Archivi tag: Leonardo Rombai

De Baillou, Giuseppe

Giuseppe De Baillou
N.
M.

Relazioni di parentela: Fu padre di Giovanni

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:

Produzione scientifica:
Come colonnello del Genio Militare lorenese (vi entrò nel 1739), Giuseppe, barone della S. R. I., finì col ricoprirvi l'incarico di direttore generale dell'artiglieria e delle fortificazioni toscane (Carranza, in DBI, ad vocem).
Nel 1765, quando da un lustro era Provveditore alle Fortificazioni del Granducato di Toscana, fu incaricato, insieme al capitano Eoduard Warren e all'architetto pistoiese Romualdo Cilli, di progettare un piano di fabbricazione per un nuovo insediamento nel quartiere di S. Jacopo a Livorno; a tal fine Giuseppe e il Warren realizzarono una pianta del nuovo sobborgo previsto a Ponente, mentre il Cilli presentò un progetto da eseguirsi a Levante (soluzione che verrà poi adottata). La soluzione Warren-de Baillou prevedeva un impianto planimetrico a scacchiera con tipologie edilizie "a schiera" (in ASF, Scrittoio delle Regie Fabbriche, f. 266, n. 274).
Nella relazione della gita a Livorno dell’aprile 1774, il Granduca si lamentò apertamente della situazione del corpo militare, sottolineando: “nel corpo del Genio il colonnello Baillou non vuole far niente e si lascia dominare dal segretario Naccherelli e tenente Borsi, incapaci e venduti agli impresari”, tanto da proporre di “levare gli ingegneri al Baillou e mettervi per capo il Fazzi” (Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, III, 1974, pp. 296-297).

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, III, 1974, pp. 296-297; Biagioli, 1975, pp. 19-21, 43 e 52; Cresti e Zangheri, 1978, p. 74; Rombai, 1987, pp. 383-384; Rombai, 1989, pp. 22-24 e 51-52; Rombai, 2001, p. 48; Rombai, 1993, pp. 123 e 155-157 e 370; Rombai, 1990, pp. 178-180; Toccafondi e Vivoli, 1993, pp. 241-242; Barsanti, a cura di, 1992, p. 47; Archivio di Stato di Firenze, 1991, pp. 120-121; Pera, 1867, pp. 317-321; Rombai e Torchia, 1994, p. 127; Caciagli e Castiglia, 2001, pp. 127 e 661; Belcari, 2003, p. 236; Carranza, in DBI, ad vocem; Targioni Tozzetti, 1780, III; AOXF, Carte Giovanni Inghirami, da numerare; BNCF, Nuove Accessioni; SUAP, RAT; ASF, Soprintendenza alla Conservazione del Catasto poi Direzione Generale delle Acque e Strade; ASF, Segreteria di Finanze; ASF, Prefettura dell’Arno; ASF, Manoscritti; ASF, Acquisti diversi; ASF, Depositeria Generale, Parte antica; ASF, Scrittoio delle Regie Fabbriche.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Anna Guarducci e Leonardo Rombai

De Baillou, Giovanni

Giovanni De Baillou
N. Livorno 25 agosto 1758
M. Firenze 27 giugno 1819

Relazioni di parentela: Il nonno Giovanni fu anche membro dell'Accademia Toscana di Scienze e Lettere "La Colombaria"; ed è proprio dagli "Atti e Memorie" di questa società (I, 1747, pp. 153-238) che traiamo la notizia di un suo impegnativo studio (non si sa se pubblicato, comunque presentato nel 1747) dal titolo Trattato Universale delle pietre preziose, metalli, minerali e altri fossili.
Il nostro Giovanni fu figlio d’arte, perché il padre, barone Giuseppe, nel 1739 entrò nel corpo del Genio militare costituito dal primo granduca lorenese, Francesco Stefano, fino a ricoprirvi l'incarico di direttore generale dell'artiglieria e delle fortificazioni, con il grado di colonnello.

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:
Nacque a Livorno il 25 agosto 1758 da una nobile famiglia francese o lorenese che si era trasferita prima a Milano, al servizio della casa d'Austria, poi a Parma e quindi a Firenze, allorché tra gli anni ’20 e ‘30 il granduca Gian Gastone dei Medici, su suggerimento del naturalista toscano Pier Antonio Micheli, nominò Giovanni de Baillou (nonno del nostro Giovanni) direttore della Reale Galleria (Targioni Tozzetti, 1780, III, p. 236).
Morì a Firenze il 27 giugno 1819.

Produzione scientifica:
Entrato nei pubblici uffici fiorentini, fece parte di quel gruppo di funzionari toscani che, sotto il governo illuminato del sovrano Pietro Leopoldo di Lorena, contribuirono alla realizzazione di un vasto e capillare progetto di riforma che, nella seconda metà del XVIII secolo, doveva mutare il volto della Toscana.
Nella pratica, Giovanni collaborò fattivamente con il senatore Francesco Maria Gianni al riordinamento dei regolamenti delle comunità e ad altre riforme civili.
Nel 1801, divenuta la Toscana Regno d'Etruria governato da Ludovico di Borbone, il Nostro fu uomo di spicco del nuovo governo filo-francese: venne infatti nominato alla carica di "Primo Geografo del Regno" (in tale carica sarà poi confermato nel 1807 da Napoleone come “geografo imperiale”).
E infatti Giovanni fu operoso geografo (dimostrando interesse per il lavoro sul terreno e per i documenti del passato, per le scienze della natura e per la statistica) e originale cartografo: fu posto a capo del Bureau Géographique de Toscane (cfr.), della cui fondazione egli stesso si occupò, e che sarà confermato anche durante l’annessione all’Impero, almeno fino al 1811.
Nel 1807, come geografo dello Stato, aveva una provvisione annua di 5040 lire (ASF, Depositeria Generale, Parte antica, 1648 (II), ins. 61: “Ruolo dello Scrittoio Geografico pagabile dall’Imperiale Depositeria il di 26 Dicembre 1807”).
De Baillou, a quanto risulta dai pochi documenti disponibili, dedicò buona parte della sua vita di tecnico statale e di studioso sul terreno (servendosi di rilevamenti geodetici e topografici e di indagini naturalistiche) alla costruzione della carta geografica della Toscana, che non venne però mai ultimata e consegnata alla stampa.
Di questa carta manoscritta della Toscana conosciamo la versione del 1804 in scala di 1:460.000 (oggi conservata in SUAP, RAT 37).
La rappresentazione, sia pur ancora lontana dalla perfezione (essendo costruita solo in parte con il metodo geodetico e con operazioni trigonometriche), appare tutto sommato un buon prodotto d'impostazione planimetrica, assai migliore di quelli tardo-settecenteschi. La carta riporta infatti contenuti topografici aggiornati riguardo al quadro degli insediamenti (compresi quelli nuovi, essenzialmente militari, costruiti nella seconda metà del XVIII secolo) e dell'assetto amministrativo, con speciale ricchezza dei toponimi anche territoriali.
Il disegno inquadra l'ampio territorio compreso tra Parma e Civitavecchia con la costiera adriatica romagnolo-marchigiana (Rombai, 1993, pp. 155-157; Archivio di Stato di Firenze, 1991, pp. 120-121).
La rappresentazione continuò ad essere perfezionata dall’autore fino alla morte, avvenuta a Firenze il 27 giugno 1819.
Dopo il decesso del De Baillou, fu venduta insieme ad altre geo-carte dagli eredi (precisamente dal figlio Giovanni Gualberto) al governo lorenese.
Di sicuro, la rappresentazione toscana manoscritta di Giovanni subito dopo la sua redazione fu inoltrata dall'autore stesso al Deposito della Guerra di Milano e servì per la costruzione della celebre Carta militare del Regno d'Etruria e del Principato di Lucca, incisa da Gaudenzio Bordiga e stampata a Milano nel 1806 (Rombai, 1987, pp. 383-384; Rombai, 1990, pp. 178-180, e 1993, pp. 123, 155-157 e 370).
E’ da sottolineare il fatto che De Baillou è autore pure della Pianta della città di Firenze, incisa da Giuseppe Canacci e pubblicata a Firenze dall’editore Molini Landi nel 1808. E’ una pianta colorata che – utilizzando le grandi planimetrie settecentesche del Ruggieri e del Magnelli – si distingue dalle altre coeve per la notevole precisione del tessuto edilizio cittadino con la divisione in sestieri o “giudicature di pace” istituite dal governo francese (Barsanti, a cura di, 1992, p. 47).
Ci resta di Giovanni pure un disegno a stampa con profonda cornice vedutistica, la Veduta del nuovo quartiere di ritirata annesso al Real Palazzo di Pitti (in BNCF, Nuove Accessioni, VI, 27), incisa da Aniello Lamberti nei primi anni '80 del XVIII secolo. E’ una veduta parziale del noto palazzo fiorentino, Palazzo Pitti, con rappresentazione di alcuni nuovi ambienti (progettati dall'architetto Gaspero Maria Paoletti), con nello sfondo la conca fiorentina delimitata dalle colline punteggiate di edifici anche monumentali: si distinguono, infatti, nella parte nord le ville della Petraia, di Castello e di Doccia.
Come geodeta e cartografo, Giovanni intraprese, insieme e forse in emulazione con il Barone Francesco Saverio De Zach, misurazioni astronomiche, altimetriche e trigonometriche per dare basi scientifiche alle operazioni catastali approvate, in Toscana, prima da Ludovico di Borbone Parma, re d'Etruria, nel 1802 e, nuovamente e questa volta con reale attuazione delle operazioni, tra il 1807 e il 1808, da Napoleone allorché quel Regno venne annesso all'Impero di Francia.
Egli procedette pure al rilevamento altimetrico delle montagne toscane: i dati raccolti verranno utilizzati da Emenauele Repetti nel suo Dizionario (ad esempio, vedi: Rufina in Val di Sieve e altre voci, voll. IV e V, pp. 841-842 e pp. 397-399 rispettivamente).
Giovanni fu infatti tra i principali artefici (anche se non mancò di esprimere critiche) del catasto napoleonico; e, al tempo della Restaurazione (essendo le operazioni rimaste incomplete per la fine della dominazione francese), non mancava di suggerire di proseguire i lavori catastali previa la necessaria istruzione di buoni agrimensori sotto la guida dell'Inghirami (Biagioli, 1975, pp. 19-21; Rombai, 1987, pp. 383-384; Rombai, 1993, pp. 123 e 155-157; Toccafondi e Vivoli, 1993, pp. 241-242).
Tra il 1808 e il 1809 il Nostro scienziato effettuò una campagna di operazioni trigonometriche e altimetriche (queste ultime mediante osservazioni barometriche svolte con un "nuovo apparecchio di Borda costruito da Senior") tra il Fanale di Livorno, la Torre pendente di Pisa e il Monte della Verruca, con progetto di proseguimento dei triangoli fino a Firenze e alla base misurata proprio allora dal De Zach, in evidente leale emulazione con l'astronomo tedesco. Queste operazioni geodetiche – di cui l’autore dette conto in una memoria letta ai Georgofili nel 1814 – erano funzionali all'inquadramento del catasto francese e all'assicurazione delle indispensabili basi geometriche della carta geografica della Toscana (ASF, Segreteria di Finanze, f. 2403, n. 27).
Vale la pena di rilevare che, in una lettera del 22 marzo 1808 all’illuminista e antico collaboratore pietroleopoldino Francesco Maria Gianni (appellato come “Maestro”), Baillou esprime un giudizio fortemente critico sul sistema catastale che si stava per imporre dai francesi perché temuto come "rovinoso" per le sorti dell’agricoltura toscana. Tuttavia, dopo l'avvio della catastazione napoleonica, spettò proprio al Baillou, al fine di agevolare le operazioni metriche, studiare la questione della razionalizzazione dei confini e soprattutto della eventuale scomposizione in unità di minor superficie (i comunelli o parrocchie) delle grandi comunità toscane create con la riforma del 1774. In proposito, il nostro geografo – dopo aver rilevato la insufficiente conoscenza geografica della regione anche per la mancanza di buone cartografie, e dopo aver comunque svolto approfondite ricerche geografico-statistiche sul terreno – anche in una memoria al prefetto del Dipartimento dell’Arno del 14 giugno 1810 (ASF, Prefettura dell’Arno, f. 485, ins. Dépot de mendicité. Memoria dell’ingegner Jean de Baillou a S.E. il Barone Fauchet, 14 giugno 1810) – espresse con piena ragione un parere negativo per l'impossibilità "di considerare i comunelli come semplici sottomultipli dei comuni", dal momento che in molte di queste circoscrizioni minime di campagna vivevano pochi abitanti e per di più quasi solo mezzadri o braccianti, ceti sociali inadeguati a reggere le redini dei governi locali. Meglio era dunque provvedere, per quanto possibile, a razionalizzare il reticolo amministrativo esistente e a suddividere ciascun comune in più sezioni catastali, come poi effettivamente fu fatto (Rombai, 1989, pp. 22-24 e 51-52, e 2001, p. 48; e Biagioli, 1975, pp. 19-21).
Nonostante l’esperienza fatta nella catastazione francese, non sembra che Baillou sia stato coinvolto nelle nuove operazioni catastali avviate nel 1817 dal restaurato Ferdinando III di Lorena. C’è semmai da rilevare che Baillou fece parte della commissione nominata tra la fine del 1817 e l’inizio dell’anno successivo dall’Accademia dei Georgofili per redigere una memoria accademica di suggerimenti e critiche al catasto avviato dal governo: questo rapporto ufficiale fu “stilato, come membro più autorevole in materia, da Giovanni de Baillou, l’ingegnere già addetto al catasto francese”, anche se poi edito nella “Continuazione degli Atti dei Georgofili” dell’annata 1818 (tomo I, p. 436 ss.) a nome di uno solo dei commissari, vale a dire F. Gallizzioli (Biagioli, 1975, p. 43).
Per quanto riguarda la carta della Toscana da lui coordinata e disegnata, nella stessa lettera Baillou arriva a dichiarare: "non vi è speranza che possa vedere la luce [a stampa], poiché mi mancano 300 zecchini necessari per le spese di incisione e stampa dell'analisi ragionata che deve accompagnarla. Essa per altro, essendo Carta Generale, non può comprendere i dettagli, né mostrare i confini dei territori comunitativi distintamente". Per tale ragione, il nostro geografo aveva provveduto a disegnare pure delle carte subregionali a più grande scala contenenti anche i confini amministrativi che non poteva comunque riportare sulla rappresentazione d'insieme fino a "quando avrà avuto luogo il nuovo Compartimento" o scomposizione della Toscana in tre grandi prefetture.
E' poi significativa la lettera del 19 luglio 1811 al geografo statistico svedese, residente a Genova, Graberg De Hemso, ove Baillou abbia espresso la sua amarezza per il trattamento nel frattempo riservatogli dal governo francese, del tutto immeritatamente, dopo – egli scrive – "tanti servigi resi da me, e dai miei per più generazioni allo Stato". Si viene così a sapere che al geografo erano stati improvvisamente "tolti i mezzi di continuare le [...] operazioni geodetiche e geologiche per la Toscana, dovendole interrompere dopo avervi tanto lavorato".
In altri termini, pare di capire che all’inizio dell’estate 1811 il Bureau Géographique de Toscane fosse stato soppresso e che al geografo livornese non restasse che dedicarsi, a titolo puramente privato, al perfezionamento della sua carta corografica e alla compilazione delle opere di erudizione storico-geografica e cartografica cui stava da tempo attendendo, come gli studi "sui Portolani antichi italiani" e sui viaggiatori medievali italiani in terre lontane (con speciale riguardo per il Milione di Marco Polo), oltre che l'opera di geografia odeporica "Viaggio Appenninico": tutte opere che non risulta abbiano mai visto la luce, o almeno non sono a noi disponibili.
Riguardo al "Viaggio Appenninico", in una lettera successiva del 19 novembre 1812 a Giovanni Paolo Schulthesius dell'Accademia Italiana di Scienze, Lettere e Arti, Baillou ricordava il suo "ritorno dopo una lunga escursione e visita geologica nella catena degli Appennini all'oggetto di scriverne la topografia fisica, la storia naturale e la statistica", opera – continuava il nostro – "alla quale lavoro da due anni in qua" (ASF, Manoscritti, n. 72, ins. 6).
Poco prima della sua morte, aveva dato vita, insieme a L. Collini, G. Cioni ed altri, ad un periodico intitolato Il Saggiatore. Giornale Toscano, che ebbe solo pochi mesi di attività e per il quale Giovanni scrisse la presentazione al primo numero (n. I, Firenze, 1° Maggio 1819, pp. 1-23).
Tra gli altri incarichi pubblici, è da sottolineare il fatto che Giovanni, nel 1808, sia stato chiamato dalla giunta straordinaria (stabilita con decreto imperiale del 12 maggio di quell'anno) a far parte di un’apposita commissione nominata per l'introduzione del sistema metrico decimale. A lui si deve la stesura delle Tavole di riduzione delle misure e pesi toscani alle misure e pesi analoghi del nuovo sistema metrico decimale dell'Impero Francese calcolate per ordine del governo dalla commissione istiuita in data primo luglio 1808 ed approvato con altro decreto de' 6 ottobre (pubblicate a Firenze nel 1809). L'interesse del Nostro per i sistemi di misura ebbe anche sviluppi successivi, con lo studio erudito sulla metrologia dei popoli del mondo antico, in particolare i Romani, che nel 1614 e poi ancora nel 1818 lesse all'Accademia dei Georgofili di Firenze (della quale era socio), e che fu poi pubblicato, dapprima come Memoria intorno al sistema metrico degli antichi Romani, “Continuazione Atti dell’Accademia dei Georgofili”, vol. I (1814), pp. 233-271, e poi rivisto e accresciuto con il titolo Delle misure agrarie e di capacità degli antichi Romani con le tavole di riduzione delle medesime nelle misure analoghe di Francia e di Toscana (Firenze, s.i.t., 1818).
Come già enunciato, la carta generale della Toscana, molti anni dopo la morte di Giovanni, e precisamente nel 1836, fu offerta in vendita dal figlio Giovanni Gualberto al sovrano Leopoldo II di Lorena che incaricò lo scienziato Giovanni Inghirami di valutarla. Ferdinando Tartini Salvatici, allora segretario dell'Ufficio del Catasto, il 14 settembre 1836 scrisse infatti al vecchio maestro Inghirami poiché si peritasse di dare una indicazione circa la "misura del compenso" (AOXF, Carte Giovanni Inghirami, da numerare).
Non è senza significato sapere che, già molti anni prima, una parte della collezione cartografica del Baillou era stata privatamente acquistata proprio dall'Inghirami all'evidente fine di servirsene (con tante altre rappresentazioni più o meno aggiornate, conservate tutte nella raccolta dell’Osservatorio Ximeniano) nel suo lavoro di costruzione della Carta Geometrica della Toscana edita poi nel 1831.

Produzione di cartografia manoscritta:
Carta Generale fisica, ed itineraria del Regno d'Etruria, e di porzione degli Stati Limitrofi, costruita secondo le più recenti Osservazioni Astronomiche, e con i migliori materiali che si sono potuti raccogliere sotto gli auspici di S.M. la Regina Maria Luisa Infanta di Spagna Reggente del Regno dal Cav.e Giovanni De Baillou, geografo regio e direttore dello Scrittoio Geografico l'anno MDCCCIV (SUAP, RAT 37);
Pianta della città di Firenze, Giovanni De Baillou con incisione di Giuseppe Canacci, edizione a Firenze di Molini Landi, 1808.

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, III, 1974, pp. 296-297; Biagioli, 1975, pp. 19-21, 43 e 52; Cresti e Zangheri, 1978, p. 74; Rombai, 1987, pp. 383-384; Rombai, 1989, pp. 22-24 e 51-52; Rombai, 2001, p. 48; Rombai, 1993, pp. 123 e 155-157 e 370; Rombai, 1990, pp. 178-180; Toccafondi e Vivoli, 1993, pp. 241-242; Barsanti, a cura di, 1992, p. 47; Archivio di Stato di Firenze, 1991, pp. 120-121; Pera, 1867, pp. 317-321; Rombai e Torchia, 1994, p. 127; Caciagli e Castiglia, 2001, pp. 127 e 661; Belcari, 2003, p. 236; Carranza, in DBI, ad vocem; Targioni Tozzetti, 1780, III; AOXF, Carte Giovanni Inghirami, da numerare; BNCF, Nuove Accessioni; SUAP, RAT; ASF, Soprintendenza alla Conservazione del Catasto poi Direzione Generale delle Acque e Strade; ASF, Segreteria di Finanze; ASF, Prefettura dell’Arno; ASF, Manoscritti; ASF, Acquisti diversi; ASF, Depositeria Generale, Parte antica; ASF, Scrittoio delle Regie Fabbriche.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Anna Guarducci e Leonardo Rombai

De Baillou, Giovanni Riccardo

Giovanni Riccardo De Baillou
N. Firenze 14 novembre 1809
M.

Relazioni di parentela: Era anch’egli di origine livornese e dalle datazioni che disponiamo, potrebbe essere figlio di Giovanni o più probabilmente suo nipote (vale a dire figlio di Giovanni Gualberto).

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:

Produzione scientifica:
All’inizio del 1838 operava come ingegnere di Circondario ad Orbetello.
Dal 1838 (24 dicembre) venne promosso Ingegnere di 3° classe e trasferito al circondario di Guardistallo, dove rimase fino al 1843.
Dal 19 agosto 1843 al 6 febbraio 1846 prestò servizio come Ingegnere nel circondario di Pomarance. Di questo periodo (esattamente del 1845) è l'unico disegno che fino ad ora è stato possibile rintracciare: la Pianta dimostrativa della località ove deve costruirsi il nuovo Molino, stata estratta dalle relative Mappe Catastali della Comune di Gherardesca... (in ASP, Camera di Soprintendenza Comunitativa, f. 996), una planimetria piuttosto schematica, in parte eseguita a mano libera, in parte con l'ausilio di strumenti.
Nel 1846 venne promosso Ingegnere di 2° classe e inviato a Radicondoli (Siena).
Dal 1848 venne "dispensato provvisoriamente dal servizio", non si sa per quale motivo (Cresti e Zangheri, 1978, p. 74; Caciagli e Castiglia, 2001, pp. 127 e 661; Belcari, 2003, p. 236).

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, III, 1974, pp. 296-297; Biagioli, 1975, pp. 19-21, 43 e 52; Cresti e Zangheri, 1978, p. 74; Rombai, 1987, pp. 383-384; Rombai, 1989, pp. 22-24 e 51-52; Rombai, 2001, p. 48; Rombai, 1993, pp. 123 e 155-157 e 370; Rombai, 1990, pp. 178-180; Toccafondi e Vivoli, 1993, pp. 241-242; Barsanti, a cura di, 1992, p. 47; Archivio di Stato di Firenze, 1991, pp. 120-121; Pera, 1867, pp. 317-321; Rombai e Torchia, 1994, p. 127; Caciagli e Castiglia, 2001, pp. 127 e 661; Belcari, 2003, p. 236; Carranza, in DBI, ad vocem; Targioni Tozzetti, 1780, III; AOXF, Carte Giovanni Inghirami, da numerare; BNCF, Nuove Accessioni; SUAP, RAT; ASF, Soprintendenza alla Conservazione del Catasto poi Direzione Generale delle Acque e Strade; ASF, Segreteria di Finanze; ASF, Prefettura dell’Arno; ASF, Manoscritti; ASF, Acquisti diversi; ASF, Depositeria Generale, Parte antica; ASF, Scrittoio delle Regie Fabbriche.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Anna Guarducci e Leonardo Rombai

Corsini, Odoardo

Odoardo Corsini
N. borgata di Fellicarolo, frazione di Fanano (Modena) 1702
M. Pisa 1765

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:
Nato nel 1702 in una borgata di Fellicarolo, frazione di Fanano (Modena), morì a Pisa nel 1765.

Produzione scientifica:
Le notevoli doti intellettuali da lui evidenziate indussero i suoi superiori a nominarlo, poco più che ventenne, docente di filosofia nella stessa scuola fiorentina. Passò poi all’Università di Pisa, dove insegnò fino agli ultimi giorni di vita: inizialmente logica, poi metafisica ed etica e, quindi, lettere umane.
L’unica interruzione di questa attività didattica si ebbe dal 1754 al 1760, quando il Corsini, che aveva già ricoperto diversi importanti incarichi nell’Ordine, fu eletto Superiore Generale e dovette, pertanto, trasferirsi a Roma. In precedenza, aveva invece cortesemente rifiutato l’ufficio di bibliotecario ducale offertogli da Francesco III d’Este dopo la scomparsa del Muratori.
Intrattenne intensi rapporti con i più grandi studiosi del tempo, in particolare con lo stesso Muratori e con Scipione Maffei. Nel 1761 fu anche incaricato di scrivere la storia dell’Università di Pisa; ma il lavoro restò incompleto a causa della morte che lo colse a Pisa nel 1765.
Il Tiraboschi nella biografia del Corsini ricorda, oltre a sette opere inedite, ben venticinque opere date alla stampe, alcune anche diverse volte a causa della loro ampia diffusione in Italia e in Europa.
Fu considerato il maggiore esperto del tempo nel campo della cronologia, dell’epigrafia, della filologia e della numismatica antiche, ma i suoi interessi e i suoi studi spaziarono fra le discipline più disparate. Dimostrando una versatilità e uno spirito enciclopedico veramente eccezionali, egli si occupò, infatti, e quasi sempre con una impronta originale, anche di matematica, di logica, di fisica, di idraulica, di filosofia, di didattica, di storia e di lettere antiche e moderne.
Nel 1732 dedicò al marchese Silvio Feroni – proprietario della fattoria di Bellavista in Valdinievole, e da anni impegnato a proseguire, fra tanti contrasti e avversità, la bonifica della parte del padule di Fucecchio che gli apparteneva – una memoria anonima incentrata proprio sulle possibilità e modalità di risanamento e colonizzazione dell’area mediante la tecnica di regolari colmate.
Si occupò pure – con una memoria priva di contenuti originali – della complessa questione della sistemazione della pianura bolognese e romagnola attraverso la canalizzazione del Reno che fin dalla seconda metà del XVII secolo stava attraendo l’attenzione dei più illustri matematici e idraulici italiani.
Negli anni della Reggenza lorenese, nel quadro della ripresa di interesse per la conoscenza da parte del governo delle condizioni reali e dei bisogni delle varie realtà subregionali e locali del Granducato, e della ripresa del dibattito sulle modalità di intervento territoriale da circa due secoli in corso nella Valdichiana, Corsini si fece autore di una memoria che – integrando in modo ordinato la documentata e rigorosa ricostruzione storica dei provvedimenti medicei con l’attenta analisi geografica sul terreno – rappresentò un autentico modello geografico-storico descrittivo della Valdichiana, che quasi mezzo secolo dopo sarà largamente seguito dal matematico Vittorio Fossombroni per redigere le sue celebri Memorie.
Il Ragionamento corsiniano del 1742 è teso a dimostrare, in otto capitoli, che l’inondazione dell’Arno del dicembre 1740 (che aveva procurato non pochi danni a Firenze) non era un effetto dei lavori di bonifica in corso da circa due secoli in Valdichiana, ed è illustrato da una originale cartografia dell’intera valle – la Pianta che dimostra il corso delle acque delle Chiane per lo Stato di S.A.R. fino in Arno e per lo Stato di Sua Santità fino in Paglia e Tevere – che, relativamente all’area pianeggiante e dei ripiani circostanti che risulta inquadrata, è senz’altro la più precisa e ricca di dettagli fra tutte quelle fino ad allora eseguite per la stampa. Da questa rappresentazione, poi ripresa dal Fossombroni e da altri cartografi fino all’inizio del XIX secolo, si può notare come rimanesse ancora da sistemare la zona prospiciente i laghetti di Chiusi e Montepulciano e le aree limitrofe al Canale Maestro.
E’ poi da considerare il fatto che, in termini pratici, Corsini offrì un apprezzato progetto per la sistemazione del Callone di Valiano (Di Pietro, 2005, pp. 118-120.).

Produzione di cartografia manoscritta:
Pianta che dimostra il corso delle acque delle Chiane per lo Stato di S.A.R. fino in Arno e per lo Stato di Sua Santità fino in Paglia e Tevere, 1742 (incisione, anche in OXF, V, 29).

Produzione scientifica

Ragionamento intorno allo stato del fiume Arno e delle acque della Valdinievole, Colonia, Watergroot, 1732;
Ragionamento istorico sopra la Valdichiana in cui si descrive l’antico e presente suo stato, Firenze, Moucke, 1742;
Relazione dell’acque del Bolognese e Ferrarese, in Raccolta d’autori italiani che trattano del moto delle acque, Bologna, Marsigli, 1822, vol. III, pp. 231-244.

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Baldini, in DBI, ad vocem; Barsanti e Rombai, 1986, pp. 95 e 100; Tognarini, a cura di, 1990, pp. 88 e 340; Gabellini, 1987, p. 150; Barbieri e Zuccoli, 2003; Barbieri e Zuccoli, 2004; Di Pietro, 2005, pp. 118-120.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai

Ricasoli, Antonio

Antonio Ricasoli
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Architetto e soprintendente alla bonificazione delle Chiane

Biografia:

Produzione scientifica:
Architetto e uomo politico fiorentino che fu sempre al servizio dei Medici.
Nel 1516, papa Leone X de’ Medici scomunicò dalla carica di duca il giovane Francesco Maria I della Rovere, reo di aver partecipato, nel 1511, all'uccisione del cardinale di Pavia, Francesco Alidosi, sospettato di tradimento. Il pontefice nominò a nuovo duca d'Urbino il nipote Lorenzo de’ Medici, che con il suo esercito s’impadronì del ducato, e prima di tutto, di San Leo.
In quello stesso anno, le truppe fiorentine comandate dal generale Antonio Ricasoli, spalleggiate dal pontefice Leone X de’ Medici, penetrarono a sorpresa, durante la notte, in San Leo; la storica impresa è raffigurata da Giorgio Vasari in un celebre affresco nel Palazzo Vecchio di Firenze.
Come uomo di pace, il nome di Ricasoli è strettamente legato alla Valdichiana che stava gradualmente diventando – nella sua parte pianeggiante almeno – un immenso latifondo mediceo.
Già il 10 luglio 1525, quando il Comune di Foiano cede a Ippolito de’ Medici la sua parte di padule perché questa potente famiglia bonificasse le terre a proprie spese, costui è rappresentato proprio dal Ricasoli; nello stesso anno, Giulio de’ Medici (poi papa Clemente VII) invia in Valdichiana Antonio da Sangallo il Giovane perché eseguisse una pianta generale a fini di bonifica della valle. Nel 1532, anche i Comuni di Castiglion Fiorentino, di Montepulciano e di Cortona donarono ai Medici i loro terreni acquitrinosi; e, non a caso, nello stesso anno, Ricasoli fu inviato alle Chiane con lo stesso Sangallo prima per realizzare una “terminazione” o confinazione della valle tra il patrimonio fondiario mediceo e i territori comunitativi; e poi – con la carica di soprintendente alla bonificazione delle Chiane – per provvedere alla bonifica del territorio di Castel poi Città della Pieve, ugualmente ceduto ai Medici, incarico presto interrottosi per la morte di Clemente VII.
Dopo che nel 1533 Ascanio Vittozzi era stato incaricato di redigere una relazione circa il metodo migliore per realizzare la bonifica della valle; dopo che nel 1545 Iacopo Polverini ebbe eseguita una confinazione con lo Stato Ecclesiastico, per conto di Cosimo I de’ Medici, per delimitare il patrimonio della famiglia ducale; e dopo che nel 1547 ebbe visitato la valle l’ingegnere del Fiume Arno Girolamo di Pace (che propose arginature, spostamenti di torrenti e colmate); dopo che, nel 1549, su mandato del duca Cosimo, l’ingegnere Vincenzo Vagnotti ebbe dato inizio al disseccamento (a tutto suo vantaggio) di parte del territorio cortonese, e l’ingegnere Pasqualino Buoni d’Ancona ebbe stipulato un contratto ad meliorandum per il recupero a fini agrari delle zone umide medicee, tornò nuovamente in azione Antonio Ricasoli.
L’architetto e funzionario mediceo pare che già nel 1550 abbia diretto l’escavazione del Canale Maestro a partire dalla Pieve al Toppo; nel 1551 fu incaricato di effettuare un rilievo topografico e una livellazione generale della valle (Di Pietro, 2005, pp. 93-96).
Dal lavoro architettonico-ingegneristico e topografico-cartografico del Ricasoli scaturì la Pianta del corso della Chiana e suoi affluenti dal Ponte di Carnaiola fino allo sbocco in Arno al Ponte a Buriano (ASF, Piante Antiche dei Confini, nn. 9 e 18; copia settecentesca in ASF, Piante Topografiche delle Regie Possessioni, c. 105/1): una rappresentazione a colori, in grande formato, che fu considerata il vero e proprio modello cartografico della Valdichiana fino almeno al primo ventennio del XIX secolo, come dimostra anche Alessandro Manetti che la riprodusse in piccolo formato, e quindi con grande semplificazione di contenuti, in una sua memoria a stampa del 1823 (Stato antico della Valle di Chiana al tempo di Cosimo I de’ Medici duca di Firenze. Quale si rileva dalla pergamena originale annessa alla perizia del 1551 che fu diretta da Messer Antonio de’ Ricasoli allora Soprintendente Generale alla Bonificazione delle Chiane).
In tale prodotto, Ricasoli fa ricorso al linguaggio pittorico per rendere, con notevole efficacia prospettica e con un apprezzabile rispetto delle proporzioni e delle distanze, il solo spazio pianeggiante della valle, con gli oggetti topografici che lo compongono (talora con considerazione anche di quelli dei contorni collinari), vale a dire la configurazione oro-idrografica, l’uso agro-forestale e palustre del suolo, gli insediamenti umani, ecc.: un tipo di rappresentazione che si impose profondamente nella tradizione cartografica della valle.
Del resto, questa costruzione generale originale (non si sa se Ricasoli si avvalse di collaborazioni tecniche), ritenuta perduta da molti studiosi dei nostri tempi, per quasi tre secoli venne invece conservata accuratamente negli uffici statali e tenuta ben presente da tutti gli scienziati e i tecnici o i funzionari che si occuparono della Valdichiana, da Odoardo Corsini nel 1742 a Jacopo Gugliantini tra il 1802 e il 1808, e ancora da Andrea Nuti nel 1808 e da Jacopo Frilli e Alessandro Manetti nel 1819, allo stesso Manetti ancora nelle sue memorie del 1822-23 e del 1840 (Guarducci, 2005; e Di Pietro, 2005): ciò che sta a dimostrare la piena consapevolezza circa il suo valore di rappresentazione spaziale e, insieme, l’importanza strategica (in termini non solo dei contenuti ma anche del metodo di lavoro) della cartografia del passato in funzione di quella, volta per volta, da rilevare nel presente, che non mancava in ogni tempo di confrontarvisi e di riutilizzarla.
Dalla carta ricasoliana risulta che le acque della Chiana scendevano verso l’Arno a partire dal porto di Pilli (con il Canale che era tracciato solo da qui al ponte alla Nave), mentre da quel luogo fino al porto di Foiano ristagnavano, espandendosi trasversalmente nella valle per circa tre chilometri; quindi cominciavano a muoversi verso sud, cioè la Chiana romana e il Tevere. Il cartografo distingue la striscia centrale, permanentemente occupata dalle acque e quindi lacustre insieme ai chiari di Chiusi, Montepulciano, Castiglione e Città della Pieve, dall’area padulosa laterale (allagata durante i periodi di piogge prolungate); indica ben dieci porti o punti di traghetto attestati sulle strade principali, resti di antichi tracciati stradali (nell’acquitrino allo sbocco della Foenna si legge Silice è una via antica), innumerevoli ponti, pescaie e mulini. “Dai calcoli del Manetti, a commento della carta del Ricasoli, la palude si estendeva per 9680 ha, con un massimo di larghezza in corrispondenza del porto di Cesa pari a m 3307: ovvero, secondo il Possenti, per 43.968 staiora pari a 8800 ettari” (Di Pietro, 2005, p. 96).

Produzione di cartografia manoscritta:
Pianta del corso della Chiana e suoi affluenti dal Ponte di Carnaiola fino allo sbocco in Arno al Ponte a Buriano, Antonio Ricasoli, 1551 (ASF, Piante Antiche dei Confini, nn. 9 e 18; copia settecentesca in ASF, Piante Topografiche delle Regie Possessioni, c. 105/1).

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Riferimenti bibliografici e archivistici

Manetti, 1823; Guarducci, 2005, pp. 74-75, 77 e 80-81; Di Pietro, 2005, pp. 93-96 e 150; ASF, Piante Antiche dei Confini; ASF, Piante Topografiche delle Regie Possessioni.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Anna Guarducci e Leonardo Rombai

Borghi, Bartolomeo

Bartolomeo Borghi
N. Monte del Lago (Magione) sul Trasimeno 5 settembre 1750
M. Firenze 4 maggio 1821

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Geografo, cartografo, incisore, attivo in Toscana e in Umbria

Biografia:
In giovane età entrò nel seminario di Arezzo, dove rimase fino al compimento degli studi ed all'ordinazione sacerdotale avvenuta nel 1774 a Perugia. Svolse le funzioni di cappellano e di sacerdote rettore, prima a Monte del Lago, poi a Magione e infine a Sant'Andrea di Sorbello (nel comune toscano di Cortona), fino al 1809.
Seguace delle idee illuministe, entrò spesso in polemica con le autorità civili e soprattutto ecclesiastiche. Nel 1809, sotto il governo napoleonico, abbandonò la parrocchia, ove tornò solo nel 1814 in occasione della Restaurazione. A causa del precedente immotivato abbandono e della sua attività filo-francese, fu arrestato dal governo pontificio e condannato a sette anni di reclusione, condanna commutata all'esilio perpetuo per la intercessione del granduca Ferdinando III di Lorena, che lo accolse a Firenze (it.wikipedia.org/wiki/Bartolomeo_Borghi).
Già in anni giovanili cominciò a svolgere attività di incisore e cartografo: nel 1774 è infatti autore, come incisore, della Carta scenografica della città di Bari (disegnata da Vincenzo Lapegna), allegata al volume di Cesare Orlandi, Delle città italiane, Perugia, Stamperia Augusta, 1774.
Nel 1790 sostenne con successo l'esame di perito geometra. Ma già ai primi anni '80 e poi a quelli '90 risalgono le 107 tavole disegnate da Borghi e componenti l'impegnativa opera dell'Atlante geografico, stampato a Siena dall'editore Pazzini Carli, che comprende pure la Lettera del sig. arciprete Bartolommeo Borghi al sig. avvocato Lodovico Coltellini di Cortona sopra la carta geografica pubblicata da Antonio Zatta e figli col titolo Parte dell'Impero Ottomano, che confina con gli stati austriaco, e veneto (Siena, Pazzini Carli, 1788).
Questo lavoro si rifà strettamente agli atlanti italiani e francesi di poco precedenti, e soprattutto a quello del veneziano Antonio Zatta, al quale Borghi aveva precedentemente fornito materiali per delineare la carta Il Gran Ducato di Toscana, inserita nel terzo volume dell'Atlante novissimo del 1782.
La sua produzione in scala geografica e corografica successiva, ovvero degli ultimi anni del XVIII secolo – come la manoscritta Carta geografico fisica del Granducato di Toscana dedicata a Ferdinando III, la tavola, pure manoscritta, Antiquae Hetruriae dedicata a Pietro Leopoldo e la carta a stampa dell’Italia antica (Carta Italiae antiquae ex aevi romani monumentis...), con altre tavole che fanno del corpo allora edito un vero e proprio atlante storico, composto da più tavole, eseguito per conto dell'Accademia Etrusca di Cortona, ove il Nostro operava – non presenta particolare originalità, essendo le figure per lo più derivate dalle note carte dei grandi geografi e cartografi francesi della prima metà del secolo: Guglielmo Delisle e Giovan Battista Bourguignon D'Anville.
Semmai, nella corografia toscana Borghi introduce contenuti innovativi, in coerenza con il titolo (elenchi di produzioni naturali, come acque termali, cave e miniere, con distinzione fra le risorse attive e quelle esaurite o comunque povere per consistenza), tanto da qualificarsi come una sorta di cartografia tematica.
Contemporaneamente, Borghi si cimentò anche nella redazione di prodotti a scala topografica di una certa originalità, i primi due dedicati, non a caso, rispettivamente ai granduchi Pietro Leopoldo e Ferdinando III: trattasi della Pianta del Vicariato di Cortona, “composta sulla faccia del luogo” nella seconda metà del XVIII secolo (in NAP, RAT Map 202), e della Pianta topografica della Comunità di Sinalunga, derivata nel 1795-96 dalle mappe del nuovo catasto geometrico realizzato dall'ingegnere senese Bernardino Tozzetti, negli anni ’80, sotto la direzione dello stesso Borghi, che porta in legenda svariati dati di tipo geografico-fisico e umano, insieme con informazioni erudite (in NAP, RAT Map 252).
Sembra attribuibile al Borghi pure la analoga Carta topografica del Territorio di Cortona delineata in faccia del luogo, manoscritto del 1784 (NAP, Petr Leopold ms. 34, c. 125r): un prodotto singolare, che è arricchito di dati demografici e insediativi (abitanti e case nel centro e nella campagna, nati e morti nell’ultimo quinquennio), di dati toponomastici e di informazioni geografiche (articolazione del Cortonese nelle sue diverse unità amministrative e territoriali), il tutto in funzione di una visita granducale nella valle (Bonelli Conenna, a cura di, 1997, p. 97).
Anche ai primi del XIX secolo, a Firenze, Borghi fu autore di apprezzate opere cartografiche, a partire dalla Mappa indicante il confine della Toscana collo Stato Romano... del 1815, con la delineazione del territorio dei feudi di Monte Santa Maria e di Sorbello, delineata per stabilirvi le nuove dogane, in esecuzione delle decisioni del Trattato di Vienna del 9 giugno 1815 (in ASF, Piante dell'Amministrazione Generale delle Regie Rendite, n. 28).
Le cartografie manoscritte dimostrano il favore che i granduchi di Toscana – prima Pietro Leopoldo e poi Ferdinando III – ebbero per il religioso e geografo perugino, accademico a Cortona (venditastampeantiche.com/bartolomeo-borghi.html).
Gli ultimi anni della sua vita furono dedicati all'atlante geografico moderno e storico-politico dell’Italia e del Mondo, e di altra cartografia a piccola scala, produzione compilativa e di interesse commerciale, riunita, appunto, nel 1819, nell'Atlante generale (edito a Firenze da Aristide Parigi), ricco di 156 carte geografiche (incise da Agostino Costa, Gaetano e Raimondo Giarrè, G. Poggiali), oltre che di prospetti statistici e di informazioni storiche, politiche e naturalistiche; l'atlante venne ristampato nel 1835, sempre a Firenze, ora da Vincenzo Batelli e Figli. Le figure appaiono aggiornate secondo i mutamenti determinati dal Congresso di Vienna, e abbastanza precise anche per quanto concerne i territori extraeuropei (venditastampeantiche.com/bartolomeo-borghi.html).
Tra gli altri prodotti, sono da segnalare la piccola ma interessante pianta di Firenze e dintorni del 1817 (Topografia della città e contorni di Firenze, incisa da G. Frilli e pubblicata a Firenze dal canonico Zucchini nel 1817); e la Carta itineraria de' viaggi de' Poli per servire all'illustrazione del Milione (con scritte di G. Frilli e incisione di G. Canacci), edita postuma, a Firenze, presso Giovacchino Pagani nel 1822.
Da notare che Borghi è anche autore di un'opera geografico-descrittiva dedicata alla sua terra, la Descrizione geografica, fisica e naturale del lago Trasimeno comunemente detto il lago di Perugia, Spoleto, Bassoni, 1821, contenente la carta topografica del lago e dei suoi contorni. Un'opera manoscritta del medesimo Borghi, di analogo contenuto, risalente al 1777, è stata poi pubblicata con il titolo di Notizie appartenenti alla storia naturale del Lago Trasimeno oggi detto di Perugia (1777), Trascrizione e commento a cura di Francesco Girolmoni e Giuseppe Dogana, Prefazione di Ermanno Gambini, “Quaderni del Museo della Pesca del Lago Trasimeno”/9, Magione, Comune e Biblioteca Comunale di Magione, 2007.

Produzione scientifica:

Produzione di cartografia manoscritta:
Carta corografica manoscritta Antiquae Hetruriae, 1780 circa (NAP, RAT Map 131);
Carta geografico fisica manoscritta della Toscana, fine del XVIII secolo (NAP, RAT Map 36/a);
Pianta del Vicariato di Cortona con dedica al granduca, ms. della seconda metà del XVIII secolo (NAP, RAT Map 202);
Carta topografica del Territorio di Cortona delineata in faccia del luogo, attribuzione, 1784 (NAP, RAT 24 Petr Leopold ms. 34, c. 125r);
Pianta topografica della Comunità di Sinalunga, 1795-96 (NAP, RAT Map 252);
Mappa indicante il confine della Toscana collo Stato Romano... nel territorio dei feudi di Monte Santa Maria e di Sorbello per stabilirvi le nuove dogane, 1815 (ASF, Piante dell'Amministrazione Generale delle Regie Rendite, n. 28).

Produzione di cartografia a stampa:
Carta scenografica della città di Bari, allegata al volume di Cesare Orlandi, Delle città italiane, Perugia, Stamperia Augusta, 1774;
Carta Italiae antiquae ex aevi romani monumentis..., incisione di Agostino Costa, stampa a Siena, 1783-84;
Atlante geografico, Siena, Pazzini Carli, 1780-1801;
Topografia della città e contorni di Firenze, pianta incisa da G. Frilli e pubblicata a Firenze dal canonico Zucchini, 1817;
Atlante generale dell'ab. Bartolommeo Borghi corredato di prospetti istorici, politici, civili, naturali di ciascheduno stato, Firenze, Aristide Parigi, 1819 (ristampa Firenze, Vincenzo Batelli e Figli, 1835);
Carta itineraria de' viaggi de' Poli per servire all'illustrazione del Milione, Firenze, Giovacchino Pagani, 1822.

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Marinelli, 1900; Barbieri, 1947, pp. 31-32; Archivio di Stato di Firenze, 1991, pp. 112-115, 306, 352-353; Bonelli Conenna, a cura di, 1997, pp. 72-73 e 97; Barsanti, a cura di, 1992, p. 64; Vivoli, 1992, pp. 42 e 49; Mori e Boffito, 1926, p. 99; ASF, Piante dell'Amministrazione Generale delle Regie Rendite; NAP, RAT Map e Petr Leopold; Vladimiro Valerio, 1988, p. 14; Vladimiro Valerio, 1990, pp. 322-325; Vladimiro Valerio, 1993a, p. 186; e – specificamente – Giuseppe Danzetta Alfani, Vita di Bartolomeo Borghi e notizie sul lago Trasimeno e suo circondario, Perugia, Bartelli, 1882.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai, Siena

Bordiga, Ignazio Gaudenzio

Ignazio Gaudenzio Bordiga
N. Varallo 31 luglio 1773
M. Milano 18 gennaio 1837

Relazioni di parentela: Fin da giovane, si stabilì a Milano con il fratello Benedetto. Anche Gaudenzio fu disegnatore ed incisore.

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Disegnatore e incisore

Biografia:

Produzione scientifica:
Nel 1791 iniziò la pubblicazione di una serie di tavole, assai precise e di buona qualità, destinate ad illustrare l'opera botanica Storia delle Piante forestiere le più importanti nell'uso medico od economico colle loro figure in rame incise da B. B. (Milano, Stamperia di Giuseppe Marelli, 1791-94). L'opera, in quattro volumi, è costituita da ampie descrizioni delle piante condotte da diversi autori: Luigi Castiglioni, Alfonso Castiglioni, Carlo Onofrio Mozzoni e Paolo Brambilla e le tavole che raffigurano con estrema accuratezza le piante di cui si tratta sono realizzate su incisioni dei fratelli Benedetto e Gaudenzio Bordiga.
L’opera di gran lunga più importante fu però la grande carta in 8 fogli alla scala di 1.86.400 della Lombardia degli Astronomi di Brera del 1788-96: Benedetto iniziò ad incidere i rami fin dal 1793, con l’opera terminata insieme al fratello nel 1796.
Il contenuto informativo della carta seguì la stessa impostazione di quella del Cassini, dando particolare attenzione al dettaglio topografico, con delineazione sintetica dei centri abitati, descrizione dei rilievi montuosi e delle accidentalità del terreno, dell’idrografia, della viabilità, dell’uso del suolo e della denominazione di luoghi.
L’opera aprì in definitiva la produzione di cartografia topografica regolare in Italia: tutte le carte realizzate successivamente con contributi finanziari statali vennero rigorosamente informate ai nuovi criteri geometrici e di contenuto definiti in Francia, per rispondere nel modo più adeguato alle incombenti necessità di ordine militare, prima, e politico-amministrativo poi.
Nel suo settore, Benedetto venne da allora considerato uno dei massimi operatori a livello italiano, tanto da essere scelto, nel 1797, insieme al fratello, dallo Stato Maggiore francese, per incidere la celebre Carte générale du théâtre de la guerre en Italie di Bacler-D’Albe, edita nel 1802. Per effettuare tale impegnativo lavoro, Gaudenzio, nel 1799, dovette recarsi e soggiornare per molti mesi a Parigi; nel 1801, venne poi assunto in organico nel Deposito della Guerra di Milano.
Nel 1796, i due fratelli – in omaggio alla loro patria – incisero la bella Veduta dell’insigne borgo di Varallo col Sacro Monte dalla parte di mezzo giorno.
Nel 1798 o 1799, Benedetto e Gaudenzio incisero – per il Bureau Topographique de l’Armée – la Carte de l’itineraire des étapes établies en Italie pour la marche des troupes Francaises; di questo periodo sono pure la carta Mantova ed il suo circondario (disegnata, come già quella degli Astronomi, da Giacomo Pinchetti) (Peco, 1998, p. 20).
Nel 1807 i due Bordiga pubblicarono a Milano il volume Elementi di figura, con 17 figure di particolari scultorei classici e due tavole anatomiche.
Nel 1804, dopo avere presentato un saggio di incisione, i due fratelli furono incaricati dell’incisione della grande Carta della Repubblica Italiana “che doveva essere rilevata sotto la direzione degli Astronomi di Brera e di cui uscirà un solo foglio (quello di Milano) nel 1807” (Peco, 1998, p. 17).
Nel 1808, Benedetto venne assunto come incisore di prima classe nel Deposito della Guerra di Milano, alle dipendenze del fratello “capo incisore”.
Nel 1814, con il ritorno a Milano degli austriaci, Benedetto, particolarmente apprezzato, venne confermato in servizio nel nuovo ente cartografico asburgico – l’I. R. Istituto Geografico Militare di Milano che mantenne il vecchio direttore maggiore Antonio Campana – come incisore di prima classe e professore di incisione, e anche Gaudenzio rimase “capo incisore”: in tal modo, i due fratelli contribuirono per molti anni ancora (Benedetto fino al pensionamento del settembre 1835 causato da un’incipiente cecità, Gaudenzio fino al decesso avvenuto nel gennaio 1837) “alla vasta e pregevolissima produzione cartografica dell’Istituto, nella quale spiccano le varie carte del Mare Adriatico, la Carta topografica dei Ducati di Parma, Piacenza e Guastalla del 1828 e la Carta topografica del Regno Lombardo-Veneto del 1833-38” (Peco, 1998, p. 18).
Nel 1820, Benedetto incise a Milano, insieme al fratello, la Nuova carta degli Stati Pontifici Meridionali, un prodotto di notevole efficacia e bellezza che per la prima volta – riguardo al Lazio – rappresenta l’orografia col tratteggio.
Gaudenzio Bordiga, in ruolo dal 1801, dal 1807 ricoprì il ruolo di capo incisore del Deposito della Guerra e dell'Istituto Geografico Militare di Milano, sotto il dominio francese, e mantenne tale carica anchedopo l'occupazione austriaca.
Con o senza la collaborazione del fratello, disegnò e a volte anche incise soprattutto cartografia militare.
Nel 1804 realizzò la Carta delle Stazioni Militari in Italia eseguita per ordine del Ministro della Guerra della Repubblica Italiana.
Nel 1806 disegnò la Carta militare del Regno d'Etruria e del Principato di Lucca..., stampata in nero e acquerello su carta telata in 6 fogli, a Milano, in scala 1:200.000. L. Antonini (incisore), Campana Direttore del Deposito della Guerra (controfirmatario) (in ASF, Miscellanea di Piante, n. 209). Si tratta della grande carta ufficiale della Toscana napoleonica (Regno d'Etruria), poco prima dell'annessione all'impero, per la cui costruzione vennero utilizzati, dai tecnici del Deposito della Guerra del Regno d'Italia, tutti i migliori prodotti cartografici disponibili, insieme a dati e informazioni originali di ordine amministrativo.
La carta non è geometrica e presenta evidenti difetti sia sul piano della rappresentazione d'insieme (come dimostra la configurazione largamente erronea della costa e delle isole) e sia sul piano dei contenuti topografici minuti. Essendo però un prodotto rimasto ineguagliato fino all'ultimazione del catasto geometrico particellare lorenese e dei rilevamenti geodetici svolti da Giovanni Inghirami (dai quali lavori scaturì la carta geometrica della Toscana edita nel 1831 dallo scienziato fiorentino), continuò ad essere utilizzato fino alla seconda metà degli anni ‘20 per strategie e progetti territoriali, come dimostrano le copie conservate nell'ASF: ad esempio, quella utilizzata da Vittorio Fossombroni in preparazione alla visita della Maremma del 1828, da cui scaturì il progetto di bonifica di quella provincia (cfr. il fondo Segreteria di Gabinetto Appendice, f. 142).
E' da segnalare nella carta di Gaudenzio Bordiga, in giustapposizione con i contenuti della geografia reale toscana del primo Ottocento, la presenza di numerose annotazioni di tipo storico-archeologico e antiquario che la rendono uno strumento degno di considerazione anche da parte degli studiosi dell'antichità.
A proposito di questo prodotto, l’astronomo tedesco Francesco Saverio De Zach ricorda di avere esaminato la rappresentazione ancora manoscritta – giudicandola una delle migliori in circolazione – a Firenze presso il generale Menou, allora governatore della Toscana, e di averne anche suggerito l’incisione e la commercializzazione: operazione che, a suo dire, avrebbe avuto largo successo, perché “in questo secolo militare le carte furoreggiano, le si vende quasi più dei libri”.
Nel 1813 fu la volta della Carta amministrativa del Regno d'Italia co' suoi stabilimenti politici, militari, civili e religiosi e con una parte degli Stati limitrofi..., costruita dal Deposito della Guerra e Marina nel 1811 e corretta nel 1813; incisa "sotto la vigilanza" del capo incisore Gaudenzio Bordiga. Trattasi di una notevole carta topografica stampata in nero formata da 8 riquadri, ricavata in gran parte da altri prodotti dell'epoca.
Come già enunciato, nel 1820, incise a Milano, insieme al fratello Benedetto, la Nuova carta degli Stati Pontifici Meridionali.
E’ da notare che Benedetto e Gaudenzio incisero carte geografiche e topografiche e piante cittadine anche di interesse culturale e scolastico per l’editoria privata (come per gli stampatori Vallardi e Artaria), mentre Gaudenzio diede alle stampe anche numerose opere di erudizione storico-artistica, completate da incisioni sue e del fratello (Peco, 1998, pp. 144-147).

Produzione di cartografia manoscritta:
Carte de l’itineraire des étapes établies en Italie pour la marche des troupes Francaises, incisione di Benedetto e Gaudenzio Bordiga, 1798-99;
Mantova ed il suo circondario, incisione di Benedetto e Gaudenzio Bordiga, 1798-99;
Carte générale du théâtre de la guerre en Italie di Bacler-D’Albe, incisione di Benedetto e Gaudenzio Bordiga in 30 fogli, 1802, scala di 1:259.000 circa;
1804 realizzò la Carta delle Stazioni Militari in Italia eseguita per ordine del Ministro della Guerra della Repubblica Italiana, disegno e incisione di Gaudenzio Bordiga, 1804, scala di 1:2.400.000 circa;
Carte militaire du Piemont et de la Republique Italienne, incisione dei fratelli Bordiga, s. d.;
Pianta della città di Milano e suoi contorni pel circuito di tre o più miglia, incisione di Benedetto e Gaudenzio Bordiga, 1805 circa;
Carta militare del Regno d'Etruria e del Principato di Lucca..., disegno e incisione di Gaudenzio Bordiga e di Leone Antonini in 6 fogli, 1806, scala di 1:200.000;
Foglio di Milano della grande Carta della Repubblica Italiana, incisione di Benedetto e Gaudenzio Bordiga, 1807;
Nuova carta topografica del Mantovano e sue adiacenze, incisione di Benedetto e Gaudenzio Bordiga, 1807;
Carta amministrativa del Regno d'Italia co' suoi stabilimenti politici, militari, civili e religiosi e con una parte degli Stati limitrofi..., costruita dal Deposito della Guerra e Marina nel 1811 e corretta nel 1813, incisa "sotto la vigilanza" del capo incisore Gaudenzio Bordiga in 8 fogli, 1813, scala di 1:500.000;
Nuova carta degli Stati Pontifici Meridionali, incisione di Benedetto e Gaudenzio Bordiga, 1820, scala di 1:200.000;

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Caramel, in DBI, ad vocem; Barsanti, 1992, pp. 16-18 e 67-70; Peco, 1998; Rombai, 1989, p. 63; Istituto Geografico Militare, 1934, pp. 28, 30, 33, 121, 304 e 369-369; ASM, Ministero della Guerra; ASM, Confini; AOB, AAV 8.11/2-3; OSKW, Istituto Geografico Militare di Milano.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Anna Guarducci e Leonardo Rombai

Bordiga, Benedetto

Benedetto Bordiga
N. Varallo 27 aprile 1768
M. Varallo 16 giugno 1847

Relazioni di parentela: Figlio di Giuseppe, di professione arrotino. Fratello di Gaudenzio.

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Incisore

Biografia:
giovanissimo si trasferì a Milano

Produzione scientifica:
La prima opera in cui Benedetto Bordiga ebbe la possibilità di fare apprezzare le sue doti di incisore fu l'illustrazione del viaggio in America di Luigi Castiglioni, stampato in due volumi da Giuseppe Marelli nel 1790 con il titolo Viaggio negli Stati Uniti dell'America Settentrionale.
Le 14 tavole ivi comprese rappresentano non solo una perfetta dimostrazione dell'abilità manuale del Bordiga (all'epoca appena ventiduenne) ma, soprattutto, la sua capacità di tradurre in immagini quanto gli veniva più o meno fedelmente narrato dal naturalista milanese al ritorno dai suoi itinerari. Benedetto, con le sue illustrazioni, riuscì a cogliere la molteplicità degli interessi del viaggiatore lombardo, attraverso un'ampia varietà di soggetti che vanno dall'iceberg incontrato al largo delle coste americane ai manufatti indiani, dalle fasi della lavorazione del tabacco, del riso e dell'indaco ai sistemi di recinzione in uso in quella terra. Sicuramente le immagini legate al contesto naturale sono le più efficaci, ma non si devono mettere in secondo piano le mappe delle città di Boston, New York, Philadelphia e Charleston, uniche in un contesto settecentesco a dimostrare la progettualità di questi agglomerati urbani nelle loro strutture originarie.
Nel 1791 iniziò la pubblicazione di una serie di tavole, assai precise e di buona qualità, destinate ad illustrare l'opera botanica Storia delle Piante forestiere le più importanti nell'uso medico od economico colle loro figure in rame incise da B. B. (Milano, Stamperia di Giuseppe Marelli, 1791-94). L'opera, in quattro volumi, è costituita da ampie descrizioni delle piante condotte da diversi autori: Luigi Castiglioni, Alfonso Castiglioni, Carlo Onofrio Mozzoni e Paolo Brambilla e le tavole che raffigurano con estrema accuratezza le piante di cui si tratta sono realizzate su incisioni dei fratelli Benedetto e Gaudenzio Bordiga.
L’opera di gran lunga più importante fu però la grande carta in 8 fogli alla scala di 1.86.400 della Lombardia degli Astronomi di Brera del 1788-96: Benedetto iniziò ad incidere i rami fin dal 1793, con l’opera terminata insieme al fratello nel 1796.
Il contenuto informativo della carta seguì la stessa impostazione di quella del Cassini, dando particolare attenzione al dettaglio topografico, con delineazione sintetica dei centri abitati, descrizione dei rilievi montuosi e delle accidentalità del terreno, dell’idrografia, della viabilità, dell’uso del suolo e della denominazione di luoghi.
L’opera aprì in definitiva la produzione di cartografia topografica regolare in Italia: tutte le carte realizzate successivamente con contributi finanziari statali vennero rigorosamente informate ai nuovi criteri geometrici e di contenuto definiti in Francia, per rispondere nel modo più adeguato alle incombenti necessità di ordine militare, prima, e politico-amministrativo poi.
Nel suo settore, Benedetto venne da allora considerato uno dei massimi operatori a livello italiano, tanto da essere scelto, nel 1797, insieme al fratello, dallo Stato Maggiore francese, per incidere la celebre Carte générale du théâtre de la guerre en Italie di Bacler-D’Albe, edita nel 1802.
Nel 1796, i due fratelli – in omaggio alla loro patria – incisero la bella Veduta dell’insigne borgo di Varallo col Sacro Monte dalla parte di mezzo giorno.
Nel 1798 o 1799, Benedetto e Gaudenzio incisero – per il Bureau Topographique de l’Armée – la Carte de l’itineraire des étapes établies en Italie pour la marche des troupes Francaises; di questo periodo sono pure la carta Mantova ed il suo circondario (disegnata, come già quella degli Astronomi, da Giacomo Pinchetti) (Peco, 1998, p. 20).
Nel 1807 i due Bordiga pubblicarono a Milano il volume Elementi di figura, con 17 figure di particolari scultorei classici e due tavole anatomiche.
La carriera di incisore di Benedetto proseguì con successo nel settore delle carte geografiche e topografiche, in collaborazione stretta col congiunto, ma anche da solo.
Nel 1804, dopo avere presentato un saggio di incisione, i due fratelli furono incaricati dell’incisione della grande Carta della Repubblica Italiana “che doveva essere rilevata sotto la direzione degli Astronomi di Brera e di cui uscirà un solo foglio (quello di Milano) nel 1807” (Peco, 1998, p. 17).
Nel 1808, Benedetto venne assunto come incisore di prima classe nel Deposito della Guerra di Milano, alle dipendenze del fratello “capo incisore”.
Nel 1814, con il ritorno a Milano degli austriaci, Benedetto, particolarmente apprezzato, venne confermato in servizio nel nuovo ente cartografico asburgico – l’I. R. Istituto Geografico Militare di Milano che mantenne il vecchio direttore maggiore Antonio Campana – come incisore di prima classe e professore di incisione, e anche Gaudenzio rimase “capo incisore”: in tal modo, i due fratelli contribuirono per molti anni ancora (Benedetto fino al pensionamento del settembre 1835 causato da un’incipiente cecità, Gaudenzio fino al decesso avvenuto nel gennaio 1837) “alla vasta e pregevolissima produzione cartografica dell’Istituto, nella quale spiccano le varie carte del Mare Adriatico, la Carta topografica dei Ducati di Parma, Piacenza e Guastalla del 1828 e la Carta topografica del Regno Lombardo-Veneto del 1833-38” (Peco, 1998, p. 18).
Nel 1820, Benedetto incise a Milano, insieme al fratello, la Nuova carta degli Stati Pontifici Meridionali, un prodotto di notevole efficacia e bellezza che per la prima volta – riguardo al Lazio – rappresenta l’orografia col tratteggio.
Tra il 1821-23, da solo, Benedetto Bordiga lavorò all'incisione di 14 tavole rappresentanti operazioni geodetiche e astronomiche (con ampie vedute panoramiche e con la Carte chorographique d’une partie du Piémont e de la Savoie comprenant la réseau trigonométrique fait pour joindre la grande triangulation de France avec celle de l’Italie in scala di 1:500.000), raccolte in due tomi, stampate in varie dimensioni e in diverse scale a Milano nella "Impremerie Royale et Impériale" nel 1825-27: all'opera collaborarono, come disegnatori e redattori delle descrizioni, Francesco Carlini (1783-1862, astronomo e geodeta milanese, direttore dell'Istituto lombardo-veneto e dell'Osservatorio di Brera) e Giovanni Antonio Amedeo Plana (1781-1864, matematico e astronomo piemontese).
Altre incisioni di Benedetto che risalgono ai primi decenni del XIX secolo sono il Panorama, ou Vue perspective de l’horizon de la Coupole de Superga presso Torino, e la Vue pittoresque de ville de Turin del 1818.
Si devono poi a Benedetto, numerose incisioni – adesso disperse in collezioni pubbliche e private – di tavole in cui sono trascritti in rame (con notevole accuratezza) dipinti di altri artisti, oppure anche lavori originali di gusto neoclassico, con particolare interesse per i generi del vedutismo pittorico e del ritratto (Peco, 1998, p. 18).
E’ da notare che Benedetto e Gaudenzio incisero carte geografiche e topografiche e piante cittadine anche di interesse culturale e scolastico per l’editoria privata (come per gli stampatori Vallardi e Artaria), mentre Gaudenzio diede alle stampe anche numerose opere di erudizione storico-artistica, completate da incisioni sue e del fratello (Peco, 1998, pp. 144-147).

Produzione di cartografia manoscritta:
Carta della Lombardia degli Astronomi di Brera, incisione di Benedetto Bordiga in 8 fogli, 1788-96, scala di 1.86.400;
Carte de l’itineraire des étapes établies en Italie pour la marche des troupes Francaises, incisione di Benedetto e Gaudenzio Bordiga, 1798-99;
Mantova ed il suo circondario, incisione di Benedetto e Gaudenzio Bordiga, 1798-99;
Carte générale du théâtre de la guerre en Italie di Bacler-D’Albe, incisione di Benedetto e Gaudenzio Bordiga in 30 fogli, 1802, scala di 1:259.000 circa;
Carte militaire du Piemont et de la Republique Italienne, incisione dei fratelli Bordiga, s. d.;
Pianta della città di Milano e suoi contorni pel circuito di tre o più miglia, incisione di Benedetto e Gaudenzio Bordiga, 1805 circa;
Foglio di Milano della grande Carta della Repubblica Italiana, incisione di Benedetto e Gaudenzio Bordiga, 1807;
Nuova carta topografica del Mantovano e sue adiacenze, incisione di Benedetto e Gaudenzio Bordiga, 1807;
Carta del Mare Adriatico, incisione di Benedetto Bordiga, G. Caniani e G. Bonatti, 1811;
Nuova carta degli Stati Pontifici Meridionali, incisione di Benedetto e Gaudenzio Bordiga, 1820, scala di 1:200.000;
Carte chorographique d’une partie du Piémont e de la Savoie comprenant la réseau trigonométrique fait pour joindre la grande triangulation de France avec celle de l’Italie, incisione di Benedetto Bordiga, 1825-27, in scala di 1:500.000.

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Caramel, in DBI, ad vocem; Barsanti, 1992, pp. 16-18 e 67-70; Peco, 1998; Rombai, 1989, p. 63; Istituto Geografico Militare, 1934, pp. 28, 30, 33, 121, 304 e 369-369; ASM, Ministero della Guerra; ASM, Confini; AOB, AAV 8.11/2-3; OSKW, Istituto Geografico Militare di Milano.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Anna Guarducci e Leonardo Rombai

Perelli, Tommaso

Tommaso Perelli
N. Bibbiena 21 luglio 1704
M. Arezzo 5 ottobre 1783

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Matematico granducale, ingegnere idraulico

Biografia:
Nacque il 21 luglio 1704 a Bibbiena in Casentino (nella casa materna) dall’avvocato Bernardino Girolamo Perelli e Maria Settimia Cherici, residenti a Firenze, e morì ad Arezzo il 5 ottobre 1783.

Produzione scientifica:
Già nel maggio 1740 con l’auditore Pompeo Neri e l’ingegner Giovanni Maria Veraci fu comandato alla visita della pianura pisana da Pontedera al mare, al fine di verificarne la preoccupante situazione idraulica e di suggerire i rimedi più adeguati; dalla lunga ricognizione – con misurazione e livellazione in pianta dell’area – scaturì la corposa memoria di taglio storico-geografico-ingegneristico (edita nel 1774) con cui si proponevano sistematiche canalizzazioni e arginature (poi in larga parte realizzate), oltre che un nuovo emissario del padule di Bientina sottopassante in botte l’Arno e sfociante nel Tirreno al Calambrone. La "botte" sotto l'Arno ottenne il consenso granducale nel 1747, ma verrà realizzata oltre un secolo dopo.
Come risulta dalla documentazione scritta (in gran parte conservata a Praga), dalla visita scaturirono 13 cartografie (sicuramente poi disperse in varie conservatorie della città e del territorio pisano).
L’anno seguente, in compagnia dell’ingegner Veraci, analizzò con proposta di pronti interventi illustrati in due mappe a china nera e in una memoria del 1 dicembre 1741, per l’ufficio dei Capitani di Parte Guelfa, la situazione delle sponde dell’Arno e del canale d’Usciana (emissario del padule di Fucecchio) nel Valdarno di Sotto tra Fucecchio e Montecalvoli, dopo una loro grave esondazione. Per la stessa magistratura fiorentina e per comporre una lunga contesa fra i proprietari fondiari dell’area, il 9 ottobre 1743 redasse una perizia – con tanto di mappa acquerellata – per la sistemazione idraulica della pianura di Monteboro tra Empoli e Valdelsa mediante l’escavazione di un nuovo canale di scolo.
Nel 1744 svolse il delicato ruolo di perito ufficiale nella causa relativa ai lavori di adeguamento dell’alveo e degli argini del torrente Agna nel territorio di Prato. Sui problemi di regimazione di quest’area depressa (soggetta ai danni dell’Agna, del Bagnolo e del rio Merdancione) Perelli tornò nel 1747, con una visita effettuata insieme all’ingegner Bernardino Ciunini, dalla quale scaturì una puntuale memoria; e nel 1755, in seguito alle consuete liti esplose fra i proprietari per la ripartizione delle spese di imposizione idraulica.
Nel gennaio 1748 presentò – insieme a Pompeo Neri – la relazione sulla parte meridionale del padule di Fucecchio già visitata e misurata con grande accuratezza, anche con ripetuti colloqui con amministratori e proprietari, tra il novembre 1746 e la primavera 1747, insieme con gli ingegneri Angelo Maria Mascagni e Antonio Falleri, con tanto di rilevamento di una carta topografica. Per rimediare alla cronica situazione di impaludamento della piana, si proponevano opere impegnative, come la fabbrica delle cateratte fra Arno e Usciana, il lungo argine in sinistra di Usciana e l’escavazione di un antifosso parallelo allo stesso emissario del padule.
Nell’autunno 1757 Perelli venne commissionato dalla Parte a sindacare la disputa esplosa fra i proprietari dell’area fiorentina, tra la città e lo sbocco del fiume Greve, dopo i lavori di arginatura dell’Arno eseguiti da Antonio Falleri. Nel febbraio 1758 scrisse un parere sulla sistemazione del torrente Marroggia nelle campagne umbre.
Nel marzo 1759 redasse la celebre ed erudita memoria sulle inondazioni dell’Arno a Firenze dai tempi comunali in poi, per contribuire al dibattito apertosi dopo gli ultimi e calamitosi eventi del 1740 e 1758: il nostro scienziato non mancava di raccomandare – come già Viviani – di approvare più severe normative di vincolismo forestale e incisivi provvedimenti di sistemazione idraulico-agraria e forestale nelle parti montane e collinari, oltre che di arginatura dei corsi d’acqua. Sempre per consentire un più agevole deflusso delle acque dell’Arno, nel 1760 e poi ancora nel 1764, propose la ricostruzione in forma assai più rialzata dell’antico ponte di Signa, l’unico esistente tra Firenze e Pisa.
Per quanto non si sia occupato specificamente di cartografia fine a se stessa, nel 1761 entrò nel dibattito da anni in corso per la costruzione della carta geografica della Toscana, con l’operazione che era stata ufficialmente avviata con l’incarico dato nel 1750 al matematico Leonardo Ximenes: sollecitato in tal senso dal governo lorenese, infatti Perelli consigliò l’amministrazione granducale di acquistare la cospicua raccolta cartografica approntata dall’ingegner Ferdinando Morozzi che sarebbe stata utile per la redazione della rappresentazione generale dello Stato.
Nei primi anni ’60 le capacità idrauliche di Perelli erano ormai note anche fuori della Toscana, tanto che – su raccomandazione dell’amico Paolo Frisi – il governo pontificio lo incaricò di studiare la famosa “causa delle acque bolognesi e romagnole”, e di accompagnare il cardinale Pietro Paolo Conti nella visita alla pianura bolognese-romagnola effettuata tra il 17 maggio 1761 e il 5 luglio 1762. Fu così che, per circa quattordici mesi, si adoperò per esaminare e livellare quella pianura, con redazione nel 1763 di un’ampia relazione, apprezzata anche per l’accurato inquadramento storico dei progetti e degli interventi effettuati dall’inizio del XVII secolo in poi. La grande opera di canalizzazione proposta da Perelli (in forma di canale di raccolta delle acque dei fiumi appenninici da scavare molto a valle rispetto ad altri tracciati, come quello di Pio Fantoni, per condurle al Po di Primaro) venne criticata, oltre che dallo stesso Fantoni, pure dai religiosi Jacquier e Le Seur, e nel 1765 lo scienziato fiorentino dovette allestire un nuovo scritto per controbattere le tesi dei due.
Nel frattempo, e precisamente nel 1763, il nostro iniziò un’opera di analisi critica dei progetti di altri matematici territorialisti e specialmente del rivale Ximenes. Fu incaricato dal governo granducale di visionare attentamente – ciò che non mancò di fare – il progetto di parziale bonifica e regimazione idraulica steso da Ximenes per il comprensorio del padule di Bientina, dimostrandosi contrario alle colmate e a favore della botte sotto l’Arno (posizioni che vennero ribadite anche tra il 1767 e il 1770).
Tornato definitivamente in Toscana dopo l’inconclusa vicenda della bonifica romagnola, nel luglio 1766 si occupò, per il nuovo governo del granduca Pietro Leopoldo, delle cause delle febbri malariche che affliggevano larga parte della popolazione di Firenze e della sua pianura più depressa, individuate non solo nel ristagno delle acque e nella scarsa igiene urbana ma anche nella insufficiente alimentazione di molti popolani.
Nell’autunno di quello stesso anno 1766 Pietro Leopoldo lo incaricò di visitare la Maremma per giudicare la grande operazione di fisica riduzione che Ximenes stava cominciando a realizzare nella pianura di Grosseto: con le sue Riflessioni del 15 novembre, il nostro esprimeva perplessità e contrarietà in merito ad alcune scelte del gesuita, a partire da quella di fondo della canalizzazione – anziché della colmata – avanzata per il lago-padule di Castiglione della Pescaia. Anche l’anno seguente Perelli dovette analizzare – insieme all’ingegner Francesco Bombicci – un altro progetto ximeniano, e precisamente quello per la bonifica per prosciugamento del paduletto di Pian del Lago nei pressi di Siena mediante la costruzione di un canale emissario sotterraneo che venne poi ultimato nel 1771 con i correttivi consigliati proprio dal nostro.
Tra il 1767 e il 1769 l’impegno di scienziato idraulico – e più in generale di alto funzionario, come dimostra l’inserimento nella deputazione nominata dal granduca nel 1767 per preparare la riforma dell’università pisana – si fece sempre più intenso: nel 1768-69, Perelli effettuò varie visite (alcune in compagnia di Pompeo Neri) nella pianura pisana, anche a nord dell’Arno tra Ripafratta e Pietrasanta (qui con Bombicci per relazionare sul problema del taglio della Macchia di Marina in rapporto ai possibili effetti sanitari), redigendo memorie sulla situazione socio-economica e sui bisogni di quel territorio, insieme con perizie e progetti di bonifica degli acquitrini dell’area (scritti non rinvenuti dagli studiosi) non sempre in sintonia con quelli ximeniani; visionò, con il fido Bombicci, gli acquedotti di Pisa e di Pontedera (l’ultimo in costruzione); fece una perizia sulle cause del crollo del ponte della Cecinella nel Valdarno di Sotto proprio al confine tra Pisano e Fiorentino; e soprattutto studiò il complesso problema della bonifica della Valdichiana, dove accompagnò il granduca in visita insieme al rivale Ximenes e al capo ingegnere Salvetti. Qui, Perelli si oppose fermamente al progetto ximeniano di sprofondare la terminale Chiusa dei Monaci al fine di far scolare il più possibile delle acque stagnanti della valle, proponendo invece semplici lavori di canalizzazione interna che furono accolti dal sovrano (Di Pietro, 2005, p. 124).
Nel 1770 ottenne il gravoso compito di studiare il taglio di Barbaricina, cioè il raddrizzamento dell’Arno subito a valle di Pisa e fino al mare, intervento già ritenuto inutile da Grandi ma progettato dall’allievo e realizzato in collaborazione con Bombicci nel corso di quello stesso anno: seppure con spesa nettamente superiore a quanto preventivato, a causa soprattutto – così almeno scrisse Perelli in una Difesa resasi necessaria per controbattere le accuse mossegli anche nell’ambito della burocrazia tecnica granducale – delle modifiche introdotte dall’Ufficio dei Fossi di Pisa.
Da allora, le committenze all’anziano scienziato – che nell’estate del medesimo 1770 studiò insieme col medico e naturalista viaggiatore Giovanni Targioni Tozzetti il problema delle febbri malariche endemiche nel villaggio di Settimello tra Calenzano e Sesto Fiorentino – si ridussero notevolmente. Nel giugno 1771 ottenne privatamente l’incarico, da parte del conte Francesco Baglioni, di studiare le possibilità del risanamento ambientale e della parziale bonifica a fini agrari della pianura circostante il Lago Trasimeno; e nel luglio 1772 offrì invano disponibilità – con l’amico ingegnere Ferdinando Morozzi – a Pompeo Neri per formare la carta generale della Toscana in previsione della grande riforma comunitativa approvata nel 1773-74.
Occorre attendere l’ottobre 1773 perché Perelli – peraltro in competizione con Ximenes – fosse nuovamente incaricato di un’operazione territoriale dal governo lorenese, quale l’esame del progetto del matematico Pietro Ferroni di trasformare il fiorentino Fosso Macinante in destra d’Arno in un canale navigante tra Firenze e l’Ombrone a sud di Signa, per rimediare ai cronici limiti di navigabilità del principale fiume toscano immediatamente a sud della città, progetto approvato con qualche correzione.
Proprio dopo questa committenza la salute del matematico andò declinando in forma sempre più grave, tanto da essere completamente messo da parte dal granduca e dalla sua amministrazione, che però ne decisero il pensionamento solo nel 1779 ad appena quattro anni dalla morte.
Si hanno notizie di un ingegnere Giuseppe Perelli – non è dato sapere se congiunto di Tommaso – che è autore, insieme a Fabio Andreini, l’11 dicembre 1838, di un disegno prospettico (con allegato rapporto) Lavori al Fiume Arno e Serchio: loro importare e progetto di reparto (in ASP, Piante dell'Ufficio Fiumi e Fossi, n. 225) (Barsanti, 1987, p. 134).

Opere a stampa: Ragionamento sopra la campagna pisana, dato a Sigg. Deputati in occasione della visita del 1740, in Raccolta d’autori italiani che trattano del moto delle acque, Firenze, Cambiagi, 1774, vol. IX, pp. 89-154;
Relazione sopra il modo di liberare la campagna del Valdarno inferiore dall’inondazione dell’Usciana (29 gennaio 1748), in Raccolta d’autori italiani che trattano del moto delle acque, Firenze, Cambiagi, 1774, vol. IX, pp. 155-179;
Relazione sopra il prolungamento dell’argine dell’Anconella fatta al Magistrato di parte (7 novembre 1757), in Raccolta d’autori italiani che trattano del moto delle acque, Firenze, Cambiagi, 1774, vol. IX, pp. 181-198;
Parere sopra i diversivi proposti da Antonio Facci nella Marroggia dati in una lettera al nobil uomo Marchese Ab. Antonio Niccolini (1758), in Raccolta d’autori italiani che trattano del moto delle acque, Firenze, Cambiagi, 1774, vol. IX, pp. 217-229;
Relazione intorno all’Arno dentro la città di Firenze (23 marzo 1759), in Raccolta d’autori italiani che trattano del moto delle acque, Bologna, Marsigli, 1826, vol. X, pp. 129-146;
Relazione all’Ecc.mo e Rev.mo Card. Pietro Paolo Conti sopra il regolamento delle acque delle tre provincie di Bologna, Ferrara e Romagna (1 febbraio 1763), Lucca, Rocchi, 1764;
Risposta al parere dei padri Le Seur e Jacquier sopra i diversi progetti per il regolamento delle acque delle tre provincie di Bologna, Ferrara e Romagna (1765), in Raccolta d’autori italiani che trattano del moto delle acque, Firenze, Cambiagi, 1774, vol. IX, pp. 378-411;
Relazione sopra l’acque di Pian del Lago (25 aprile 1767), in Raccolta d’autori italiani che trattano del moto delle acque, Firenze, Cambiagi, 1774, vol. IX, pp. 199-207;
Parere sopra il Ponte della Cecinella e sulle ragioni della rovina di esso (11 marzo 1769), in Raccolta d’autori italiani che trattano del moto delle acque, Firenze, Cambiagi, 1774, vol. IX, pp. 209-215;
Difesa del Dottor Perelli sopra l’operazione da lui proposta dell’addirizzamento del fiume Arno a Barbaricina in vicinanza di Pisa (1770-71), in Raccolta d’autori italiani che trattano del moto delle acque, Bologna, Marsigli, 1826, vol. X, pp. 92-118;
Relazione sopra il Lago Trasimeno scritta per il nobil uomo Conte Francesco Baglioni e dedicata a S.E. il Conte Antonio di Thurm, Firenze, Allegrini e Pisani, 1771.
Opere manoscritte: Relazione di T. Perelli in unione all’ing. Veraci del 1 dicembre 1741 per i lavori da farsi alle ripe del fiume Arno da Castelfranco a Montecalvoli causati dalla piena del 1740 (con due mappe), in ASF, Capitani di Parte Guelfa. Numeri neri, f. 1153, ins. 85;
Relazione di T. Perelli del 9 ottobre 1743 per i lavori da farsi alle acque di Monteboro, in ASF, Capitani di Parte Guelfa. Numeri neri, f. 1155, ins. 77;
Relazione di T. Perelli del 20 novembre 1744 nella causa vertente tra il Cav. Ridolfo Popoleschi e i Padri dei Servi consorti di lite per lavori al fiume Agna, in ASF, Capitani di Parte Guelfa. Numeri neri, f. 1156, ins. 97;
Relazione di T. Perelli del 30 dicembre 1747 in contraddittorio a quella del Manfredi relativa all’imposizione del fiume Bagnolo, in ASF, Capitani di Parte Guelfa. Numeri neri, f. 1159, ins. 108;
Relazione di T. Perelli del 7 settembre 1755 in causa Riccardi e Gerini contro Popoleschi ed altri che non volevano concorrere alla spesa del cavamento ed allargamento del fiume Agna, in ASF, Capitani di Parte Guelfa. Numeri neri, f. 1167, ins. 48;
Relazione di T. Perelli [del novembre 1757] sull’argine d’Arno dell’Anconella, in ASF, Capitani di Parte Guelfa. Numeri neri, f. 1169, ins. 98;
Relazione di T. Perelli [del marzo 1759] sulle inondazioni dell’Arno in Firenze, in ASF, Capitani di Parte Guelfa. Numeri neri, f. 940, ins. 93;
Relazione del matematico T. Perelli del 26 ottobre 1760 sopra la ricostruzione del Ponte di Signa, in AAADF, Archivio Manetti, F.1, ins. 2, cc. 20-29;
Memoria di T. Perelli del 20 luglio 1766 sulla causa dell’influenza delle febbri terzane che affliggono gli abitanti di una parte della città di Firenze, in AAADF, Archivio Manetti, F.1, ins. 2, cc. 6-16;
Estratto della relazione di T. Perelli e Riflessioni sopra i lavori proposti intorno al Lago di Castiglione di T. Perelli del 15 novembre 1766, in ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 748, ins. 21;
Relazione di T. Perelli del 1768 sulla Macchia di Marina e sul territorio di Pietrasanta, in ASCP, Filza di Negozi al tempo di Gaetano messer Mazzini stato Cancelliere di Pietrasanta, f. 2, 15 (n. 134), cc. 924r-949r;
Memoria di T. Perelli del 20 febbraio 1770 sul rettifilo d’Arno a Barbaricina, in AAADF, Archivio Manetti, F.1, ins. 3, cc. 103-112;
Relazione del Dott. Perelli del 18 settembre 1770 sopra le peschiere del Tozzini a Settimello, in BNCF, Fondo Nazionale, II-195, cc. 42-52;
Relazione di T. Perelli del 17 agosto 1771 sulla bonifica del Lago Trasimeno, in BNCF, Fondo Nazionale, II-60, cc. 93-108;
Rapporto di T. Perelli del 13 ottobre 1773 concernente la navigazione dell’Arno da Signa fino a Firenze per mezzo di un canale laterale, in AAADF, Archivio Manetti, F.1, ins. 2, cc. 78-92.

Produzione di cartografia manoscritta:
Mappe e profili (13 figure) della Pianura Pisana e del basso corso dell’Arno, con Giovanni Maria Veraci, 1740 (in parte editi nella memoria del 1774);
Due mappe per i lavori da farsi alle ripe del fiume Arno da Castelfranco a Montecalvoli causati dalla piena del 1740, con Giovanni Maria Veraci, 1 dicembre 1741 (ASF, Capitani di Parte Guelfa. Numeri neri, f. 1153, ins. 85);
Mappa per la sistemazione idraulica della pianura di Monteboro tra Empoli e Valdelsa, 9 ottobre 1743 (ASF, Capitani di Parte Guelfa. Numeri neri, f. 1155, ins. 77);
Carta topografica della parte meridionale del padule di Fucecchio, con Angelo Maria Mascagni e Antonio Falleri, gennaio 1748 (edita nella memoria del 1774)

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Barsanti, 1988; Barsanti e Rombai, a cura di, 1994, pp. 111-131; Caciagli, 1984, p. 60; Melis, 1996, p. 258; Bonelli Conenna, 1997, pp. 23-25; Di Pietro, 2005, p. 124; Nepi e Mazzei, a cura di, 2001, pp. 89-93; ASF, Segreteria di Finanze ante 1788; ASF, Capitani di Parte Guelfa. Numeri neri; BNCF, Fondo Nazionale; AAADF, Archivio Manetti; ASCP.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai

Benassi, Giacomo

Giacomo Benassi
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Capitano e ingegnere del Principato di Piombino

Biografia:

Produzione scientifica:
A quanto è dato sapere, Giacomo Benassi è il primo tecnico stabilmente inquadrato a tempo pieno nell’amministrazione del Principato di Piombino.
Almeno dal 1765 al 1804, il capitano ingegnere (o “Ingegnere di Sua Eccellenza”) Benassi, sarà assai attivo nelle molteplici attività tecniche riguardanti l’assetto territoriale del piccolo Stato, anche l’operazione di maggiore impegno anche cartografico fu il lavoro della Deputazione toscano-piombinese che, nel 1779-85, fu incaricata di misurazioni e visite ai confini controversi fra Granducato e Principato, e coordinata dai matematici Leonardo Ximenes e Teodoro Bonaiuti, con vari ingegneri toscani e piombinesi al seguito (per il primo Stato Filippo Grobert e Alessandro Nini, per il secondo, oltre a Benassi, Stefano Pasi): gli ingegneri redassero materialmente, in modo collegiale, le numerose e impegnative piante per le varie aree interessate, e precisamente quelle della Val di Cornia, della Val di Pecora, della valle dell’Alma e di Gualdo, della sezione nord-occidentale della pianura di Grosseto tra la Bruna e il lago di Castiglione (cfr. Barsanti e Rombai, 1987, p. 190; e Rombai, Toccafondi e Vivoli, 1987, p. 387).
Al di là di tale importante impegno, sappiamo che Benassi il 21 aprile 1765 disegnò la pianta della chiesa scarlinese di San Martino con i lavori da eseguirvi e nel 1791 tornò ad occuparsi dello stato dell’edificio (ASF, Piombino, f. 628, ins. 11, Chiesa arcipretale di S. Martino. Relazione e pianta della chiesa suddetta, e Informazione del 4 giugno 1791 sopra la Chiesa arcipretale di S. Martino) (Azzari e Rombai, 1986, pp. 144-145).
Nel 1770 progettò la costruzione – con tanto di planimetria allegata – di una chiesetta accanto all’isolata torre di guardia delle Civette (ASF, Piombino, f. 72, ins. 14) (Azzari e Rombai, 1986, p. 137).
Nel 1771-78 aveva disegnato una mappa geometrica, con tanto di perizia, di una piccola area interessata allo scavo della Pecora nello Scarlinese, e un altro disegno progettuale per la costruzione di un capannone a Scarlino destinato a “fabbrica della polvere”; altri scritti tecnici interessarono la steccaia sul fiume Cornia, gli edifici delle torri di Torremozza e Baratti, la chiesa di Marina di Campo, l’affitto di boschi statali a Suvereto e Scarlino (ASF, Magona. Appendice II, f. 57, mazzo n. 10: cfr. Quattrucci, 1994, p. 122).
Ancora, nel 1772 Benassi disegnò la Pianta della miniera del ferro nell’isola dell’Elba (ASV, Boncompagni, XIII, 392-16); e nel 1772-73 Benassi redasse varie perizie sui beni forestali di Valle, sui più diversi problemi (anche di confinazione col Granducato) dei territori di Suvereto, Vignale, Scarlino e Buriano con la torre del Barbiere a Gualdo oggi Puntala e la steccaia della Ronna che alimentava l’industria di Follonica (ASF, Magona. Appendice II, f. 53, mazzo n. 11: cfr. Quattrucci, 1994, p. 121).
Nel 1788, rilevò con disegno di uno schizzo prospettico il confine specialmente nell’area collinare ove si trovava l’edificio religioso di Santa Crocina tra Scarlino (Principato) e Gavorrano (Granducato) (ASF, Piombino, f. 628, ins. 6) (Azzari e Rombai, 1986, p. 135).
Tra il 1790 e il 1793, s occupò a più riprese dei “risarcimenti” della “palonata” o emissario del lago-padule di Scarlino al Puntone (ASF, Piombino, f. 632, cc. 16, 35 e 43) (Azzari e Rombai, 1986, p. 133).
Il 22 aprile 1800, stese una perizia per il restauro generale dell’intero sistema delle torri costiere del Principato (ASF, Piombino, f. 632, c. 56) (Azzari e Rombai, 1986, p. 137).
Nel 1788 aveva scritto un dettagliato inventario degli stabili, con relative masserizie, esistenti nello stabilimento siderurgico di Follonica, mentre nel 1800 stilò – insieme all’altro ingegnere Giuseppe Antonio Pellegrini – perizie per restaurare alcuni degli stabili di Follonica con la gora di alimentazione e la steccaia di derivazione delle acque, con tanto di presenza in sede di esecuzione dei lavori (Rombai e Tognarini, 1986, pp. 49-50).
Nel 1804, Benassi poté costruire la Carte de la Principauté de Piombino, una rappresentazione generale non geometrica, ma con dettaglio tale da comprendere tutti gli edifici (anche isolati) allora esistenti (Guarducci, 2001, pp. 542-560; Quaini, Rombai e Rossi, 1995; e Tognarini, 1995, pp. 57-66).
Dopo il 1804, il nome di Angelo scompare dai documenti: dal 1805 compare però, in qualità di aiuto del nuovo ingegnere Flaminio Chiesi, Angelo Benassi, forse figlio di Giacomo (ASF, Piombino Appendice II, 11, ins. 2: cfr. Rombai e Tognarini, 1986, pp. 76-81).

Produzione di cartografia manoscritta:
Pianta della chiesa di San Martino di Scarlino, Giacomo Benassi, 21 aprile 1765 (ASF, Piombino, f. 628, ins. 11);
Planimetria della nuova chiesetta da costruire accanto alla Torre delle Civette, Giacomo Benassi, 1770 (ASF, Piombino, f. 72, ins. 14);
Pianta della miniera del ferro nell’isola dell’Elba, ingegnere Giacomo Benassi, 1772 (ASV, Boncompagni, XIII, 392-16);
Carte de la Principauté de Piombino, ingegnere Giacomo Benassi, 1804 (SHAT, Cartes et Plans, M.13.C, carta n. 27);
Pianta dalla confluenza della Milia nella Cornia fino all’estremo termine giurisdizionale fra la Sassetta e Suvereto, Alessandro Nini e Giacomo Benassi, 28 maggio 1783 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 37);
Pianta topografica di una parte del corso del Torrente Alma, e del Fosso della Zinghera, e dei Fossetti che mettono in essi, con i Poggi dai quali derivano, e loro adiacenze, formata dagl’Ingegneri Toscani e Piombinesi per la questione presente di Confinazione fra il Granducato di Toscana et il Principato di Piombino nel mese di Marzo del 1781 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 297/b);
Pianta topografica di una parte del corso del Torrente Alma, del Fosso della Zinghera, e dei Fossetti che mettono in essi, con i Poggi dai quali derivano, e loro adiacenze, formata dagl’Ingegneri Toscani e Piombinesi per la questione presente di Confinazione fra il Granducato di Toscana et il Principato di Piombino nel mese di Marzo del 1781 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 297/c);
Sbozzo di carta confinaria tra gli Stati di Piombino e di Toscana nella valle dell’Alma in Maremma, 9-13 marzo 1781 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 408);
Cartone della Tenuta di Pian d’Alma, e luoghi adiacenti per la confinazione di detta Tenuta col territorio del Sig. Principe di Piombino. Anno MDCCLXXVII (ASF, Miscellanea di Piante, n. 190);
Pianta di una parte del corso del Fiume Alma con le sue sorgenti e fossi che mettono in esso, poggi, e loro adiacenze formata per intelligenza della questione di confinazione per quella parte fra il Granducato di Toscana e il Principato di Piombino l’anno 1781 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 501);
Confine giurisdizionale tra Granducato di Toscana e Principato di Piombino in Valdibruna presso Buriano, Alessandro Nini e Giacomo Benassi ingegneri, 13 maggio 1783 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 503);
Pianta del confine giurisdizionale tra il Granducato di Toscana e il Principato di Piombino in Val di Pecora nei territori di Massa Marittima e Scarlino, Alessandro Nini e Giacomo Benassi, 21 maggio 1782 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 507);
Pianta del confine giurisdizionale tra Granducato di Toscana e Principato di Piombino tra Pian d’Alma e Gualdo, Alessandro Nini e Giacomo Benassi ingegneri, 17 aprile 1782 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 514);
Pianta del confine giurisdizionale tra Granducato di Toscana e Principato di Piombino nel Piano della Badia al Fango, Alessandro Nini e Giacomo Benassi ingegneri, 19 marzo 1783 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 515);
Pianta del confine giurisdizionale tra il Granducato di Toscana e il Principato di Piombino dalle steccaie di Pecora e Ronna a Follonica, Alessandro Nini e Giacomo Benassi, 21 maggio 1783 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 516);
Pianta del confine giurisdizionale tra Granducato di Toscana e Principato di Piombino tra Campiglia e Suvereto, Alessandro Nini e Giacomo Benassi, 17 maggio 1783 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 517);
Pianta del confine giurisdizionale tra Granducato di Toscana e Principato di Piombino tra Pian d’Alma e Tirli, Alessandro Nini e Giacomo Benassi ingegneri, 30 aprile 1782 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 518);
Pianta del confine giurisdizionale tra Granducato di Toscana e Principato di Piombino da Tirli al Mulino dell’Ampio, Alessandro Nini e Giacomo Benassi ingegneri, 30 aprile 1782 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 519);
Pianta del confine giurisdizionale tra Granducato di Toscana e Principato di Piombino nel territorio di Gualdo, Alessandro Nini e Giacomo Benassi ingegneri, 1782 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 520);
Pianta del confine giurisdizionale tra Granducato di Toscana e Principato di Piombino nel territorio di Buriano e Montepescali, Alessandro Nini, 5 giugno 1783 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 525);
Pianta del confine giurisdizionale tra il Granducato di Toscana e il Principato di Piombino nel territorio di Buriano e Montepescali, Alessandro Nini e Giacomo Benassi ingegneri, 8 aprile 1783 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 526);
Pianta del confine giurisdizionale tra Granducato di Toscana e Principato di Piombino nel territorio dell’Abbadiola e Acquagiusta, Alessandro Nini e Giacomo Benassi ingegneri, 8 aprile 1783 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 528);
Pianta del confine giurisdizionale tra il Granducato di Toscana e il Principato di Piombino dal mulino sull’Ampio a Piano e penisola dell’Abbadiola, Alessandro Nini e Giacomo Benassi ingegneri, 7 aprile 1783 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 529);
Pianta topografica di una parte del corso del fiume Alma o Rio di S. Lucia, del fosso della Zinghera e dei fossetti che mettono in esso, con i poggi dai quali derivano formata dagl’ingegneri toscani e piombinesi per la questione presente di confinazione tra il Granducato di Toscana e il Principato di Piombino, Alessandro Nini e Giacomo Benassi ingegneri, marzo 1781 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 531);
Pianta topografica di una parte del piano d’ Alma dal ponte di pietra del fiume di detto nome fino alla sommità del Poggio Spada e del Monte d’Alma, formata di concerto da Alessandro Nini e Giacomo Benassi ingegneri di Toscana e di Piombino, 24 maggio 1779 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 535);
Confine giurisdizionale tra il Granducato di Toscana e il Principato di Piombino da Montecalvi fino alla bassa Valdicornia. III., Alessandro Nini e Giacomo Benassi ingegneri, 1780 ca. (ASF, Miscellanea di Piante, n. 536);
Carta topografica dimostrante la Torre della Troia, stabilimento di S.A.R. il ser.mo Granduca di Toscana, e la Torre del Barbiere del Principato di Piombino con i scali e seni, adiacenti a dette torri, comprese dentro la passata del cannone, Innocenzio Fazzi ingegnere, seconda metà del XVIII secolo (ASF, Miscellanea di Piante, n. 543);
Disegno schematico del confine tra lo Stato di Siena con il Territorio di Massa e il Principato di Piombino con il Territorio di Scarlino alla steccaia del Fiume Pecora, Alessandro Nini e Giacomo Benassi, 23 aprile 1782 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 764);
Schizzo prospettico del confine tra Scarlino (Principato) e Gavorrano (Granducato), Giacomo Benassi, 1788 (ASF, Piombino, f. 628, ins. 6);

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Azzari e Rombai, 1986, pp. 133, 135, 137 e 144-145; Guarducci, 2000; Rossi, 2000; Guarducci, 2001; Pellegrini, 1984; Quaini, Rombai e Rossi, 1995; Quattrucci, 1994; Rombai, 1995; Rombai, Toccafondi e Vivoli, 1987; Rombai e Tognarini, 1986; Rombai e Vivoli, 1996, pp. 156-157; Tognarini, 1987; Tognarini, 1995; ASF, Piombino; ASF, Piombino Appendice II; ASF, Magona; ASF, Miscellanea di Piante; ASV, Boncompagni; ASL, Piombino; SHAT.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai