografici”(1905-1957), Roma,1961, pp.613-618
ALMAGIÀ R., Le carte dei territori veneziano, padovano e trevigiano e del Friuli di Cristoforo Sorte, “Pubbl. dell’ist. Di geogr. Dell’Univ. Di Roma”, serie B, n.3, Roma, 1954, pp.6 e 2 tavv.
MARUSSI A., Saggio di cartografia giuliana. Dai primordi al secolo XVIII, Trieste, 1946, pp.18-19
ALMAGIÀ R., Il litorale del Friuli e l’idrografia friulana in un importante documento cartografico della fine del secolo XVI, “Atti del XIII Congr. Geogr. It.”, (Udine, settembre1937), vol. II, Udine, 1938, pp.224-225
ALMAGIÀ R., Monumenta Italiae Cartographica, Firenze, I.G.M., 1929, p. 376, 38 a e b, 39
MARINELLI G., Saggio di cartografia della regione veneta, “Monumenti Storici pubblicati dalla R. Deputazione Veneta di storia Patria”, vol. VI, serie IV, Miscellanea, vol. I, Venezia, 1881, pp. 17-18, n. 102

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Anonimo

Sorgente, Luigi

Luigi Sorgente
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Architetto

Biografia:

Produzione scientifica:

Produzione di cartografia manoscritta:
- Pianta dimostrativa di vari fondi di terreno con un fabbricato, Atrani 1827. F.to: Luigi Sorgente.
ASS, Tribunale Civile di Salerno, Fondo Perizie, Vol. 89, pianta 531.
- Pianta geometrica topografica di un territorio con fabbricato in Montoro, 1827. F.to: F. S. Malpica e Luigi Sorgente.
ASS, Tribunale Civile di Salerno, Fondo Perizie , Vol. 898, Pianta 246.
- Pianta dimostrativa di alcuni terreni e fabbricati in Campagna. Salerno, 18 febbraio 1854. F.to: Francesco De Pascale, Vincenzo Romano, Luigi Sorgente.
ASS, Tribunale Civile di Salerno, Fondo Perizie, Vol. 921, c. 407.
- Pianta dimostrativa dell’acquedotto nell’abitato porta S. Caterina, con il Mulino della Chiesa di S. Nicola. Eboli, 15 maggio 1826. F.to: Luigi Sorgente e altri due Architetti
ASS, Tribunale Civile di Salerno, Fondo Perizie, b. 897, c. 1058.
- Pianta topografica di un pezzo di terreno controvertito al Sig D. Ferdinando Galdi, e una zona di terreno di proprietà della Società Fumagalli Escher e Compagni, attaccata al Fiume Irno. Salerno, 21 luglio 1855. F. to: Luigi Sorgente.
ASS, Tribunale Civile di Salerno, Fondo Perizie, busta 920, c. 1186.
- Pianta ostensiva della pubblica strada denominata Visciglito nel tenimento del Villaggio di Gajano, Comune di Fisciano.
Salerno, 2 novembre 1854. F. to: Luigi Sorgente.
ASS, Consiglio di Intendenza, busta 63, c. 21.
- Pianta dimostrativa di un tronco del fiume Irno per la causa che verte tra Carlo Pastore, e la Commissione Diocesana, per la Mensa Arcivescovile di Salerno.
Salerno, febbraio 1830. F. to: Architetti Luigi Sorgente, Domenicantonio Napoli e Raffaele Somma
ASS, Tribunale Civile e Correzionale di Salerno, Fondo Perizie, busta 899, c. 765.
- Pianta di beni ereditati dal fu Francesco Pisacane di Tramonti (tavola prima).
Salerno, 28 dicembre 1827. F. to: Architetti Gaetano Marano, Luigi Sorgente e Gaetano Forte
ASS, Tribunale Civile e Correzionale di Salerno, Fondo Perizie, busta 898, c. 685.
- Pianta di beni ereditati dal fu Francesco Pisacane di Tramonti (tavola terza).
Salerno, 28 dicembre 1827. F. to: Architetti Gaetano Marano, Luigi Sorgente e Gaetano Forte
ASS, Tribunale Civile e Correzionale di Salerno, Fondo Perizie, busta 898, c. 686.

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Vincenzo Aversano

Soresina, Giuseppe

Giuseppe Soresina
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Perito architetto e ingegnere.

Biografia:
Di origine svizzera, operò per lo Scrittoio delle Regie Possessioni, dove fu aiuto di Angiolo Maria Mascagni. La sua attività è documentata dal 1738 al 1760 circa.

Produzione scientifica:
Fra i numerosi incarichi ricoperti come ingegnere per conto delle Regie Possessioni si ricorda quello di aver fatto parte, con Bernardo Sansone Sgrilli, Angiolo Maria Mascagni, Giuseppe Maria Forasassi, Giuliano Anastasi e altri, del gruppo di ingegneri e cartografi, al servizio dello Scrittoio, coordinato da Giovanni Maria Veraci, impegnato nel rilevamento e nelle realizzazioni delle piante delle fattorie e delle ville granducali ordinati dalla Reggenza Lorenese a partire dal 1740 (ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 351).
Intorno al 1738, Giuseppe Soresina si occupò della ristrutturazione completa della chiesa di Santa Maria delle Selve a Lastra a Signa, ad eccezione dell'abside e del tozzo campanile.
Nel 1740 redasse il cabreo della Fattoria di Castel Pulci presso Signa, di proprietà della famiglia Riccardi, all'epoca ordinato dal marchese Francesco; si tratta di un'opera particolarmente apprezzabile che può essere annoverata fra la migliore produzione cabreistica settecentesca toscana, con molte ville e case poderali disegnate su fogli spiegazzati "a trompe l'oeil" ed un particolare frontespizio con l'arme di famiglia. In una grande e dettagliata planimetria ("un piccolo capolavoro cartografico") è raffigurata la vastissima bandita di caccia di Ugnano (nella campagna fiorentina a partire dall'Arno).
Intorno al 1740, il Soresina realizzò un altro lavoro per i Riccardi: due figure relative alla proprietà di Valfonda, l’antico palazzo fiorentino di “Guarfonda”, abitato stabilmente dalla potente famiglia e utilizzato anche per finalità economico-produttive. Le tavole sono inserite in una raccolta dedicata alla suddetta proprietà alla quale lavorarono gli ingegneri Antonio Falleri e Luca Ristorini.
Nel 1759-60 il Soresina eseguì un altro cabreo, quello della Commenda di San Giovanni Battista o del Santo Sepolcro di Firenze, di proprietà dell'Ordine dei Cavalieri di Malta; l'imponente raccolta contiene ben 180 disegni di poderi posti nella campagna fra Firenze, la Val di Pesa e la Val d'Elsa e di possedimenti cittadini (di notevole interesse per la conoscenza di angoli e aspetti cittadini da tempo scomparsi).
Risulta che anche il Soresina si sia impegnato nell’impresa di realizzare una carta generale del Granducato.

Produzione di cartografia manoscritta:
Piante di tutti i beni che nel presente stato gode e possiede l’Ill.mo Sig.re March.se Riccardi Nella Fattoria di Castel Pulci fatte nell’anno MDCCXXXX, 1740 (ASF, Archivio Riccardi, f. 819);
Pianta del Giardino, Casino e Poderi di Valfonda di atten.za dell’Ill.mo Sig.re March.e Giuseppe Riccardi, 1740 ca. (ASF, Archivio Riccardi, f. 807);
Cabreo della Commenda di San Giovanni Battista o del Santo Sepolcro di Firenze, 1759-60 (ASF, Conventi Soppressi, 132, n. 159. Malta).

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Ginori Lisci, 1978, pp. 113, 114, 172, 178, 240, 269 e 283; Falciani Prunai, Minicucci e Rombai, 1983, pp. 208 e 211; Rombai, 1987, p. 402; ASF, Segreteria di Finanze ante 1788; ASF, Archivio Riccardi; ASF, Conventi Soppressi, 132, n. 159. Malta.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Anna Guarducci

Smyth, William Henry

William Henry Smyth
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:
Occorre un breve chiarimento a proposito del termine "idrografico" che viene spesso usato per le produzioni di WHS: si fa riferimento sia al tipo di carta tematica, che in prevalenza riguarda gli interessi dei fruitori marittimi, e reca scandagli del fondo presso le coste, sia al fatto che le carte di Smyth vengono in larga misura stampate o diffuse o comunque revisionate in altri casi, a cura dell'Hydrographical Office of the Admiralty; anche la maggiore opera di Smyth che ci interessa in questa sede, cioè l'atlante "siciliano", viene da lui stesso intitolato The Hydrography of Sicily... a rimarcare il contenuto di carte prevalentemente nautiche; tuttavia, per le aree urbane costiere inserite nell'atlante, ad esempio Siracusa o Catania, si considerano aspetti archeologici, o storici, o comunque del paesaggio nel suo complesso. D'altronde, le carte nautiche moderne hanno spesso alcuni di questi caratteri. Ma Smyth redige anche un rifacimento, sulla vecchia carta-base Schmettau, per tutta la Sicilia, che poi sarà rutilizzato, assieme ad altri suoi rilievi, dal ROT e, comunque, coltiva interessi complessi, espressi anche nel Memoir che "accompagna" l'atlante "siciliano", e soprattutto nel più tardo volume The Mediterranean che, come vedremo, riporta un dettagliato elenco delle sue produzioni cartografiche, molte delle quali sono dedicate alle coste italiane, sia pensinsulari, che siciliane e sarde.

Un marinaio-cartografo studioso eclettico
Smyth, peraltro, sviluppa nel corso della sua vita vari interessi interconnessi: cartografo-rilevatore e financo disegnatore, ma anche astronomo di un certo rilievo, geografo-esploratore, appassionato di archeologia. Lasciato il servizio navale attivo nel 1824, ma non quello dell'Ammiragliato, con il quale collabora fino al 1846, dedica gran parte del suo tempo agli studi, anche partecipando fattivamente alla vita di alcune rinomate società scientifiche, che nell'Ottocento vittoriano sorgono e si affermano a Londra. Infatti, è tra i fondatori della Royal Geographical Society, nel 1830, e vi ricopre il ruolo di Presidente nel 1849-50. Nel 1821 viene accolto nella Society of Antiquaries, e nella Royal Astronomical Society, dove ricopre la carica di Presidente nel 1845-46; nel 1826 diviene membro della Royal Society. E' corrispondente dell'Institute de France, e di accademie scientifiche di Napoli e Palermo, le due città italiane con le ha intrettenuto legami più lunghi e diversi, ma anche a Firenze, in Irlanda, e, negli Stati Uniti, a Boston, New York e Washington. Alla morte, compaiono sui periodici delle società lunghi e dettagliati resoconti della sua attività, che sono anche pronunciati in sedute commemoratuve delle società londinesi, e i giudizi sono tutti concordi nell'illustrazione largamente positiva e pragmaticamente sostanziosa della sua operosa vita, s'intende con maggior enfasi sulle rispettive specialità di studio.
WHS costruisce ed attrezza un osservatorio astronomico a Bedford, dove per lunghi anni effettua sistematiche osservazioni celesti, che portano alla pubblicazione nel 1844 del volume A Cycle of Celestial Objects, opera che fu molto apprezzata ma che non rientra negli specifici interessi di queste note, al pari delle pur interessanti osservazioni archeologiche.
Una delle più care amicizie di WHS è quella con l'abate Giuseppe Piazzi, celebre astronomo, conosciuto quando era Direttore del R.Osservatorio Astronomico di Palermo. In seguito Piazzi viene chiamato a Napoli per sovrintendere il R.Osservatorio di Capodimonte, ed anche nella capitale del Regno delle Due Sicilie frequenta WHS. Alla collaborazione ed agli amichevoli consigli di Piazzi, WHS accenna più volte nel Memoir siciliano (l’opera di “accompagnamento descrittivo” all’atlante sulla Sicilia), per esempio a p. 291, in cui ricorda anche i buoni rapporti con Niccolò Cacciatore, allora assistente di Piazzi a Palermo e collaboratore del Reale Officio Topografico di Palermo, l'ente nato nel 1807 durante il secondo periodo del re Ferdinando IV in Sicilia:

To the welcome assistance and friendly counsel of the worthy Abbate Piazzi, astronomer Royal at Palermo, I am under the greatest obligations; and an intimate acquaintance, now of some years standing, his, I trust, proved to him the value I place on his friendship. His assistant, Signor Cacciatore, was indefatigable in meeting my wishes at the observatory.

