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Giorgini, Gaetano

Gaetano Giorgini
N. Montignoso (oggi in Provincia di Massa Carrara ma all’epoca appartenente allo Stato di Lucca) 15 giugno 1795
M. Firenze 14 settembre 1874

Relazioni di parentela: Nacque da Niccolao (che rivestì le più cariche importanti amministrative a Lucca e nel suo Stato fino al 1848) e da Giovanna Fortini, di nobile e ricca famiglia.

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:

Produzione scientifica:
Nel 1824 e 1825 pubblicò le sue prime opere idrauliche, ove – oltre a difendere il suo operato del taglio del Serchio durante l’inondazione dalle critiche del padre Michele Bertini – sosteneva che la causa principale, se non esclusiva, della malaria stava nella miscela di acque dolci e salse, ragion per cui la bonifica doveva impedire una simile mescolanza mediante la costruzione di cateratte angolari a bilico e scatto sulle foci in mare dei corsi d’acqua, come già avvenuto nel XVIII secolo nei laghi-paduli di Porta e Massaciuccoli.
Nello stesso 1825, esasperato dalle opposizioni in patria e dalla soppressione della sua cattedra nel Liceo di Lucca (20 ottobre 1824), si trasferì a Firenze ed entrò in stretto rapporto con il governo granducale, da cui ebbe immediatamente la nomina a professore di matematiche applicate nell’Accademia di Belle Arti di Firenze, e scelto con Giuseppe Del Rosso e Giuliano Frullani a comporre il consiglio che doveva dar vite e presiedere il nuovo Corpo degli Ingegneri di Acque e Strade, di cui nel 1826 il nostro divenne membro effettivo (Barsanti, 1994, pp. 257-262).
Il 30 maggio 1826, Giorgini scrisse una inedita Relazione intorno alle bonificazioni proposte nel padule di Scarlino (una delle zone umide più malsane della Maremma) e subito ebbero inizio le committenze pubbliche come idraulico. A Scarlino, Giorgini pensava di combinare il metodo della colmata con le acque della Pecora con quello del prosciugamento per scolo naturale, però previa costruzione di un ponte con cateratte a bilico alla foce del Puntone per impedire la miscela delle acque. Con altra memoria del 5 marzo 1827, egli propose di chiudere la vecchia foce del Puntone – cronicamente soggetta ad interrimenti – e di scavarne una nuova “in terreno più stabile” sotto ai poggi di Portiglioni (ASF, Segreteria di Gabinetto Appendice, f. 145, Affare relativo al prosciugamento del Padule di Scarlino).
Leopoldo II scrive di aver a lungo discusso dei problemi maremmani e dei possibili rimedi, nel corso di quello stesso anno 1826, con Giorgini che tendeva a sottolineare l’efficacia delle cateratte apposte sulle foci fluviali a Viareggio e Porta in Versilia. Convinto da tali argomentazioni, il granduca incaricò lo scienziato “di fare una ispezione accurata delle condizioni delle foci dei paduli della Maremma, aggiungendo alla relazione suo parere. Egli soddisfece all’incarico nel verno 1826 e 1827, e propose le cateratte angolari per tutti quei paduli”(Pesendorfer, a cura di, 1984, pp. 101-104).
Tra il 1826 e il 1828, Giorgini – grazie anche alla redazione e in parte alla pubblicazione delle memorie del 1824-25 e di nuove altre del 1826-27, ove ribadiva la sua teoria della pericolosità della miscela delle acque anche e soprattutto nelle Maremme – fu incaricato della bonifica grossetana, ove egli applicò le sue idee nella pianura di Grosseto e di Castiglione della Pescaia, oltre che in quella di Scarlino, mediante la costruzione del grandioso ponte a tre luci con cateratte angolari (ruotanti lateralmente) sulla Fiumara di Castiglione e del ponte a paratoie sul nuovo emissario del Padule di Scarlino a Portiglioni. In questo secondo comprensorio, il matematico lucchese provvide pure a deviare il fiume Pecora (ed altri corsi d’acqua minori) per colmare la parte occidentale – la più prossima al nuovo insediamento industriale e residenziale granducale di Follonica – della zona umida scarlinese, e a costruire il ponte-canale per far soprapassare sulla Pecora il canale alimentatore dello stabilimento siderurgico.
Giorgini – che redasse nel 1827 un’ampia Relazione storica e geografica sulla Toscana litoranea e sullo stato della bonifica maremmana (ASF, Segreteria di Gabinetto Appendice, f. 145, ins. 1), edita dal Salvagnoli Marchetti nel 1859 (Barsanti, 1994, pp. 262-265) – sembrava allora sulla cresta dell’onda; ma quando però, alla fine del 1828, Leopoldo II si accorse che i risultati attesi (in termini di risanamento ambientale) tardavano a manifestarsi, si convertì all’idea della colmata generale delle zone umide maremmane prospettatagli da Vittorio Fossombroni con le sue Memorie sulla Grossetana. Di conseguenza, Giorgini (che il 23 luglio 1827 aveva redatto un’altra organica relazione Sopra i paduli di Campiglia e Piombino, stimolata da un progetto dell’ingegnere granducale Graziano Capaccioli basato su “un combinato sistema” di canalizzazioni e colmate) fu esonerato dalle operazioni della bonifica maremmana – di cui venne incaricato Alessandro Manetti alla guida dello specifico Ufficio del Bonificamento avente sede a Grosseto – e ottenne soltanto di proseguire la sistemazione mediante colmata della Paduletta di Livorno in collaborazione con Giuliano Frullani.
Giorgini svolse comunque prestigiosi incarichi nell’amministrazione lorenese. Nel 1826-34, fu membro del Consiglio degli Ingegneri della Soprintendenza alla Conservazione del Catasto ed al Corpo degli Ingegneri di Acque e Strade; dal 1835 al 1837, fece parte (come membro ordinario) della Direzione del Corpo d'Ingegneri di Acque e Strade; nel 1838-49, fu Consigliere Onorario dello stesso ente.
Nel 1837, venne nominato Cavaliere dell'Ordine di S. Stefano e Conservatore del Catasto, mentre dal 1838 fu nominato Provveditore dell’Università di Pisa (di cui già da qualche anno era professore ordinario di matematica), e dal 1840 Soprintendente Generale agli Studi del Granducato. Grazie anche a questi ultimi incarichi accademici, poté essere uno dei più influenti promotori e organizzatori del I Congresso degli Scienziati Italiani, tenutosi a Pisa nell’ottobre 1839. Nel 1841 fu “assessore” del congresso scientifico tenutosi a Firenze, nel 1843 presiedette la sezione di fisica, chimica e matematica in quello di Lucca e non mancò di intervenire a quello genovese del 1846.
Nel 1839 fu impegnato nel dibattito progettuale della bonifica del Padule di Bientina, per la cui sistemazione – a suo parere mediante l’apertura di un emissario a nord, da utilizzare pure come idrovia, e da far sfociare presso il forte del Gombo non lontano dal Fiume Morto – pubblicò un altro documentato Ragionamento sopra il regolamento idraulico della pianura lucchese e toscana interposta fra Arno e Serchio, illustrato da due rappresentazioni: la carta dei bassi bacini del Serchio e dell’Arno e lo Spaccato della Galleria di Ripafratta (disegnate da V. Simoncini e stampate da Ballagny a Firenze).
Anni dopo fu anche ambasciatore granducale a Modena e Parma (1847) e ministro degli Esteri nel breve governo Capponi (agosto-ottobre 1848).
Dal 1850, fu membro del "Consiglio d'Arte" della Direzione Generale dei Lavori di Acque e Strade e delle Fabbriche Civili dello Stato e, dal 18 maggio 1859 – dopo la caduta di Leopoldo II e del Granducato – ne divenne Direttore Generale (con guida anche degli uffici e soprintendenze delle bonifiche maremmane e chianine), in sostituzione di Alessandro Manetti.
Il nuovo Governo Provvisorio guidato da Bettino Ricasoli (1859-60) dette infatti pieno credito al ‘partito della miscela delle acque’, e Giorgini – coadiuvato dall’ispettore sanitario Antonio Salvagnoli Marchetti – si prese la sua tardiva rivincita, tornando a punteggiare gli emissari dei paduli maremmani, da Rimigliano al Chiarone, di ponti cateratte a bilico, senza rinvigorire l’ormai stanza azione delle vecchie colmate nelle piane di Piombino, Scarlino e Castiglione. I due tecnici – nel comprensorio del padule di Castiglione – chiusero gli emissari Bilogio e San Leopoldo, che si erano rivelati non necessari alle operazioni di colmata che proseguivano a rilento, e scavarono i fossi Allacciante e nuovo Tanaro anche per finalità irrigue e idroviarie.
Per la prima volta, però, pensarono e cominciarono a provvedere al disseccamento delle zone umide minori di Pian d’Alma, Gualdo (oggi Punta Ala) e Pian di Rocca, tutte nel territorio di Castiglione della Pescaia, sempre con la prevalente erezione di dighe e paratie automatiche alle foci degli emissari. Nell’Orbetellano, poi, area dove non erano mai stati effettuati veri lavori di bonifica salvo la diga acquedotto (che saldava la cittadina all’Argentario) realizzata negli anni ’40 da Manetti, Giorgini chiuse l’emissario della Peschiera di Fibbia nella laguna di Orbetello, onde evitare che il fiume Albegna riversasse le sue acque dolci nella laguna; nella piana di Talamone, per prosciugare l’omonima zona umida costiera, scavò il fosso Bentegodi che fu dotato di portoni a bilico; un po’ più a sud, nel piano di Campo Regio, approfondì il fosso Primo per far scolare i laghetti ivi esistenti; e, finalmente, a Burano sbarrò la foce del lago con una diga e aprì un nuovo canale parallelo al Tombolo per essiccare le piccole zone umide retrodunali di Macchiatonda e della Tagliata, con l’escavazione di un altro canale comunicante con il padule delle Basse mediante una fabbrica con cateratte.
Furono altresì costruite strade (come quella del Padule fra Castiglione e Grosseto) e ferrovie (la tirrenica Livorno-Grosseto-Chiarone e la trasversale Grosseto-Asciano), ma nonostante questo fervore di lavori, nell’immediato i risultati non furono pari alle attese, e nuove critiche e polemiche rivolte dal Manetti e altri esponenti ‘granduchisti’ misero ancora una volta in discussione il suo operato di idraulico che egli difese puntualmente con vari rapporti editi (anche insieme al Salvagnoli Marchetti) tra il 1859 e il 1863, tra i quali spicca la documentata ed appassionata Relazione sullo stato del bonificamento delle Maremme Toscane nel luglio 1863 (Barsanti, 1994, pp. 273-279).
Nel marzo 1860 era stato nominato Senatore del Regno e nel 1863, amareggiato, volle ritirarsi a vita privata nella sua Montignoso.
Ha lasciato una mezza dozzina di lavori di matematica fra cui sono da segnalare alcuni di cinematica e di statica. Precursore del Möbius nella considerazione delle reciprocità nulle, fu anche membro dell'Accademia dei XL.
Fra i suoi numerosi allievi, si ricorda anche Pellegrino Papini (ingegnere di Pescia) (ASF, Soprintendenza alla Conservazione del Catasto poi Direzione Generale delle Acque e Strade, ff. 1-2).
Da notare che la Relazione a stampa rivolta al governo nel 1863 comprende due carte topografiche relative ad altrettante sezioni della costa maremmana (Littorale compreso fra S. Vincenzo e Bocca d’Ombrone e Littorale compreso fra Bocca d’Ombrone ed il confine Pontificio), mentre le Repliche all’ingegner Pietro Passerini sempre del 1863 contengono la Pianta del Padule di castiglioni della Pescaia illustrante l’andamento della bonifica all’anno 1863 che utilizza la ben nota base litografata dell’I. e R. Laboratorio.



Produzione scientifica

Osservazioni sopra un’opinione del prof. M. Bertini esposta nel suo trattato teorico-pratico de’ fiumi, Lucca, Tip. Ducale, 1824;
Sur les causes de l’insalubrité de l’air dans le voisinage des marais en communication avec la mer (edito nel 1825 dall’Académie Royale des Sciences di Parigi, poi riedito nel volume Sull’insalubrità dell’aria delle Maremme e sui mezzi per toglierla. Memorie tre, Firenze, Tip. delle Murate, 1859, pp. 5-18);
Dell’apertura di un canale navigabile che dall’Adriatico, a traverso dell’Italia sbocchi per due porti nel Mediterraneo, “Antologia”, 65 (1826), pp. 74-80;
Relazione intorno alle bonificazioni proposte nel Padule di Scarlino (1826), in SALVAGNOLI MARCHETTI A., Rapporto a S.E. il Presidente del R. Governo della Toscana sul bonificamento delle Maremme Toscane dal 1828-29 al 1858-59, Firenze, Tip. delle Murate, 1859, pp. 134-139;
Sopra i paduli di Campiglia e Piombino (1827), in SALVAGNOLI MARCHETTI A., Rapporto a S.E. il Presidente del R. Governo della Toscana sul bonificamento delle Maremme Toscane dal 1828-29 al 1858-59, Firenze, Tip. delle Murate, 1859, pp. 116-120;
Relazione (1827), in Sull’insalubrità dell’aria delle Maremme e sui mezzi per toglierla. Memorie tre, Firenze, Tip. delle Murate, 1859, pp. 18-59;
Ragionamento sopra il regolamento idrico della pianura pisana e lucchese, interposta tra l'Arno e il Serchio, Pisa, Pieraccini, 1839;
Memoria intorno alla causa più probabile della insalubrità della Maremma (1827), in Sull’insalubrità dell’aria delle Maremme e sui mezzi per toglierla. Memorie tre, Firenze, Tip. delle Murate, 1859, pp. 59-80;
Rapporto del direttore idraulico, in GIORGINI G. e SALVAGNOLI MARCHETTI A., Rapporti a Sua Eccellenza il Governatore Generale della Toscana sulle operazioni idrauliche ed economiche eseguite nel 1859-60 nelle Maremme Toscane, Firenze, Tip. delle Murate, 1860, pp. 3-40;
Relazione sullo stato del Bonificamento delle Maremme Toscane nel luglio del 1863 a S.E. il Ministro dell’Agricoltura Industria e Commercio, Firenze, Bettini, 1863;
Repliche delli Ufficiali del Genio Civile addetti al Bonificamento delle Maremme al Rapporto dell’ingegnere Pietro Passerini Ministro Economo dei Regi Possessi in Grosseto sul Bonificamento della Maremma Grossetana, Firenze, Le Monnier, 1863.

Produzione di cartografia manoscritta:
Carta dei bassi bacini del Serchio e dell’Arno, e Spaccato della Galleria di Ripafratta, disegni di V. Simoncini e stampa di Ballagny a Firenze, 1839, in Ragionamento sopra il regolamento idrico;
Due carte topografiche relative ad altrettante sezioni della costa maremmana (Littorale compreso fra S. Vincenzo e Bocca d’Ombrone e Littorale compreso fra Bocca d’Ombrone ed il confine Pontificio), edite nella Relazione sullo stato del Bonificamento delle Maremme Toscane del 1863;
Pianta del Padule di Castiglioni della Pescaia illustrante l’andamento della bonifica all’anno 1863, in Repliche all’ingegner Pietro Passerini del 1863.

