Archivi tag: Siena

Callai, Orazio

Orazio Callai
N. Firenze 1837
M. Firenze 1882

Relazioni di parentela: Figlio di Gioacchino

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Ingegnere

Biografia:

Produzione scientifica:
Fu impegnato nella formazione del catasto lucchese sotto la guida dell'ingegnere Leopoldo Franceschi.
Successivamente lavorò fattivamente per l'organizzazione del catasto fabbricati della citttà di Firenze.
Dal 1876 al 1882 fu socio del Collegio Architetti ed Ingegneri di Firenze e rappresentò tale organismo al Congresso degli Ingegneri Agronomi di Roma.
Svolse anche attività politica come Consigliere del Comune di Bagno a Ripoli e, dal 1880 al 1882, come membro del Consiglio Provinciale di Firenze.
Teneva il suo studio professionale a Firenze in Via dei Ginori al n. 31.

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Riferimenti bibliografici e archivistici

Cresti e Zangheri, 1978, pp. 42-43.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda:

Ricasoli, Antonio

Antonio Ricasoli
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Architetto e soprintendente alla bonificazione delle Chiane

Biografia:

Produzione scientifica:
Architetto e uomo politico fiorentino che fu sempre al servizio dei Medici.
Nel 1516, papa Leone X de’ Medici scomunicò dalla carica di duca il giovane Francesco Maria I della Rovere, reo di aver partecipato, nel 1511, all'uccisione del cardinale di Pavia, Francesco Alidosi, sospettato di tradimento. Il pontefice nominò a nuovo duca d'Urbino il nipote Lorenzo de’ Medici, che con il suo esercito s’impadronì del ducato, e prima di tutto, di San Leo.
In quello stesso anno, le truppe fiorentine comandate dal generale Antonio Ricasoli, spalleggiate dal pontefice Leone X de’ Medici, penetrarono a sorpresa, durante la notte, in San Leo; la storica impresa è raffigurata da Giorgio Vasari in un celebre affresco nel Palazzo Vecchio di Firenze.
Come uomo di pace, il nome di Ricasoli è strettamente legato alla Valdichiana che stava gradualmente diventando – nella sua parte pianeggiante almeno – un immenso latifondo mediceo.
Già il 10 luglio 1525, quando il Comune di Foiano cede a Ippolito de’ Medici la sua parte di padule perché questa potente famiglia bonificasse le terre a proprie spese, costui è rappresentato proprio dal Ricasoli; nello stesso anno, Giulio de’ Medici (poi papa Clemente VII) invia in Valdichiana Antonio da Sangallo il Giovane perché eseguisse una pianta generale a fini di bonifica della valle. Nel 1532, anche i Comuni di Castiglion Fiorentino, di Montepulciano e di Cortona donarono ai Medici i loro terreni acquitrinosi; e, non a caso, nello stesso anno, Ricasoli fu inviato alle Chiane con lo stesso Sangallo prima per realizzare una “terminazione” o confinazione della valle tra il patrimonio fondiario mediceo e i territori comunitativi; e poi – con la carica di soprintendente alla bonificazione delle Chiane – per provvedere alla bonifica del territorio di Castel poi Città della Pieve, ugualmente ceduto ai Medici, incarico presto interrottosi per la morte di Clemente VII.
Dopo che nel 1533 Ascanio Vittozzi era stato incaricato di redigere una relazione circa il metodo migliore per realizzare la bonifica della valle; dopo che nel 1545 Iacopo Polverini ebbe eseguita una confinazione con lo Stato Ecclesiastico, per conto di Cosimo I de’ Medici, per delimitare il patrimonio della famiglia ducale; e dopo che nel 1547 ebbe visitato la valle l’ingegnere del Fiume Arno Girolamo di Pace (che propose arginature, spostamenti di torrenti e colmate); dopo che, nel 1549, su mandato del duca Cosimo, l’ingegnere Vincenzo Vagnotti ebbe dato inizio al disseccamento (a tutto suo vantaggio) di parte del territorio cortonese, e l’ingegnere Pasqualino Buoni d’Ancona ebbe stipulato un contratto ad meliorandum per il recupero a fini agrari delle zone umide medicee, tornò nuovamente in azione Antonio Ricasoli.
L’architetto e funzionario mediceo pare che già nel 1550 abbia diretto l’escavazione del Canale Maestro a partire dalla Pieve al Toppo; nel 1551 fu incaricato di effettuare un rilievo topografico e una livellazione generale della valle (Di Pietro, 2005, pp. 93-96).
Dal lavoro architettonico-ingegneristico e topografico-cartografico del Ricasoli scaturì la Pianta del corso della Chiana e suoi affluenti dal Ponte di Carnaiola fino allo sbocco in Arno al Ponte a Buriano (ASF, Piante Antiche dei Confini, nn. 9 e 18; copia settecentesca in ASF, Piante Topografiche delle Regie Possessioni, c. 105/1): una rappresentazione a colori, in grande formato, che fu considerata il vero e proprio modello cartografico della Valdichiana fino almeno al primo ventennio del XIX secolo, come dimostra anche Alessandro Manetti che la riprodusse in piccolo formato, e quindi con grande semplificazione di contenuti, in una sua memoria a stampa del 1823 (Stato antico della Valle di Chiana al tempo di Cosimo I de’ Medici duca di Firenze. Quale si rileva dalla pergamena originale annessa alla perizia del 1551 che fu diretta da Messer Antonio de’ Ricasoli allora Soprintendente Generale alla Bonificazione delle Chiane).
In tale prodotto, Ricasoli fa ricorso al linguaggio pittorico per rendere, con notevole efficacia prospettica e con un apprezzabile rispetto delle proporzioni e delle distanze, il solo spazio pianeggiante della valle, con gli oggetti topografici che lo compongono (talora con considerazione anche di quelli dei contorni collinari), vale a dire la configurazione oro-idrografica, l’uso agro-forestale e palustre del suolo, gli insediamenti umani, ecc.: un tipo di rappresentazione che si impose profondamente nella tradizione cartografica della valle.
Del resto, questa costruzione generale originale (non si sa se Ricasoli si avvalse di collaborazioni tecniche), ritenuta perduta da molti studiosi dei nostri tempi, per quasi tre secoli venne invece conservata accuratamente negli uffici statali e tenuta ben presente da tutti gli scienziati e i tecnici o i funzionari che si occuparono della Valdichiana, da Odoardo Corsini nel 1742 a Jacopo Gugliantini tra il 1802 e il 1808, e ancora da Andrea Nuti nel 1808 e da Jacopo Frilli e Alessandro Manetti nel 1819, allo stesso Manetti ancora nelle sue memorie del 1822-23 e del 1840 (Guarducci, 2005; e Di Pietro, 2005): ciò che sta a dimostrare la piena consapevolezza circa il suo valore di rappresentazione spaziale e, insieme, l’importanza strategica (in termini non solo dei contenuti ma anche del metodo di lavoro) della cartografia del passato in funzione di quella, volta per volta, da rilevare nel presente, che non mancava in ogni tempo di confrontarvisi e di riutilizzarla.
Dalla carta ricasoliana risulta che le acque della Chiana scendevano verso l’Arno a partire dal porto di Pilli (con il Canale che era tracciato solo da qui al ponte alla Nave), mentre da quel luogo fino al porto di Foiano ristagnavano, espandendosi trasversalmente nella valle per circa tre chilometri; quindi cominciavano a muoversi verso sud, cioè la Chiana romana e il Tevere. Il cartografo distingue la striscia centrale, permanentemente occupata dalle acque e quindi lacustre insieme ai chiari di Chiusi, Montepulciano, Castiglione e Città della Pieve, dall’area padulosa laterale (allagata durante i periodi di piogge prolungate); indica ben dieci porti o punti di traghetto attestati sulle strade principali, resti di antichi tracciati stradali (nell’acquitrino allo sbocco della Foenna si legge Silice è una via antica), innumerevoli ponti, pescaie e mulini. “Dai calcoli del Manetti, a commento della carta del Ricasoli, la palude si estendeva per 9680 ha, con un massimo di larghezza in corrispondenza del porto di Cesa pari a m 3307: ovvero, secondo il Possenti, per 43.968 staiora pari a 8800 ettari” (Di Pietro, 2005, p. 96).

Produzione di cartografia manoscritta:
Pianta del corso della Chiana e suoi affluenti dal Ponte di Carnaiola fino allo sbocco in Arno al Ponte a Buriano, Antonio Ricasoli, 1551 (ASF, Piante Antiche dei Confini, nn. 9 e 18; copia settecentesca in ASF, Piante Topografiche delle Regie Possessioni, c. 105/1).

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Riferimenti bibliografici e archivistici

Manetti, 1823; Guarducci, 2005, pp. 74-75, 77 e 80-81; Di Pietro, 2005, pp. 93-96 e 150; ASF, Piante Antiche dei Confini; ASF, Piante Topografiche delle Regie Possessioni.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Anna Guarducci e Leonardo Rombai

Callai, Gioacchino

Gioacchino Callai
N. Firenze 13 settembre 1804
M.

Relazioni di parentela: Fu padre di Orazio, anche lui architetto e ingegnere.

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Ingegnere

Biografia:

Produzione scientifica:
Nel giugno 1824, mentre era attento alle operazioni “nel Casentino e Mugello”, l’ingegnere Graziano Capaccioli lo reclamò allo scienziato scolopio “in tutte le maniere” per risolvere il nodo delle misure controverse tra Val d’Orcia e Maremma che stava producendo “l’incaglio dei lavori”.
Nell’estate e nell’autunno 1826 fu incaricato di effettuare la triangolazione prima della Lunigiana e poi delle due isole del Giglio e Giannutri: dell’ultima isola disegnò – con Angelo Falorni – anche una Mappa Topografica d’insieme in scala 1:20.000, un bell'esemplare di topografia geometrica in cui si riporta con precisione il reticolo geografico, con punti di riferimento in ogni direzione (in OXF, I, n. 16).
Nei primi mesi del 1828 attese nello Ximeniano al lavoro di aggiornamento ed integrazione (specialmente con l’inserimento del reticolo gerarchizzato della viabilità) del disegno della carta geometrica della Toscana del maestro Inghirami. Suo fu anche il disegno definitivo della carta, su lucido, in funzione dell’incisione e della stampa (pronto all’inizio del 1828 ma ritoccato con alcune correzioni il 19 settembre 1830), per la cui opera il 9 febbraio 1828 ottenne dal governo lorenese il compenso di lire 714.
Nonostante fin dal settembre 1830 fosse stato assunto nel Corpo degli Ingegneri di Acque e Strade (con lungo servizio nel circondario di Fiesole), ancora, nel 1840 spettò proprio a Callai svolgere la triangolazione dell’Elba e delle rimanenti isole dell’Arcipelago in funzione delle operazioni catastali che si allargavano a questi ambienti tirrenici.
Nel luglio 1834 prestò servizio provvisorio come "aiuto ingegnere residente" nella divisione di Fivizzano.
Dal 1837 entrò a far parte della Direzione del Corpo degli Ingegneri di Acque e Strade come "Aspirante addetto all'Ispezione di Firenze". Fu da lui realizzata, probabilmente in questo periodo, la mappa di derivazione catastale raffigurante il circondario idraulico del fiume Bisenzio, non datata (in ASF, Miscellanea di Piante, n. 481).
Dal 1839 al 1850 operò come Ingegnere al Galluzzo, nella immediata periferia fiorentina. All'inizio di questo servizio si occupò della viabilità del suburbio fiorentino, disegnando una mappa per il Progetto della nuova Via Fiesolana, datata 1839 (in ASCFi).
Nel 1852, misurò e disegnò la Pianta dell’Isola di Monte Cristo nella proporzione di 1:5000 (IGM, cart. d’Arch. n. 69 doc. n. 15) (Istituto Geografico Militare, 1934, p. 318).

Produzione di cartografia manoscritta:
Mappa Topografica [dell’isola di Giannutri], disegnata con Angelo Falorni, 1826 (OXF, I, n. 16);
Progetto della nuova Via Fiesolana dalla Piazza di Fiesole a quella di S. Domenico, 1839 (ASCFi);
Pianta dell’Isola di Monte Cristo nella proporzione di 1:5000. Misurata dall’Ing. Callai nell’agosto 1852 e descritta al Campione con arroto di conservazione n. 4 del 1860 sotto la Sezione F del Comune di Portoferraio, cartografia catastale in copia del 1898 (IGM, cart. d’Arch. n. 69 doc. n. 15) (Istituto Geografico Militare, 1934, p. 318).

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Istituto Geografico Militare, 1934, p. 318; Cresti e Zangheri, 1978, pp. 42-43; Rombai, 1987, p. 405; Rombai, Toccafondi e Vivoli, 1987, p. 369; Rombai, 1989, pp. 82, 92, 94, 108 e 112; Rombai, a cura di, 1990, p. 156; Barsanti, 1992, p. 12; Caciagli e Castiglia, 2001, p. 124; ASF, Soprintendenza alla Conservazione del Catasto poi Direzione Generale delle Acque e Strade; ASF, Miscellanea di Piante; ASCFi; OXF.

Rimandi ad altre schede: G.

Autore della scheda:

Renard, Francesco

Francesco Renard
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Ingegnere e architetto

Biografia:

Produzione scientifica:
Fu stretto collaboratore di Alessandro Manetti, dopo essere stato annesso nell’organico dell’Ufficio di Bonificamento della Maremma (istituito alla fine del 1828): per circa un trentennio continuò infatti a prestare la sua opera anche per la Soprintendenza Idraulica della Valdichiana e per altri interventi di bonifica e sistemazione fluviale nell’ambito del Corpo degli Ingegneri di Acque e Strade, cui appartenne forse fin dalla sua istituzione (1825).
Scrive lo stesso Renard, nelle sue memorie inedite, che l'elevato livello professionale raggiunto dagli ingegneri del Corpo si rifletté anche su molti dei loro aiuti non stabilmente inquadrati nell'ente che furono in tal modo "abilitati alla professione di agrimensore, perito agrario, disegnatore, calcolatore, assistente ai lavori e istruiti alle matematiche" (in ASF, Capirotti di Finanze, 15, ins. Febbraio 1860. Corpo degli Ingegneri in Toscana) (Rombai, 1987, p. 414).
Renard fu apprezzato anche da Leopoldo II che lo definisce uomo “di valore” e “diligenza” al tempo della direzione dei lavori della bonifica di Bientina che dal settembre 1854 lo impegnarono a tempo pieno (Pesendorfer, a cura di, 1987, pp. 428, 496 e 498).
Con la caduta della dinastia lorenese (27 aprile 1859) e nella breve fase del Governo Provvisorio Toscano, Manetti venne destituito da ogni incarico compresa la direzione del Corpo degli Ingegneri e dell’Ufficio di Bonificamento: in entrambe le cariche gli subentrò proprio il vecchio collaboratore Renard che di fatto fu alle dipendenze dei due scienziati Gaetano Giorgini e Antonio Salvagnoli Marchetti che ebbero il compito di sovrintendere alle bonifiche maremmane.
Anche dopo l’unità d’Italia, la istituzione continuò ad essere diretta dal Renard almeno fino al 1862. Ma Renard non dovette abbandonare la maremma se nel 1867 redasse il progetto definitivo del nuovo acquedotto di Grosseto alimentato dalle sorgenti di Monteleone.
Tra l’altro, nel 1840 Renard aveva steso la relazione che accompagnava la perizia di spesa per il restauro della facciata del duomo di Grosseto (Relazione dei restauri da farsi alla facciata della Cattedrale di Grosseto che mi fu commissionata il 23 gennaio 1839 la compilazione, Firenze, 11 gennaio 1840).
Pure la bonifica manettiana di Bientina fu affidata – nell’aprile 1859 – alle cure di Renard che nel 1863 ebbe la soddisfazione di vederne la conclusione, con tanto di inaugurazione ufficiale (Barsanti, 1994, p. 254).
Renard effettuò i lavori all’emissario e alla botte sotto l’Arno, comportanti grandi difficoltà soprattutto quando “fu condotto al mare attraversando la via ferrata” (AAADF, Fondo Manetti, Cat. E.13, inss. 11-13: Bencivenni, 1984, p. 87).
E’ altresì autore, qualche anno prima, del profilo di livellazione del Serchio che non fu però verificato e perciò non pubblicato come quello dell’Arno e Sieve (AAADF, Fondo Manetti, Cat. F.4, ins. 7: Bencivenni, 1984, p. 102).
Riguardo alla produzione cartografica, va detto che non pochi dei disegni e delle piante approntate dal Manetti per le operazioni di bonifica nei grandi comprensori toscani (molte di queste figure sono in AAADF, Fondo Manetti, Cat. C-D-E) sono firmati dai suoi principali collaboratori, appunto Francesco Renard e Baldassarre Marchi: ad esempio, la livellazione della Chiana, dell’Arno e della Sieve di Francesco Renard del 1848, in otto fogli compresa una carta in piccola scala (1:330.000 circa) del Corso dell’Arno e dei suoi principali influenti (Bencivenni, 1990, p. 445; e Istituto Geografico Militare, 1934, p. 314).
Di sicuro nel 1835-42 Renard collaborò alla redazione delle 36 tavole (piante e prospetti) per l’opera di Alessandro Manetti Delle opere eseguite per l'ingrandimento della città e porto franco di Livorno..., Firenze, Le Monnier, 1844 (in ASP, Piante dell'Ufficio Fiumi e Fossi, n. 223); e nel 1838 collaborò alla Carta geometrica delle Maremme Toscane fra il Cecina e l'Alberese e alle altre Tavole e prospetti statistici, in un album (27 tavole e 8 prospetti) che costituisce l'appendice statistico-illustrativa della celebre opera Memorie sul bonificamento delle Maremme Toscane, Firenze, Giuseppe Molini, 1838, redatta da Ferdinando Tartini (1797-1858, uno dei segretari dell'Ufficio di Bonificamento ed autore anche di una nota Guida di Firenze del 1841), su finanziamento dell'Ufficio di Bonificamento delle Maremme: opera di regime, quindi, per far conoscere le grandi trasformazioni territoriali in atto in quella provincia sotto il governo di Leopoldo II di Lorena. Gli incisori e i disegnatori (tutti impiegati nella bonifica maremmana), oltre al Renard e a Felice Francolini, ai quali spettano la maggior parte delle tavole, sono Giuseppe Pianigiani, A. Daverio, Stefani, G. Gozzini, Luigi Balatri (in OXF, V, n. 54).

Produzione di cartografia manoscritta:
Profilo di Livellazione della Chiana, dell’Arno e della Sieve, 1848 (AAADF, Fondo Manetti, in D.10; e IGM, n. 636 d’inv. gen.);
Piante e prospetti, in collaborazione con altri autori, in Alessandro Manetti Delle opere eseguite per l'ingrandimento della città e porto franco di Livorno..., Firenze, Le Monnier, 1844 (in ASP, Piante dell'Ufficio Fiumi e Fossi, n. 223 e in ASF, Piante dello Scrittorio delle Fortezze e Fabbriche, 93);
Carta geometrica delle Maremme Toscane fra il Cecina e l'Alberese e Tavole e prospetti statistici, collaborazione con altri autori, in Ferdinando Tartini, Memorie sul bonificamento delle Maremme Toscane, Firenze, Giuseppe Molini, 1838.

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Istituto Geografico Militare, 1934, p. 314; Bencivenni, 1984; Bencivenni, 1990, p. 445; Barsanti, 1987, p. 87; Barsanti, 1992, pp. 75; Barsanti, 1994, p. 254; Barsanti, Bonelli Conenna e Rombai, 2001, p. 20; Rombai, 1987, p. 414; Pesendorfer, a cura di, 1987, pp. 428, 496 e 498; ASP, Piante dell'Ufficio Fiumi e Fossi; ASF, Soprintendenza alla Conservazione del Catasto poi Direzione Generale delle Acque e Strade; ASF, Ufficio di Bonificamento delle Maremma; ASF, Segreteria di Gabinetto Appendice; ASF, Miscellanea di Piante; ASF, Piante dello Scrittorio delle Fortezze e Fabbriche; ASF, Capirotti di Finanze; AAADF, Fondo Manetti; ASGr, Ufficio del Bonificamento della Maremma; ASP, Camera di Soprintendenza Comunitativa.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: L. R.

Cacialli, Giuseppe

Giuseppe Cacialli
N. Firenze 1770
M. 1828

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Architetto e ingegnere

Biografia:

Produzione scientifica:
Dopo il 1814, al rientro dei Lorena in Toscana, oltre a mantenere cariche pubbliche, allarga i suoi già molti impegni professionali, prestando la sua collaborazione, fra il 1820 e il 1823, all’Opera di Santa Maria del Fiore; nel ruolo di Architetto dello Scrittoio delle Regie Fabbriche che mantiene sino al 1828, quando viene nominato Architetto Consultore, oltre che nell’allestimento del palco reale nel Teatro della Pergola, è impegnato a Palazzo Pitti, dove partecipa alla definizione della nuova decorazione di alcune sale, allestisce una nuova elegante stanza da bagno e realizza il nuovo ingresso al giardino di Boboli detto di Annalena. Gli interventi effettuati nelle residenze fiorentine di Poggio Imperiale e di Pitti sono da lui pubblicati nel 1823 in un volume diviso in due parti, comprendenti sia la Collezione dei disegni di nuove fabbriche e ornati fatti nella regia villa del Poggio Imperiale, che Dei nuovi ornamenti aggiunti e da aggiungersi all’I. e R. Palazzo Pitti, in cui i disegni, opera di G. Casini, C. Chirici, G. Geri, G. Ghepardi, V. Zozzini, F. Pieraccini, sono incisi da A. Cappiardi e P. Lasinio. Successivamente è impegnato in lavori di adeguamento del Palazzo Granducale della Crocetta, nel restauro della Statua dell’Appennino nel giardino della Villa di Pratolino e nel giardino del Palazzo dei Conti della Gherardesca. Nel 1827, dà alle stampe una seconda edizione della sua prima opera, con il nuovo titolo di Raccolta dei progetti Architettonici ideati dall’Architetto Giuseppe Cacialli, disegnati e incisi da Fabio Nuti e Carlo Chirici.
Per Cacialli non si può indicare una produzione cartografica vera e propria, anche se i suoi disegni prendono spesso in esame l’ambiente in cui sono inseriti gli edifici a cui lavora; di particolare interesse sono la Pianta e tagli di un frantoio idraulico a Cascina Terme, fine del XVIII sec (ASF, Miscellanea di Piante, n. 245i), la Pianta del giardino della villa di Poggio Caiano e del boschetto adiacente, in cui sono indicati gli andamenti delle strade Pistoiese e Pratese, 1808-1813 (AMFCE, 2801), il Plan Topographique du Giardine Impérial du Boboli et du Palais Pitti, inciso da Jerome de Carco nel 1808 (GDSU 5599). Risale al 1819 il progetto per un Casino di delizie e altri comodi, redatto per Ferdinando III, in cui egli pensa di proseguire lo stradone delle Cascine dell’Isola sino a San Donnino (ASF, Piante dello Scrittoio delle Regie Possessioni, nn. 617-618). Va ricordato inoltre che Cacialli ha inciso alcune tavole inserite nel Viaggio Pittorico della Toscana di Jacopo e Antonio Terreni, pubblicato a Firenze nel 1801-1803.

Produzione di cartografia manoscritta:
Pianta e tagli di un frantoio idraulico a Cascina Terme, fine del XVIII sec (ASF, Miscellanea di Piante, n. 245i);
Pianta del giardino della villa di Poggio Caiano e del boschetto adiacente, 1808-1813 (AMFCE, 2801);
Plan Topographique du Giardine Impérial du Boboli et du Palais Pitti, inciso da Jerome de Carco nel 1808 (GDSU, 5599);
Progetto per un Casino di delizie e altri comodi, 1819 (ASF, Piante dello Scrittoio delle Regie Possessioni, nn. 617-618).

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Saltini, 1862, p. 12; Mori e Boffito, 1926, p. 96; Fanelli, 1973, pp. 369-392; Borsi, Morolli e Zangheri, 1974, p. 280; Rombai, Toccafondi e Vivoli, 1987, pp. 125 e 174; Cresti e Zangheri, 1978, pp. 40-41; Orefice, 1995; ASF, Scrittoio delle Regie Fabbriche; ASF, Miscellanea di Piante; ASF, Piante dello Scrittoio delle Regie Possessioni; GDSU; AMFCE.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Gabriella Orefice

Razzi, Gaetano

Gaetan Razzi
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Geometra e poi ingegnere senese.

Biografia:

Produzione scientifica:
Collaborò con diversi tecnici, fra cui Bernardino Fantastici e Valentino Calosi.
Fu geometra anche durante l'amministrazione francese, periodo nel quale si definisce "arpenteur".
Intorno al 1812 effettuò, su ordine del governo francese, una ricognizione e riconfinazione di alcune aree boschive nel territorio di Massa Marittima (l'antica bandita dell'Accesa), in seguito al loro passaggio di proprietà dalla Mensa Vescovile di Massa al demanio imperiale, realizzando una serie di cartografie, a dire il vero piuttosto schematiche, allegate ad una descrizione delle operazioni in lingua francese (in ASS, Piante dei Quattro Conservatori, nn. 240-243).
Dal 1818 al 1825, fu ingegnere di 1° classe nell'Ufficio Generale delle Comunità della Città e Provincia Superiore di Siena;
Nel 1826-27 ricoprì il ruolo di ispettore per la Soprintendenza alla Conservazione del Catasto ed al Corpo degli Ingegneri d'Acque e Strade di Siena.

Produzione di cartografia manoscritta:
Copia di pianta (su originale di Giuseppe Morozzi del 1631, altra copia successiva di Pierantonio Montucci) di un tratto del territorio di confine fra i comunelli di Buriano e Montepescali in Maremma, 1821 (ASGr, Genio Civile, n. 155).

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Cresti e Zangheri, 1978, pp. 200-201; Vichi, 1990, p. 98; Barsanti, Bonelli Conenna e Rombai, 2001, p. 34; ASGr, Genio Civile; ASS, Piante dei Quattro Conservatori.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: G.

Razzi, Florenzio

Florenzio Razzi
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Ingegnere senese impiegato nell’Ufficio della Biccherna e dei Quattro Conservatori di Siena.

Biografia:
Operò esclusivamente nel territorio della sua città, sia per il pubblico che per la committenza privata, specializzandosi nella cabreistica. La sua lunga attività di ingegnere e cartografo si snoda dagli anni ’50 del XVIII secolo ai primi del secolo successivo.

Produzione scientifica:
Al 31 agosto 1807 il Razzi compariva ancora nel “Ruolo dei Provvisionati […] delle Comunità della Provincia Superiore Senese”, con un onorario di 1200 lire (ASF, Depositeria Generale, Parte Antica, f. 1648, I, ins. 100).
Venne definito dal granduca Pietro Leopoldo (nelle sue Relazioni...): "onesto ma mediocre soggetto" che si dava “un po’ più di pena” rispetto al collega senese Alessandro Nini, ma “di mediocre abilità” (I, 1969, p. 96).
E' autore di alcuni cabrei delle proprietà (grance) dell'Ospedale di S. Maria della Scala di Siena: delle Masse (1756), di Bossi (1761), di Castelluccio (1763), di Spedaletto in Val d'Orcia (1764), di S. Quirico (1766) (oggi conservati in ASS, Spedale di S. Maria della Scala, ff. 1434-1436, 1440, 1442).
Nel 1770 realizzò il cabreo della Tenuta e Marchesato di Montemassi e Roccatederighi, di proprietà del Marchese Giovanni Cambiaso, eseguito per il committente privato in occasione dell'acquisto dai marchesi Malaspina. La raccolta è composta da 27 piante acquerellate e finemente decorate, accompagnate da dettagliate descrizioni di ogni appezzamento; in una premessa il Razzi spiega il significato delle diverse simbologie, dell'uso del colore con tutte le sue sfumature e del tratto, utilizzati per meglio rappresentare le componenti paesistiche (in ASGr, Tribunale, n. 565 bis).
Nel 1773-74 Fiorenzo, sotto la direzione di Ximenes, progettò alcuni lavori ai fiumi Formone e Orcia per proteggere la strada romana.
Nel 1773 si occupò di progetti in campo stradale, realizzando alcune carte con Bernardino Fantastici, relative alla Strada Romana nel tratto del ponte sull'Orcia, che sono riconducibili all'ispezione compiuta nello stesso anno dal matematico Ximenes (in ASS, Piante dei Quattro Conservatori, n. 239).
Si occupò anche della risistemazione della strada da Siena per la Valdichiana (conosciuta come Lauretana), ordinata da Pietro Leopoldo nel 1774, che prevedeva anche la costruzione di un ponte sull'Arbia. Il Razzi – a quanto riporta il graduca stesso, dopo una visita sul posto compiuta nel 1775 – sosteneva un progetto diverso da quello del Sottoprovveditore Boninsegni e, anziché sostituire il ponte già esistente presso Taverne d'Arbia, prevedeva di costruirne uno di nuovo "mezzo miglio più su", dove il letto del fiume era più stretto. La realizzazione del ponte fu però rimandata e verrà costruito solo nel 1788 (Pietro Leopoldo, III, 1974, p. 268).
Per la ricostruzione della Strada Lauretana (che previde anche la realizzazione di una cartografia), nella primavera 1778 fu riscontrato la buona esecuzione dei lavori assegnati alla direzione del Razzi nel 1775-76, tanto che poco dopo l’ingegnere ottenne un altro tratto nell’area di Rigaiolo presso Sinalunga (Sterpos, 1977, p. 28).

Produzione di cartografia manoscritta:
Cabreo della Tenuta e Marchesato di Montemassi e Roccatederighi, 1770 (ASGr, Tribunale, n. 565 bis);
Pianta di terreni nel Senese per questioni di controversie confinarie, in collaborazione con Bernardino Fantastici, 1773 (ASS, Piante dei Quattro Conservatori, n. 101);
Pianta della Strada Lauretana che è conservata tra i documenti a corredo della Relazione di Sua Altezza Reale sopra la sua gita a Siena nel mese di ottobre 1777, parte II, 1777 (SUAP, RAT Petr Leopold, ms. 19).

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Riferimenti bibliografici e archivistici

Pietro Leopoldo, I, 1969, p. 96 e III, 1974, p. 268; Sterpos, 1977, p. 28; Ginori Lisci, 1978, pp. 96-97 e 305-306; Vichi, 1990, pp. 42 e 121-122; Barsanti e Rombai, a cura di, 1994, passim; Bonelli Conenna, a cura di, 1997, p. 38; Barsanti, Bonelli Conenna e Rombai, 2001, p. 86; ASS, Spedale di S. Maria della Scala; ASS, Piante dei Quattro Conservatori; ASF, Depositeria Generale, Parte Antica; ASGr, Tribunale; SUAP, RAT Petr Leopold.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: A.G.

Ramponi, Placido

Placido Ramponi
N.
M.

Relazioni di parentela: Era contemporaneo di Felice Innocenzio e di Jacopo Ramponi riguardo ai quali però non si conosce la parentela.

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Ingegnere granducale impiegato nella magistratura fiorentina dei Capitani di Parte Guelfa.

Biografia:

Produzione scientifica:
Nel 1697, su incarico del granduca Cosimo III, Placido Ramponi intraprese un viaggio per portare a Goa il sepolcro che il sovrano aveva fatto costruire a Firenze in onore di Francesco Saverio (si veda in proposito la trascrizione dell’interessante diario di Placido, in Sodini, 1996).
Nel 1699, realizzò una Pianta della Città e della Fortezza di S. Sepolcro, con particolari relativi alla situazione idrografica (ISCAG, F 1593) (Principe, 1988, p. 77).
Nel novembre 1711, disegnò una Pianta del Territorio Cortonese […], finalizzata alla rappresentazione di operazioni di bonifica e messa a coltura di terreni palustri in Valdichiana (in ASF, Piante dello Scrittoio delle RR. Possessioni, tomo III, c. 6) (Di Pietro, 2005, p. 113).
Nel 1734 troviamo l’ingegnere Placido Ramponi incaricato di seguire il progetto per la realizzazione di un mulino presso la località di Doccio nella comunità di Pontassieve. La richiesta giungeva dal Priore Ferdinando Seravalli, che intendeva costruire un mulino a un palmento sul fosso Risaio. Nella relazione redatta da Placido leggiamo che la richiesta non avrebbe dovuto suscitare opposizione alcuna, dato che il mulino più vicino (posto poco più a valle dopo il ponte stradale) a quello da costruirsi era quello antico dello stesso Seravalli, così come appartenente al medesimo proprietario era il mulino posto ancora più in basso (si trattava di quello delle Macinaie).
Si prevedeva che il mulino avrebbe potuto macinare anche d’estate (grazie al forte salto), evitando quindi alle popolazioni della zona l’inconveniente di doversi recare a mulini lontani 5 miglia. La pescaia sarebbe stata costruita in sasso sciolto prelevato dal medesimo fosso, ed il canale avrebbe avuto uno sviluppo di 107 braccia (circa 60 metri). Il perito Ramponi propose al Seravalli di far girare due macine "con la medesima acqua ..., ma per esser modo in queste parti nuovo, non pare che si sappino aspigliare a questa lezione, perchè né il mugnaio, né il falegname non hanno veduto e non sanno considerare la facilità del muoversi di detto edifizio, e perciò annullano come inutile. Mi credo però che risolverannno di farlo a ritrecine, usato comunemente in quei luoghi".
Si veda in proposito la Rielaborazione dello schizzo allegato alla relazione dell’ing. Placido Ramponi del 1734 (ASF, Capitani di Parte numeri neri, f. 1146), dove sono riconoscibili la serra sul fosso che alimentava la colta del mulino (indicato nel disegno come "nuovo"), al centro, la "strada per il Ponte a Sieve" e, in basso, il mulino inferiore con il proprio bacino di raccolta dell'acqua.

Produzione di cartografia manoscritta:
Pianta della Città e Fortezza di S. Sepolcro colla dimostrazione della gita che fa la gora dalla abboccatura di essa gora al fiume Afra dove piglia l’acqua per i quattro mulini a gualchiera, 1699 (ISCAG, F 1593);
Pianta del Territorio Cortonese compreso tra il confine del Comune di Valiano e del Comune di Montecchio e dalla terminazione del 1545 verso il Canale Maestro della Chiana e dal ramo di Montecchio per dimostrare la disseccazione delle terre quali sieno ridotte a cultura quali a prato e quali sieno ancora scerpose, 1711 (ASF, Piante dello Scrittoio delle RR. Possessioni, tomo III, c. 6).

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Principe, 1988, p. 77; Di Pietro, 2005, p. 113; ASF, Piante dello Scrittoio delle Regie Possessioni; ASF, Capitani di Parte numeri neri; ISCAG

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Anna Guarducci

Ramponi, Jacopo

Jacopo Ramponi
N.
M.

Relazioni di parentela: Fu contemporaneo di Felice Innocenzio e di Placido Ramponi riguardo ai quali però non si conosce la parentela.

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Perito Capitani di Parte Guelfa

Biografia:

Produzione scientifica:
Lavorò come perito per la magistratura fiorentina dei Capitani di Parte Guelfa.
Nel 1683-84 era impegnato, come perito della Parte, in qualità di “Ministro d’Aro”, in lavori alle sponde dell'Arno nel tratto da Firenze a Signa, per la difesa degli argini ed il consolidamento dei suoli; ogni anno, infatti, un perito "passeggiava" le sponde anche al fine di valutare la consistenza e l'entità dei rimboschimenti necessari. In quell'occasione, il Ramponi relazionò circa la necessità di nuove piantate, esigenza che si riproporrà con una nuova perizia nel 1706.
Nel 1711 realizzò un cabreo dei beni del Convento di Santa Maria del Carmine di Firenze: un’opera nel complesso di qualità piuttosto scadente composta da disegni molto semplici di soli appezzamenti senza le case coloniche.

Produzione di cartografia manoscritta:
Campia di terre di Dominio diretto dei RR. PP. di Santa Maria del Carmine di Firenze […] fatto per mano di Iacopo Ramponi, Ministro d’Arno, 1711 (ASF, Conventi Soppressi, 113, n. 559. Convento di Santa Maria del Carmine di Firenze).

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Piccardi, 2001, p. 41; Ginori Lisci, 1978, p. 279; ASF, Conventi Soppressi.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Anna Guarducci

Ramponi, Felice Innocenzio

Felice Innocenzio Ramponi
N.
M.

Relazioni di parentela: Felice Innocenzio Ramponi fu contemporaneo di Jacopo e di Placido Ramponi riguardo ai quali però non si conosce la parentela.

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:

Produzione scientifica:
Nel 1698 lavorava in Valdambra per la verifica dei danni accorsi ad un mulino.
Nel 1699, con il titolo di "aiuto delli Ingegneri", operava in Val di Bisenzio. Nel settembre del 1700 si occupò dei lavori della palata di Acquaviva a S. Giovanni Valdarno. Nel luglio 1704 è rammentato come "uno degli Ingegneri del Magistrato della Parte della Città di Firenze" e in quell’anno disegnò la Mappa dell’Imposizione dell’Arno che, nel 1823, fu riutilizzata dall’ingegner Domenico Piccinetti.
Per un lunghissimo periodo, dal 1703 al 1755 (anno della sua morte), fu impegnato in prima persona nelle lunghe e complesse operazioni dell'incanalamento del fiume Arno nel Valdarno Superiore, su incarico della “Congregazione del Valdarno", un organismo fondato dai deputati dei principali possidenti laici ed ecclesiastici del Valdarno di Sopra, con il compito di sorveglianza e gestione dei corsi d'acqua. L'11 aprile 1703 venne nominato infatti "Perito Custode de' fiumi del Valdarno di Sopra", con provvisione di scudi 20 al mese. Quella dell’incanalamento dell’Arno fu una lunga e tormentata vicenda che vale la pena affrontare. Per la prima visita generale, finalizzata ad eseguire le misurazioni e a definire la confinazione delle aree interessate, compiuta dal 6 all'8 novembre 1703, il Ramponi fu coadiuvato da Giovannozzo Giovannozzi, in qualità di perito facente parte dei Capitani di Parte; all'operazione erano presenti anche diversi membri della Congregazione. Nella relazione scaturita dalla visita si sottolineava l'importanza dell'operazione e si prevedeva la costruzione di un canale ove imbrigliare il fiume, grosso modo dal Ponte a Buriano fino all'Incisa, articolato per un tratto in diversi tronconi, che doveva restringersi ad imbuto gradatamente verso valle; la spesa prevista era dai ventimila ai trentamila scudi.
Il progetto fu realizzato nelle sue linee essenziali, ma comportò grossi problemi e numerose varianti rispetto al disegno originale e una spesa assai più ingente di quella preventivata (agli inizi degli anni '30 il debito ammontava a ben 300.000 scudi!). L'operazione fu caratterizzata anche da una generale disorganicità che generò forti avversioni da parte dei piccoli proprietari locali e degli abitanti della zona, che denunciarono a più riprese l'evidente parzialità con cui si procedeva nei lavori, salvaguardando soprattutto gli interessi delle maggiori famiglie.
E' sempre il granduca Pietro Leopoldo a denunciare, diversi anni dopo, che: "infiniti furono gli abusi e le prepotenze fatte da questa Congregazione, la quale consigliava sempre i più duri compensi per vessare i poveri e rendersi padroni dei loro terreni, ed i maneggiati delle dette quattro casate quali con i lavori fatti in Arno, le alluvioni, accrebbero moltissimo i loro fondi, con acquistare parecchi poderi e mulini, per i quali non hanno mai niente pagato in sgravio dell'imposizione". Le critiche non risparmiarono poi il principale artefice di tutta la faccenda, il Ramponi, che aveva dominato per oltre 50 anni la scena in prima persona: egli (insieme al Soprintendente Bartolini) venne infatti accusato più volte di strapotere e di disonestà e di essersi oltremodo arricchito – come riporta senza mezzi termini lo stesso granduca – con "le mangerie fatte nell'esecuzione dei lavori" (Pietro Leopoldo, 1970, II, p. 152).
Durante lo svolgimento dell'operazione furono eseguite numerose relazioni e perizie ed anche alcune mappe, soprattutto in occasione delle varianti (oggi conservate in ASF, Piante dei Capitani di Parte e in ASF, Piante della Direzione Generale delle Acque e Strade, n. 1500 per quanto riguarda la rappresentazione d’insieme del 1751). Altri collaboratori del Ramponi furono Michele Gori (nel 1705, in qualità di aiuto ingegnere, anche lui facente parte della Magistratura dei Capitani di Parte); Sansone Pieri, che nel 1714 eseguì una pianta per dirimere una vertenza tra proprietari; Antonio Falleri (già citato) che redasse numerose relazioni e perizie corredate anche di disegni (Tartaro, 1989, p. 6, e Tartaro, 1991, pp. 37-38).
E’ possibile che già nel 1702, prima cioè di essere nominato “Perito Custode”, che abbia almeno contribuito, con altri, al disegno del corpo delle 12 Piante dell’incanalamento del Fiume Arno nel Val d’Arno di Sopra (ASF, Piante dei Capitani di Parte, cartone IV).
Nel 1716, Ramponi era impegnato nella ridefinizione del perimetro dell'Imposizione dell'Arno tra Firenze e Signa (Piccardi, 2001, p. 42).
Intorno alla metà del XVIII secolo fece parte della Commissione fiorentina incaricata di esaminare il problema del restauro del tetto della Chiesa di S. Maria della Spina a Pisa; vi figurano anche i "capi maestri" Filippo Belli e Giuseppe Cianfanelli e gli architetti Giovanni Maria Veraci, Anton Giuseppe Fornari, Anton Domenico Somigli, Bernardino Ciurini/Curini e Antonio Falleri.

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:
Mappa dell’Imposizione dell’Arno intitolata Bracciatura e misura del Fiume Arno nel Val d’Arno di Sopra, 1704 (ASF, Piante dei Capitani di Parte, cartone X, n. 35);
Piante n. 8 dell’Imposizione d’Arno (ASF, Piante dei Capitani di Parte, piante sciolte, n. 68);
Pianta del corso dell’Arno dalla Valle dell’Inferno, fino all’Ancisa, 1751 (ASF, Piante della Direzione Generale delle Acque e Strade, n. 1500).

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Pietro Leopoldo, 1970, II, p. 152; Tartaro, 1989, p. 6; Tartaro, 1994, pp. 37-38; Melis, 1996, p. 252; Valentini, 1997, p. 50; Piccardi, 2001, p. 42; ASF, Piante della Direzione Generale delle Acque e Strade; ASF, Piante dei Capitani di Parte.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Anna Guarducci