WHS nasce a Westminster il 21 gennaio 1788 e si spegne a St.John’s Lodge il 9 settembre 1865. Discende da una famiglia inglese trapiantata in America, quindi dal quasi mitico Cap. John Smith, pioniere dell'insediamento inglese in Virgina, principale fondatore di Jamestown. I genitori, Joseph Brewer Palmer Smyth e Georgina Caroline Pilkington, anglo-americani lealisti, a causa della Rivoluzione Americana e della conseguente Guerra d'indipendenza degli Stati Uniti contro l'Inghilterra, perdono vaste proprietà nel New Jersey, ri-emigrano in Inghilterra, e si stabiliscono a Westminter, dove appunto nasce William Henry. Sposa nel 1815 a Messina Eliza Ann "Annarella" Warington, inglese di Napoli, figlia di Thomas Warington, console britannico presso il governo borbonico (Mazzarella, 1989). Due dei numerosi figli che Annarella dà a WHS, raggiungono importanti posizioni nel mondo della ricerca scientifica: uno diviene presidente della Reale Società Geologica, l'altro, Charles Piazzi Smyth, diventa astronomo reale in Scozia, e compie poi viaggi in Egitto, dove studia le piramidi costruendo alcune teorie sulla loro utilizzazione in epoca egizia antica. "Piazzi" viene aggiunto al nome proprio Charles dai genitori, appunto in onore del celebre astronomo, amico di famiglia; Charles Piazzi Smyth viene avviato da suo padre agli studi di astronomia.
Imbarcato sin dall'età di sedici anni su una nave della Compagnia delle Indie Orientali, WHS entra successivamente nella Royal Navy, e nel 1813 è già lieutenant. Dopo il ritiro dal servizio attivo dal, resta nella riserva della Marina militare britannica, per cui accede via via ai più alti gradi della carriera.
Pur avendo percorso i mari e gli oceani del mondo, Smyth studia e rileva soprattutto le coste del Mediterraneo e le sue isole, fra cui alla maggiore, la Sicilia, riserva una speciale attenzione.
Nella dedica-prefazione a sir Francis Beaufort in The Mediterranean (1854, pp.v-viii), che è un po' la somma del suo lavoro e delle sue predilezioni, Smyth ancora una volta ricorda di aver dedicato 15 anni della sua vita, dal 1810 al 1824, a quel mare, studiato e amato. Amici e colleghi lo soprannominano bonariamente “Mediterranean Smyth”.

La cartografia "italiana"
Come abbiamo accennato, le sue rappresentazioni vengono ritenute fra le migliori esistenti per diversi anni e servono come base per altre raffigurazioni di enti cartografici oggi scomparsi, come il ROT (Manzi, 1982) e fondamentale per la comprensione dell'importanza delle sue opere e della sua azione, e del suo legame con l'Italia, risulta la lettura del denso volume sul Mediterraneo, edito nel 1854, che riassume le vicende operative, ma anche descrive in dettaglio le coste del più celebre mare del mondo, le operazioni del rilevamento, i personaggi del mondo scientifico e cartografico con cui veniva a contatto, per concludere con un dettagliato elenco delle opere cartografiche a lui stesso dovute. Smyth in The Mediterranean (1854, p.355-356), riporta un parere espresso nel 1813 dal Cap. Hurd, capo idrografo dell'Ammiragliato britannico, sulle condizioni della cartografia nautica mediterranea. Prima dell'inizio dei rilievi in navigazione (che avvennero per la Sicilia soprattutto tra il 1814 e il 1817), Hurd invia a Smyth un memorandum, quasi una guida per il da farsi:

Our knowledge of the coast and neighbourhood of Sicily is extremely deficient; and altough there are three observatories of Palermo, Naples and Malta, the exact position of any one of them is undeterminated [Smyth osserva tuttavia che ciò significa che la posizione non era stata ufficialmente comunicata all'Hydrographical Office; nota dell'A.]. All the charts of Sicily that I have examined are at variance with each other; and, from our having no good authorithy for either, we are at a loss which to select as the best.

Le carte di Smyth sulla Sicilia, sulle isole adiacenti e su Malta costituiscono una buona documentazione, basilare per le rappresentazioni di questa parte d'Italia, almeno fino ai decenni successivi all'unità del Paese, poiché il Reale Officio Topografico di Napoli (e l' “Officina geografica” o "topografica" di G.A.Rizzi Zannoni in precedenza, antesignana dell'Officio) produssero opere anche eccellenti, ma limitate quasi sempre alla parte continentale del Regno (fatte salve le eccezioni, come la carta del 1826 di cui diremo in seguito).
L'auspicio che Carlo Afan de Rivera formula già nel 1813, al tempo dell'Officio Topografico di Palermo, per rappresentazioni cartografiche dettagliate della Sicilia, trova così parziale realizzazione, come una "supplenza", da parte di WHS (Afan De Rivera, 1813; Manzi, 1977).
L' opera-base cartografica sulla Sicilia, e le due opere descrittive non cartografiche sulla Sicilia e sul Mediterraneo, che agevolano consistentemente la comprensione della prima, e comunque in qualche modo l'accompagnano, sono:

The Hydrography of Sicily, Malta and the Adjacent Islands Surveyed in 1814, 1815 and 1816, under Directions from the Right Honorable the Lords Commissioners of the Admiralty, Londra, Hydrographical Office of the Admiralty, 1823.

Memoir Descriptive of the Resources, Inhabitants and Hydrography of Sicily and Its Islands, Interspersed with Antiquarian and Other Notices. Dedicated, by Permission, to the Lords Commissioners of the Admiralty, and Intended to Accompany the Atlas of Sicily, Published at Their Office. Londra, John Murray, 1824.

The Mediterranean. A Memoir Physical Historical and Nautical, Londra, J.W.Parker, 1854.

WHS compilò anche una descrizione della Sardegna che accompagna rilevamenti costieri dell'altra grande isola mediterranea, successivi a quelli sulla Sicilia:

Sketch of the Present State of the Island of Sardinia, Londra, John Murray, 1828.

Poco prima della morte, Smyth pubblica Synopsis of the Published and Privately Printed Works of Admiral W.H. Smyth, Londra, 1864, che contiene una auto-bibliografia commentata. Ma fondamentale è la consultazione di The Mediterranean.

In The Mediterranean WHS elenca 105 carte da lui stesso rilevate e disegnate attorno al celebre mare interno (o da lui coordinate con l'aiuto di collaboratori). Fra questi documenti, 57 carte riguardano il periplo costiero dell’Italia, oltre a una carta dell’intero bacino. Inoltre, vengono ricordate alcune tavole di vedute di tratti costieri, incluse città e porti, prese soprattutto dal mare, spesso disegnate dallo stesso WHS come complemento visivo alle carte.
Di queste raffigurazioni cartografiche, 3 sono dedicate alla Corsica, 1 è in comune tra Corsica e Sardegna (Bocche di Bonifacio), 5 alla Sardegna e ben 27 alla Sicilia con le isole minori (incluse le tavole con vedute strettamente connesse alla cartografia, cioè incluse nelle tavole cartografiche).
Gli studi sul Mediterraneo durano circa 14 anni, dal 1810 al 1824 e si possono considerare la fase centrale più importante dell’attività geo-cartografica di WHS. A loro volta, i rilevamenti italiani, con la Sicilia in primo piano, occupano un ruolo primario. L’Ammiragliato britannico, nel 1923, ritenne di raccogliere in un atlante, appunto il citato The Hydrography of Sicily, Malta and its Adiacent Islands, le carte siciliane e maltesi, per cui la Sicilia ebbe finalmente una sua nuova figurazione cartografica, sia pure limitata alle coste, alle isole minori e alle città marittime maggiori per le scale più dettagliate.
La Sicilia non era stata mai oggetto di un rilevamento regolare durante il Regno indipendente (cioè dal fondatore Carlo a Francesco II Borbone) e quindi si utilizzavano le levate austriache dirette dal barone di Schmettau tra il 1719 e il 1721, a differenza dei domini continentali del Regno delle Due Sicilie, rilevati e cartografati sotto la direzione di Giovanni Antonio Rizzi Zannoni e in seguito dal ROT; quindi per anni i lavori di WHS esercitarono come una funzione di « supplenza » almeno per le aree litoranee. Smyth conosce bene questa realtà, tanto che in The Mediterranean (p.348) scrive :

After years of boat and field work, Zannoni published a costly volume, comprising the coasts of Naples and Calabria, on twenty-three large and fairly engraved sheets; under the title Atlante Marittimo delle Due Sicilie; Sicily proper, however, was not treated of beyond the Faro of Messina. The interior space was also mapped by the same surveyors […]

Il nostro ammiraglio si riferisce ai due famosi atlanti del Rizzi Zannoni, « Atlante marittimo » e « Atlante geografico », con le tavole in scala rispettivamente 1: 90.000 circa e 1: 114.000 circa (Manzi, 1974, Valerio, 1993).

La Sicilia di Smyth tra carte e vedute
Riporto qui di seguito l'elenco delle tavole contenute nell'Atlante siciliano The Hydrography of Sicily, che includono rappresentazioni cartografiche, e talora belle vedute dal mare o da terra corrispondenti ad alcune carte di tratti costieri dell'isola o a piani di città costiere; trascrivo le intestazioni integrali delle tavole dedicate completamente o prevalentemente alle carte e non i titoli più brevi dell'indice dell'atlante, che sono soltanto orientativi. Invece riassumo sotto la dicitura dell'indice, "A Sheet of Coast Wiews", tavola di vedute costiere, con un mio accenno ai luoghi raffigurati: si tratta di tavole del tutto occupate dalle fascinose incisioni delle vedute spesso riprese dal mare; solo in pochi casi la veduta è ripresa dalla terraferma: avviene per le maggiori città come Palermo, Messina, Catania, Siracusa, per Taormina e per la Valle dei Templi di Agrigento.

1. General Chart of the Hydrographical Situation of Sicily, in scala 1 :830.000 circa.
2. Sicily, Schmettau's Map corrected to the Points and Coast Survey, 1 : 515.000 circa.
3. Chart of the Western Coast of Sicily and the Aegadean Isles, 1 : 188 .000 circa .
4. A Sheet of Coast Views (San Vito, Trapani, Marsala, Mazara).
5. Plan of the Anchorage & Shoals in the Vicinity of Trapani, 1 : 86.000 circa (con vedute di Marettimo e della "Torre saracena" a Monte San Giuliano-Erice).
6. Chart of the North Coast of the Sicily and the Aeolian Islands 1 : 470.000 circa.
7. Plan of the Island of Ustica, 1 : 28.800 circa (con veduta della cala e dell'abitato di Ustica-S.Maria).
8. Plan of the Environs and Gulf of Palermo, 1 : 71.000 circa (con vedute della costa occidentale del golfo e di quella orientale).
9. Plan of the City and Bay of Palermo, 1 : 15.000 circa (con veduta del Ponte dell'Ammiraglio).
10. A Sheet of Coast Views (Palermo, Cefalù, Capo d'Orlando ed Eolie, coste siciliana e calabrese viste da Milazzo).
11. Plan of the Aeolian Islands, 1 : 145.000 circa.
12. Plan of the City and Bay of Lipari, 1 : 20.000 circa e Plan of Port Madonna & the Bay of Olivieri, 1: 17.000 circa (con vedute di Capo Tindari e di Lipari centro).
13. A Sheet of Coast Views (Lipari e Vulcano e isolotti minori, Stromboli, Basiluzzo, Panarea, Lipari e Vulcano da ovest, Stretto di Messina).
14. Plan of the City, Bay and Promontory of Milazzo, 1 :11.000 circa (con veduta della città e del castello di Milazzo).
15. Chart of the East Coast of the Island of Sicily, 1 : 300.000 circa.
16. Plan of the Faro, or Strait of Messina, 1 : 29.000 circa.
17. Plan of the City and Harbour of Messina, 1 : 7.700 circa.
18. A Sheet of Coast Views (Messina, Etna, Scogli dei Ciclopi ed Etna, Catania).
19. Plan of the Bay and Environs of Taormina, 1 : 19.000 circa (con vedute di Taormina e di Punta Schiso).
20. Plan of the City and Harbour of Augusta, 1 : 20.500 circa (con veduta del faro e della città di Augusta).
21. Plan of the City and Harbour of Syracuse, 1 : 13.000 circa (con veduta di Siracusa dal tempio di Giove Olimpico).
22. A Sheet of Coast Views (La Bruca, Siracusa, Capo Passero, Licata).
23. Chart of the Southern Coast of Sicily, 1. 380.000 circa.
24. Plan of the City, Environs and Anchorage of Girgenti, 1 : 44.500 circa (con veduta di Agrigento-Girgenti dal tempio di Esculapio).
25. A Sheet of Coast Views (Girgenti, Costa di sud-ovest, Pantelleria, Malta).
26. Plan of the Port of Pantellaria (sic), 1 : 5.500 circa (con veduta del centro di Pantelleria); e Plan of the Harbour of Lampedusa 1 : 7.500 circa.
27. Plan of the Island of Linosa e Plan of the Pelagie Isles, 1 : 32.000 circa (con veduta di Linosa da sud-ovest).
28. Plan of the Maltese Islands, 1 : 94.000 circa.
29. Plan of St.Paul's Bay, in the Island of Malta, 1 : 8.500 circa (con veduta di Punta Koura).
30. Plan of the Harbour and Fortifications of Valetta in the Island of Malta, 1 : 9.000 circa (con con vedute del castello di S.Elmo e di quello di S.Angelo).
31. Plan of Marsa Scirocco in the Island of Malta, 1 : 9.500 circa (con veduta della torre di S.Lucia).
32. Comparative Heights of the Mountains of Sicily (è un grafico con a sinistra latitudini, a destra longitudini di luoghi raffigurati, al centro altitudini: vi sono riferimenti non soltanto ai rilievi, ma anche a città, isole minori, coste).

Le tavole cartografiche in cui compaiono anche vedute sono quelle a scala ingradita, che riguardano tratti di costa in dettaglio, o, più spesso, il sito di città costiere o la loro pianta, oppure isole minori dettagliate. Le ho indicate per l'interesse delle figurazioni contenute: esse consentono ovviamente paragoni con successive raffigurazioni, ma non solo, perché sono spesso di notevole valore estetico, evocativo e documentario sugli aspetti del paesaggio.
Nella tavola 25, la prima veduta in alto appare come una curiosità interessante. Essa rappresenta la collina dei maggiori templi di Girgenti-Agrigento, vista dal lato minore orientale del cosiddetto tempio di Giunone: a destra in primo piano sono raffigurati due ufficiali di marina in divisa che, con attrezzature da rilevamento (come un teodolite) e coadiuvati da altri due personaggi in borghese, compiono osservazioni e rilevamenti cartografici; l'uno sta in piedi e consulta una carta dispiegata, l'altro, inginocchiato, misura con un compasso le distanze su un'altra grande carta stesa su di un sostegno "archeologico" (un frammento di colonna o di capitello dorico). Forse uno dei due ufficiali è lo stesso WHS, il quale, in The Mediterranean (pp. 356-357), ricorda l'attrezzatura di rilevamento che a quel tempo (fra il 1815 e il 1824) aveva a disposizione, e mezzi, che riconosce essere piuttosto soddisfacenti; l'arsenale cui si riferisce è quello di Messina:

My means, on the whole, were rather powerful, for a good vessel and crew were allotted to me, and the stores of the arsenal were at my requisition.

Tuttavia, già nell'introduzione al Memoir Descriptive sulla Sicilia, accompagnamento non ufficiale dell'atlante, il nostro riferiva sulla strumentazione a sua disposizione. L'introduzione viene riportata come fu scritta sulla nave di sua maestà britannica Adventure, il 1° ottobre 1821, nella rada di Tripoli.
Le tavole dell' atlante siciliano sono disposte seguendo un ideale itinerario marittimo in senso orario da occidente a oriente, quindi verso sud e ancora verso occidente (cioè da Trapani verso Palermo, Messina, Catania, Siracusa, Agrigento). Le scale delle carte differiscono talvolta da quelle indicate nel lavoro pubblicato sul "Boll.Soc. Geogr. It." (Manzi, 1982) soprattutto perché si sono corretti alcuni errori di trascrizione e di stampa dell'epoca, ma anche perché, oltre al calcolo basato sulle scale grafiche delle carte stesse, o su computi in base alle distanze, si è tenuto conto delle indicazioni di WHS in The Mediterranean, pur considerando eventuali varianti dovute alle necessità di riduzioni nell'impaginato definitivo dell'atlante.
Su tutte le tavole cartografiche compaiono lo stemma dell'Ammiragliato britannico, e la dicitura

"London, Published according to Act of Parliament at the Hydrographical Office of the Admiralty, 19th July 1823"

Dunque si tratta di cartografia ufficiale a pieno titolo. Poiché alcune delle raffigurazioni e comunque parecchi dei rilevamenti di WHS vennero riutilizzati per carte del Reale Officio Topografico di Napoli, anch'esse cartografia ufficiale, si può affermare che WHS ha ben contribuito, sia pure indirettamente, alla cartografia ufficiale italiana, che non nasce con l'Istituto Topografico Militare poi Istituto Geografico Militare fiorentino (come una certa tradizione filo-sabauda ha ambiguamente suggerito), ma ha "radici" anteriori, come ormai si riconosce meritoriamente da parte dello stesso IGM, auspici studiosi specialisti (Valerio, 1993). L'incisione delle carte e delle vedute si deve a J.Walker, apprezzato artista inglese dell'epoca, specializzato nelle carte dell'Hydrographical Office.

Le tavole di cartografia sono di tre tipi fondamentali, oltre a quelle iniziali che comprendono il Mediterraneo centro-meridionale e l'intera Sicilia:
1) tratti di costa dell'isola a scala corografica, per le quali WHS adopera correttamente il termine chart (cioè carta nautica o idrografica);
2) carte topografico-idrografiche di città costiere, con gli immediati dintorni e, ovviamente, lo specchio di mare antistante; per Palermo e Messina, le maggiori città del tempo, compaiono due carte: la prima con il sito marittimo, la seconda con la pianta della città ingrandita. WHS usa il termine plan;
3) carte a scala topografica (e talvolta anche più ingrandita) delle isole minori o di particolari di esse, in genere il porto principale; anche queste carte sono dette plan.
La passione di WHS per l'archeologia e la storia antica traspare nell'indicazione delle località archeologiche e nelle riproduzioni di monete su alcune delle carte, come ad esempio quelle dedicate a Trapani, Palermo, Lipari, Messina, Taormina, Siracusa, Pantelleria. Alcune di queste ultime tavole risultano di buon pregio estetico ed evocativo. Per Siracusa, non si può non denunziare, ancora una volta, lo scempio dell'edilizia intensiva indiscriminata compiuto a partire dagli anni cinquanta-sessanta del Novecento, che ha sommerso le eccezionali vestigia della città greca e poi greco-romana, ma anche invaso i dintorni fra i più suggestivi dell'intero Mediterraneo. Questa "denunzia" culturale, che ripetiamo da molti anni, suona ormai stanca, di fronte al dilagare di pubblicazioni di junk-journalism, articoli pubblicitari turistici mascherati da inchieste, divulgazioni sempre più riassuntive, inesatte e purtroppo, spesso redatte da chi non ha mai visto quei luoghi (o, se li ha visti, non li ha osservati bene) e non ne ha mai studiato il divenire geostorico: siamo tornati alla "natura selvaggia", alle eminenze monumentali e paesistiche velocemente descritte come intatte, sempre perfette, come sospese nel nulla, uscite da quadri o da guide di fine Ottocento; nel frattempo, pare, non sia successo nulla, tanto, ciò che conta, è solo il tentativo di vendere un "prodotto", in qualsiasi modo.
La prima tavola è un quadro schematico del Mediterraneo centro-meridionale, una carta nautica compilata nel 1821, che viene aggiunta come introduzione alle altre più specificamente siciliane. Questa carta riporta i numerosi scandagli, in fathoms, effettuati nel Canale di Sicilia nel quale Smyth individua un Adventure Bank, cosiddetto dal nome della sua nave. Essa si può rapportare ad un'altra, non compresa nell'atlante "siciliano", in scala 1: 2.300.000, raffigurante uno spazio maggiore, rappresentazione interessante anche per il commento che Smyth stesso appone sulla carta a mo' di didascalia, che riassume la sua attività nel Mediterraneo e alcune collaborazioni importanti. Questa carta è la prima citata nell'elenco su The Mediterranean del 1854 (pp. 394-395), e viene ricordata dal barone De Zach nel vol. XII, 1825 della sua Correspondance astronomique, géographique... in una lettera inviata da Londra nel 1825 da WHS al De Zach (pp. 272-275), tradotta in francese. Ecco il brano di WHS :

The basis of this chart is grounded on an entire new series of determinations by Captain Smyth, from astronomical, chronometrical, and geodetical operations. The details of the coast of France and Spain, with their dependant islands, are in great part from the charts of Tofiño, Cassini and Hell; and other most authentic documents, examined and corrected on the spot. The west coast of Italy and its islands are new surveys, in the execution of which much assistance was rendered, in the vicinity of Naples, by Colonel Visconti. The Adriatic Sea in constructed from the united operations of the Austrian, Neapolitan and English officers, employed under Colonels Campana and Visconti, and Captain Smyth. The coasts of Africa is laid down under such examinations as circumstances permitted, by Captain Smyth and his officers; and the whole intervening sea has been examined and sounded with so much attention, as to leave little probability of any unmarked danger existing. The reported shoals marked with a note of interrogation have not yet been found, though frequently sought for; but aree still under search by the tender which Captain Smyth left in the Mediterranean for that purpose.

Smyth più volte esprime ammirazione per i cartografi nautici spagnoli: nessuna nazione marittima d'Europa, ricorda WHS in The Mediterranean (p.349), ebbe a pubblicare come la Spagna, tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento, una così ampia serie di carte marittime-idrografiche eccellenti, non solo per il Mediterraneo occidentale ma anche per molte coste di tutto il mondo. Nel 1783, dopo una opportuna preparazione, fu ordinato dal governo spagnolo un rilievo di tutte le coste della Spagna, sia atlantiche che mediterranee; l'esecuzione avvenne sotto la direzione di don Vincente Tofiño de San Miguel, e la pubblicazione delle carte, finemente incise e raccolte in due volumi di grande formato: Atlas Maritimo de España.
Nell'introduzione del Memoir Descriptive of the Resources, Inhabitants, and Hydrography of Sicily and Its Islands, che accompagna l'Atlante siciliano, WHS riprende alcune precisazioni sui rilevamenti effettuati e rimpiange di non aver potuto procedere a un rilevamento completo dell'isola, ma soltanto a un'accurata ricognizione delle sue coste e a una sommaria revisione da varie fonti del restante territorio, negli anni 1814, 1815 e 1816 (p. XIV-XV):

I was unable, from the subsequent political changes, to execute the design I had projected, of cutting a meridian through the island, and measuring a permanent base-line for the final determination of its true position, extent, and form [...] Being obliged, therefore, to resort to a secondary process, the survey was executed on a chronometric basis, connected with geodetical operations [...] A minute detail of these operations in unnecessary in the present Work, as I intend hereafter to include it in a more extended survey of the Mediterranean.

La trattazione generale sul Mediterraneo, cui si allude nel Memoir sulla Sicilia, come sappiamo, apparirà circa trent'anni più tardi (Smyth, 1854), a giustificare ancor più il soprannome con cui il famoso cartografo era noto agli amici e ai colleghi dell'Hydrographical Office: "Mediterranean Smyth", al quale potremmo permetterci di aggiungere, da parte nostra: "Sicily Smyth".
In appendice al Memoir sulla Sicilia compaiono XXXIII pagine di Additional hydrographical remarks on the coasts and harbours, un complemento alla osservazione delle tavole dell'atlante, sia cartografiche che vedutistiche. Queste annotazioni di WHS sono in gran parte "tecniche", perché trattano di convenienza e facilità degli approdi, di profondità, della presenza di secche, scogli e simili, delle attrezzature portuali o dei "caricatori" (approdi minori siciliani per caricare frumento o altre derrate). Tuttavia non mancano osservazioni paesistiche, notizie sui luoghi di pesca, incluse alcune tonnare. Fra esse, quella di Solanto, in uso del re, quelle di Olivieri, di Milazzo, di Capo Passero, e, procedendo verso sud-ovest, e poi nord-ovest, di Punta Granitola e di San Giuliano a Trapani. WHS avverte in questi Additional remarks del pericolo che le reti delle tonnare e i cavi con cui sono trattenute possono costituire; d’altronde, nella tavola 14 dell’Atlante (Città, golfo e promontorio di Milazzo), sotto la scala grafica, Smyth annota:

There are several foul spots in this Bay, occasioned by the quantity of stones trown down to moor the large nets of the Tunny Fishery. As two are near the Anchorage, it will be eligible to use chain cables, if provided with them.

Per Marsala viene ricordato il molo di Mr.Woodhouse, uno degli industriali britannici produttori del celebre vino; anche nel testo principale del Memoir (pp. 234-235) si parla del molo degli stabilimenti vinicoli inglesi, che viene definito “a very respectable mole", sebbene non adatto per navi di grande pescaggio. Qualche decennio più tardi, nel fatidico 1860, Garibaldi approderà proprio sul molo degli industriali vinicoli britannici, su cui spiccava l'Union Jack: la scelta della città del Capo Lilibeo non venne fatta a caso, grazie alla grande popolarità in Gran Bretagna dell'eroe dei due mondi; al largo, alcune navi della squadra mediterranea della Royal Navy vigilavano, per cui le due fregate napoletane, inviate per ostacolare lo sbarco, si limitarono a qualche tiro di artiglieria volutamente impreciso, onde evitare un improbabile confronto con la più potente marina da guerra del mondo di allora. Peraltro, Smyth fece a tempo a vedere l'Unità d'Italia.
Altre osservazioni dettagliate di WHS riguardano i maggiori scali marittimi, gli stessi che vengono rappresentati a scala ingrandita nelle tavole cartografiche dell'atlante.
L'Officio Topografico di Palermo aveva ideato nel 1809-10 una carta della Sicilia riveduta sulla rappresentazione cartografica della Sicilia del barone Samuele di Schmettau levata tra il 1719 e il 1721, una base su cui Smyth a sua volta ricava (con integrazioni e osservando anche, come ci fa sapere, una copia della Schmettau in 30 fogli) la Sicily, Schmettau's Map corrected to the Points and Coast Survey, che poi viene appunto a costituire la seconda tavola nell'atlante The Hydrography of Sicily.
Questa seconda tavola dell'atlante "siciliano" è una delle precipue fonti su cui verrà redatta la bella carta del Reale Officio Topografico di Napoli del 1826, e cioè la

Carta generale dell'Isola di Sicilia. Compilata, disegnata e incisa nell'Officio Topografico di Napoli su i migliori materiali esistenti e sulle recenti operazioni fatte dal Cavaliere Guglielmo Errico Smyth Capitano della Reale Marina Britannica. Napoli, 1826; scala 1: 260.000 circa.

Smyth si rifà alla carta Schmettau del secolo precedente, e modifica alcuni rilevamenti delle forme costiere, ivi incluse le valli fluviali, e alcuni profili montuosi: in The Mediterranean la definisce:

A map of Sicily, on a scale of 1:515. 000, or 7 miles to the inch; reduced and corrected from Baron Schmettau's large manuscript map on thirty sheets, lent me by the Sicilian government.

La scala della carta contenuta nell'atlante si può anche calcolare il 1:490.000 circa secondo le scale grafiche.
I "trenta fogli" della carta Schmettau prestati a WHS sembrerebbero complicare ulteriormente la vicenda della carta Schmettau (una sua copia) giunta al neonato Officio Topografico di Palermo all'inizio dell'Ottocento, auspice la regina Maria Carolina Borbone, nata Asburgo, la quale aveva appunto donato all'Officio un "originale" (molto probabilmente una buona copia) della carta della Sicilia dovuta allo Schmettau. Nicolò Cacciatore fu testimone diretto, assieme a Carlo Afan De Rivera, della vicenda. Ma sia Cacciatore che Afan De Rivera riferiscono di 24-25 fogli, non di 30. L'astronomo regio Niccolò Cacciatore (Cacciatore, 1828), fonte nota ad Attilio Mori e quindi utilizzata per la parte della sua opera del 1922 dedicata alle carte della Sicilia, approfitta di un suo soggiorno alle terme di Sclàfani, per recarsi sui rilievi poco a sud della parte centrale delle Madonìe, il M. Sampèri e il M.Campanaro:

Osservazioni Geografiche sul Monte Campanaro
Sentendo di giorno in giorno aumentare le mie forze, pensai di portarmi col teodolite sul M.Campanaro, al fine di esaminare da quel punto elevato il grado di confidenza che meritano le carte di Sicilia. Si sa che il tedesco bar. di Schmttau per ordine dell'Imperator Carlo VI venne in Sicilia per farne la descrizione geografica, cui egli eseguì in ventiquattro gran fogli: e che queste carte originali erano in mano S.M.la regina Carolina di gloriosa ricordanza quando venne in Palermo, la quale le tenne in quest'Osservatorio per più di sei mesi, e poi ne fece un dono all'Officio Topografico di Palermo. Io allora ebbi campo di esaminarle: esse sono grossolanamente disegnate è vero; ma mostrano la topografia di dettaglio con sufficiente precisione, comunque spesso disegnata ad occhio (pp.34-35).

Più oltre, Cacciatore riassume le vicende sui tentativi per redigere una nuova carta della Sicilia, sulla base della Schmettau. L’abate Piazzi, direttore del R.Osservatorio astronomico di Palermo e maestro del Cacciatore, venne incaricato della direzione dei lavori, che poi non si compirono. E si ripiegò sul più modesto progetto di una parziale ammodernamento della carta stessa, che poi appunto portò alla rappresentazione del 1809-1810 il cui titolo si ricorda più avanti. Così il Cacciatore (1828, pp.36-37) fornì

un’estesa istruzione teorico-pratica di Astronomia Geodetica agli officiali dell’Officio Topografico: e dopo due anni, quei valorosi ufficiali pensarono di emendare essi medesimi, per mezzo di riconoscenze militari fatte su i luoghi, la gran carta dello Schmttau, di cui possedevano le 24 carte originali. Ma si vede bene, che quelle riconoscenze, eseguite in pochi punti staccati l’uno dall’altro senza stromenti sufficienti per legare la terra col cielo, senza misura di base, senza triangolizzazione, qualunque sia stata la perizia e l’abilità di quei bravi officiali, non erano di lor natura sufficienti per far diventare carta veramente geografica quella che non lo era. Questa carta perciò, sebbene assai migliore di quella dello Schmttau, non riempie ancora il vuoto poco onorevole che abbiamo. Distruttine poi i rami nelle lacrimevoli depredazioni del 1820, l’Officio Topografico di Napoli saggiamente si è avvisato di riprodurla […]Egli è vero che il capitano Smith ultimamente ha pubblicato una carta sdi Sicilia annessa alla descrizione da lui recentemente stampata in Londra. Ma in essa, comunque assai si sia guadagnato, perché si hanno esatti i punti della costa da questo abilissimo osservatore stabiliti con osservazioni astronomiche, essendone troppo piccola la scala, non si ottiene nissun dettaglio topografico per l’interno.

All’epoca dell’istruzione degli ufficiali dell’Officio Topografico di Palermo, Cacciatore vi ricopriva appunto la carica di docente di astronomia, come “primo assistente del Reale Osservatorio”, riferisce Carlo Afan de Rivera, allora giovane capitano del Corpo reale del genio, e collaboratore dell’Officio stesso, al seguito del Borbone. Afan de Rivera, una fonte preziosa, nelle sue Riflessioni politiche e militari sulla Sicilia compilate nell’Officio Topografico pubblicate nel 1813, quindi 15 anni prima del Viaggio ai bagni minerali di Sclafani del Cacciatore, scrive (pp.39-41):

Riguardo a’ lavori eseguiti nell’Officio Topografico, si è dianzi accennato, che dianzi la sua istituzione erano affatto ignote le circostanze fisiche, politiche e militari della Sicilia. La prima, e la più necessaria di tutte le operazioni fu quella d’intraprendere una riconoscenza militare di tutto il Regno. A tal oggetto gli Uffiziali dell’Officio Topografico, ed alcuni dello Stato Maggior Generale furono spediti ad eseguirla, servendosi di scorta degli ogliati presi sulla carta di Sicilia formata in 25 fogli dal Barone Schemmettau, che da S.M. la Regina fu originalmente donata all’Officio, ove conservasi […] Essendosi raccolti tutti questi materiali, si diede cominciamento alla formazione della carta militare di Sicilia. Dopo di essersi copiata sulla stessa scala quella del Barone Schemmettau, si ridusse ad un’altra minore componente quattro fogli.

I lavori per la carta del 1809-10 furono quindi fatti sui lucidi (gli ogliati) copiati su una carta Schmettau in 25 fogli? WHS forse si riferisce a questi stessi lucidi, o a un'altra vera carta? Forse la carta andò perduta anch’essa nei moti del 1820, mentre i lucidi furono portati a Napoli presso l’Officio Topografico, non tanto per i lavori della carta del 1826, ma in seguito per custodirli; infatti, già dopo dopo il ritorno del Borbone a Napoli, e sicuramente qualche anno avanti, quindi dopo il 1820, le attività dell’Officio palermitano si erano molto ridotte, e l'Officio Topografico di Napoli se ne serviva come "base logistica per le missioni dei topografi napoletani" (Valerio, 1993, p.332). Anche fortemente probabile è che i lucidi ricordati da Afan de Rivera siano quelli in possesso dell’Istituto Geografico Militare a Firenze (Manzi, 1979; Valerio, 1993) lì trasferiti verso il 1880 (o magari anche in precedenza), dopo la chiusura della Sezione partenopea dell'Ufficio superiore dello Stato maggiore, poi Istituto Topografico Militare, già Reale Officio Topografico di Napoli e ricordati nel Catalogo della cartoteca IGM del 1934 (con la data di esecuzione del 1800, ripresa da Mori, 1922, da Manzi (1979) e, con maggior ricchezza di dettagli, da Valerio (1993).
Vladimiro Valerio nella parte sull' Officio Topografico di Palermo della monumentale opera sulle istituzioni cartografiche e sui cartografi italiani del Mezzogiorno (1993, pp, 315-336), considera certo che i lucidi oggi all'IGM siano quelli ricordati da Afan de Rivera, fa osservare che la copia della carta Schmettau conservata nella Biblioteca Nazionale di Vienna si compone di 28 fogli in scala 1: 80.000 circa, e inoltre considera una sua riduzione a stampa in 4 fogli, in scala 1: 260.000 circa.
In un Catalogo generale degli oggetti esistenti a tutto maggio 1816 nell'Officio Topografico di Sicilia a cura di F.M. Tanchi, direttore dell'Officio stesso (Manzi, 1979), al n.455 della sezione "Disegni esistenti nell'archivio" si descrive una

Carta generale della Sicilia divisa in 25 fogli diligentemente delineata giusta le leggi Astronomiche, e Topografiche per ordine della Maestà dell'Imperatore Carlo VI, gli anni 1719, 1720, 1721, dal Signor Barone di Schmettau allora al servizio Austriaco e di poi Maresciallo gran maestro di Artiglieria negli eserciti di S.M. il Re di Prussia. Questa carta rettificata per ordine della M.del Re, e della Regina delle due Sicilie l'anno 1808, esce ora alla luce come un monumento alla memoria ed all'ingegno del Maresciallo Conte di Schmettau per opera del di lui figlio F.G.C. Conte di Schmettau Tenente Generale di S.M., il Re di Prussia.

Quindi, eseguita probabilmente a Vienna su incarico della regina Maria Carolina su una copia della quasi mitica carta-archetipo della Sicilia del primo Settecento. Al numero successivo, il 456, il catalogo palermitano annota una

Copia in borro della suddetta carta num.455, rettificata, e corretta dagli uffiziali dell'Officio Topografico negli anni 1809, 1810, 1811,- F.20.

Cioè una copia in bozza, di 20 fogli, servita molto probabilmente per il lavoro preparatorio della carta del 1809-1810.A differenza del mio articolo del 1979, dove mi limitavo alla citazione parziale, ho riportato qui integralmente le due descrizioni dei cataloghi. Anche queste due carte probabilmente vennero portate a Napoli, tuttavia fa riflettere la data del 1808, mentre appare credibile la data del 1800 per l'esecuzione a Vienna dei lucidi, su incarico della regina Maria Carolina. Si potrebbe ipotizzare allora che la dicitura del catalogo assommi due eventi: nel senso di riferirsi, per la data del 1808, non alla copiatura della Schmettau a Vienna, ma all'inizio dei lavori per il suo rifacimento in Sicilia, ad opera dell'Officio Topografico lì istituito, che poi si concretizzò, con forte ridimensionamento degli intenti iniziali, nella carta cosiddetta del 1809-10. Mi riprometto di tornare su questo affascinate enigma delle copie della Schmettau in future considerazioni sull'Officio Topografico palermitano, in un'altra "voce" per questa stessa ricerca.
In un successivo catalogo dell'Officio palermitano, del 1824, si ricorda ancora la carta in 25 fogli, ma di essi uno è "lacerato nel mezzo e qualcuno in alcune sue parti" : effetto dei moti del 1820? Anche in questo caso l'annotazione è contenuta nella parte sui "Disegni relativi alla Sicilia": quindi lavori preparatori, o comunque carte non a stampa. Il catalogo del 1824 sembra provare che almeno fino a quella data questi documenti erano rimasti a Palermo.
I "trenta fogli" cui fa cenno WHS potrebbero essere i 25 della carta in lucido, integrati magari dalle bozze di qualcuno di quelli di cui al n. 456 del catalogo del 1816, oppure il valente ufficiale della Royal Navy fa riferimento a un'altra copia della vecchia carta Schmettau, simile a quelle redatte dall'ingegnere militare Blasco, ricordato dal Valerio (1993, p.317), conservate a Vienna, l'una in 28 e l'altra in 30 fogli? Possibile anche che esistessero più carte Schmettau in copia, poi perdute o volate altrove. Comunque, WHS è fonte attendibile, come, per altri aspetti, De Rivera e Cacciatore, anche se questi due ultimi personaggi hanno visioni diverse della cartografia: legata agli studi astronomici, per Cacciatore, connessa piuttosto alla pianificazione, al buon governo del territorio e persino vista come strumento di equità amministrativa (ad esempio, le propugnate carte catastali della Sicilia) per Afan de Rivera.
Peraltro, la scansione in "tavole", "fogli", "sheets" può riferirsi, fatto improbabile ma non impossibile, a una parte del documento, magari solo ai fogli che rappresentavano l'isola, e non a qualche tratto di mare ai margini, oppure, cosa altrettanto possibile, a copie eseguite con dimensioni diverse dei fogli, sia pure a scale analoghe.
Nonostante le critiche “astronomiche” (era infatti un noto astronomo) del Cacciatore, peraltro basate su fatti piuttosto solidi, nella carta generale della Sicilia di WHS la rete idrografica appare abbastanza minuziosa rispetto alla scala, e non mancano i maggiori "bivieri", cioè stagni o laghi litoranei o pantani, da quello celebre di Lentini, ai Ganzirri del Faro di Messina, al Preola di capo Granitola. Il rilievo è rappresentato con sfumo a ombreggiatura prospettica con concessioni al tratteggio, e quindi il lumeggiamento fa risaltare i tre versanti dell'isola, ma soprattutto la linea spartiacque tra quello tirrenico e quello meidionale. I versanti dell'Etna appaiono rappresentati con valli troppo incassate, difetto ereditato dalla carta-madre. I toponimi non sono numerosi, più frequenti lungo il periplo costiero, pochissimi quelli del rilievo, ben diffusi invece quelli idrografici. L'insediamento conta sui centri principali, differenziati da tre ordini di lettering ( il I ordine, maiuscoletto, è usato solo per Palermo).
La carta napoletana del 1826 si rifà parecchio alla precedente carta redatta sulla base della Sicilia dello Schmettau dal Reale Officio Topografico di Palermo, ente formato nella capitale siciliana nel 1807 durante il soggiorno del Borbone in Sicilia (la parte insulare del regno, presidiata dalla flotta e da un piccolo esercito britannici) la cui opera principale fu appunto una sintesi rammodernata della carta Schmettau, e cioè:

Carta del Regno di Sicilia. Ricavata dall'Originale carta del Barone di Schmettau e dalle riconoscenze ed osservazioni degli Officiali dell'Officio Topografico dello Stato Magg.re Ge.le per Ord.ne di S.M. Ferdinando IV Re delle due Sicilie delineata ed incisa presso l'Off:° sud:° negli anni 1809-1810. (4 fogli, in scala 1: 260.000 circa).

Va infine osservato che, se la carta del barone Samuele di Schmettau del 1719-1721 fu la “base” su cui s’appoggiarono nuovi parziali rilievi, correzioni e rifacimenti, questo non giustifica la semplicistica tesi per cui ogni rappresentazione della Sicilia da allora fino al primo Ottocento sia una più o meno pedissequa copiatura. Alcune di quelle carte, seppur figlie o figliastre della Sicilia del barone prussiano al servizio degli Asburgo, hanno talora una certa autonomia perché esprimono contesti culturali diversi, ed offrono spunti di riflessione variati, grazie al contenuto geografico frutto di differenti percezioni dello spazio organizzato. Avverto ancora una volta che “geografico” non significa “naturale” o, peggio, “geometrico”, magari “astronomico”: dal Viaggio ai bagni minerali di Sclafani del Cacciatore sono trascorsi quasi 180 anni.
Le tavole dell' atlante siciliano di WHS ai numeri 3, 6, 15 e 23 dell'elenco sono carte d'insieme dei litorali siciliani, a scale diverse, al limite del livello topografico per la cuspide occidentale, decisamente corografica per la 6 e la 23, intermedia per l'altra. Sono figurazioni piuttosto eleganti nella complessiva semplicità. Rispecchiano la concezione delle buone carte nautico-costiere a scala ridotta, con elementi ben visibili dal mare, toponomastica costiera abbastanza fitta, rose dei venti, declinazione magnetica, vuoto all'interno, dove sono presenti quasi soltanto i tre nomi delle classiche "valli" arabe, Mazzara, Démone e Noto. L'inglese viene adoperato per i luoghi molto noti (come Syracuse) e per le categorie geografiche come ad esempio River, Bank, Gulf, County of Modica, Cape, Marsh, Extensive Forests (a Caronìa), Extensive Saltworks (le Saline di Trapani e Pacèco, oggi in parte protette da una riserva regionale).
Anche più interessanti sono le tavole dedicate ad aree costiere particolari, come quelle di alcune città e dei dintorni: esse sono importanti nella rete urbana dell'isola e porti di rilievo (Palermo, Messina), strategiche come approdi marittimi o fortificazioni (Milazzo Augusta, Siracusa), ma pure come siti archeologici e paesistici di notevole interesse (Tindari-Olivieri, Taormina, Girgenti-Agrigento, le stesse Augusta e Siracusa). Catania non è oggetto di una rappresentazione particolareggiata, perché non era, all'epoca, uno scalo marittimo di rilievo; invece nel Memoir, la descrizione che in qualche modo vuole essere un complemento dell'atlante, WHS inserisce una parte specifica. Tuttavia, la città etnea e gli immediati dintorni sono raffigurati in tre vedute.
La tavola 8, dedicata al Golfo di Palermo e ai dintorni della capitale isolana, comprende una valida raffigurazione della Conca d’Oro (allora tale per la ricchezza dei giardini e dei coltivi irrigui) racchiusa dai rilievi a occidente e a oriente; la città é divisa nei classici quattro “mandamenti”, “quartieri” in senso letterale, divisi dalla croce Cassaro-Maqueda, che Smyth accortamente designa con i nomi delle quattro sante cui sono dedicati (Santa Ninfa, Sant’Oliva, Santa Cristina, Sant’Agata); la scala topografica soddisfacente (1: 71.000 circa secondo Smyth che si riferisce alla versione originale del rilevamento, ma anche 1: 61.000 circa secondo la scala grafica) consente la lettura di particolari toponomastici o di osservazioni sui luoghi se ne ha una conoscenza diretta; in effetti il toponimo Valley of Conca d’Oro compare nella parte settentrionale della piana di Palermo, mentre la valle dell’Oreto é detta Valle Felice. Compaiono i toponimi delle borgate, dei conventi e dei nuclei da cui trarranno poi nome le espansioni urbane della città, fino alla gigantesca frenesia cementizia degli ultimi decenni. Nella pianta della tavola successiva, che riguarda la città e degli immediati dintorni, si nota bene la prima timida espansione fuori le mura come al Borgo, presso il porto, lungo la direttrice per Monreale, e a sud a Brancaccio; non mancano il giardino della Flora-Villa Giulia e l’Orto Botanico (The Botanic Garden); in questa pianta traspare la passione archeologica di Smyth con un Site of the Carthaginian Tombs, indicato nella campagna a sud-ovest. A sinistra compare una legenda di 65 edifici notevoli o fatti funzionali urbani, riferita ai numeri incisi sulla pianta stessa.
Per altre osservazioni sulle carte a scala dettagliata, si rinvia alla mia vecchia rassegna su WHS (Manzi, 1982). Pregevoli per le annotazioni e l'immediata possibilità di percezione paesistica, risultano soprattutto le tavole su Milazzo, Augusta, Siracusa, Girgenti, anche per le annotazioni umanistico-archeologiche. Comunque, questa raccolta di carte e di vedute sulla Sicilia, che fu molto ben valutata dai contemporanei, seppur in una ristretta cerchia di specialisti ed addetti ai lavori, ed apprezzata nei decenni successivi per la funzione di "supplenza" nella cartografia sull'isola, rimane di grande interesse e suscita ancora ammirazione.

In Sardegna, in Adriatico e a Napoli in derivazione
Alle coste della Sardegna Smyth dedica alcune tavole cartografiche, il cui contenuto qui di seguito riporto, secondo le indicazioni fornite dallo stesso Smyth alle pp. 397-398 di The Mediterranean e ricavate dalle carte stesse :

1. The Strait of Bonifacio, between Corsica and Sardinia, 1 : 70.000 circa ; con piccoli inserti ingranditi dell’isolotto Lavezzi, del porto di Bonifacio e dell’isola del Cavallo (Londra, 1841).
2. A General Chart of the Island of Sardinia, 1: 510.000 circa ; con piccoli inserti ingranditi, cioé piantine di Porto Longo Sardo e della Baia di Tortoli (Londra, 1827)
3. The Gulf of Asinara, on the North-West Coast of Sardinia, 1 : 130.000 circa ; con la strada di Porto Torres e una veduta di Castel Sardo (Londra, 1827).
4. The North-East Coast of Sardinia and Its Adjacent Islands, 1 : 95.000 circa ; con piantine della Maddalena e di Porto Cervo e una veduta di Capo dell’Urso (sic) (Londra, 1827).
5. A Sheet of Sardinian Ports e cioè : Porto Conte e Alghero, 1 : 82.000 circa, con una veduta di Capo Caccia ; il canale di San Pietro, 1 : 82.000 circa, con una veduta di Punta Colonne; Baia di Cagliari, 1 : 27.000 circa, con una veduta della città (Londra, 1827).
6. The South Coast of Sardinia, 1 : 275.000 circa, con vedute di San Pietro, dell’isolotto del Gallo e della punta occidentale di San Pietro (Londra, 1827).

Queste carte sono pubblicate dall’Hydrographical Office dell’Ammiragliato, e derivano dai rilievi effettuati in Sardegna tra il 1823 e il 1824, appunto su incarico dell'Ammiragliato. Tuttavia, alcune osservazioni risalgono al 1820, ad esempio sulle Bocche di Bonifacio (Straits of Bonifacio) come si desume dal Remark-Book della nave Aid custodito nell'Archivio dell'Hydrographic Office, Min. of Defence, Taunton, Somerset.
Nel rilevamento e nell'esecuzione di queste carte, e specialmente di quella generale del n.2 e della costa meridionale, del n.6, WHS si avvalse dell'assistenza dei signori Elson, Slater e Graves. Elson, è detto a p. 112 di The Mediterranean, era secondo ufficiale sull'Adventure. Sulla carta delle Bocche di Bonifacio, peraltro ben fatta e di bell’effetto paesistico, si dichiara un rilevamento iniziale del capitano di fregata M.Bell, con aggiunte del Cap. W.H.Smyth
Le carte corrispondono ai tipi 1 e 2 indicati per la Sicilia, cioé carte nautiche a scala corografica di lunghi tratti di costa sarda (charts), e carte topografiche di tratti minori (come le Bocche di Bonifacio) o di città e approdi con i dintorni ( A Sheet of Sardinian ports). Sono rappresentazioni accurate, che derivano dalle osservazioni compiute in Sardegna successivamente a quelle, più lunghe e complesse, effettuate in Sicilia.
Tuttavia WHS incorre nell'errore di considerare la Sardegna isola un po' più vasta della Sicilia, sia pure per una differenza quasi insignificante, proprio dopo, ci dice nello Sketch of the Present State of the Island of Sardinia, aver effettuato alcune misurazioni. Infatti, come accennato, anche per la Sardegna WHS scrive e pubblica una memoria di accompagnamento, che tuttavia, in questo caso, appare meno approfondita rispetto a quella sulla Sicilia. Non a caso, come nota M.Brigaglia (1998), WHS definisce questo secondo volume di annotazioni su una grande isola mediterranea non Memoir Descriptive come per la Sicilia, ma soltanto Sketch of the Present State of the Island of Sardinia. Lo stesso Brigaglia, nella Nota bibliografica della traduzione italiana dello Sketch, afferma (1998) che "Non esistono, su Smyth, saggi italiani, fatta eccezione per un articolo di F.Alziator pubblicato su L'Unione Sarda, 26 maggio 1956". Forse è sfuggito un mezzo rigo di specificazione nel senso di riferirsi a saggi italiani sulle carte e sulla relazione riguardanti la Sardegna, perché la realtà è diversa, sia considerando la Sicilia, sia le "collaborazioni" di WHS con il Reale Officio Topografico di Napoli, come la bibliografia di questa nota dimostra.
Un motivo importante dello Sketch è quello della minore umanizzazione del territorio sardo e delle coste, rispetto alla Sicilia. Smyth se ne rende conto chiaramente, soprattutto perché ha avuto modo di conoscere bene la Sicilia, che gli appare molto più "protesa sul mare" della Sardegna, come d'altronde la stessa complessità della rete urbana siciliana, tutta sul mare per i poli maggiori, storicamente e ancora attualmente dimostra.
Oltre alla carta generale della Sicilia, il ROT derivò almeno in gran parte da carte o da rilievi di WHS parecchi lavori cartografici sulla Sicilia e Malta apparsi tra il 1822 e il 1840 circa. E' vero, come ricorda Valerio (1993, p.261, n.25) che l'atlante siciliano dell'Hydrographical Office si pubblica nel 1823, e che quindi le prime "derivazioni", come la carta generale dell'isola del 1826 del ROT, e le carte del 1822-24 che ricordiamo qui appresso, mostrano in realtà lavorazioni contemporanee all'uscita dell'atlante idrografico siciliano, ma è altrettanto vero che tutte queste carte vengono dichiaratamente indicate, nella titolazione del ROT, come derivate dai lavori di Smyth. La stima e l'amicizia che legava i due importanti uomini di scienza, Ferdinando Visconti e William Henry Smyth, fu certamente auspice di tali collaborazioni, anche nel senso che non era necessaria una pubblicazione ufficiale dell'Ammiragliato perché il ROT (e per esso Visconti) potessero fruire dei rilievi di Smyth. Il rapporto di grande amichevole considerazione scientifica tra i due personaggi li eleva chiaramente al di sopra di parecchi contemporanei .

Ecco i titoli di alcune carte del ROT sulla Sicilia, le sue isole minori e Malta, pubblicate dal 1822 al 1839 (elencate in ordine cronologico di pubblicazione a titolo esemplificativo) nelle quali è ufficialmente ricordato WHS (oltre alla carta generale di Sicilia del 1826 citata in precedenza):

1) a. Piano della Città, contorni e Porto di Girgenti (scala 1: 44.000circa).
b. Madonna del Tindaro e Baia di Olivieri (1: 20.000 circa).
c. Piano di Marsa Scirocco nell'isola di Malta (1: 20.000 circa)
Levato dal Cap. W.H Smyth della Reale Marina Britannica, Napoli, R.Officio Topografico, 1822-24.

2) a. Piano della Città e Porto di Siracusa (1: 20.000 circa).
b. Contorni e Golfo diPalermo (1: 76.000 circa).
Levato dal Cav. Errico Guglielmo Smyth Cap. della Reale Marina Britannica. Napoli, R.Officio Topografico, 1823.

3) Piano della Città e Porto di Augusta (1: 25.000 circa).
Rilevato dal Cap. Smyth della Reale Marina Britannica. Napoli, R.Officio Topografico, 1832.

4) Piano del Faro e Porto di Messina (1: 30.000 circa).
Levato dal Capitano G.H.Smyth della R.Marina Britannica. Napoli, R.Officio Topografico, 1832.[Contiene l'avvertenza:] "N.B.: La pianta della città è stata rettificata sopra i materiali esistenti nel Reale Officio Topografico"; [ e in calce si avverte inoltre:] "Nel mezzo del canale non si è rinvenuto il fondo con uno scandaglio di 1124 piedi di Parigi". [La carta redatta da Smyth e pubblicata dall'Ammiragliato nel 1823 reca al centro dello Stretto la dicitura: "No Bottom with two Hundred Fathoms of Line"].

5) Pianta del Porto di Messina (1: 15.000 circa).
Levata dal Cap. Smyth della Reale Marina Britannica. Napoli, R.Officio Topografico, 1838.

6) a. Pianta della Città, Baia e Promontorio di Milazzo (1: 20.000 circa).
Rilevato dal Cap. G.E. Smyth della Reale Marina Britannica.
b. Piano della Città e Baia di Lipari (1: 20.000 circa).
Ricavato dal foglio n.12 dell'Atlante di Sicilia del Cap. Smyth della R.Marina Inglese.
Napoli, R.Officio Topografico, 1838.

7) Pianta della Città e Porto della Valletta (1: 20.000 circa).
Levata del Cap. G.E.Smyth della Reale Marina Britannica. Napoli, R. Officio Topografico, 1838.

8) a. Pianta delle Isole Pelagie (1:67.000 circa).
b. Pianta del Porto di Lamedusa (1: 7.500 circa).
Levate del Cap. G.E. Smyth della Reale Marina Britannica. Napoli, R.Officio Topografico, 1838.

9) Pianta del Porto di Pantelleria. (1: 5.500 circa).
Rilevata dal Cap. Smyth della Reale Marina Britannica. Napoli, R.Officio Topografico, 1839.

10) Piano de' contorni e Golfo di Palermo (1: 8.000 circa).
Levato dal Cav. Errico Guglielmo Smyth, Cap. della Reale Marina Britannica. Napoli, R.Officio Topografico, 1839.

11) Pianta della Baia e contorni di Taormina (1:19.000 circa).
Levata dal Cav. Errico Guglielmo Smyth, Cap. della Reale Marina Britannica. Napoli, R.Officio Topografico, 1839.


Esse derivano in qualche caso direttamente da quelle dell'atlante siciliano (ad esempio per Lipari), in altri casi risultano aggiornate o integrate con qualche toponimo o messe a giorno per le sedi umane maggiori; talora le scale di riduzione sono uguali o molto simili, in altri casi vengono rimpiccolite o ingrandite e gli scandagli spesso sono riportati da fathoms in piedi di Parigi. Alcuni particolari storico-archeologici, dovuti all'interesse umanistico- eclettico di Smyth, sono eliminati. Gli accorpamenti di carte varie in un unico foglio risultano diversi rispetto all'atlante inglese, perché rispondono a esigenze differenti, o semplicemente alle lentezze e alle interruzioni nei lavori purtroppo frequenti nel ROT.
Sulla complessa collaborazione britannica, austriaca e napoletana per il rilevamento e la rappresentazione delle coste in Adriatico abbiamo accennato all'inizio, servendoci soprattutto delle parole del Firrao. Nel 1834 il Reale Officio Topografico di Napoli pubblicava una

Carta di Cabotaggio della Costa del Regno delle Due Sicilie bagnato dall'Adriatico, dal fiume Tronto al Capo St.Maria di Leuca (13 fogli in scala 1:100.000 oltre a quadro d'unione 1:1.400.000).

Secondo V.Valerio (nella scheda su questo documento alle pp. 148-149 di Alisio e Valerio, 1983), l'Ammiragliato inglese fu coinvolto solo in un secondo momento nel rilievo idrografico delle coste in Adriatico, dopo una convenzione firmata da WHS e l'Officio Topografico, redatta a Malta nel 1818, attestata da documenti dell'Archivio di Stato di Napoli:

I lavori di rilievo furono eseguiti tra il 1817 ed il 1819 e furono diretti dal Maggiore Antonio Campana, direttore del Deposito di Milano, dal Visconti e dal capitano William Henry Smyth, comandante dello sloop "Aid" appositamente attrezzato dall'Ammiragliato inglese per i lavori idrografici [...] Si tratta, dunque, di un interessante caso di cooperazione scientifica a livello sopranazionale, determinata dalla confluenza di inetresse delle due grandi potenze europee e del Regno di Napoli. L'Austria era interessata a conoscere il suo unico sbocco sul mare, mentre l'Inghilterra stava procedendo già da alcuni anni, al rilevamento dell'intero bacino del Mediterraneo.

Già esistevano rilievi delle coste sotto sovranità austriaca, ma è chiaro che dal 1818 a WHS fu affidato un ruolo di comando delle navi operative, non solo l'Aid ma anche la corvetta austriaca Velox e si riconobbe una specie di funzione di coordinamento, non solo di rilevamento diretto delle coste adriatiche dell'Impero ottomano in Epiro e delle Isole Ionie ormai in sovranità britannica. Chiarendo l'intenzione di unire tutte le osservazioni in un lavoro organico e completo, Smyth scrive infatti alle pp. 363-364 di The Mediterranean :

I repaired to Naples early in 1818, and there entered into a convention with Marshal Koller, Count Nugent, Colonel Visconti and Baron Potier, by which I engaged to blend all the detached operations of the several parties into one maritime work, and to complete the eastern shores to Parga, Corfu, and Paxo. For this purpose it was agreed that I should embark with me four Austrian staff-officers, namely Baron Potier, Baron Gränzestei -Marshal Koller's brother-in-law-, Baron Jetzer, and Lieutenant Lapie; with two Neapolitan engineers, Captain Soldan and Lieutenant Giordano. Moreover, an Austrian sloop.of.war, the Velox, of 20 guns, commanded by Captain Pöltl, was placed under my orders; and I was to have the occasional assistance of the gun-boats stationed in the principal ports. To this force, Colonel Visconti afterwards added two more officers of the Neapolitan staff, Captain Chiandi and Lieutenant Bardet. All this was highly satisfactory.

Tuttavia, già durante la campagna cominciarono le incomprensioni, non con il personale imbarcato, e certo non con Visconti e l'Officio Topografico di Napoli, ma con l'istituto austriaco di Milano, per cui, non riuscendo del tutto a sapere quali fossero stati i lavori precedenti, le operazioni in qualche caso furono ripetute, e comunque un'estesa triangolazione effettuata; copie di questi rilievi erano protamente inviate sia a Milano che a Napoli. Con un pizzico d'ironia, WHS (1854, p. 364-365) spiega:

But trhoughout the whole of these proceedings there was certainly much less of reserve and mistery at the latter place than had crept into the former; my direct application for information was ovelooked, and it consequentely happened that much time was expended in doing work twice.

I lavori si protraggono per circa due anni, finché nel 1819 WHS "congedò" sia la corvetta austriaca che gli ufficiali "foreign", stranieri, quindi gli austriaci e i napoletani, dei quali serba un buon ricordo (1854, p.365):

for nearly two years they have obeyed my directions with alacrity and good-will [...] Having secured a chart of the Adriatic Sea, similar operations were continued trhough the southern Ionian Islands, with the opposite shores of Albania and the Morea.

Dunque, se Smyth, forse, non partecipò proprio direttamente ai rilievi, in quanto li dirigeva, tuttavia a pieno titolo il suo nome può figurare tra gli ispiratori e protagonisti fondamentali della cartografia napoletana sull'Adriatico.
Nel catalogo delle sue carte affidate all'Ammiragliato britannico, ai numeri LXVII, LXVIII, LXIX e LXX, Smyth ricorda:

General chart of the south-east coast of Italy, from Cape Spartivento round Cape Santa Maria di Leuca, and into the Adriatic to Polignano (1: 570.000); with plans of Cotrone (1: 8750), Taranto (1:82.000) and Gallipoli (1:39.500).

A sheet containing plans of the harbour of Brindisi (1:31.750), the port of Otranto (1:36.000), and the Tremiti or Diomedeae isles (1: 30.500).

General chart of the East Coast of Italy, from Monopoli and Polignano to Fossaceca (1: 400.000); with plans of Barletta (1:32.000), Viesti (1:24.750), Manfredonia (1:26.500), and Pianosa Rock (1:30.500).

Un'ultima annotazione riguarda una bella grande carta nautica d'insieme del Mediterraneo, in tre fogli, pubblicata dal ROT in edizione definitiva nel 1845 (con un'edizione provvisoria del 1841-42) in scala 1: 2.800.000, così indicata in scala numerica espressa sull'edizione del 1845, da me esaminata; presumo che la scala si riferisca alla latitudine di Napoli (Manzi, 1987; Valerio, 1993, pp.289-293):

Carta ridotta del Mare Mediterraneo. Costrutta nel R.le Officio Topografico sulle Carte di Tofino, Gautier, Smyth, Norie, degl'Istituti Geografici di Milano e di Napoli, e con le posizioni geografiche riportate dalla "Connaissance des tems" dal 1835 in poi. Riveduta ed approvata dal Consig.° G.le della R.e Marina, Napoli, 1845.

Nel primo foglio, in alto a destra, compare un riquadro del Golfo di Marsiglia, nel quale una dicitura ci informa sulle fonti:

"Golfo di Marsiglia compilato su materiali Francesi e sopra punti e aggiunzioni del Capitano W.H. Smyth della R.le Marina Britannica".

Gli scandagli sono in tese di Francia, ma per i "porti parziali annessi" in piedi di Parigi.
Questo documento dimostra ancora una volta che tra il R.Officio Topografico di Napoli e l'Hydrographical Office di Londra, e quindi tra i due direttori Visconti e Beaufort, gli scambi di informazioni tecnico-cartografiche furono frequenti e fruttuosi. Ma di questa carta Visconti dà notizia anche al colonnello Julian Jackson, segretario della Royal Geographical Society (ricordiamo che in essa WHS, socio fondatore, fu presidente nel 1849-50) del 16 aprile 1842, riportata da Valerio (1995, pp.145-151):

In maggio prossimo sarà terminata l'incisione del 1.° foglio d'una carta idrografica del Mediterraneo in 3 grandissimi fogli per uso della nostra Marina. Anche questo lavoro sarà da me inviato alla Società suddetta.

Il Mediterraneo era stato oggetto di consistenti rilevamenti e rappresentazioni, a parziale dispetto della tesi geopolitico-storica italiana della perdita d'importanza di questa regione marittima, causa prima dell'incapacità italiana di spingersi, stabilmente e consistentemente sugli oceani, al di là di memorabili imprese marinare e pre-coloniali individuali al servizio di stati e flotte dei paesi atlantici o atlantico-mediterranei. Progressi nell'arte del rilevamento marittimo ci saranno certamente, prevedeva WHS in The Mediterranean (p. 405), ma nei quarant'anni dall'inizio dei suoi lavori alla pubblicazione del volume, c'erano stati sviluppi mirabili "in meeting the scientific wants of the seamen".

Produzione scientifica:

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
AFAN DE RIVERA C, Riflessioni politiche, e militari compilate nell'Officio Topografico terzo dipartimento dello Stato Maggiore Generale, Palermo, Tipografia Reale di Guerra, 1813.

BRANCACCIO G., Geografia, Cartografia e storia del Mezzogiorno, Napoli, Guida, 1991.

BRIGAGLIA M., Prefazione (con Nota biografica, Nota bibliografica e Avvertenze redazionali), in SMYTH W.H, Relazione sull'isola di Sardegna, a cura di Brigaglia M., Nuoro, Illisso, 1998, pp.7-25 (è la traduzione italiana di Sketch of the Present State of the Island of Sardinia del 1828).

CACCIATORE N., Osservazioni geognostiche istituite sul Monte Cuccio da N.C. Direttore del R.Osservatorio di Palermo, Palermo, Solli, 1824 (Estratto dal Fasc.XV del Giornale Letterario di Sicilia).

CACCIATORE N., Risposta di Niccolò Cacciatore alla lettera al Sig. Barone De Zach stampata in Palermo presso Salvatore Barcellona nel 1825 senza nome di autore, Napoli, Tip.Chianesi, 1825.

CACCIATORE N, Viaggio ai bagni minerali di Sclafani, Palermo, Reale Stamperia, 1828.

Catalogo generale degli oggetti esistenti a tutto maggio 1816 nell'Officio Topografico di Sicilia, a cura di F.M. Tanchi, Palermo, Tipografia Reale di Guerra, 1816.

Catalogo dei disegni, delle carte geografiche, corografiche, topografiche, ed idrografiche incise e degli ogliati esistenti presso la terza sezione dell'Officio Topografico regolato a tutto il 1° gennajo 1824, Palermo, Tipografia della suddetta terza sezione [cioè dello stesso Officio Topografico], 1824.

Catalogo ragionato delle carte esistenti nella Cartoteca dell'Istituto Geografico Militare, Parte II, Carte dell'Italia e delle Colinie italiane, II gruppo: Italia meridionale e Sicilia, Firenze, Istituto Geografico Militare, 1934.

Correspondance astronomique, géographique, hydrographique et statistique du Baron de Zach, Genova, 1818-1826, XIV voll.

ENRILE A., Primo saggio di cartografia della Regione Siciliana. Parte I, con prefazione di C.Bertacchi, Palermo, Officina Scuola Tip. Col, Agric. S.Martino, 1908.
FIRRAO C., Sull'Officio Topografico di Napoli. Origine e vicende, Napoli, Tipografia dell'Unione, 1868.

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MANZI E., Alcuni documenti cartografici poco notie inediti della Sicilia tra i secoli XVIII e XIX, in "Riv. Geogr.It.", 1979, pp.187-214.

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MILL R.H., The Record of the Royal Geographical Society 1830-1930, Londra, 1930.

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VALERIO V., La carta dei contorni di Napoli degli anni 1817-1819 ed il Reale Officio Topografico del Regno di Napoli, in ALISIO G. e VALERIO V., Cartografia napoletana dal 1781 al 1889. Il Regno, Napoli, la Terra di Bari, Napoli, Prismi, 1983, pp.29-40.

VALERIO V., Società, uomini e istituzioni cartografiche nel Mezzogiorno d'Italia, Firenze, Istituto Geografico Militare, Coll. "Le radici dell'Istituto Geografico Militare", 1993.

VALERIO V., Ferdinando Visconti. Carteggio (1818-1847), Firenze, Olschki, Coll."Archivio della corrispondenza degli scienziati italiani", 12, 1995 (con interessante Introduzione sulla figura del Visconti e sui suoi corrispondenti alle pp. 5-25).

VALERIO V. , Austriaci, Napoletani e Piemontesi. Tre momenti della caryografia siciliana , in "L'Universo", genn.-febbr. 2001, pp. 113-127.

VALERIO V., Napoli dal cielo, Napoli, Voyage Pittoresque, 2001.




Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Elio Manzi

Smeraldi, Smeraldo

Smeraldo Smeraldi
N. Parma 18 dicembre 1553
M. Parma 23 giugno 1634

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:
Nacque a Parma il 18 dicembre 1553 da una famiglia della piccola nobiltà urbana decaduta, forse proveniente da Frassinara e Casaltone, cliens della potente casata dei Rossi prima e poi, dalla guerra di Parma del 1551, sostenitrice dei Farnese. Morì a Parma il 23 giugno 1634, attivo ed impegnato fino agli ultimi giorni.

Produzione scientifica:
Genio rinascimentale, poliedrico, è stato tecnico, scienziato ed artista insieme, sperimentatore ed innovatore ma anche raffinato continuatore di una tradizione che aggiorna e migliora. Fu inventore, alchimista, architetto e cartografo: era un artista raffinato, di un classicismo misurato, di cifra palladiana fatta di pagine bianche, di ampli bordi, di simmetrie ariose, nelle costruzioni come nelle topografie come nelle pagine di diario scritte con rigida minuta calligrafia, con un ritmo uguale e sempre fresco, immediatamente riconoscibile. La prima commissione di cui si ha notizia risale alla fine del 1576, allorché il sacerdote don Didaco del Scamno, segretario di Maria di Portogallo, moglie del duca Alessandro Farnese, anticipa a Smeraldi venticinque scudi d’oro per una sfera armillare. L’anno successivo incominciò a lavorare presso l’orefice Gianalberto Pini (ante 1550-17 aprile 1596). Dell’attività di orefice si vuole ricordare un braccio d’argento realizzato per l’Opera del Duomo di Parma per contenere una reliquia di Santo Stefano, e l’attività di perito estimatore.
Il gusto di lavorare i metalli lo portò alla realizzazione di monete all’epoca di Alessandro Farnese e del primo governo di suo figlio Ranuccio I: dal 1577 al 1594, “faceva li coni per le monete che si battevano” alla zecca di Parma sotto la direzione del reggiano Lelio Scaiopli prima, e dei successori Piermaria Gazzaniga, Michele Guardini e Paolo Scarpa.
Ci sono degli aspetti della personalità di Smeraldo Smeraldi che lasciano sconcertati: al fianco di una attenzione minuta, ad atti ripetuti con precisione quasi ossessiva - i suoi diari e le sue rubriche, spesso in più redazioni, riportano ogni mina spesa ed ogni occupazione di tempo nella giornata, ad incominciare dall’immancabile messa - appare una specie di ingenuità, di incapacità di conoscere uomini e situazioni, preso sia dalla necessità di mantenere la numerosa famiglia che dalla passione per la sperimentazione di diversi linguaggi e tecniche. C’era in lui un eccesso di fiducia, un entusiasmo per il lavoro che lo portava a non valutare eventuali rischi.
E’ così che non si accorge, nel novembre 1582, di che pelo vanno vestiti Domenico Rossi da Casalmonferrato e Antonio Vuarna genovese, zecchieri del marchese Giulio cesare Gonzaga di Pomponesco, che aveva ottenuto con un diploma di Rodolfo II d’Asburgo la possibilità di battere moneta. I due fonditori, venuti a Parma per cercare un coniatore, trovarono uno Smeraldi entusiasta di accollarsi la fatica di “cazzare”, cioè intagliare i coni ed i punzoni e predisporre il torsello e la pila. Così Smeraldi si lasciò convincere a falsificare monete piemontesi sulle quali però si sarebbe letto il nome del signore di Pomponesco. Il 20 dicembre 1582 Febo Denalio, podestà del paese mantovano, invia una lettera all’incisore dicendo che il suo signore ne riconosceva la buona fede ma lo diffidava a continuare a realizzare coni illegali. L’impresa terminò con un credito vantato da Smeraldi verso il Rossi che nel 1583 finì al tribunale. Dal 1595 avrebbe poi collaborato con la zecca di Correggio, per la quale realizzò anche diverse collane ed aggiustò alcuni gioielli.
L’abilità acquisita come zecchiere gli permise il 27 marzo 1596 di essere perito unico nella zecca di Parma, sotto la gestione congiunta di Paolo Scarpa e Pietro Maria Gazzaniga.
A partire dal 1586 è documentata anche l’attività come incisore di fregi, di decorazioni per chiudere le pagine e di sigilli, sia in metallo che in legno, per il libraio e stampatore Erasmo Viotti. Si tratta di lavori raffinati per edizione di pregio, come lo stemma in ottone di Alessandro Franese e quello del giovane Ranuccio, ma anche di “armettine” tagliate in rame per stampare le bollette de i soldati delle militie”. Tra le decorazioni importanti quelle per i testi di don Pietro Ponzio (1532-1596), editi dal Viotti.
Dal Viotti si faceva pagare per i suoi lavori d’incisore in libri, ad incominciare dalla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, che Viotti aveva pubblicato nel 1581 e proseguendo con diversi trattati d’architettura, che con la solita precisione Smeraldo viene annotando nelle sue registrazioni dei bilanci familiari. Ben nota è la biblioteca del cartografo il cui inventario è stato redatto nel 1641, allorché la sua eredità era indivisa ancora tra i figli: comprendeva molti testi scientifici e tecnici, ma anche testi letterari, l’interesse per i quali è testimoniato anche nella scelta dei nomi dei figli: Ettore, Lucio, Marc’Antonio, Orazio, Giacinto, Sciarra, Francesco, Florinda, Lavinia e Sara. Si procurava libri anche fuori Parma, come dimostra una corrispondenza relativa ad acquisti dal libraio Antonio Ferrari di Piacenza, pur senza trascurare i propri problemi di coscienza: alla fine del XVI secolo consegnò all’inquisitore una serie di volumi considerati proibiti dalla Chiesa dei quali, al solito, è rimasto l’elenco puntuale. Nutriva un notevole interesse anche per la musica, tale da stipendiare nel 1593 un maestro di di canto, Giuseppe Marimò, ed uno di musica, Andrea Saladi per i numerosi figli.
Raccolse la sua produzione di disegnatori di fregi e sigilla in un album databile al 1596 c.a., [Dall’Acqua, 2003]: vi sono contenuti immagini sacre per intestazioni di bollette e certificati di varia natura, arabeschi, grottesche, fregi, stemmi e signa tabellionis, che imitava da quelli fatti a mano da importanti notai, compreso Ranuccio Pico, segretario di Ranuccio farnese e del cardinale Odoardo, reggente del ducato.
Sin dal 1580 tra i suoi interessi si contano la cartografia e l’idraulica, ma è solo con la pianta di Monticelli d’Ongina, consegnata il 10 gennaio 1587 a Michel Angelo Muciasi, ingegnere, che inizia la sua carriera di disegnatore di corografie, due anni prima di quanto si ritenesse fino al 2003, anno di ritrovamento di questa carta. Nel 1588 iniziò il disegno del Corso del Po da Castel San Giovanni a Brescello per Ranuccio I Farnese, partendo per le triangolazioni dal Torrazzo di Cremona e segnando i territoi feudali. L’opera, che reca gli stemmi dell’aristocrazia insediata in riva al Po, fu conclusa nel 1590 e venne presentata a Ranuccio I Farnese che vi impose la consegna di non mostrarla ad alcuno, come un geloso segreto di stato.
Nel ducato farnesiano di Parma e Piacenza la cartografia era solo di stato, dal momento che la politica antifeudale dei duchi aveva eliminato di fatto - con il timore di controlli, sequestri o malvesazioni da parte del potere centrale - non solo ogni forma di cabreo, ma anche di ogni altra forma di rappresentazione, pur documentate per l’epoca precedente alla nascita del ducato. Il carattere di controllo sulle carte topografiche è ben evidenziato dalla vicenda di Giovan Antonio Magini e di un suo collaboratore ai quali, fermati in territorio ducale, gli emissari ducali cercarono di sequestare le mappe che recavano con sé.
Nel 1591 inizia la collaborazione con l’ingegnere Giovanni Antonio Stirpio (1563 c. - 1592) per la costruzione della Cittadella di Parma. Alessandro Farnese, che commise all’architetto bussetano il rilievo della Cittadella di Anversa sulla quale voleva fosse modellata la nuova costruzione, collaborò forse alla stessa progettazione dell’opera, alla quale venne destinato anche Smeraldi, che diresse i lavori al profilo dei bastioni. La costruzione della Cittadellla, con il duca impegnato in Fiandra, la celerità dei lavori, la giovinezza di Ranuccio che sostituiva il padre a Parma, la gravissima crisi economica che si annunciava e già creava ristrettezze e crisi, portò all’esasperazione di una serie di conflitti tra le varie maestranze impegnate nella costruzione, così come tra i vertici dell’amministrazione farnesiana. La situazione prese evidenza con la denuncia scritta che fece Smeraldi nel 1591, in cui le accuse contro la Camera ducale vengono circostanziate. Una indagine condotta dal duca, con alcuni arresti di implicati di minor levatura subito prosciolti, cercava di mediare le tensioni, ma Smeraldi non solo proseguì nella denuncia, ma la circoscrisse con estrema precisione: da qui l’arresto e la reclusione del cartografo, e la successiva condannna al domicilio coatto per inadempienza fiscale, emessa per costringerlo al silenzio e non per troncarne i rapporti con la casa ducale, che proseguirono.
L’attività cartografica proseguiva parallela a quella tecnica: nel 1596 delineò la mapppa di Chiaravalle della Colomba; l’anno succesivo venne nominato ingegnere presso l’ufficio Cavamenti ducali, carica che ricoprì sino alla morte. Nel 1598 rilevò la foce del Parma nel Po, nel 1599 la mappa dell’Oltrepo piacentino. Nel 1601, impegnato anche nella realizzazione della torre del Duomo rimasta mozza, disegnò la corografia del canale di Medesano e dedicò a Ranuccio I la delineazione della città di Parma in veduta zenitale, già disegnata dal 1589 al 1592. Solo recentemente è stata trovata una copia dell’opera in Archivio di Stato, a sostituzione della nota copia già in possesso della Biblioteca Palatina, perduta con il bombardamento del 13 maggio 1944. Nel 1603 rilevò il territorio di Fontevivo e l’anno successivo progettò un giardino ducale per la stessa sede ed un accrescimento urbanistico della cittadina: il progetto architettonico, forse il più ambizioso di Smeraldi, partiva dall’asse che univa la chiesa dei Capuccini con l’Abbazia di San Bernardo e proponeva case modulari ripetibili per ampiezza, abitanti, usi e tipologia abitativa.
Al 1604 risale la realizzazione del cavo Gambalone per il risanamento di terreni acquitrinosi. Nel 1606 partecipò al concorso per la ricostruzione della torre del Comune di Parma caduta rovinosamente in quell’anno e disegnò alcune piante del palazzo comunale della capitale e la mappa di Medesano. Tra le altre mappe si vogliono ricordare quelle di Castelguelfo (1607); di Mezzani e del fiume Enza tra Montechiarugolo e Montecchio (1612); degli argini del Bonassola (1613); dell’Enza da Martorano sino al Po (1617); di Borgo San Donnino (1621); della bonificazione ferrarese (1627); del corso del torrente Parma (1628); del corso del canale Maggiore (1632).
Tra i progetti ai quali si dedicò in questi ultimi anni si contano un canale ad usi industriale a Perino sulla Trebbia (1610), la bonificazione delle Valli Ferraresi per incarico del duca di Modena (1627), il canale del Taro a Collecchiello (1632).
Il suo rappporto con Ranuccio I era personale, come amava il duca che coinvolse Smeraldi, frustrandone le ambizioni di architetto, in un progetto più ampio e globale di riforma dello Stato. Ranuccio I, principe imprenditore, tenta di creare industrie, sfruttare risorse inutilizzate, razionalizzare e riequilibrare il territorio, in un assetto originale che vede parallelamente la riforma dello stato e l’apertura della corte ad una borghesia emergente ed aggressiva. In molte delle intraprese economiche del duca Smeraldi ha ricoperto la funzione di un tecnico al quale si richiedano progetti, idee e soluzioni economicamente realizzabili e produttive. Nell’adempimento di questo compito l’ingegnere trova una propria precisa collocazione sociale, che gli garantisce contemporaneamente di salvaguardare il proprio privato ed una serie di rapporti privilegiati con gli altri artisti, da quelli con lo Stirpio, all’epoca della costruzione della Cittadella, a quelli successivi con Girolamo Rainaldi, a quelli ferraresi con l’Aleotti, con il marchese Bentivoglio e con Mario Farnese di Latera, zio di Ranuccio I e grande protettore dello Smeraldi. Lo stesso Mario Farnese ebbe incarichi da protagonista nella Ferrara della devoluzione alla Chiesa, dopo la cacciata di Cesare d’Este, per cui non non si reputa possa essere un caso il ritrovare come ingegneri alle fortificazioni ferraresi sia Ettore che Giacinto, figli di Smeraldo ed ingegneri.

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Sulla famiglia:
Roberta Roberti, guida alle origini dei cognomi Parmigiani dalle prime attestazioni al 1550, PPS Editrice, Parma, 1998, pp. 281-282, ad vocem.

Sull’attività di orafo:
Marzio Dall’Acqua, Smeraldo Smeraldi orefice e sigillario, PPS Editrice;, Parma, s.d. [2003]. Sul Manoscritto Palatino 713: AA. VV., Parmigianino e la pratica dell’alchimia, catalogo della mostra di Casalmaggiore, Silvana editoriale, Milano, 2003, pp. 88-90, scheda di Anna Maria Anversa.

Sui figli di Smerladi:
Marzio Dall’Acqua, Corrispondenti parmigiani dell’Aleotti: gli Smeraldi, in Alessandra Fiocca, a cura di, Giamabattista Aleotti e gli ingegneri del Rinascimento, Leo S. Olschki editore, Firenze, 1998, pp. 331-340. Per la biblioteca di Smeraldi: AA.VV., “Io, Smeraldo Smeraldi ingegnero et perito delkla congregatione dei cavi del Parmigiano...”Territorio città offizio nel ducato di Parma 1582-1634, catalogo della mostra, Comune di Parma, Parma, 1980, pp. 121-128.

Sulla biblioteca cartografica di Smeraldi confrontata con quella del cardinale Alessandro Farnese:
Marzio Dall’Acqua, Il principe e il cartografo: Ranuccio I e Smeraldo Smeraldi. Pretesto per appunti sugli interessi cartografici dei Farnese nel secolo XVI, in AA. VV., Cartografia e Istituzioni in età moderna, Atti del Convegno Genova, Imperia, Albenga, Savona, La Spezia, 3 - 8 novembre 1986, Società Ligure di Storia Patria, Genova, 1987, pp. 345 - 366.

Per la cartografia dei Rossi e dei Pallavicino, prima dei Farnese:
Marzio Dall’Acqua, Note sulla cartografia parmense fino agli inizi del XVII secolo, in AA. VV., “Io, Smeraldo Smeraldi .. op. cit, pp. 44 -53. Sulla vicenda del sequestro al Magini: Marzio Dall’Acqua, Descrizione inedita del Ducato di Parma di Giovanni Antonio Magini, in “Aurea Parma”, anno LXIV, fasc. II, agosto 1980, pp. 163 - 172.

Sulla Cittadella e l’incarcerazione di Smeraldi:
Giuseppe Papagno - Marzio Achille Romani, Una Cittadella e una città (il Castello nuovo farnesiano di Parma 1589 - 1597) tensioni sociali e strategie politiche attorno alla costruzione di una fortezza urbana, in “ Annali dell’Istituto storico italo - germanico in Trento”, VIII, 1982, pp. 141 - 209.

La mappa della città di Parma scoperta in ASPr è stata pubblicata in
Marzio Dall’Acqua, a cura di, Enciclopedia di Parma, Franco Maria Ricci, Milano - Parma, 1998, pp. 40 - 41, illustrazione a M. Dall’Acqua, Forma urbis.

Sull’urbanistica di Fontevivo:
Marzio Dall’Acqua - Marzio Lucchesi, Parma città d’oro, Ermanno Albertelli Editore, Parma 1979, p. 118.

Una biografia di Smerladi con bibliografia:
Roberto Lasagni, Dizionario Biografico dei Parmigiani, IV, Porta - Zunti, PPS Editrice, Parma 1999, pp. 439-440.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Marzio Dall’Acqua