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Azzari e Rombai, 1986, p. 118; Pertempi, a cura di, 1990, pp. 47 e 50; Gabellini, 1987, p. 153; Cresti e Zangheri, 1978, p. 116; Caciagli, 1984, p. 84; Barsanti, 1989; Barsanti e Rombai, a cura di, 1994, pp. 257-281; Barsanti, DBI, ad vocem; Pesendorfer, a cura di, 1984, pp. 101-104; ASL, Inventario Direzione, poi Commissariato delle Acque e Strade; ASF, Soprintendenza alla Conservazione del Catasto poi Direzione Generale delle Acque e Strade; ASF, Segreteria di Gabinetto Appendice; ASF, Ufficio di Bonificamento delle Maremma; AADF, Fondo Manetti; ASGr, Ufficio del Bonificamento della Maremma.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai

Giorgi, Eusebio

Eusebio Giorgi
N. Lucca 3 gennaio 1847
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:
Padre scolopio lucchese di nascita, fisico, professore di matematica al Collegio Tolomei di Siena, fu poi operante nell'Osservatorio Ximeniano di Firenze, dove ricoprì la cattedra di idraulica e meccanica fin dal 1836-37 e fu stretto collaboratore dell’Inghirami.

Produzione scientifica:
Nel 1830 stese per i Georgofili un lavoro meteorologico quale il Rapporto di una deputazione speciale incaricata di esaminare le opinioni esposte dal Prof. Giovacchino Taddei nella sua memoria sulla brina caduta il 1° maggio 1829, edito in “Continuazione Atti dell’Accademia dei Georgofili”, vol. VIII (1830), pp. 58-69.
Lo stesso Inghirami il 3 gennaio 1847 annunciò la morte di Eusebio al conte Alessandro Della Gherardesca (Rombai, 1989, pp. 45 e 123; e Barsanti, 1989, p. 9).
Nel 1844 – subito dopo una delle più tragiche inondazioni dell’Arno che si ricordi – costruì e pubblicò (con disegno di Cosimo Bartoli e incisione di G. Maina), per chiare finalità di studi idraulici e di politiche territoriali, la bella carta del Corso dell’Arno dal Capo alla Foce coi suoi principali influenti alla scala di 1:200.000, che è chiaramente derivata dalla gran carta toscana dell’Inghirami e si configura però in senso tematico e precisamente oro-idrografico.
Nel 1845 venne chiamato alla presidenza della società creata dagli imprenditori fratelli Cini di San Marcello Pistoiese, proprietari della grande cartiera della Lima, per studiare il tracciato della prima ferrovia transappenninica per Pistoia-Porretta-Bologna, che venne poi costruita tra gli anni ’50 e ’60 grazie anche al contributo tecnico offerto dal confratello Giovanni Antonelli che fu coinvolto dallo stesso Giorgi.
Giorgi fu pure autore della breve biografia Cenni storici sulla vita e sulle principali scoperte del cav. Leopoldo Nobili, “Memorie di Matematica e di Fisica della Società Italiana delle Scienze di Modena”, tomo XXII, 1839.
Il suo ritratto – inciso in nero nel 1839, su disegno "a memoria", da Gaetano Palazzi, con dedica degli allievi: “Ecco la cara immagine paterna di lui che coi precetti ed insieme coll'opera ci vien mostrando come l'uom si eterna” – è compreso nella raccolta Ritratti di scienziati a cura della Litografia Ballagny e altri della fine del XIX secolo (in OX di Firenze) (Barsanti, 1992, pp. 76 e 123).

Produzione di cartografia manoscritta:
Corso dell’Arno dal Capo alla Foce coi suoi principali influenti, 1844, disegno di Cosimo Bartoli e incisione di G. Maina.

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Rombai, 1989, pp. 45 e 123; Barsanti, 1989, p. 9; Barsanti, a cura di, 1992, pp. 76 e 123; OX.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai

Giachi (famiglia), Antonio, Francesco e Luigi

Antonio, Francesco e Luigi Giachi (famiglia)
N. Firenze
M.

Relazioni di parentela: Fiorentini, legati fra di loro da stretti rapporti di parentela, comunemente considerati (senza prove certe) fratelli.

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Agrimensori, disegnatori, copisti e funzionari tecnici

Biografia:
Della loro vita si conosce molto poco. Furono operosi agrimensori (Antonio si firma sempre "agrimensore fiorentino"), disegnatori, copisti e funzionari tecnici dei governi lorenesi sotto i principati di Francesco Stefano (1737-65) e di Pietro Leopoldo (1765-90); con Luigi che pare essere l’autore più originale e più giovane dei tre, artefice delle rappresentazioni di maggiore impegno. Proprio per questi caratteri, almeno dopo la morte del cartografo Ferdinando Morozzi (1785), sembra avere avuto rapporti più diretti con Pietro Leopoldo e con il di lui figlio e successore Ferdinando III (1790-1824), e infatti il nostro Luigi firma carte anche per tutto l’ultimo decennio del XVIII secolo, vale a dire nel primo periodo del principato ferdinandeo prima dell’intervallo della dominazione francese (1800-14).

Produzione scientifica:
Antonio, Francesco e Luigi Giachi furono attivissimi autori – anche con moltissimi prodotti anonimi ma facilmente attribuibili alla loro inconfondibile mano – soprattutto di innumerevoli atlanti e raccolte di carte amministrative, e precisamente di province o altre circoscrizioni e di diocesi della Toscana datate o databili tra gli anni ’50 e ’90 del XVIII secolo, di regola derivate dalle rappresentazioni originali del contemporaneo ingegnere architetto granducale Ferdinando Morozzi, e che si conservano presso pubblici archivi e biblioteche di Firenze (in BNCF, Nuove accessioni, n. 1233, Cappugi, nn. 167-168, Palatino, n. 1092, e Carte mss. A.I.13; in ASF, Miscellanea di Piante, n. 304, Piante di Acque e Strade, n. 1564, e Piante del R. Acquisto Gonnelli, n. 45; in BMLF, Asbh., n. 1275, e San Marco, n. 887; in BMoF, Bigazzi, n. 336, e Acquisti diversi, n. 141; in OXF, ecc.) ma anche in SUAP, RAT e presso privati collezionisti.
Rispetto alla produzione di Antonio e Francesco, quella di Luigi, dimostra un ben diverso spessore non solo sul piano topografico generale (che tuttavia non è esente da errori ed imperfezioni), ma anche per la ricchezza e l’aggiornamento delle indicazioni che offre sulle differenti realtà giurisdizionali.
Scrive lo stesso Luigi, nel 1787, nel suo stato di servizio al granduca Pietro Leopoldo – che gli concedeva abitualmente la possibilità di essere rifornito della carta necessaria ai suoi lavori da parte dello Scrittoio delle Regie Fabbriche e di esaminare le carte geografiche e i documenti esistenti presso gli uffici statali – che “avendo l’onore di servire l’A.V.R. in qualità di disegnatore di carte geografiche ed avendo disposto di riconfinare e migliorare la Carta del Granducato di Toscana che per ciò supplica la bontà e clemenza dell’A.V.R. a volersi benignamente di conceder grazia al predetto Luigi Giachi di poter copiare le carte misurate dei confini del Granducato che esistono nella Real Segreteria di Finanze, come ancora tutte quelle che ritrovansi nel Regio Scrittoio delle Riformagioni” (Cantile, 2003, pp. 80-81).
Tra gli altri prodotti, a Luigi si devono: nel 1769, l’atlante Il Granducato di Toscana diviso in tre province, cioè Stato Fiorentino, Senese e Pisano (BNCF, Carte mss. A.I.13); nel 1793-99, le 24 piante giurisdizionali di grande formato delle diocesi e dei vicariati del Granducato (conservate rispettivamente in SUAP, RAT 133-143, 196-211 e, in copia fotografica, in ASF), oltre alla grande Pianta del Granducato di Toscana divisa nelle Diocesi... del 1795 (SUAP, RAT 147), e alla Pianta della Provincia Inferiore dello Stato Senese divisa in cancellerie ed ogni cancelleria divisa nelle sue comunità, del 1797 (SUAP, RAT 209).
Antonio è autore, nel 1766, della Pianta dello Stato Senese diviso nei suoi capitanati e nelle due province Superiore e Inferiore (in base alla recente deliberazione granducale) (in ASF, Reggenza, f. 675, ins. 2); nel 1771, della raccolta dal titolo La Toscana divisa nelle sue Provincie, Città, Terre e Castelli, e distinta ne veri suoi domini con l'altre sue appartenenze delineata da Antonio Giachi agrimensore fiorentino... (in ASF, Miscellanea di Piante, nn. 304-304qI), con 32 tavole sciolte e conservate in una cartella raffiguranti vicariati, capitanati, stati minori (Lucca, Massa, Presidi, Piombino) e feudi allora esistenti in Toscana (mancano solo il Vicariato di Certaldo, il Commissariato di Volterra e quello di Pisa, il Capitanato di Campiglia e quello di Livorno), evidentemente derivate dalle carte giurisdizionali di Ferdinando Morozzi, e molto probabilmente collegata ai lavori della giunta incaricata di riformare l'amministrazione della giustizia nel Granducato; nel 1773, della corposa raccolta La Toscana divisa nelle sue province, città, terre e castelli, e distinta nei veri suoi dominj con altre sue appartenenze (BMoF, Fondo Bigazzi, n. 336); nel 1776, della Pianta del Feudo Gherardesca (oggi Castagneto Carducci) in Maremma (in ASF, Miscellanea di Piante, n. 120).
Sempre Antonio firma sia la tavola relativa ai tracciati stradali da Firenze a Modena e Bologna contenuta nell’atlante manoscritto e colorato delle circoscrizioni giudiziarie del Granducato del 1763 (in BNCF, Nuove accessioni, n. 1233) e sia la raccolta itineraria manoscritta e colorata, non datata, intitolata Viaggi d’Italia i più frequentati e particolarmente da chi viaggia per le Poste, conservata nella stessa biblioteca (BNCF, Ms., II.XI.4), e in due altre conservatorie cittadine (BMoF, Ms. 4033; e BRF, Ricc., 4033), con il solo esemplare riccardiano che è datato 1751; altra versione con caratteristiche grafiche e contenutistiche molto simili, seppure più dettagliata nelle componenti topografiche, è costituita dalla Guida per viaggiar la Toscana conservata in IGM e in BGUF.
E proprio ad Antonio è quindi attribuibile con certezza anche la Guida per viaggiar la Toscana dell’IGM, atlante manoscritto in piccolo formato di tipo itinerario, databile 1760 circa, che comprende le rappresentazioni delle sedici principali strade della Toscana con le località attraversate e le poste, attentamente esaminato e pubblicato da Andrea Cantile nel 2003.
Francesco firma, probabilmente negli anni ’60, le due carte del Fiume Arno suddiviso in due fogli – Corso del Fiume Arno dalla sorgente a Firenze e Corso del Fiume Arno da Firenze al mare (in ASF, Miscellanea di Piante, n. 256q) – che derivano chiaramente da un prodotto originale di Ferdinando Morozzi; con a seguire, nel 1780, Il Granducato di Toscana diviso in tre provincie... (in SUAP, RAT 150), rappresentazione anch’essa di derivazione morozziana, e infatti compare l'annotazione "Francesco Giachi corresse e fece".
All’atelier Giachi, e quindi alla seconda metà del XVIII secolo, sono riferibili con sicurezza: la Pianta del Granducato di Toscana divisa secondo i suoi vicariati, capitanati e potesterie con la nota di tutti i feudi rilevati da S.M.I., come Granduca di Toscana, antecedente il 1765 (ASF, Piante del R. Acquisto Gonnelli, n. 45); un corpo di rappresentazioni, fra cui il blocco composto da 6 splendide carte amministrative di varie dimensioni e scale facenti parte, molto probabilmente, dell'atlante delle province del Granducato con le giurisdizioni amministrative realizzato verso il 1770, con raffigurazione della provincia del Valdarno, del territorio di Arezzo con le diverse comunità, del Casentino, della montagna e del territorio di Pistoia e Pescia, del Mugello, della Romagna, mentre un’altra carta con il Capitanato di Massa è attribuita al solo Antonio (in OXF, I, nn. 4-10); le carte di diverse circoscrizioni comunitative della Toscana (in ASF, Miscellanea di Piante, nn. 256d-p), con 11 tavole rappresentanti i territori fiorentino, pratese e aretino, la Lunigiana, il Mugello, la Valdichiana, la Romagna granducale, sempre con esatta ripartizione in comunità, e con altre 4 carte di vicariati (Rocca S. Casciano, Terra del Sole, Modigliana e Barga con Pietrasanta) (in ASF, Miscellanea di Piante, nn. 661-664); le carte topografiche delle Diocesi della Toscana (in ASF, Miscellanea di Piante, nn. 774-774-774z), contenute in un registro rilegato di 22 tavole raffiguranti le 21 diocesi toscane (una raccolta molto simile, in carte sciolte, è in ASF, Piante dei Capitani di Parte, cartone XXI ed è probabilmente antecedente alla prima citata che sembra apportare qualche aggiornamento).
Tutti e tre gli autori presentano una singolare somiglianza riguardo agli elementi grafici (scrittura, colore e tratto) e alla tecnica con cui sono costruite le carte e rappresentati i contenuti topografici, tanto da far pensare all’esistenza di un vero a proprio “atelier dei Giachi di Firenze, attivo appunto nel XVIII secolo, nel campo delle attività di agrimensura, allestimento cartografico e copiatura, dove si trovano impegnati Antonio, Francesco e Luigi” (Cantile, 2003, p. 78).
E’ da sottolineare il fatto che, ancora nel 1807, un Francesco Giachi compare nel ruolo del Bureau Géografique del Regno d’Etruria come copista e custode, con provvisione annua di lire 840 (ASF, Depositeria Generale, Parte antica, 1648 (II), ins. 61: “Ruolo dello Scrittoio Geografico pagabile dall’Imperiale Depositeria in di 26 Dicembre 1807”).

Produzione di cartografia manoscritta:
Pianta dello Stato Senese diviso nei suoi capitanati e nelle due province Superiore e Inferiore, Antonio Giachi, 1766 (ASF, Reggenza, f. 675, ins. 2);
La Toscana divisa nelle sue Provincie, Città, Terre e Castelli, e distinta ne veri suoi domini con l'altre sue appartenenze delineata da Antonio Giachi agrimensore fiorentino..., 1771 (ASF, Miscellanea di Piante, nn. 304-304qI), con 32 tavole;
La Toscana divisa nelle sue province, città, terre e castelli, e distinta nei veri suoi dominj con altre sue appartenenze, Antonio Giachi, 1773 (BMoF, Fondo Bigazzi, n. 336);
Pianta del Feudo Gherardesca (oggi Castagneto Carducci) in Maremma, Antonio Giachi, 1776 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 120);
Atlante delle circoscrizioni giudiziarie del Granducato con i tracciati stradali da Firenze a Modena e Bologna, Antonio Giachi, 1763 (BNCF, Nuove accessioni, n. 1233);
Raccolta Viaggi d’Italia, Antonio Giachi, seconda metà del XVIII secolo (BNCF, Ms., II.XI.4; e BMoF, Ms. 4033) e 1751 (BRF, Ricc., 4033); Guida per viaggiar la Toscana, Antonio Giachi attr., seconda metà del XVIII secolo (IGM e BGUF);
Corso del Fiume Arno dalla sorgente a Firenze e Corso del Fiume Arno da Firenze al mare, Francesco Giachi, 1760 circa (ASF, Miscellanea di Piante, n. 256q);
Il Granducato di Toscana diviso in tre provincie..., Francesco Giachi, 1780 (SUAP, RAT 150);
Atlante Il Granducato di Toscana diviso in tre province, cioè Stato Fiorentino, Senese e Pisano, Luigi Giachi, 1769 (BNCF, Carte mss. A.I.13);
Pianta della Provincia Inferiore dello Stato Senese divisa in cancellerie ed ogni cancelleria divisa nelle sue comunità, Luigi Giachi, 1797 (SUAP, RAT 209);
Pianta del Granducato di Toscana divisa nelle Diocesi..., Luigi Giachi, 1795 (SUAP, RAT 147);
Carte delle diocesi della Toscana, Luigi Giachi, 1793 (SUAP, RAT 133-143);
Carte dei vicariati della Toscana, Luigi Giachi, 1796-99 (SUAP, RAT 196-200, 203-208, 210-211);
Pianta del Granducato di Toscana divisa secondo i suoi vicariati, capitanati e potesterie con la nota di tutti i feudi rilevati da S.M.I., come Granduca di Toscana, Giachi, antecedente il 1765 (ASF, Piante del R. Acquisto Gonnelli, n. 45);
Carte amministrative di alcune province del Granducato (Valdarno, territorio di Arezzo, Casentino, montagna e territorio di Pistoia e Pescia, Mugello, Romagna, Capitanato di Massa), Giachi, 1770 circa (OXF, I, nn. 4-10);
Carte di circoscrizioni comunitative della Toscana (territori fiorentino, pratese, aretino, Lunigiana, Mugello, Valdichiana, Romagna granducale), Giachi, seconda metà del XVIII secolo (ASF, Miscellanea di Piante, nn. 256d-p);
Carte dei vicariati di Rocca S. Casciano, Terra del Sole, Modigliana e Barga con Pietrasanta, Giachi, seconda metà del XVIII secolo (ASF, Miscellanea di Piante, nn. 661-664);
Carte topografiche delle 21 Diocesi della Toscana, Giachi, seconda metà del XVIII secolo (ASF, Miscellanea di Piante, nn. 774-774-774z, e ASF, Piante dei Capitani di Parte, cartone XXI);
Atlanti e carte sciolte della Toscana e delle sue province amministrative, Giachi, seconda metà del XVIII secolo (BNCF, Nuove accessioni, n. 1233, Cappugi, nn. 167-168, Palatino, n. 1092; ASF, Miscellanea di Piante, n. 304, e Piante di Acque e Strade, n. 1564; BMLF, Asbh., n. 1275, e San Marco, n. 887; BMoF, Acquisti diversi, n. 141).

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Barbieri, 1950, p. 190; Barbrieri, 1952, pp. 255-256; Rombai e Campi, 1979, pp. 100-119 e 184-185; Cantile, 2003; Rombai, Toccafondi e Vivoli, 1987, pp. 116, 292-300, 182-185, 427 e 480-486; Archivio di Stato di Firenze, 1991, pp. 110-111; Barsanti, 1992, pp. 5-6; Vivoli, 1992, pp. 57-65; Barsanti, Bonelli Conenna e Rombai, 2001, p. 32; ASF, Piante dei Capitani di Parte; ASF, Reggenza; ASF, Miscellanea di Piante; BNCF, Nuove accessioni; ASF, Depositeria Generale, Parte antica; BNCF, Cappugi; BNCF, Palatino; BNCF, Ms.; BMLF, Asbh.; BMLF, San Marco; BMoF, Bigazzi; BMoF, Acquisti diversi; BRF, Ricc.; OXF; IGM; BGUF; SUAP, RAT.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai

Fossombroni, Vittorio

Vittorio Fossombroni
N. Arezzo 1754
M. Firenze 13 aprile 1844

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:
Nacque ad Arezzo nel 1754 da una nobile e facoltosa famiglia, con il padre Giacinto che coltivava gli studi matematici e filosofici ed era spesso chiamato a ricoprire cariche di prestigio nell’amministrazione cittadina, e con la madre Lucilla Albergotti proveniente dalla più ricca e potente famiglia aretina.
Fu una delle più illustri personalità della storia toscana fra Sette e Ottocento, grazie alla sua poliedricità di matematico-idraulico, di economista e uomo politico.
Scrive del matematico aretino – nella parte delle memorie redatte nel 1789 – il suo primo augusto protettore, il granduca Pietro Leopoldo, che Fossombroni è “giovine di talento e capacità e di applicazione e che promette bene, ma l’essere ricco, il credersi bello e letterato, hanno fatto sì che non ha seguito bastantemente ad applicarsi e fa l’impiego da signore, senza darsi la pena necessaria” (Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, 1969, I, p. 93: Barsanti e Rombai, a cura di, 1994, p. 214).
Morì a Firenze il 13 aprile 1844.

Produzione scientifica:
Nel 1782 fu nominato dal granduca Visitatore – mentre Benedetto Tavanti diventava Soprintendente – dei beni dell'Ordine di Santo Stefano in Valdichiana: un impiego che gli consentì di prendere coscienza dei naturali problemi idraulici della valle, aggravati da secoli di operazioni di bonifica (specialmente per colmata) effettuate in modo disordinato, al di fuori di un piano generale, dall’Ordine stesso, ma anche dallo Scrittoio delle Regie Possessioni e da altri privati proprietari.
Nel 1783, Fossombroni e Tavanti – con l’assistenza tecnica di Giovanni Franceschi – visitarono le fattorie stefaniane della valle con la redazione di una dettagliata relazione in vengono rendicontati i problemi correlati alle sedi rurali e alle strade, all’assetto idraulico e alle coltivazioni, sempre con le relative proposte (ASF, Scrittoio delle Regie Possessioni, f. 5269, ins. 25: Di Pietro, 2005, pp. 132-134).
Ritenuto grande esperto di problemi idraulici, venne incaricato nel 1788 dal granduca Pietro Leopoldo di dirigere i lavori di bonifica in Valdichiana con la carica di Sovrintendente alle colmate (Di Pietro, 2005, p. 134).
Non appena ebbe avuto dal granduca l’incarico di progettare la grande bonifica per colmata di questo comprensorio acquitrinoso, adeguandosi ad una prassi di ricerca ormai consolidata dalle esperienze di tanti “matematici” o “ingegneri” sei-settecenteschi, non mancò di effettuare un accurato spoglio dei documenti scritti e grafici conservati soprattutto (ma non solo) negli archivi governativi e comunali, per utilizzarli proficuamente sia in chiave geografico-storica che in quella idraulica progettuale. Anche questa volta, le fonti più attendibili e interessanti furono “estratte” dai luoghi di conservazione e, come spesso succedeva, evidentemente non tutte – dopo un esemplare uso geografico-storico e ingegneristico fattone dal ricercatore – furono ricollocate al loro posto, come dimostra il Fondo Fossombroni attualmente conservato nella Biblioteca IGM .
Del resto, pure dopo che (con gli anni ’20 del XIX secolo) Fossombroni dovette lasciare la direzione dell’ufficio del “Buonificamento delle Chiane” prima nelle mani del funzionario Federico Capei e poi del collaboratore ingegnere Alessandro Manetti, per ricoprire alti incarichi ministeriali nei governi lorenesi, di fatto, l’anziano scienziato e politico aretino volle mantenere sempre una sorta di supervisione sui lavori dal medesimo progettati qualche decennio prima; e ciò, anche perché la bonifica richiese non poche (e talora ‘sofferte’) varianti rispetto agli orientamenti iniziali.
La chiave di volta della bonifica fossombroniana fu la sua opera Memorie idraulico-storiche sopra la Valdichiana edite nel 1789, che – al di là della documentata ricostruzione dell’evoluzione storica del territorio secondo il modello del Corsini – segnano una cesura con il passato, puntandosi ora decisamente sulla colmata generale della valle in funzione dello sviluppo dell’agricoltura toscana e della ‘battaglia di civiltà’. A suo modo di vedere, solo la gran colmata – esaltata come sistema bonificatorio per eccellenza nella rivista dei Georgofili nel 1791 – avrebbe potuto ridisegnare, in maniera ordinata quanto alle pendenze, il piano di campagna della valle, con l’invertire verso l’Arno la direzione delle acque che in antico scendevano invece al Tevere (Di Pietro, 2005, pp. 134-135).
Le Memorie contengono varie cartografie coeve e del passato – compresa l’elaborazione grafica Di una pianta prospettica del sec. XIII (in realtà dell’inizio del XV, conservata in ACA) rappresentante il territorio più settentrionale della Valdichiana, poi ripubblicata autonomamente nel 1823 (Gabellini, 1987, p. 151; e Di Pietro, 2005, pp. 152-153) – e precisamente:
Tav. I: Carta schematica del corso della Chiana dall’Arno al Tevere con la rete dei fossi e canali;
Tav. II: Carta topografica d’insieme della Valdichiana dall’Arno al Tevere con la condizione delle colmate in atto;
Tav. III: Mappa del piano di Arezzo e del piano di Quarrata-Pratantico, con la rete idrografica.
Nel 1790, Fossombroni effettuò la Visita del Canal Maestro della Val di Chiana con tanto di relazione scritta il 30 luglio e inviata a Pietro Leopoldo, ove lamenta che le sue disposizioni erano state in parte ignorate o non bene applicate, specialmente riguardo all’escavazione del Canale Maestro e di altri fossi; di necessità, dovette applicarsi alla direzione dei lavori nella valle (Di Pietro, 2005, pp. 139-140).
Nel 1793, lo scienziato aretino si dimise dalla carica di Visitatore dei beni di campagna di Santo Stefano: da allora poté dedicarsi interamente alla guida di una sorta di ministero decentrato, la Regia Soprintendenza delle Acque della Valdichiana (istituita con mp del 6 dicembre 1794), come Soprintendente generale al Dipartimento delle acque della Valdichiana, con competenza sull’intero Canale Maestro e canali laterali. Nel 1797, anche la Chiusa dei Monaci con i suoi opifici andanti ad acqua venne acquistata dall’Ordine di Santo Stefano e data in gestione al Fossombroni per le esigenze generali della bonifica (Di Pietro, 2005, p. 141).
Da allora, le operazioni idrauliche poterono dispiegarsi in profondità in tutta la valle (che nel 1801 venne frazionata in 11 circondari idraulici, passati a 21 nel 1843), senza opposizioni di sorta da parte di altri proprietari e istituzioni. Fossombroni mantenne sempre il controllo dei lavori anche quando, sotto il principato di Ferdinando III, nel 1796-99, fu ministro degli Esteri, e quando, sotto la dominazione francese, nel 1808-14, si trasferì a Parigi come senatore e conte dell’Impero napoleonico; e ancora quando, con la restaurazione lorenese, nel 1814, fu nominato segretario di Stato e ministro degli Esteri e poi addirittura primo ministro (carica che tenne fino alla morte).
Nel 1816, la Soprintendenza venne trasformata nell’Amministrazione Idraulico-Economica della Valdichiana, sempre affidata al Fossombroni fino al 1827, quando passò all’Aiuto Soprintendente ed uomo di fiducia dello scienziato, Federico Capei (mentre il 12 luglio 1838 passerà ad Alessandro Manetti).
Nel 1819, Fossombroni ordinò ad Alessandro Manetti – che già nel 1816 aveva fatto assumere come ingegnere idraulico presso la Direzione di Arezzo – una completa livellazione della Valdichiana che aggiornava e proseguiva quella dell’ingegnere Giuseppe Salvetti del 1769, e sarà poi pubblicata nel 1823. Nel 1820, partecipò – insieme a Capei e Manetti – alle operazioni del Nuovo Concordato stipulato il 22 giugno con il governo pontificio, nell’ambito del quale furono stabiliti ulteriori lavori nella parte meridionale della valle; e, nel 1822, non si oppose ai correttivi al piano Fossombroni progettati dal Manetti (e approvati dal granduca) tesi a “procurare uno smaltimento più energico delle acque del Canale Maestro con l’apertura di un canale laterale alla Chiusa”.
Nel 1824, Fossombroni arrivò a scrivere che la bonifica era stata ormai quasi ultimata, non restando da estenderla che ai chiari di Chiusi e Montepulciano mediante l’abbassamento della Chiusa dei Monaci di 1,17 metri (ciò che farà nel 1826 il Capei) (Di Pietro, 2005, pp. 143-149 e 155). E quando, nel maggio 1827, il vecchio scienziato fece da “guida e compagno” a Leopoldo II, di fronte allo sguardo ammirato del sovrano, affermò che “son le colmate le arene d’oro del Pactolo, di cui gli scolari di Galileo, Viviani e Torricelli, che si adoperarono qua” (Pesendorfer, a cura di, 1984, p. 92).
Il nome di Fossombroni idraulico non è legato solo alla Valdichiana.
Egli, infatti, nel 1792, per conto della Comunità di Arezzo, redasse una serie di rilievi idraulici del tratto cittadino del torrente Castro; nel 1795 si occupò anche delle condizioni del padule di Fucecchio, consigliando l’alienazione a privati della zona umida (che qualche anno prima era stata donata dallo Stato alle varie comunità circostanti) e la costruzione di cateratte sull’emissario Usciana a Ponte a Cappiano (Biagianti, 1994, p. 229).
Il 30 giugno 1802 stese il Parere sulle acque di Bientina (AAADF, Fondo Manetti, Cat. E.12, ins. 1), nel quale si disse favorevole all’essiccazione della zona umida mediante il canale sottopassante l’Arno secondo il progetto Fantoni, appoggiando i risultati della “ispezione locale” del canonico Francesco Puccinelli e dell’ingegner Giuseppe Manetti (Bencivenni, 1984, pp. 82-83).
Nel 1810, su incarico di Napoleone, fu a capo di una commissione scientifica composta da esperti francesi chiamati ad operare per un progetto di bonifica dell'Agro Romano e delle Paludi Pontine (incarico per il quale ottenne il titolo di "conte"), con la memoria poi edita nel 1815 che contiene la Carta dell’agro pontino già bonificato dalla Santità di Pio VI, incisione di Gaetano Bozza.
Nel 1811 valutò i progetti avanzati per la bonifica definitiva del Padule di Bientina.
Si occupò pure delle saline di Volterra (nel 1794 stese una memoria per la loro valorizzazione, per conto di Ferdinando III) e dell’industria della seta toscana, ormai assai in crisi, nell’ambito di una commissione istituita sempre nel 1794 (Biagianti, 1994, p. 229).
Con la Restaurazione – dopo che era stato nominato primo ministro e ministro degli esteri del governo lorenese in Toscana (con il regnante Ferdinando III) – per contribuire alla realizzazione del progetto di prosciugamento del grande padule di Castiglione della Pescaia e di bonificamento dell’intera Pianura Grossetana, nel 1828, dopo lunghi sopralluoghi compiuti anche insieme al granduca, redasse e presentò il Discorso sulle Maremme, poi edito nell’opera di Ferdinando Tartini del 1838 (Pesendorfer, a cura di, 1984, pp. 104-108 e 110-111).
Fossombroni non ebbe remore ad avvertire Leopoldo II dal “profondere molti danari nella Maremma, perché ivi non erano le condizioni vantaggiose della Chiana, i fiumi colmatori facili a maneggiarsi, gli emissari vicini nel Canal Maestro, e libertà di crescere la pendenza di questo col deprimere la Pescaia dei Monaci” (Pesendorfer, a cura di, 1984, p. 88).
In ogni caso, per la bonifica per colmata della grande zona umida castiglionese, Fossombroni riprese sostanzialmente – ed attuò – l’idea progettuale elaborata nel 1788 dal matematico Pio Fantoni, seppure modificata riguardo alla deviazione parziale delle acque dell’Ombrone non già in un solo punto (alle Bucacce), come proposto dallo scienziato bolognese, bensì in due punti a valle (alla Svolta di San Martino e in prossimità del Canale Navigante).
Dal punto di vista della storia della cartografia, le Memorie fossombroniane originali sulla Maremma del 1828 acquistano un valore straordinario perché sono corredate da una carta manoscritta colorata del bacino idrografico del fiume Ombrone grossetano contenente un abbozzo di costruzione geologica, funzionale al calcolo del tempo occorrente per la realizzazione della bonifica per colmata della grande zona umida castiglionese (in ASF, Segreteria di Gabinetto Appendice, f. 144, Memorie sulla Grossetana, Arezzo, 28 maggio e 10 agosto 1828). Questa figura fu poi incisa come Tav. 27 del corredo illustrativo dell’opera del Tartini del 1838, la carta dei Bacini dell’Ombrone, e dei suoi affluenti e dei fiumi tributari del padule di Castiglione, disegno di Francesco Renard e incisione di Felice Francolini.
Anche a questa correzione apportata da Fossombroni, con i suoi errori di calcolo, furono stati addossati i risultati troppo lenti e deludenti della colmata, specialmente da un critico come Antonio Salvagnoli Marchetti che – nel 1859 (quindici anni dopo il decesso del matematico) – arrivò a scrivere: “quante somme ingenti e quanti anni sarebbero stati risparmiati [...], se si fosse seguito il piano del Fantoni” (Salvagnoli Marchetti, 1859, pp. LVI).
Vittorio era infatti morto a Firenze il 13 aprile 1844.
Un riconoscimento postumo alla perizia idraulica dello scienziato aretino si ebbe però nel 1847, quando venne pubblicata a Firenze la memoria del Fossombroni sulla regolazione dei fiumi Brenta e Bacchiglione, già utilizzata nel 1843 dall’idraulico veneto Pietro Paleocapa per scrivere la sua Memoria idraulica sulla regolazione dei fiumi Brenta e Bacchiglione, memoria che rappresenta il piano esecutivo del progetto dello scienziato aretino.


Produzione scientifica

Memorie idraulico-storiche sopra la Val di Chiana, Firenze, Cambiagi, 1789 (opera ristampata a Montepulciano, Fumi, 1835);
Memoria economica sulle colmate, “Atti dell’Accademia dei Georgofili”, vol. III (1791), pp. 63-84;
Saggio sulla bonificazione delle Paludi Pontine, in “Memorie della Società Italiana dei XL”, 13 (1815), pp. 402-442.
Illustrazione di un antico documento relativo all’originario rapporto tra le acque dell’Arno e quelle della Chiana, in "Nuova Raccolta di autori italiani che trattano del moto dell'acque", tomo III, tav. II, Bologna, Marsigli, 1824, pp. 331-364;
Relazione sopra il lago di Fucecchio (1795), in Nuova raccolta di autori italiani che trattano del moto delle acque, Bologna, Marsigli, t. III, 1822, pp. 297-308;
Discorso sopra la Maremma presentato il 10 di agosto 1828 a S.A.R. il Granduca, in TARTINI F., Memorie sul bonificamento delle Maremme Toscane, Firenze, Molini, 1838, pp. 367-476;
Memoria sulla relazione tra le acque dell’Arno e quelle della Chiana inserita nella parte matematica del tomo 22 delle Memorie della Società Italiana delle Scienze residente in Modena (1788), Modena, Tip. Camerale, 1838 (e Firenze, Passigli, 1840);
Considerazioni sopra il sistema idraulico dei paesi veneti, Firenze, Tip. Galileiana, 1847;
Scritti di pubblica economia, Firenze, Bellotti, 1896.

Produzione di cartografia manoscritta:
Pianta d’insieme della Valle di Chiana con i corsi dell’Arno, Tevere e Chiana; Mappa del corso della Chiana; Mappa del territorio di Arezzo compreso fra la collina di Santa Fiora e la confluenza della Chiana in Arno; Profilo della livellazione del Canale Maestro fatto da Giuseppe Salvetti nel 1769; Elaborazione grafica Di una pianta prospettica del sec. XIII (in realtà dell’inizio del XV) rappresentante il territorio più settentrionale della Valdichiana, edite in Memorie idraulico-storiche sopra la Val di Chiana, 1789 (l’ultima figura anche in Illustrazione di un antico documento relativo all’originario rapporto tra le acque dell’Arno e quelle della Chiana, 1824);
Carta dell’agro pontino già bonificato dalla Santità di Pio VI, incisione di Gaetano Bozza, in Saggio sulla bonificazione delle Pianure Pontine edito nel 1815;
Carta manoscritta colorata del bacino idrografico del fiume Ombrone grossetano con abbozzo di costruzione geologica, 1828 (ASF, Segreteria di Gabinetto Appendice, f. 144, Memorie sulla Grossetana, Arezzo, 28 maggio e 10 agosto 1828), poi incisa come Tav. 27 del corredo illustrativo dell’opera del Tartini del 1838, la carta dei Bacini dell’Ombrone, e dei suoi affluenti e dei fiumi tributari del padule di Castiglione, disegno di Francesco Renard e incisione di Felice Francolini.

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Tartini, 1838; Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, 1969, I, p. 93; Biagianti, 1988; Biagianti, 1993; Biagianti, 1994; Biagianti, 1995; Barsanti e Rombai, 1986, p. 90; Barsanti e Rombai, a cura di, 1994, pp. 215-236; Cresti e Zangheri, 1978, p. 98; Caciagli, 1984, p. 82; Gabellini, 1987; Salvagnoli Marchetti, 1859; Di Pietro, 2005, pp. 132-155; Bencivenni, 1984; Pesendorfer, a cura di, 1984, pp. 55, 78, 88, 92, 96, 102, 104-108, 110, 114, 116, 118, 122, 126, 129, 132, 137, 189, 199, 201, 207, 215, 246, 263, 278 e 281; ASF, Segreteria di Gabinetto Appendice; IGM, Fondo Fossombroni; ASA, Fondo Fossombroni; ACA; AAADF.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai

Ferroni, Pietro Giuseppe Maria

Pietro Giuseppe Maria Ferroni
N. Firenze 22 febbraio 1745
M. Firenze 4 novembre 1825

Relazioni di parentela: Nacque a Firenze il 22 febbraio 1745 da Giovanni, artigiano doratore, e Teresa Stefanelli

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:

Produzione scientifica:
Si mise talmente in luce per la vastità del sapere non solo scientifico, per lo spirito critico e per l’ eleganza espositiva da essere nominato – probabilmente grazie alla protezione del Fontana e di Pompeo Neri – prima docente di matematica nell’ Archiginnasio Pisano all’ età di appena venti anni, e poi addirittura matematico regio– un titolo che dal 1766 spettava già a Leonardo Ximenes – con motuproprio del 21 marzo 1770. Questo straordinario riconoscimento granducale si spiega col fatto che molti degli interventi riformatori intrapresi dal governo pietroleopoldino – vere e proprie occasioni di lavoro assai accresciute rispetto al passato – richiedevano, nella fase preparatoria e in quella esecutiva, un lavoro approfondito di ricognizione e di raccolta di dati: ciò che stava producendo un aumento della domanda di tecnici, e insieme lo stimolo a promuovere la creazione di figure più qualificate professionalmente. Si intervenne, allora, attraverso l’ introduzione di sistemi rigorosi di accertamento della professionalità degli aspiranti ingegneri architetti da ammettere negli uffici, e attraverso nuovi canali di accesso alla professione, come luoghi di formazione e addestramento. Fu così che il giovane e già apprezzato Ferroni, insieme col titolo di matematico regio, ebbe l’ incarico dell’ insegnamento di matematica e idrostatica (che era stato di Evangelista Torricelli e di Vincenzo Viviani) nello Studio Fiorentino, allo scopo dichiarato di “insegnare questa scienza a quelli che avessero voluto esercitare l’ arte d’ ingegnere”. Poté così provvedersi di libri e strumenti topografici e formare in pochi anni un nutrito stuolo di allievi: Neri Zocchi, Luigi Sgrilli, Stefano Diletti, Camillo Borselli, Antonio Capretti, Bernardino Della Porta, Salvatore Falleri, Salvatore Piccioli, Domenico Puliti, Pietro Anastasi, Verdiano Rimbotti, Gio Batta de’ Giudici, Gaspero Pampaloni, Luigi Chiostri, ecc. (ASF, Soprintendenza alla Conservazione del Catasto poi Direzione Generale delle Acque e Strade, ff. 1-2). Tutti questi ingegneri dovevano servire per decenni l’ amministrazione statale, capaci di redigere relazioni tecniche e insieme territoriali e cartografie topografiche e progettuali tra le più innovative che si conoscano. Contemporaneamente, il nostro scienziato ottenne pure l’ insegnamento di geometria e geografia nella scuola del fiorentino Casino dei Nobili, mentre la Camera delle Comunità provvedeva a stipendiare il matematico perché si mettesse “a disposizione del Soprassindaco per far pratica di lavori da farsi per il miglior regolamento dei fiumi”; finalmente, nel 1773 ebbe anche la cattedra di matematica nello Studio Pisano. Tale rapida ascesa accademica e scientifica si spiega con la grande fiducia in lui riposta da un censore severo e sospettoso come il sovrano Pietro Leopoldo che ne scrisse in termini assolutamente lusinghieri: “di molta abilità, capacità, disinteressato ed onesto, ma delle volte un poco visionario nei suoi progetti e non vuol essere contraddetto”. Poté quindi svolgersi la lunga vicenda di scienziato territorialista illuminato che finì con l’ emarginare i più anziani Perelli e Ximenes: per un ventennio, fin quando durò il principato del suo estimatore, fu di gran lunga il principale (se non l’ unico) responsabile dei lavori pubblici nel Granducato. La caduta in disgrazia di Ferroni come matematico territorialista, infatti, si verificò subito dopo la partenza del granduca per Vienna nel 1790, quando il nuovo sovrano Ferdinando III si mostrò sempre più sensibile alle critiche all’ azione del matematico avanzate dal capo ingegnere GiuseppeSalvetti, dal matematico allora in auge Vittorio Fossombroni e da altri rappresentanti della burocrazia tecnica e amministrativa. Da allora, Ferroni dovette dedicarsi prevalentemente all’ attività universitaria e agli studi matematici, storico-eruditi, idraulici, politico-economici (riferiti specialmente all’ agricoltura e alla questione forestale) e geografico-territorialistici svolti pure nelle varie accademie fiorentine (Cimento, Crusca, Georgofili), in gran parte editi anche in prestigiose riviste scientifiche ma per lo più rimasti senza esiti pratici a livello politico. Divenne allora socio delle più note istituzioni scientifiche e letterarie italiane e corrispose con molti scienziati come Felice e Gregorio Fontana, Mario Lorgna, Giuseppe Antonio Slop, ecc. Gli impegni pubblici di rilievo dopo il 1790 furono pochi: sotto il governo francese – lui che aveva abbracciato con entusiasmo le idee giacobine per le quali dovette subire anche un processo al ritorno dei Lorena – ebbe semmai la soddisfazione di vedere accolto il suo progetto elaborato fra gli anni ’ 80 e ’ 90 per la costruzione della strada rotabile dei Due Mari fra Arezzo e Ancona per Sansepolcro, il 12 luglio 1807 elaborò un progetto a porto-canale dell’ emissario del lago padule di Scarlino per servizio dello stabilimento siderurgico statale di Follonica; nel 1808, fece parte della commissione incaricata della “riduzione de’ pesi e misure”; nel 1811, elaborò il piano di sistemazione del torrente Agna nel Pratese. Con la Restaurazione lorenese, nel 1817 fu inserito nella deputazione per il catasto geometrico, alla cui complessa realizzazione partecipò attivamente – in posizione comunque subalterna rispetto all’ astronomo e geodeta Giovanni Inghirami – fino alla morte, con contributo fondamentale alla redazione della memoria del 1819 Catasto della Toscana ove si tratta in modo organico la complessa materia delle operazioni di misura, restituzione cartografica e stima di terreni e fabbricati. Contemporaneamente, tra il 1820 e il 1823, si impegnò per risolvere (come poi avvenne) il delicato problema del consolidamento dello sperone tufaceo sul quale sorge il centro abitato di Sorano. Tra i tanti studi scientifici correlati con le problematiche territoriali, spiccano le memorie: Delle comunicazioni interne della Toscana redatta nel 1801 e stampata nel 1810 (invito a intessere la Toscana su un moderno sistema di comunicazioni stradali e idroviarie, da intendere come motori di progresso, come aveva cominciato a fare il grande Pietro Leopoldo); Sulla bonificazione dei laghi e paduli scritta nel 1805 e stampata nel 1817 (in linea con la tradizione idraulica di matrice galileiana, l’ autore si dimostra contrario ad ogni generalizzazione, esprime cautela in merito alle esigenze di eliminazione di ciascuna zona umida e ribadisce il principio della necessità di seri studi globali di ordine naturalistico-umano alla scala comprensoriale ai quali si dovevano incardinare i progetti); Ricerche idrometriche sul fiume Arno del 1822/25 (in cui raccomanda come prioritaria la risoluzione del problema del degrado boschivo, idraulico-agrario e forestale dei versanti montani e collinari del bacino); Sulle Maremme del 1823 (ove invita a integrare le operazioni idraliche e ambientali con le riforme politico-sociali a partire dalla lotta al latifondo per creare nuovi ceti di piccoli coltivatori proprietari e di imprenditori agrari borghesi radicati nel territorio). L’ ampia autobiografia manoscritta del Ferroni (in BMoF, Acquisti diversi, f. 53, ins. I, edita da Barsanti nel 1994; il Proseguimento della vita autografa, anno 1825 è in AAADF, Fondo Manetti, Cat. F.3, ins. 3) (Bencivenni, 1984, p. 99) e tutti i suoi lavori relativi agli innumerevoli incarichi di
studioso, progettista ed esecutore di interventi territoriali (con riferimento a corsi d’ acqua e canali navigabili, acquitrini e acquedotti, strade e ponti, opifici e fabbriche pubbliche), attualmente conservati manoscritti in molteplici archivi e biblioteche non solo della Toscana – come poi, a maggior ragione, le successive opere scientifiche a stampa – evidenziano in sommo grado impostazione metodica e scrupolo di documentazione (con integrazione delle fonti storiche, geografiche e tecnico-ingegneristiche) e stretta aderenza al metodo dell’ osservazione diretta sul terreno: aspetti sempre funzionali all’ inquadramento geografico e cartografico degli ampi contesti territoriali nei quali collocare luoghi ed aree oggetto di interesse tecnico. Tra le centinaia di affari svolti – spesso con lusinghiero successo – dal matematico tra il 1769 e il 1790, corre obbligo di selezionarne alcuni di maggior rilievo nei settori delle vie di comunicazione e delle bonifiche idrauliche. Nel primo, spiccano la costruzione della Barrocciabile Casentinese tra Pontassieve e il passo della Consuma (avvenuta nel 1785-89, insieme con l’ ammodernamento della Firenze-Pontassieve, con l’ assistenza degli ingegneri Bernardino Della Porta e Anastasio Anastasi) (memoria Strada del Casentino del 30 giugno 1789, in BNCF, Cappugi, f. 308) e la progettazione della Via di Romagna tra Firenze e i porti dell’ Adriatico, che tra il 1787 e il 1790 richiese un lungo lavoro sulle regioni appenniniche tosco-romagnole comprese tra Mugello e Valtiberina per scegliere il tracciato più idoneo (infine indicato nella linea dell’ attuale strada del Muraglione, aperta negli anni ’ 20 e ’ 30 del XIX secolo). Tra le tante relazioni scritte in proposito è da segnalare la conclusiva e corposa Relazione a S.A.R. del 30 aprile 1790 in due volumi (con a seguire il progetto particolareggiato del 28 settembre 1792), illustrata con 47 eleganti ed acquerellate vedute pittoriche di quadri ambientali e centri abitati appenninici e adriatici, questi ultimi rappresentati pure in pianta (altre analoghe vedute pittoriche della stessa montagna tosco-romagnola sono conservate in BNCF, Cappugi, n. 308). Il lavoro svolto per la Via di Romagna servì a Ferroni per progettare, nel febbraio 1791, anche la Strada dei Due Mari Tirreno-Adriatica Arezzo-Ancona per Sansepolco e il valico della Bocca Trabaria (memorie e progetto in ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 118) che sarebbe stata costruita nei tempi della dominazione francese e della Restaurazione lorenese. Ma tante altre strade rotabili (tra le principali, Via Aretina Firenze-Arezzo con proseguimento in Valdichiana per il Perugino, Via Consolare Siena-Grosseto, Via Senese Romana Firenze-confine pontificio di Ponte Centeno per Siena, Via Lauretana Siena-Ponte a Valiano in Valdichiana, Via Pisana e sua diramazione per Livorno) negli anni ’ 70 e ’ 80 furono ammodernate e rese atte al traffico rotabile con il contributo determinante del matematico (Sterpos, 1977, pp. 4-5, 7, 15, 19, 29-30, 33-34 e 38). Già nel 1769, Ferroni si occupò di problemi idraulici in Valdichiana, con le Riflessioni sopra la colmata a sinistra del Canale Maestro e considerazioni sopra il nuovo progetto di abbassare il regolatore di Valiano (BNCF, M. S., 11-60: Di Pietro, 2005, p. 124), ma è certo che – nel settore della bonifica – il nome di Ferroni è legato soprattutto alla sistemazione del padule di Fucecchio e della bassa Valdinievole, avvenuta tra gli anni ’ 70 e ‘ 80, oltre che al compimento nel 1781 di quella del piccolo acquitrino di Pian del Lago presso Siena, cui avevano atteso pure i più anziani matematici Tommaso Perelli e Leonardo Ximenes. In Valdinievole, Ferroni si impegnò fin dal gennaio 1773, per relazionare al granduca (memoria Riflessioni sopra le nuove fabbriche per la proposta restaurazione dei Bagni di Montecatini, in ASF, Scrittoio delle Regie Possessioni, f. 1368, n. 132) che il progettato centro termale di Montecatini non avrebbe potuto sopravvivere senza una vera e propria politica di risanamento ambientale della malarica pianura. E, a partire dal 1778, il matematico fu incaricato di progettare (con numerose memorie in ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, ff. 919 e 936; e Carte Gianni, f. 1, ins. 4) e di dirigere i lavori idraulici ai tanti canali e al punto di chiusura della valla, vale a dire la pescaia di Ponte a Cappiano, che in pochi anni consentirono di risolvere il problema della regolamentazione delle acque e della malsanìa in Valdinievole. Altri lavori di acque ferroniani riguardarono la Valdichiana, nel 1771-72 con la colmata (eseguita insieme al Salvetti che l’ aveva progettata con Angelo Maria Mascagni nel 1766-68) a sinistra del Canale Maestro tra il Callone di Toscana e il Ponte di Valiano; nel 1780-85 con le colmate in Val di Tresa e alle Bozze di Chiusi, sempre con Salvetti e il gruppo di giovani allievi Dolcini, Diletti, Capretti e Zocchi (Di Pietro, 2005, pp. 129-131). Queste operazioni furono eseguite nell’ area di confine fra Granducato e Stato Pontificio, grazie alla stipulazione nel 1780 del concordato definitivo fra i due Stati che venne preparato da una memoria stesa da Ferroni stesso e dal matematico papale Pio Fantoni (memorie in ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 879, mazzo I). Nel 1783, ebbe l’ incarico di sovrintendere, con la collaborazione di Giovanni Franceschi, “alla vasta opera di costruzione di case [coloniche] in Valdichiana” (Di Pietro, 2005, pp. 132-133); e nel 1786 e nel 1788, Ferroni fu nuovamente incaricato di visitare il Canale Maestro e i suoi affluenti, e poté approntare dettagliate memorie ove si prescrivevano i lavori da effettuare per mantenere in ordine il sistema idraulico della valle (ASF, Camera delle Comunità e Luoghi Pii, f. 1548). Per la bonifica della Chiana, nel 1790 Ferroni ripropose inutilmente – perché il progetto Fossombroni della colmata generale aveva ormai già trionfato – il piano Gaci-Ximenes tramite lo sbassamento simultaneo del Callone di Valiano e della Chiusa dei Monaci (Di Pietro, 2005, p. 135).Dei gravi problemi idraulici e sanitari della pianura pisana l’ ancora giovane matematico prese piena consapevolezza con la visita commissionatagli dal granduca nell’ autunno 1773. La relativa ampia memoria del settembre 1774 – corredata sia di profili di livellazione e carte topografiche parziali e sia della Carta Corografica del Valdarno di Pisa disegnata sempre nel 1774 dal Diletti alla scala di 1:34.000 (la relazione è in ASP, Ufficio Fiumi e Fossi, f. 3683, le figure anche nelle buste 3684-3685 e la corografia in SUAP, RAT 215, con altre derivate in scala più piccola in ASF, Miscellanea di Piante, n. 203, e Piante Acque e Strade, n. 1578) – è frutto dell’ osservazione e della misurazione capillare del territorio (avendola “passeggiata diligentemente dall’ Era fino al Litorale Toscano”, con “levata di piante e di profili di livellazione”) e rappresenta anche una compiuta descrizione geografica della vasta area, che venne nuovamente e ripetutamente visitata tra il 1780 e il 1785, con allargamento al vicino comprensorio della zona umida di Bient ina, per la cui regimazione negli anni ’ 50 e ’ 60 aveva a lungo lavorato Ximenes, con risultati evidentemente non durevoli: anche qui, Ferroni stese dettagliate memorie che finivano con lo sconsigliare la bonifica definitiva del lago padule per il fatto che tale operazione avrebbe pregiudicato l’ uso idroviario dell’ Arno e degli altri canali navigabili collegati al principale fiume toscano (gli scritti sono in ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 781). L’ importanza economica attribuita al sistema delle idrovie gravitanti sull’ Arno è dimostrata da altri scritti ferroniani del 1773: come la Relazione sopra la Fossa Navereccia di Montecarlo e Altopascio del 23 luglio 1773 (BNCF, Fondo Nazionale, II-151, cc. 32-41) e il Compendio de principali ragionamenti ed operazioni proposte nella relazione idrometrica del Navigante Fiorentino insieme col calcolo economico che con evidenza quasi geometrica ne dimostra il vantaggio del 18 febbraio 1773 (AAADF, Fondo Manetti, F. 1, ins. 2, cc. 64-76; e ASF, Ministero delle Finanze, f. 516), con il quale, grazie anche a precisi profili di livellazione e carte topografiche, propone di sostituire all’ Arno navigabile con difficoltà nel tratto da Firenze a Signa una nuova via d’ acqua da ricavare con l’ adattamento e il proseguimento fino all’ Ombrone dell’ antico Fosso Macinante presente a Firenze sulla destra idrografica del fiume. Nello stesso anno 1773, il matematico visitò anche il tratto finale del Fiume Elsa fino allo sbocco in Arno per dirimere una disputa fra proprietari frontisti relativa a lavori fatti per il funzionamento di alcuni opifici (con pianta redatta da Antonio Capretti, in OXF, I, n. 2). Nella Maremma Grossetana, Ferroni venne inviato nel 1775 con altri deputati (tra cui Salvetti) per verificare lo stato della bonifica condotta da quasi un decennio, nel comprensorio della grande zona umida di Castiglione della Pescaia, da Leonardo Ximenes. Il matematico redasse, per la deputazione, sia “una nuova carta geografica della provincia” in scala 1:55.000 con carte parziali e disegni tecnici, sempre con la collaborazione del Salvetti, e sia una amplissima Relazione generalee tante altre memorie tematiche su acquitrini e corsi d’ acqua, strade e acquedotti, boschi e pascoli e coltivi (in ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 749 e in BNCF, Palatino, n. 1163, D, I-XII) dalle quali risalta la complessità dei problemi maremmani che– si affermava con vera lungimiranza – non potevano essere risolti solo con interventi di natura idraulica, bensì anche con provvedimenti di ordine economico, amministrativo e sociale, da allargare altresì dalla piana di Grosseto alle tante altre pianure minori. Ferroni tornò in Maremma nel 1778 con gli allievi Capretti e Piccioli, per scrivere non solo altre memorie ma anche precise carte topografiche, come una nuova e più aggiornata carta generale della Provincia di Grosseto disegnata dal Capretti in scala 1:68.000 (in ASF, Piante delle Regie Possessioni, n. 79; e in SUAP, RAT 225), la Pianta del piano della Ghirlanda, del 1778, con l'area palustre da bonificare e il canale sotterraneo costruito nel 1720 da riadattare (ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 713, ins. "Relazione sopra le Paludi di Massa"); varie carte e profili dell’ Ombrone e di altri corsi d’ acqua della pianura di Grosseto e dello stesso lago padule) (ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, ff. 707 e 713). Nel 1781, destituito Ximenes dalla direzione della fallimentare bonifica della zona umida di Castiglione della Pescaia, Ferroni fu incaricato dal granduca di prenderne il posto. Dopo che, nel 1785, ebbe esaminare e valutato negativamente il progetto del perugino Serafino Calindri di trasformare il lago di Castiglione in una “valle da pesca alla comacchiese” (ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 707), sulla base degli orientamenti ximeniani, nel 1787 Ferroni tentò la strada nuova della colmata parziale con immissione nel lago padule di parte delle acque dell’ Ombrone, senonché la deviazione del fiume fu effettuata a quote altimetriche troppo basse per garantire il successo al canale di derivazione. Tale fallimento determinò il sollevamento di Ferroni dalla bonifica castiglionese, per la quale il granduca si affidò – inutilmente – al matematico Pio Fantoni (Barsanti, 1984). Più a nord, nella Maremma di Pisa, Ferroni si recò nel 1788 e 1789 per rendicontare sui problemi del territorio e dei suoi numerosi paduletti compresi fra Cecina e Piombino (ASF, Segreteria di Gabinetto Appendice, f. 230, ins. Relazione a S.A.R. di Pietro Ferroni del 13 aprile 1789). Riguardo alla copiosa produzione cartografica ferroniana (nel significato di prodotta sotto la sua direzione, se non disegnata direttamente dallo scienziato), è stata da molti sottolineata la sua eccezionale qualità e insieme la caratteristica di prodotto collettivo per l’ avvenuta unificazione delle procedure tecniche; grazie all’ elevata preparazione teorico-pratica e alla strumentazione d’ avanguardia utilizzata dal matematico e dai suoi allievi collaboratori, non meraviglia se le rappresentazioni dai medesimi realizzate – di pressoché impossibile attribuzione all’ uno o all’ altro ingegnere ove non esplicitamente dichiarato il nome del disegnatore – si apprezzano ancora oggi per la ricchezza dei contenuti topografici, per la notevole (anche se non assoluta) precisione geometrica e per la raffinatezza del disegno. E’ comunque interessante sottolineare il fatto che il trionfo del linguaggio planimetrico non comporta la rinuncia al tradizionale modulo pittorico -vedutistico: anzi, le figure prospettiche – però regolarmente affiancate da quelle topografiche –furono prodotte e magistralmente usate dal matematico, come già enunciato, soprattutto durante la vicenda della progettazione della Via di Romagna, per meglio caratterizzare con immediatezza, con raffinati e suggestivi quadri pittorici, il tormentato ambiente appenninico: così, ambienti e paesaggi, sedi umane e strade con l’ animazione del lavoro, della mobilità e della vita quotidiana, nelle rappresentazioni ferroniane (disegnate dai collaboratori pittori Antonio Fedi e Francesco Mazzuoli) appaiono “delineati al naturale e dipinti al vivo e come stanno sul luogo”, perché solo l’ aver “sott’ occhio la vera copia della Natura” avrebbe potuto consentire di “ponderare le difficoltà che s’ incontrano tra quelle balze, e scoprire in qual modo profittando dei punti più comodi venisse la strada ideata a combinare insieme la migliore esposizione di tutto rispetto al corso del sole, la maggior difesa dai venti, la maggior stabilità, il maggior comodo delle popolazioni subalpine, e la minor spesa possibile”. Oltre alle già citate vedute e a tante altre rappresentazioni planimetriche e in alzato di ponti e di edifici, l’ affare Via di Romagna produsse varie cartografie tematiche e topografiche manoscritte e a colori, come la Pianta dimostrativa di una parte del Casentino, la Pianta dimostrativa dei progetti elle due linee di strada che dalla Consuma andrebbero sino al fiume Arno nella Provincia del Casentino, la Pianta dimostrativa delle strade presenti che da Stia e Pratovecchio vanno alla cima dell’Appennino, dove chiamano Calla di Campigna, e Sodo alle Calle; tra tutte, spiccano la quasi geometrica Carta geografica del Casentino, disegnata in scala 1:41.000 da Piccioli nel 1789 (in BNCF, Cappugi, n. 308), con la carta analoga ma più schematica, intitolata Carta della Provincia del Casentino in scala 1:74.000, che già nel 1787 fu trasmessa dal Ferroni all’ erudito Angelo Maria Bandini per illustrazione del di lui Odeporicon del Casentino conservato inedito nella Biblioteca Marucelliana di Firenze; e, soprattutto, la grande Carta geografica di parte del Gran Ducato di Toscana e dello Stato della Chiesa in scala di 1:105.000 del 1790-91, che inquadra tutto il litorale romagnolo-marchigiano e la parte nord-orientale del Granducato a partire da Firenze (è in SUAP, RAT 123). Tra le altre rappresentazioni di maggiore rilevanza finora non citate, vale la pena di ricordare la grande Mappa topografica che dimostra lo stato delle acque di Valdinievole, della Pianura di Bientina e Comunità circonvicine della maggior parte della Provincia Pisana e della porzione confinante del Territorio della Repubblica di Lucca in scala 1:71.000, con disegno del Diletti, e la più speciale figura Pianta speciale dei Torrenti, Fossi e Canali frapposti al Lago di Bientina o di Sesto e al Fiume Arno, redatte a corredo di una sua memoria dell’ 8 giugno 1780 sulla bonifica della zona umida bientinese (in ASF, Piante Ponti e Strade, n. 21); la produzione di gruppo, del matematico e di vari suoi allievi, fra i quali Salvatore Piccioli e Cosimo Zocchi, relativa alla Valdichiana meridionale collegata con il concordato o celebre accordo di confinazione fra i due Stati del 1780 e per questo fatta oggetto di incisione e di stampa celebratoria (fra tutte, spicca la Pianta della Pianura di Valdichiana posta tra il Callone Pontificio e il Lago di Chiusi che comprende ancora un tratto del Fiume Tresa colla campagna adiacente fino alla confluenza del Torrente Maiano in scala 1:8000) (volume Concordato del 1780 fra Pio VI e Pietro Leopoldo intorno alla Bonifica delle Chiane nei territori di Città della Pieve e Chiusi, edito a Firenze dallo stampatore Cambiagi nel 1788), insieme a varie carte del Lago Trasimeno e della Valdichiana (su disegno di Luigi Sgrilli e Antonio Capretti), funzionali alla progettazione di un canale navigabile fra queste due aree (in SUAP, RAT 245, 247-248 e 250), e a tante altre rappresentazioni parziali di canali e casse di colmata oppure di strade. Prodotti notevoli appaiono pure – sempre per la Valdichiana – le Piante regolari di tutte le Fattorie della Religione di Santo Stefano disegnate da Bernardino Fantastici alla fine del 1786 e la Pianta che dimostra l’andamento dei principali fiumi, fossi e strade di tutta la Val di Chiana in scala 1:55.000 che rappresenta forse il migliore risultato in assoluto della cartografia dell’ età pietroleopoldina (in ASF, Camera delle Comunità e Luoghi Pii, f. 1548, e anche in SUAP, RAT 262), mentre per l’ imponente realizzazione grafica relativa alla Valdinievole sono almeno da segnalare le varie carte di tutto l’ invaso lacustre e della pianura meridionale compresa fra la zona umida, il canale Usciana e l’ Arno intitolata Pianta del Valdarno e dell’Usciana (in ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 936, ins. 1780, Piante dello Scrittoio delle Regie Possessioni, n. 116, e Carte Gianni, 1, ins. 4; e in SUAP, RAT 222-223). C’ è infine da rilevare che nel 1775 Ferroni venne incaricato dal governo di esaminare il Progetto preliminare per la formazione d’una Carta geografica della Toscana, steso dall’ astronomo Cassini IV dopo che Leonardo Ximenes da tanti anni incaricato non aveva prodotto risultati concreti. Ferroni sostenne che l’ impresa – sia per la parte astronomica che per quella geodetica e topografica – poteva essere realizzata “anche dai matematici e astronomi, ed ingegneri che sono attualmente in servizio di S.A.R., e con maggiore economia” riguardo allo scienziato francese, ma che sarebbe stato comunque vantaggioso per lo Stato “unire alla descrizione geografica della Toscana anche la misura e la classazione di tutti i terreni” mediante il catasto geometrico che sarebbe stato infatti avviato (ma non concluso) nel 1778-80.

Produzione di cartografia manoscritta:
Carta Corografica del Valdarno di Pisa, disegno di Stefano Diletti, 1774 (SUAP, RAT 215); Mappe e profili della Pianura Pisana, disegno di Stefano Diletti, 1774 (ASP, Ufficio Fiumi e Fossi, ff. 3684-3685; ASF, Miscellanea di Piante, n. 203, e Piante Acque e Strade, n. 1578); Mappe e profili con progetto di rendere navigabile il Fosso Macinante tra Firenze e lo sbocco nell’ Ombrone, 1773 (AAADF, Fondo Manetti, F. 1, ins. 2, cc. 64-76; e ASF, Ministero delle Finanze, f. 516); Pianta del tratto finale del Fiume Elsa fino allo sbocco in Arno fatta per dirimere una disputa fra i proprietari frontisti relativa a lavori fatti per il funzionamento di alcuni opifici, disegno di Antonio Capretti, 1773 (OXF, I, n. 2). Carta topografica generale del Lago di Castiglione, disegno di Giuseppe Salvetti, 1775 (ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 749, c. 1); Pianta d’una porzione del corso del Fiume Bruna, disegno di Giuseppe Salvetti, 1775 (ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 749, c. 2); Carta della Provincia di Grosseto, disegno di Antonio Capretti, 1778 (ASF, Piante delle Regie Possessioni, n. 79; e SUAP, RAT 225); Pianta del piano della Ghirlanda, 1778 (ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 713, ins. "Relazione sopra le Paludi di Massa"); Carte e profili dell’ Ombrone e di altri corsi d’ acqua della pianura di Grosseto e del lago padule di Castiglione della Pescaia, 1778 (ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, ff. 707 e 713); Mappa topografica che dimostra lo stato delle acque di Valdinievole, della Pianura di Bientina e Comunità circonvicine della maggior parte della Provincia Pisana e della porzione confinante del Territorio della Repubblica di Lucca, disegno di Stefano Diletti, 1780, e Pianta speciale dei Torrenti, Fossi e Canali frapposti al Lago di Bientina o di Sesto e al Fiume Arno, 1780 (ASF, Piante Ponti e Strade, n. 21); Carte del Lago Trasimeno e della Valdichiana, disegno di Luigi Sgrilli e Antonio Capretti, anni ’ 70 del XVIII secolo (SUAP, RAT 245, 247-248 e 250); Piante regolari di tutte le Fattorie della Religione di Santo Stefano, disegno di Bernardino Fantastici, 1786, e Pianta che dimostra l’andamento dei principali fiumi, fossi e strade di tutta la Val di Chiana, anni ’ 80 del XVIII secolo (ASF, Camera delle Comunità e Luoghi Pii, f. 1548, e SUAP, RAT 262); Pianta del Valdarno e dell’Usciana, 1780 (ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 936, ins. 1780, Piante dello Scrittoio delle Regie Possessioni, n. 116, e Carte Gianni, 1, ins. 4; e SUAP, RAT 222-223);Raccolta delle principali vedute degli Appennini del Mugello, Casentino e Romagna, 1790 (BNCF, Grandi Formati, n. 164/I-II), 47 vedute pittoriche di ambienti e centri abitati appenninici e adriatici, con piante; Vedute pittoriche della montagna tosco-romagnola, Pianta dimostrativa di una parte del Casentino, Pianta dimostrativa dei progetti delle due linee di strada che dalla Consuma andrebbero sino al fiume Arno nella Provincia del Casentino, la Pianta dimostrativa delle strade presenti che da Stia e Pratovecchio vanno alla cima dell’Appennino, dove chiamano Calla di Campigna, e Sodo alle Calle, Carta geografica del Casentino, disegno di Salvatore Piccioli, 1789 (BNCF, Cappugi, n. 308); Carta geografica di parte del Gran Ducato di Toscana e dello Stato della Chiesa, 1790-91 (SUAP, RAT 123); Pianta della Pianura di Valdichiana posta tra il Callone Pontificio e il Lago di Chiusi che comprende ancora un tratto del Fiume Tresa colla campagna adiacente fino alla confluenza del Torrente Maiano, disegno di Salvatore Piccioli, 1780 (in volume Concordato del 1780 fra Pio VI e Pietro Leopoldo intorno alla Bonifica delle Chiane nei territori di Città della Pieve e Chiusi, edito a Firenze dallo stampatore Cambiagi nel 1788; Profili di livellazione del Fiume Arno nella Pianura Pisana (ASP, Piante dell'Ufficio Fiumi e Fossi, nn. 39 e 41);

Sezioni di alcuni corsi d'acqua del Valdarno Pisano e della campagna circostante realizzate in base alla visita generale dell'autunno-inverno 1773 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 35), si tratta di 85 sezioni disegnate in 14 fogli; Pianta del suolo paludoso denominato Il Pantanello... nel territorio di Pitigliano, appartenente a quella Comunità, al fine della realizzazione di canali di scolo delle acque, 1776 (ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, n. 713, ins. "Memoria sopra Laghi e Paduli"); Pianta d'una porzione del corso del fiume Bruna... e della pianura circostante, 1776 (ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, n. 749, ins. "Memoria III sopra il Torrente Bruna", tav. I); Piante del Palazzo Pretorio di Castiglione della Pescaia, 1782 (ASGr, Ufficio dei Fossi, n. 91, c. 414r, sc. 57 e c. 415r, sc. 58), con i disegni commissionati al Ferroni dalla Deputazione sopra gli Affari di Maremma e i progetti dei lavori eseguiti dagli ingegneri dell'Ufficio dei Fossi di Grosseto Giovanni Boldrini e Giovanni Spadini; Piante e prospetti (in 5 tavole) per la realizzazione di lavori al Fiume Ombrone, 1787 (ASGr, Ufficio dei Fossi, n. 20, c. 28r, sc. 25); Piante e alzati (in 4 tavole non datate) della casa poderale di Porto a Pulicciano in Valdichiana (ASF, Miscellanea di Piante, n. 225).

Produzione di cartografia a stampa:
ensieri sull’amministrazione agraria. Memoria letta il 7 febbraio 1798, “Atti della R. Società Economico-Agraria di Firenze ossia dei Georgofili”, 5 (1804), pp. 209-240; Brevi osservazioni per quel che riguarda la Toscana sopra la lettera stampata a Milano nel 1803 ed intitolata “Lettre sur l’agricolture de l’Italie”, “Atti della R. Società Economico-Agraria di Firenze ossia dei Georgofili”, 5 (1804), pp. 392-394; Delle comunicazioni interne dei popoli della Toscana. Memoria del 25 febbraio 1801, “Atti della R. Società Economico-Agraria di Firenze ossia dei Georgofili”, 6 (1810), pp. 93-125; Sull’alienazione delle possessioni di pubblica pertinenza. Memoria del 18 marzo 1801, “Atti della R. Società Economico-Agraria di Firenze ossia dei Georgofili”, 6 (1810), pp. 126-148; Sulle piantagioni regolari e sul rinselvamento degli Appennini, Memoria del 9 marzo 1803, “Atti della R. Società Economico-Agraria di Firenze ossia dei Georgofili”, 6 (1810), pp. 252-280; Sopra i maggesi e sul modo di accrescere l’industria a favore dell’agricoltura. Memoria del 28 settembre 1803, “Atti della R. Società Economico-Agraria di Firenze ossia dei Georgofili”, 7 (1812), pp. 290-310; Sulla bonificazione di laghi e paduli. Memoria del 7 agosto 1805, “Atti della R. Società Economico-Agraria di Firenze ossia dei Georgofili”, 8 (1817), pp. 80-106; Sul taglio delle macchie alpine. Memoria del 1° luglio 1807, “Atti della R. Società Economico-Agraria di Firenze ossia dei Georgofili”, 8 (1817), pp. 249-265; Sulle Maremme. Memoria di un matematico, “Continuazione degli Atti dell’ Accademia dei Georgofili”, 3 (1823), pp. 314-326; Ricerche idrometriche sul fiume Arno. Memoria del 30 gennaio 1822, “Continuazione degli Atti dell’ Accademia dei Georgofili”, 4 (1825), pp. 283-309; Alcune considerazioni riguardanti la relazione di T. Perelli intorno all’Arno dentro la città di Firenze (1824), in Raccolta d’autori italiani che trattano del moto delle acque, Bologna, Marsigli, 1826, vol. X, pp. 147-149; Dei vocaboli relativi al Censimento pubblico. Lezione dell’8 giugno 1824, “Continuazione degli Atti dell’ Accademia dei Georgofili”, 8 (1829), pp. 204-215; Sulla possibilità di miglioramento in vari rami di agricoltura toscana. Prosa letta il dì 5 dicembre 1824, in Scritti si pubblica economia degli autori georgofili, Arezzo, Bellotti, vol. I, 1899, pp. 63-77

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Barsanti, 1994; Toccafondi, 1996, pp. 156-157; Barsanti e Rombai, a cura di, 1994, pp. 153-193; Ginori Lisci, 1978, pp. 147 e 284; Barsanti, 1987, p. 131; Rombai, Toccafondi e Vivoli, 1987, pp. 76 e 163; Archivio di Stato di Firenze, 1991, pp. 372-373 e 376-377; Barsanti, 1992, p. 4; Melis, 1996, p. 152; Barsanti, Bonelli Conenna e Rombai, 2001, pp. 42, 49, 68 e 97; Di Pietro, 2005, pp. 124-135; Sterpos, 1977, pp. 4-38; Farinella, DBI, ad vocem; Bencivenni, 1984, p. 99; BMoF, Acquisti diversi; AAADF, Fondo Manetti; BNCF, Cappugi; BNCF, Grandi Formati; BNCF, Fondo Nazionale; BNCF, Palatino; BNCF, M.S.; ASF, Scrittoio delle Regie Possessioni; ASF, Piante delle Regie Possessioni; ASF, Segreteria di Finanze ante 1788; ASF, ASF, Soprintendenza alla Conservazione del Catasto poi Direzione Generale delle Acque e Strade; ASF, Miscellanea di Piante; ASF, Ministero delle Finanze; ASF, Piante Acque e Strade; ASF, Camera delle Comunità e Luoghi Pii; ASF, Carte Gianni; ASP, Ufficio Fiumi e Fossi; ASGr, Ufficio dei Fossi; AAADF, Fondo Manetti; OXF; SUAP, RAT.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai

Fantoni, Pio

Pio Fantoni
N. 4 aprile 1721
M. Bologna 27 gennaio 1804

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:
Nacque forse a Cesena o forse a Bologna

Produzione scientifica:
Cominciò così ad intessere importanti relazioni con personaggi illustri, come il cardinale Pietro Paolo Conti ed altri esponenti del governo pontificio, che alla fine degli anni ’50 lo incaricarono – come avveniva per gli scienziati matematici – di una ispezione sulla situazione idraulica del territorio bolognese e romagnolo, dalla quale scaturì una memoria progettuale pubblicata anonima nel 1760. La commissione e lo scritto segnano l’avvio ufficiale della sua intensa attività di idraulico che, fino al 1785, si svolse quasi esclusivamente al servizio dello Stato della Chiesa.
Inizialmente, dalla fine degli anni ‘50 al 1767, la sua attenzione (salvo una riuscita committenza in Veneto, e precisamente ai fiumi Brenta, Piave e Bacchiglione per conto della Repubblica di Venezia) continuò ad essere rivolta alla sistemazione delle acque della pianura di Bologna e Romagna, il cui cronico dissesto era dovuto alle esondazioni dei fiumi appenninici e soprattutto del Reno, per cui pubblicò nel 1766 una nuova e più voluminosa ed articolata memoria: in questa – in linea con gli orientamenti teorici di molti idraulici del passato e del presente, tra cui Tommaso Perelli, ma in disaccordo con gli esiti pratici dei medesimi riguardanti la progettazione del tracciato sul terreno – come già nella memoria del 1760, veniva definiva la costruzione di un canale collettore con andamento parallelo al Po e in posizione “superiore”, vale a dire a monte rispetto alle altre linee come quella perelliana, che raccogliesse le acque dei fiumi appenninici per poterle condurre con sufficiente pendenza nel Po di Primaro in un punto abbastanza vicino al mare, evitando di utilizzare il cosiddetto Cavo Benedettino aperto nel 1740, giudicato dal nostro un “lavoro di troppa infausta memoria”.
In sostanza, il Fantoni riprese e sviluppò – senza citarle – idee progettuali dei matematici Romoaldo Bertaglia e Domenico Sante Santini: dal che sorse una lunga polemica conclusasi con la decisione della romana Sacra Congregazione delle Acque di unificare i tracciati delle quasi simili linee Fantoni e Santini nella nuova linea Fantoni-Santini. Senonché, nonostante il ripetersi di eventi calamitosi, non fu possibile passare ad alcuna realizzazione concreta, anche perché il matematico Leonardo Ximenes, con varie memorie a stampa del 1763-64, sottopose a critica serrata questi ultimi tracciati. La risposta polemica al matematico gesuita da parte del canonico Fantoni non bastò a riequilibrare a suo vantaggio la situazione, tanto è vero che il 12 marzo 1765 la Sacra Congregazione non seppe trovare di meglio che suggerire al papa di nominare alcuni periti imparziali con l’autorità di dirimere la questione.
E’ proprio da questa situazione di stallo che Fantoni cercò di uscire con la stampa nel 1766 della ponderosa memoria Dell’inalveazione: un’opera che rappresenta una ricostruzione dettagliata della vicenda, una difesa appassionata e circostanziata della propria tesi e una requisitoria implacabile contro Ximenes.
Nonostante ciò, Fantoni non ebbe la soddisfazione di vedere accolta e realizzata la sua linea. Infatti, nell’anno seguente, il 1767, la Congregazione delle Acque di Bologna finì con l’approvare il progetto del gesuita Antonio Lecchi, che andava in senso opposto a quello del Fantoni, perché era basato sul convogliamento delle acque del Reno nel Cavo Benedettino per il Po di Primaro e sempre negativamente valutato da Fantoni stesso.
La delusione per la questione delle acque bolognesi e romagnole e l’ostilità di larga parte dell’ambiente scientifico bolognese spinsero Fantoni all’abbandono di Bologna e di tutti gli incarichi ivi esercitati e al trasferimento a Roma nello stesso anno 1766.
In realtà, l’ultima commissione bolognese avvenne nel 1766-67, quando il nostro scienziato fu incaricato, con altri studiosi (i padri minimi Francesco Jacquier e Tommaso Le Seur, Antonio Lecchi, Francesco Maria Gaudio e Giovanni Bianchi), di esaminare i provvedimenti di riassetto con adeguata riescavazione del porto di Rimini – sul quale aveva prodotto un’ampia memoria Ruggero Giuseppe Boscovich – mediante l’utilizzazione di un’ingegnosa macchina scavatrice inventata e costruita dall’ingegnere perugino Serafino Calindri: il progetto trovò concorde il nostro, come dimostra la sua memoria Parere del signor canonico P. Fantoni, edita a Roma nel 1768.
Per molti anni Fantoni si immerse completamente negli studi.
Occorre attendere il 1773 perché il pontefice Clemente XIII lo nominasse matematico della Santa Sede, e il 1776 perché Fantoni venisse incaricato nuovamente – insieme a Pietro Paolo Qualeatti – di una commissione idraulica quale la bonifica dell’acquitrino del Paglieto di Montalto di Castro nel Viterbese: creando un sistema di canali dentro e fuori la profonda zona umida, fu possibile riversarne le acque nel vicino fiume Fiora, prosciugarla in circa due anni e farne (come scrisse il nostro scienziato) “una bella, sana e fruttifera pianura” (Relazione del già seguito disseccamento dell’antica palude denominata il Paglieto).
E’ questo successo che sta forse a spiegare il rilancio di Fantoni come idraulico.
Nel 1780 fu nominato nella deputazione che, in Valdichiana, nell’area di confine fra Granducato e Stato Pontificio, doveva provvedere alla stipulazione del concordato definitivo fra i due Stati: l’accordo poneva fine ad un’annosa controversia, e venne preparato grazie ad una memoria stesa dai due matematici coinvolti, Pietro Ferroni per la Toscana e appunto egli stesso per il papa, con l’aiuto di due gruppi di ingegneri coordinati da Giuseppe Salvetti per il granduca e da Andrea Vici e Domenico Sardi per il papa. L’intesa della fine 1780 ed inizio 1781 fu suggellata da alcuni lavori idraulici decisi di comune accordo ed seguiti dal nostro matematico fino al 1783, come la deviazione del torrente Tresa e di un altro corso d’acqua minore, nell’area toscana, dal Tevere al Lago di Chiusi, e come la costruzione di un “argine di separazione” che impedisse ulteriori sconfinamenti verso il Tevere, e quindi verso Roma, delle acque della Chiana (volume Concordato del 1780 fra Pio VI e Pietro Leopoldo intorno alla Bonifica delle Chiane nei territori di Città della Pieve e Chiusi, edito a Firenze dallo stampatore Cambiagi nel 1788) (Salvadori, 1994, p. 174; e Di Pietro, 2005, pp. 129-132).
Nell’inviare al papa il testo del Concordato, Fantoni lo corredò di un’ampia Relazione della visita fatta l’anno 1780 dalli deputati pontifici, e toscani nella pianura di Val di Chiana, datata 24 novembre 1780 e conservata nell’Archivio di Stato di Roma.
Contemporaneamente all’affare della Chiana, Fantoni svolse altre commissioni di minore importanza al servizio del governo pontificio. Ad esempio, nel 1781 fu incaricato dal Tribunale della Sacra Ruota di studiare e descrivere un altro acquitrino del Lazio costiero, quello di Maccarese (con relazione edita nel 1783), e svolse un’ispezione nel territorio marchigiano di Jesi dove, sotto la sua direzione, venne costruito “un pubblico mulino” (memorie e corrispondenza in ASR, Congregazione delle Acque e Paesi-Chiane, n. 87).
Nel 1785, urtatosi con il governo pontificio, abbandonò Roma e si trasferì a Pisa.
Col tempo si fece conoscere dal granduca Pietro Leopoldo e dai suoi collaboratori e finì con l’entrare al servizio del governo toscano, occupandosi delle bonifiche di Bientina, della Maremma e della Valdichiana, oltre che di lavori idraulici all’Arno tra Firenze e Pisa.
Nel 1786, fu richiesto di parere sulla sistemazione delle acque della zona umida di Bientina che da decenni era oggetto di accese controversie tra i due Stati da cui dipendeva: il Granducato e la Repubblica di Lucca. Fantoni si trovò davanti a ben otto progetti, il più quotato dei quali era quello del da poco defunto Ximenes, ove si prevedeva l’escavazione di canali dalla parte del lago di Massaciuccoli e di Viareggio per condurre le acque bientinesi al mare. L’anno successivo, invece, Fantoni propose una diversa soluzione che si richiamava ad un’ipotesi già avanzata da Perelli, vale a dire l’escavazione di una botte che sottopassasse l’Arno e, con un canale appositamente scavato, avviasse le acque bientinesi – come poi avverrà subito dopo la metà del XIX secolo, ad opera di Alessandro Manetti – al Tirreno in località Calambrone presso Livorno.
La commissione di Bientina dovette soddisfare pienamente il granduca perché gli incarichi al Fantoni si fecero numerosi: in quello stesso anno e fino al 1789-90, tra le altre cose, il matematico bolognese si occupò infatti del restauro e dell’adattamento del Canale dei Navicelli fra Livorno e Pisa (con la costruzione del "sostegno" alla pisana Porta a Mare), e della ricostruzione del Callone sull’Arno detto di Castelfranco di Sotto; il tutto, nel bel mezzo di una riuscita missione sul Mincio a Mantova.
L’affare più impegnativo fu senz’altro quello legato alla complessa sistemazione e bonifica del lago di Castiglione della Pescaia che aveva visto il sostanziale fallimento del grandioso tentativo di Ximenes (1766-81), e intorno alla quale anche il di lui sostituto Pietro Ferroni non era stato in grado di ottenere risultati apprezzabili con la sperimentazione delle colmate.
Accompagnato dagli ingegneri Salvetti e Piazzini, Fantoni effettuò un’accurata visita della pianura di Grosseto nei mesi di aprile e maggio 1788. Il 28 dicembre 1788 scrisse da Pisa, per il granduca Pietro Leopoldo, le dettagliate Memorie per la bonifica del Lago di Castiglione che vennero stampate solo nel 1859. Dopo una ricostruzione storica della vicenda bonificatoria e un’analisi fisico-ambientale dell’area, il nostro scienziato arrivò a prefigurare la possibilità di quattro tipi di interventi sulla zona umida: bonifica integrale oppure bonifica parziale per colmata con utilizzazione di tutte o di parte delle acque dell’Ombrone, come suggerito da Ferroni, ma da derivare in luogo più alto e precisamente alle Bucacce, riduzione della zona umida a valle da pesca come quella di Comacchio, come già suggerito dall’ingegnere perugino Serafino Calindri, ringiovanimento della zona umida mediante la realizzazione di un complicato sistema di canali secondo l’orientamento di Ximenes. Non mancò di ritenere ideale la prima ipotesi di eliminazione generale dell’acquitrino mediante le torbide dell’Ombrone, ma si preoccupò di raccomandare cautela sia per gli alti costi monetari richiesti dalla lunga operazione, sia per gli effetti negativi di ordine sanitario che ne sarebbero derivati per gli abitanti della pianura.
Nel 1789, nella stessa area palustre, provvide alla correzione dello ximeniano Fosso Navigante.
Nell’estate 1790, Fantoni fu incaricato da Pietro Leopoldo (che aveva già lasciato la Toscana e siedeva sul trono imperiale a Vienna) di arbitrare la controversia insorta tra Fossombroni e Ferroni sulla bonifica della Valdichiana. Ferroni proponeva l’abbassamento sia del regolatore di Valiano di poco più di mezzo metro e sia della Chiusa dei Monaci (nella quale si chiedeva pure di praticare un’apertura o calla per il passaggio delle barche), mentre Fossombroni si dichiarava contrario ad entrambe le proposte ferroniane, convinto com’era della soluzione finale da perseguire mediante la colmata generale.
Lo scienziato bolognese compì una visita minuziosa della valle nel giugno 1790 in compagnia dell’ingegner Giovanni Franceschi, al termine della quale sostenne sostanzialmente le tesi fossombroniane, pur con qualche concessione relativa all’abbassamento della Chiusa dei Monaci. Questo parere è contenuto nella memoria edita nel 1791, ossia Relazione della visita fatta per ordine di S.M.I. Leopoldo II dal matematico canonico Pio Fantoni nel mese di giugno MDCCXC al Canal Maestro di Val di Chiana e considerazioni sopra il nuovo progetto di abbassare il regolatore di Valiano comprensiva di alcune tavole di scandagli e sezioni (Gabellini, 1987, pp. 151-152; e Di Pietro, 2005, pp. 136-139).
I rapporti con il nuovo granduca Ferdinando III non furono buoni e probabilmente questo giustifica l’ostracismo (“nella solitudine del suo gabinetto”) in cui venne tenuto il matematico, che fu costretto a tornare ai suoi studi accademici e persino a trasferirsi a Bologna per la sua palese adesione agli ideali della Rivoluzione francese.
Membro della fiorentina Accademia dei Georgofili, il 7 settembre 1796 e il 6 settembre 1797 vi lesse due memorie, rispettivamente Della pendenza, che esigono le acque correnti, e Dell’alzamento del fondo del mare.
La situazione cambiò con l’avvento dei francesi nel 1799 e soprattutto con la fondazione nel 1801 del Regno d’Etruria affidato ai Borbone.
Per i francesi, Fantoni svolse dapprima alcuni lavori topografici in Toscana necessari al progetto di suddivisione della regione in cantoni e dipartimenti e poi, chiamato a Milano dalla Repubblica Italiana, fece parte della sua Commissione Idraulica con tanto di ricca pensione che gli consentì di trascorrere con tranquillità gli ultimi anni della vita.
In ogni circostanza, e sotto ogni padrone, il canonico Fantoni assolse i suoi impegni con spirito laico e illuminato, con competenza e scrupolo, equilibrio e passione.
Riguardo alla cartografia, c’è da credere che un po’ in tutte le committenze idrauliche svolte, anche Fantoni – come era abitudine dei matematici del suo tempo – abbia provveduto a rilevare direttamente o più facilmente in modo indiretto tramite la direzione delle operazioni, grazie agli ingegneri che affiancavano obbligatoriamente lo scienziato, rappresentazioni cartografiche come profili e mappe che allo stato attuale non è stato però possibile individuare.

Produzione di cartografia manoscritta:
Riguardo alla cartografia, il contributo fantoniano si misura con:
le tavole che accompagnano la memoria Esame dei progetti relativi allo scolo del Lago di Bientina fatto di ordine di S. A. R. Pietro Leopoldo, 25 agosto 1787, con nove figure fra profili e livellazioni dal titolo generale Andamento dell’Emissario del Lago fino al Calambrone. Sue sezioni. Disegno della Botte (AAADF, Fondo Manetti, Cat. E.12: Bencivenni, 1984, pp. 81-82), e la Memoria Fantoni con disegni relativi all’essiccamento del Padule di Bientina, con 12 figure e profili del nuovo emissario in progetto sulla sinistra dell’Arno, il tutto trasmesso al Manetti da Roberto Bombicci nel 1828. Tra queste figure anche le mappe a stampa: Mappa delle campagne, laghi, paludi lucchesi e toscane dell’Arno presso Montecchio e San Giovanni alla Vena fino al Littorale di Viareggio, con l’indicazione della Linea di un nuovo Canale, da nominarsi il Nuovo Ozzeri, disegno di Michele Xaverio Flosi e incisione di Bartolomeo Nerici, che evidenzia con penna rossa e verde i diversi tracciati del canale secondo Anton Maria Lorgna e Leonardo Ximenes; e il Profilo generale del Nuovo Ozzeri che incomincia dal Lago di Sesto e passando per la pianura lucchese al di sotto dell’alveo del Serchio per la foce di Barbano, Lago Maciuccoli e Fosse Quindici, Trogola e Burlamacca giunge al mare di Viareggio, disegno di Rocco Francesconi; la Livellazione della parte destra dell’Arno tra lo scolo del Giuntino e la foce della Zambra, disegno di Stefano Piazzini, giugno 1786; e la Livellazione del Canale Imperiale dal Lago di Bientina all’Arno con l’intero corso dell’Antifosso d’Arnaccio, della Fossa Chiara e del Calambrone fino a Livorno, Francesco Bombicci, 1786 (AAADF, Fondo Manetti, Cat. E.3: Bencivenni, 1984, pp. 77-78 e 81-82);
le tavole che corredano le sue memorie sulla bonifica del Lago di Castiglione del 1788 (stampate solo nel 1859, con il corredo della carta topografica aggiornata della grande zona umida e dei suoi contorni costruita da Ximenes nel 1758-59, intitolata Carta topografica generale del Lago di Castiglione e sue adiacenze fino alla radice de’ Poggi);
le tavole presenti nella memoria sulla Valdichiana edita nel 1791 (due tavole di sezioni e scandagli del Canale Maestro e di quello delle Chiarine);
la collaborazione – prodotta insieme al Ferroni e ai rispettivi aiutanti – al volume Concordato del 1780 fra Pio VI e Pietro Leopoldo intorno alla Bonifica delle Chiane nei territori di Città della Pieve e Chiusi, edito a Firenze dallo stampatore Cambiagi nel 1788, per celebrare lo storico accordo di confinazione fra i due Stati del 1780: l’opera è illustrata da varie piante e profili di livellazione, fra cui spicca la Pianta della Pianura di Valdichiana posta tra il Callone Pontificio e il Lago di Chiusi che comprende ancora un tratto del Fiume Tresa colla campagna adiacente fino alla confluenza del Torrente Maiano in scala 1:8000.

Produzione scientifica

Opere a stampa: Nuovo real progetto che libera ed assicura le tre provincie di Bologna, di Ferrara e di Ravenna dalle inondazioni, Bologna, Longhi, 1760;
Della inalveazione de’ fiumi del Bolognese e della Romagna, Roma, Pagliarini, 1766;
Parere del signor canonico P. Fantoni, in Del porto di Rimino. Lettera di un riminese ad un amico di Roma coll’appendice di documenti, Roma, Appresso il Bernabò e Lazzerini, 1768, pp. 33-45;
Relazione del già seguito disseccamento dell’antica palude denominata il Paglieto, Roma, Lazzerini, 1778;
Relazione della visita fatta per ordine della Sagra Ruota negli scorsi mesi di febbraio e marzo del corrente anno 1781 a Campo Salino, alle sue adiacenze ed allo stagno Maccarese, Roma, s.i.t., 1783;
Relazione della visita fatta per ordine di S.M.I. Leopoldo II dal matematico canonico Pio Fantoni nel mese di giugno MDCCXC al Canal Maestro di Val di Chiana e considerazioni sopra il nuovo progetto di abbassare il regolatore di Valiano, Firenze, Cambiagi, 1791;
Memorie compilate per S.A. il Granduca Leopoldo I dal matematico canonico Pio Fantoni sul Bonificamento della pianura grossetana nell’anno 1788, in SALVAGNOLI MARCHETTI A., Rapporto a S.E. il Presidente del R. Governo della Toscana sul Bonificamento delle Maremme Toscane dal 1828 al 1859, Firenze, Tipografia delle Murate, 1859, doc. XIII, pp. 142-211.
Della pendenza che esigono le acque correnti ne’ fondi dei canali e de’ fiumi, acciò restino sicuri per questa parte i lavori, e i prodotti dell’agricoltura, “Atti dell’Accademia dei Georgofili”, IV (1801), pp. 189-200;
Dell’alzamento del fondo del mare e delle triste conseguenze che da ciò possono derivare all’agricoltura, “Atti dell’Accademia dei Georgofili”, IV (1801), pp. 287-315;
Opere manoscritte: Relazione della visita fatta l’anno 1780 dalli deputati pontifici, e toscani nella pianura di Val di Chiana, datata 24 novembre 1780, conservata in ASR; Relazione del lago di Castiglione della Pescaia, 1788, in ASF, Segreteria di Gabinetto, f. 229, ins. 3h;
Esito che avrà l’inalveazione delle torbide del Bolognese nel Cavo Benedettino e nel Primario, s.d. ma 1760, in ASF, Segreteria di Gabinetto, f. 229, ins. 3h;
Esame dei progetti relativi allo scolo del Lago di Bientina fatto di ordine di S. A. R. Pietro Leopoldo, 25 agosto 1787, con figure dal titolo generale Andamento dell’Emissario del Lago fino al Calambrone. Sue sezioni. Disegno della Botte (AAADF, Fondo Manetti, Cat. E.12);
Memoria Fantoni con disegni relativi all’essiccamento del Padule di Bientina, 1787 (AAADF, Fondo Manetti, Cat. E.3: Bencivenni, 1984, pp. 77-78 e 81-82).

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Salvadori, 1988; Salvadori, 1994, pp. 195-214; Gabellini, 1987, pp. 151-152; Caciagli, 1984, pp. 76-77; Melis, 1996, p. 252; Barsanti, Bonelli Conenna e Rombai, 2001, p. 42; Di Pietro, 2005, pp. 129-139; Toccafondi, DBI, ad vocem; Bencivenni, 1984; ASR, Congregazione delle Acque e Paesi-Chiane; ASF, Segreteria di Gabinetto; AAADF.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai

Falleri, Salvatore

Salvatore Falleri
N.
M.

Relazioni di parentela: Figlio o nipote di Antonio

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Ingegnere

Biografia:

Produzione scientifica:
Nel 1774 disegnò la Pianta dimostrativa il circondario appartenente alla giurisdizione della Macelleria del Piano e i popoli inclusi in detto circondario, che inquadra un piccolo territorio posto tra Firenze, l’Arno e l’Ema (ASF, Miscellanea di Piante, n. 658).
Il 22 dicembre 1777 stese una relazione per rialzare gli argini del torrente Agna nella pianura di Prato (ASF, Mannelli Galilei Riccardi, f. 439, ins. 46).
Nel 1780 realizzò la Pianta del Podere di Montifanna di Sotto posto nel Popolo di S. Michele a Muscoli... nel territorio fiesolano, di proprietà dello Spedale di S. Maria Nuova, allivellato al Sig. Giuseppe Bartolozzi (il disegno è in ASF, S. Maria Nuova, f. 707).
Pare che nel 1798 abbia eseguito un Cartone dell'Imposizione del Fiume Magra: nel 1836, ad opera dell'Ingegner Cesare Cappelli, per conto della Camera di Soprintendenza Comunitativa di Pisa, fu copiata una pianta estratta da tale raccolta (la copia è in ASP, Camera di Soprintendenza Comunitativa, f. 635).
Nel 1811 era responsabile dei lastrici e fogne della Comunità di Firenze, dove dal 1815 al 1817 fu anche attivo come architetto.

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:
Il 22 dicembre 1777 stese una relazione per rialzare gli argini del torrente Agna nella pianura di Prato (ASF, Mannelli Galilei Riccardi, f. 439, ins. 46).
Nel 1780 realizzò la Pianta del Podere di Montifanna di Sotto posto nel Popolo di S. Michele a Muscoli... nel territorio fiesolano, di proprietà dello Spedale di S. Maria Nuova, allivellato al Sig. Giuseppe Bartolozzi (il disegno è in ASF, S. Maria Nuova, f. 707).
Pare che nel 1798 abbia eseguito un Cartone dell'Imposizione del Fiume Magra: nel 1836, ad opera dell'Ingegner Cesare Cappelli, per conto della Camera di Soprintendenza Comunitativa di Pisa, fu copiata una pianta estratta da tale raccolta (la copia è in ASP, Camera di Soprintendenza Comunitativa, f. 635).
Nel 1811 era responsabile dei lastrici e fogne della Comunità di Firenze, dove dal 1815 al 1817 fu anche attivo come architetto

Bibliografia:
Cresti e Zangheri, 1978, p. 91; Rombai, 1983, p. 216; Rombai, a cura di, 1990, p. 114; Barsanti e Rombai, a cura di, 1994, p. 163; ASF, S. Maria Nuova; ASF, Miscellanea di Piante; ASP, Camera di Soprintendenza Comunitativa; ASF, Piante dello Scrittoio delle RR. Possessioni.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai

Eegat, Francesco Antonio

Francesco Antonio Eegat
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:
Nel 1760, il granduca imperatore Francesco Stefano di Lorena incaricò il tecnico Eegat (che si firma come "Geometra di Sua Maestà Cesarea", ossia lo stesso sovrano lorenese) di trasferirsi da Vienna nella Maremma toscana, e precisamente nell’ampio quadrante delle Colline Metallifere fra Volterra e Massa Marittima, per cartografarvi le aree minerarie reali o potenziali che potevano essere meglio conosciute grazie alla presenza di impianti ancora attivi o di resti di antiche coltivazioni: ciò che il tecnico non mancò di fare come dimostrano le puntuali ed efficaci quattro rappresentazioni topografiche manoscritte acquerellate in lingua tedesca, datate tra il 1760 e il 1765.
Le carte raffigurano in dettaglio, con disegno raffinato, la vasta area massetana (con la fonderia e la miniera di rame di Cagnano-Carbonaie qualche anno prima diretta da Giovanni Arduino, i pozzi e le discariche di antiche coltivazioni di Campo Chinandoli, Carbone, Sant’Ansoni, Boccheggiano, Zeriota, Monte Gajo, Monte Sirigajo, Fonte Grilli, Poggio del Montone e Serrabottini), l’area di Monterotondo Marittimo (con gli impianti quattrocenteschi della cava e fonderia dell’allume del fosso Risecco al Frassine), l’area di Montecatini Val di Cecina (con la miniera e fonderia del rame di Radivena e Santa Croce) e l’area di Querceto (con i pozzi della Steccaia).

Produzione scientifica:

Produzione di cartografia manoscritta:
Carta topografica del territorio compreso tra Montieri, Boccheggiano, Prata e Massa Marittima con l’indicazione dei giacimenti minerari antichi e moderni;
Pianta e veduta della miniera e dell’opificio dell’allume di Monterotondo Marittimo;
Pianta e veduta della miniera e dell’opificio di rame situato nel territorio di Montecatini Val di Cecina;
Pianta e veduta di giacimenti minerari situati nel territorio di Querceto (tutte conservate in ASF, Miscellanea di Piante, n. 29/a, 29/b, 29/c, 29/d).

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Francovich e Rombai, 1990; Rombai e Vivoli, 1996; Rombai, Toccafondi e Vivoli, 1987, pp. 70-71; Riparbelli, 1989, p. 105; ASF, Miscellanea di Piante.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai

De Greyss, Benedetto Felice

Benedetto Felice De Greyss
N.
M.

Relazioni di parentela: Antonino Fortunato e Benedetto Felice erano figli di Francesco, di famiglia di origine tedesca, ambedue religiosi dell'Ordine dei Frati Predicatori Domenicani

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:

Produzione scientifica:
Benedetto è noto per la tecnica del "tocco in penna", consistente nel ripassare con una sottile penna inchiostrata i contorni di un disegno, in modo tale da renderlo simile ad una incisione. Grazie alla sua particolare abilità in questo campo, nel 1749 egli ottenne l'incarico, da parte dell'allora granduca di Toscana Francesco Stefano di Lorena (all'epoca residente a Vienna), di realizzare un inventario figurato della Galleria degli Uffizi, sulla base di un'opera redatta per la Pinacoteca di Vienna nel 1735. Benedetto si dedicò con grande perizia a questa operazione coordinando un gruppo di disegnatori, ma il lavoro procedette con estrema lentezza e proseguì ben dopo la sua morte avvenuta il 15 aprile 1759 a Venezia, mentre transitava per quella città diretto a Vienna per mostrare all'imperatore i suoi lavori (i volumi completati sono conservati al GDSU e, in parte, nella Biblioteca Nazionale di Vienna). Sappiamo che Benedetto si dedicò anche all'incisione, ma non ci è nota nessuna opera cartografica.

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Archivio di Stato di Firenze, 1991, pp. 124-129; Rombai e Ciampi, 1979, p. 104; Barsanti e Rombai, 1987, p. 240; Bonelli Conenna, a cura di, 1997, p. 29; Rombai, 1987, p. 305; BMF, Manoscritti Bandini; ASS; SUAP, RAT.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai

De Greyss, Antonino Fortunato

Antonino Fortunato De Greyss
N.
M.

Relazioni di parentela: Antonino Fortunato e Benedetto Felice erano figli di Francesco, di famiglia di origine tedesca, ambedue religiosi dell'Ordine dei Frati Predicatori Domenicani

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Disegnatore e incisore

Biografia:

Produzione scientifica:
Benedetto è noto per la tecnica del "tocco in penna", consistente nel ripassare con una sottile penna inchiostrata i contorni di un disegno, in modo tale da renderlo simile ad una incisione.
Antonino Fortunato, anche lui abile disegnatore, si specializzò invece nell'arte della miniatura e nel disegno delle carte geografiche.
Nel 1772 e 1774 realizzò una carta manoscritta dello Stato Senese in due diversi fogli e alla scala approssimativa di 1:100.000: la Carta Topografica della Provincia Inferiore dello Stato di Siena in Toscana... e la Carta Topografica della Provincia Superiore dello Stato di Siena... (ambedue in SUAP, RAT 239 e 240; due prodotti analoghi sono anche in ASS, incorniciati nel corridoio principale di accesso alla sala di consultazione). Quanto alla configurazione d’insieme e ai contenuti topografici (ripartizione amministrativa in province, insediamenti, strade e idrografia), queste due figure non si segnalano particolarmente rispetto ai prodotti coevi dei cartografi granducali: semmai De Greyss aggiunge di suo non poche annotazioni di ordine storico-topografico e archeologico per sedi umane e vie di comunicazione, indicando altresì innumerevoli opifici e miniere (Rombai e Ciampi, 1979, p. 104; Archivio di Stato di Firenze, 1991, pp. 124-127).
Nel 1776 disegnò un'altra carta manoscritta dal titolo Descrizione delle Provincie del Casentino, e del Mugello; della Romagna del Gran Ducato di Toscana; del Territorio Aretino; del Piano di Cortona; e del corso di tutta la Chiana... (in SUAP, RAT 241; una copia è in BMF, Manoscritti Bandini B.I.19.1), che appare degna di maggiore apprezzamento anche perché – come leggesi nel lungo titolo – “il tutto” fu “disegnato in faccia dei luoghi”: infatti nell’ampia area inquadrata si riportano le principali sedi umane e strade (Archivio di Stato di Firenze, 1991, pp. 128-129).
Nel 1787, una copia di tale carta fu richiesta all'autore dal canonico ed erudito Angelo Maria Bandini per utilizzarla nel suo Odeporico del Casentino rimasto però inedito in quella biblioteca fiorentina.
Antonino si cimentò in produzioni di maggiore impegno quali le carte corografiche della Toscana. Pare addirittura che già nel 1747 avesse disegnato una prima versione della rappresentazione, cui continuò a lavorare finché, nel 1789, offrì inutilmente in vendita al granduca il prodotto finito (Rombai, 1987, p. 305): una grande carta manoscritta della Toscana che l’autore di questa scheda ha avuto modo di vedere e che risulta essere attualmente posseduta da un collezionista fiorentino.
In seguito, su incarico dei rispettivi vescovi, lavorò alle rappresentazioni delle diocesi di Pisa, Arezzo, Pistoia e Prato: sull'ubicazione attuale di tali carte non si hanno notizie.
C’è infine da sottolineare il fatto che il padre Degreyss è ricordato da Ximenes come autore di un’altra carta ora non reperibile (ma che fu posseduta dallo stesso matematico): la Pianta del Dominio e distretto della Città di Montepulciano (Barsanti e Rombai, 1987, p. 240).
Che De Greyss abbia avuto rapporti diretti con l’amministrazione lorenese è dimostrato dalla presenza nel praghese Archivio Lorena (SUAP, RAT, Petr Leopold, ms. 8, cc. 90-95) di una perizia su Castiglione della Pescaia redatta proprio da padre Antonino “da Siena, Convento di S. Spirito 7 gennaio 1773” (Bonelli Conenna, a cura di, 1997, p. 29).

Produzione di cartografia manoscritta:
Carta Topografica della Provincia Inferiore dello Stato di Siena in Toscana..., 1772-74, e Carta Topografica della Provincia Superiore dello Stato di Siena [...], 1772-74 (in SUAP, RAT 239 e 240; e in ASS, in cornice nel corridoio principale);
Descrizione delle Provincie del Casentino, e del Mugello; della Romagna del Gran Ducato di Toscana; del Territorio Aretino; del Piano di Cortona; e del corso di tutta la Chiana... (in SUAP, RAT 241; e BMF, Manoscritti Bandini B.I.19.1).

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Archivio di Stato di Firenze, 1991, pp. 124-129; Rombai e Ciampi, 1979, p. 104; Barsanti e Rombai, 1987, p. 240; Bonelli Conenna, a cura di, 1997, p. 29; Rombai, 1987, p. 305; BMF, Manoscritti Bandini; ASS; SUAP, RAT.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai