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Antonelli, Domenico Giovanni Igino

Domenico Giovanni Igino Antonelli
N. Candeglia (Pistoia) 10 gennaio 1818
M. Firenze 14 gennaio 1872

Relazioni di parentela: Nato dall'unione di Giovambattista e Serafina Morganti

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:

Produzione scientifica:
Scienziato poliedrico, come e più del maestro Inghirami, toccò ad Antonelli rispondere a molti dei nuovi bisogni in materia di innovazioni tecnologiche (macchine e motori a vapore) e soprattutto di politica territoriale (tracciati ferroviari, bonifiche e acquedotti urbani) manifestati nell’età del Risorgimento nazionale con la graduale affermazione di un mercato unitario. In particolare, per un venticinquennio a partire dal 1845 – sulla scia del maestro Inghirami che fino ad allora aveva fatto parte della commissione tecnica per la costruzione della prima ferrovia toscana fra Firenze e Livorno, la Leopolda – non ci fu comitato promotore in Toscana e nell’Italia centrale di strade ferrate che (proprio mentre papa Gregorio XVI si mostrava cocciutamente ostile all’innovazione ferroviaria, col definire il treno “un ordigno infernale”) non richiedesse il parere tecnico del padre Antonelli, o comunità locali e investitori privati che non ricercassero la sua consulenza per questioni idrauliche.
La prima committenza in materia di ferrovie riguardò il tracciato della transappenninica tosco-emiliana, allora in discussione tra le direttrici Prato-Bologna e Pistoia-Bologna, con la seconda poi vincente tra gli anni ’50 e ‘60. Nel maggio 1845 fu chiamato dalla commissione per la costruzione della Pistoia-Bologna presieduta dal confratello Eusebio Giorgi ad ispezionare la Montagna Pistoiese per studiare il progetto di massima redatto dall’imprenditore Tommaso Cini e in alternativa per individuare il percorso migliore dell’infrastruttura. Tra maggio e l’estate, utilizzando un potente teodolite e costruendo una vera e propria triangolazione, Antonelli fu in grado di determinare di ogni luogo visitato l’altitudine, la distanza da Pistoia e l’ubicazione in rappresentazioni cartografiche specificamente costruite (ivi compresa la lunga galleria appenninica): grazie anche a queste precise figure d’insieme, ebbe la possibilità di rendersi conto che il progetto Cini prevedeva pendenze troppo accentuate e una galleria troppo lunga. Dopo aver inutilmente tentato, da allora e fino al 1851, di dissuadere la commissione a rivedere radicalmente il progetto, preferì interrompere ogni rapporto con i promotori della Porrettana (cfr. la sua memoria inedita in 39 carte conservata nell’ASPF, Regestum Religiosorum, 492 A, ins. 4, Sunto storico degli studi eseguiti pel passaggio dell’Appennino tra Pistoia e il piccolo Reno con via ferrata e dei resultamenti tecnici ed economici ottenuti da tali studi per quell’impresa letto alla R. Accademia dei Georgofili nell’adunanza del 2 luglio 1859), che poi venne realizzata con le sue ben note caratteristiche di linea ripida e pericolosa e “scandalosamente” costosa.
Contemporaneamente, il nostro scienziato venne chiamato in causa anche per la questione della seconda transappenninica, la Tosco-Romagnola che avrebbe dovuto servire anche e soprattutto ad unire commercialmente i due importanti porti di Livorno ed Ancona, che due diversi gruppi di promotori pensavano come Firenze-Forlì (per Pontassieve-San Godenzo-San Benedetto in Alpe) oppure in alternativa come Firenze-Faenza (per Pontassieve-Dicomano-Borgo San Lorenzo-Marradi). I possibili finanziatori della seconda soluzione nel febbraio 1846 nominarono Antonelli “consultore scientifico”, con il compito di disegnare su carta il tracciato tenendo conto delle altimetrie esatte; il nostro accettò ben volentieri, memore del fatto che “il suo maestro Inghirami, ognivolta che si era trattato di aprire una comunicazione per mezzo di strade rotabili fra Firenze e l’Adriatico verso Ravenna, era stato sempre di sentimento che a qualunque altra dovesse preferirsi quella di Marradi, se non altro per la maggiore brevità, per la solidità del suolo e la dolce esposizione e perché incontrava l’Appennino in un varco notabilmente più depresso”.
Dopo lunghe e attente ispezioni effettuate tra il marzo 1846 e la primavera 1849, e dopo la realizzazione di “una triangolazione speciale” con una équipe di giovani ingegneri suoi allievi dotati degli strumenti più perfezionati, il 7 luglio 1849 consegnò al comitato la memoria Della triangolazione e livellazione relativa allo studio generale e fondamentale di una strada ferrata da Firenze a Marradi per la più breve congiunzione del Mediterraneo all’Adriatico (è inedita in ASF, Capirotti di Finanze, f. 54): per la costruzione della linea Faentina, con il traforo di 3 miglia presso Marradi, si prevedeva la spesa di 21 milioni di lire.
Della Faentina tornò ad occuparsi – dopo l’approvazione fatta dal Governo Provvisorio Toscano – nel 1860, sulla scorta della disponibilità di una perfezionata livella Wolf che gli consentì di correggere molte quote e di suggerire alla commissione, nel mese di giugno, una prima modifica al suo progetto, per abbassare la massima elevazione e diminuire la pendenza e la lunghezza della galleria appenninica (come si ricava da una sua lettera del 18 giugno, al progetto era allegato un bell’atlante “a gran foglio delle dimensioni 1x1,33 m”); seguì, nel mese di novembre, una seconda e importante modifica per diminuire il tracciato di ben 11,5 km.
In polemica con taluni critici nei confronti della scelta di Faenza anziché di Forlì, nel 1861 pubblicò l’opuscolo Delle vere condizioni degli andamenti per via ferrata da Firenze a Ravenna per Faenza e per Forlì, ove spiegava con chiarezza anche i più importanti motivi territoriali che erano alla base di quel tracciato che “serviva tutto il Mugello”, insieme con il metodo scientifico che sottendeva il lavoro del progettista, a partire dall’utilizzazione puntuale della cartografia topo-corografica esistente (carta toscana Inghirami del 1831, carta austriaca del 1851, quadri d’unione comunali e mappe catastali) e ove necessario dalla redazione di nuove piante di speciale dettaglio. Quanto poi al profilo altimetrico, egli scrive: “ho posto in opera tutti i generi di livellazione noti fino ad oggi, che sono la trigonometrica, la geometrica, la barometrica e la ipsometrica, la quale si fonda sul noto principio fisico della ebollizione dell’acqua”.
L’opera era illustrata dalla Carta geometrica dei varj andamenti planimetrici in progetto per vie ferrate da Firenze a Ravenna per Faenza e per Forlì e – visto l’interessamento del nuovo governo italiano – sembrava in via di rapida approvazione e realizzazione, tanto che pochi mesi dopo Antonelli pubblicò una seconda memoria – anch’essa corredata di una Carta geometrica di varj andamenti planimetrici di strada ferrata da Firenze a Forlì e da Firenze a Faenza limitati alle respettive regioni dell’Appennino – in cui demoliva le ragioni dei sostenitori di altre linee romagnole in alternativa alla Faentina.
Vale la pena di sottolineare che, nella prima memoria del 1861, Antonelli arrivò anche ad esprimere la propria personale opinione circa il migliore tracciato in assoluto tra Firenze e Faenza che, anziché dirigersi in via obbligata su Pontassieve e percorrere longitudinalmente tutta la valle della Sieve fino a Borgo San Lorenzo, avrebbe potuto e dovuto – come poi avvenne con la realizzazione della linea tra gli anni ’80 e ’90 – tagliare trasversalmente da Firenze per la valle del Mugnone, fino a Pratolino, Vaglia e Borgo San Lorenzo, con notevoli risparmi di chilometraggio e di costi.
Anche nella primavera-estate 1862 l’autorizzazione sembrava prossima, tanto che Antonelli elaborò una carta itineraria di tutte le principali strade ferrate italiane già costruite o in costruzione da cui emergeva con chiarezza che la Faentina era da considerare la vera Trasversale e parte della Longitudinale. Non mancò nemmeno di presentare il problema all’Accademia dei Georgofili chiedendone il sostegno. Altra memoria di contenuto comparativistico fra tutte le linee progettate (per la quale ricevette la cittadinanza onoraria di Faenza) fu pubblicata nel 1863, come estremo e inutile tentativo di sbloccare la situazione, ciò che avverrà solo un ventennio più tardi, con la linea che sarà inaugurata nel 1893.
L’impegno in materia ferroviaria non venne meno anche per altre importanti linee, come dimostra la memoria Sulle strade ferrate da Firenze al Lago Trasimeno per Arezzo e da Siena al lago medesimo edita nel 1851 (con altra più breve memoria), che affrontava il controverso problema del tracciato della Firenze-confine pontificio al Lago Trasimeno, come primo tratto della Firenze-Roma; su questa importante linea si scontravano gli interessi di Arezzo e Siena, con le due città che volevano essere entrambe sul tracciato, e in particolare la seconda che già disponeva di linea ferroviaria per Firenze via Empoli.
Antonelli si dimostrò nettamente favorevole alla soluzione del Valdarno di Sopra per Arezzo, in sintonia col granduca Leopoldo II che, già nel 1846, aveva sottoposto l’ipotesi della ferrovia Aretina al parere del Corpo degli Ingegneri di Acque e Strade, con gli Ingegneri che nel 1848 non avevano mancato di esprimere parere favorevole, con l’avvertenza che era ancora tutto da studiare il proseguimento a sud di Arezzo: o verso il Trasimeno o verso Orvieto. Antonelli intraprese proprio questo studio, dimostrando non solo la netta preferenza per motivi tecnici e geografico-umani (riguardo cioè alla popolazione beneficiata) della linea per il Valdarno e Arezzo rispetto a quella da Siena ad Arezzo, ma anche che il percorso per il Trasimeno in direzione di Perugia fosse preferibile a quello – poi realizzato – per Orvieto. Interessante appare il suo Prospetto delle linee rette e curve e delle pendenze adottate per il progetto della via a ruotaie di ferro da Firenze per Arezzo fino al confine dello Stato Pontificio presso il Borghetto e Lago Trasimeno che è una dettagliata tabella a stampa con descrizione delle caratteristiche tecniche della linea nelle tre sezioni (Firenze-Incisa, Incisa-Arezzo e Arezzo-confine tra Granducato e Stato Pontificio).
Della Trasimeno-Perugia, Antonelli tornò a interessarsi a più riprese anche nel 1862, su committenza del comune perugino.
Altre immense fatiche Antonelli profuse inutilmente – sempre su commissione di amministrazioni pubbliche e di investitori privati – per lo studio, nel 1851-52, della ferrovia Lucca-Modena-Reggio Emilia che il nostro scienziato, dopo lunghe e scrupolose indagini sul terreno, preferì motivatamente far passare (sempre per ragioni tecniche e umane) per Barga e la Garfagnana, anziché per Bagni di Lucca e la Val di Lima e per altre vallate emiliane.
Questo progetto di massima è incentrato su 12 grandi tavole, rimaste inedite, tra planimetrie (utilizzanti come base la recente carta topografica austriaca dell’Italia centrale in scala 1.86.400) e profili altimetrici, oltre che su un quadro d’unione in scala 1:600.000, edito nella seconda memoria: questa carta è importante anche perché contiene (sempre su disegno dell’Antonelli) i vari progetti ferroviari esistenti nell’intera Italia centrale, con i possibili collegamenti tra i medesimi.
Su questa ferrovia Antonelli tornò alla fine del 1860, quando il comitato gli chiese di studiare una diramazione da Lucca per La Spezia, e nel corso del 1861, allorché fu in grado – grazie al lavoro sul terreno degli ingegneri suoi allievi Pietro Pasta e Giovanni Lazzeri Lastricati – di presentare al comitato lo studio definitivo della prima sezione relativa al tratto Lucca-Garfagnana, con la deviazione per La Spezia: il progetto era illustrato da 26 tavole di cui due d’insieme costruite sulla carta austriaca 1:86.400 del 1851 e sei particolari che utilizzavano la nuova carta topografica del Compartimento Lucchese 1:28.800, con diciotto profili. Grazie soprattutto a questo corredo grafico, la commissione si sentì in obbligo di ringraziare lo scienziato per aver fornito materiale “della massima bellezza e precisione”. Al progetto Antonelli continuò comunque a lavorare a lungo, tanto che il 19 febbraio 1862 poté trasmettere, in due grosse cartelle, “lo studio generale e fondamentale che occorse per rispondere alla nuova esigenza della diramazione per La Spezia”, con gli studi particolari, e con una carta geometrica d’insieme per la diramazione spezzina ricavata da una livellazione generale.
E, ancora, nel 1865 ebbe l’incarico dal Comune di Camaiore di progettare “un ramo ferroviario che congiungesse la Versilia a Lucca”, e dopo i consueti studi sul terreno tra il 1866 e il 1867 non mancò di elaborare un’idea progettuale per la nuova ferrovia che avrebbe dovuto varcare le colline a Montemagno e congiungersi alla Pisa-La Spezia presso Pietrasanta, con l’avvertenza però che tale linea non avrebbe potuto competere con la più breve linea Lucca-Nozzano-Massaciuccoli-Viareggio già progettata dall’ingegner Morandini.
Nel 1871 ricorderà in una lettera, con comprensibile avvilimento, l’inutile sua esplorazione – tra il 1846 e il 1864 – di ben “6 varchi dell’Appennino con le rispettive pendici fra le valli di Serchio e di Magra da una parte e tra quelle di Reno e di Secchia dall’altra”.
Nel 1852 Antonelli elaborò un progetto di massima per la mai costruita ferrovia Arezzo-Ancona per Sansepolcro e la Valtiberina (Rapporto di una strada ferrata Centrale Trasversale Italiana).
Insieme agli impegni ferroviari sono da sottolineare gli studi idraulici che iniziarono nel 1862-63, quando Antonelli, cooptato dal marchese Ferdinando Bartolomei nella Società per il Prosciugamento del Padule di Fucecchio, ebbe il compito di redigere lo studio tecnico, con l’obiettivo di ottenere in usufrutto i terreni demaniali bonificati e messi a coltura: il 16 gennaio 1863 lo scienziato presentò un’idea progettuale o “studio speciale economico” (edito l’anno successivo) prevedente la suddivisione del comprensorio palustre in sei recinti di colmata di 333 ettari, da bonificare e appoderare a mezzadria ciascuno in dieci anni. Questa idea progettuale venne confermata nell’agosto 1864, quando lo scolopio si rivolse anche alle amministrazioni locali e alle varie imposizioni idrauliche esistenti nell’area, senza però che il problema della bonifica fucecchiese venisse successivamente affrontato in modo concreto.
Nel 1869 il Comune di Orbetello chiese ad Antonelli un piano per risanare la città lagunare dalla malaria e per ripopolare di pesci la laguna che stava insabbiandosi, perché la situazione si era aggravata dopo che il responsabile dell’Ufficio di Bonificamento, Gaetano Giorgini, nel 1859 aveva chiuso uno dei due emissari dello specchio d’acqua, quello di Fibbia, per impedire il mescolamento delle acque salse con quelle dolci. Nel 1870, lo scolopio pubblicò una dettagliata e puntuale memoria storica e geografica con la quale si chiedeva la riapertura della foce di Fibbia, ciò che il governo decise immediatamente di fare.
Dopo una critica alle conclusioni dell’Antonelli avanzata dall’ingegnere del Genio Civile di Grosseto, Antonio Angeli, il nostro scienziato pubblicò nello stesso anno una seconda memoria ove con ampia documentazione dimostrava che fino all’intervento idraulico del Giorgini del 1859 Orbetello e la sua laguna avevano espresso salubrità e ricchezza di pesci.
Nel 1969 fu incaricato dalla Provincia di Grosseto della progettazione dell’arginatura in sinistra d’Ombrone – ciò che fece nel 1870 – per difendere la pianura a sud del fiume dalle ricorrenti esondazioni.
Gli studi acquedottistici riguardarono Firenze e Grosseto. Tra il 1864 e il 1869, Antonelli si occupò volontariamente del cronico problema di approvvigionamento idrico di Firenze, prevedendo l’utilizzo delle acque di falda dell’Arno e degli altri torrenti dell’area periurbana cittadina.
Nel 1867 fu la volta del Comune di Grosseto che lo incaricò della progettazione del nuovo acquedotto cittadino alimentato dalle sorgenti di Monteleone; lo scienziato, nello stesso anno, redasse un progetto di massima (conservato in copia nell’Osservatorio Ximeniano) che fu trasformato in definitivo dall’ingegner Francesco Renard direttore dell’Ufficio di Bonificamento, con l’approvazione dello stesso Antonelli nel 1869, e poi realizzato.
Lo Schizzo dell’appezzamento detto I Tenditoi e dei lavori della cava di combustibile conservato manoscritto sempre nello Ximeniano e riferibile alle miniere di lignite del Valdarno di Sopra dimostra che Antonelli si occupò episodicamente anche di mineralogia.
E’ da rilevare che l’attività di cartografo di Antonelli comprende anche la costruzione di alcune rappresentazioni topografiche amministrative (che non è stato possibile reperire): due relative alle Diocesi di Firenze con le sue tante parrocchie alla fine del 1859 su committenza del vescovo Gioacchino Limberti che con piena soddisfazione pagò al nostro la somma di 180 francesconi; e una dagli analoghi contenuti relativa alla Diocesi di Pisa per conto del vescovo Cosimo Corsi (Barsanti, 1989, p. 39).
Tra le tante pubblicazioni (di taglio scientifico e didattico) – per lo più di matematica, termologia e meteorologia, e meccanica – appare ancora oggi degna di apprezzamento l’equilibrata biografia sul maestro Inghirami edita nel 1854 (Barsanti, 1989, pp. 5 ss.; e Barsanti, a cura di, 1992, pp. 26-38).

Opere manoscritte: Sunto storico degli studi eseguiti pel passaggio dell’Appennino tra Pistoia e il piccolo Reno con via ferrata e dei resultamenti tecnici ed economici ottenuti da tali studi per quell’impresa letto alla R. Accademia dei Georgofili nell’adunanza del 2 luglio 1859 (ASPF, Regestum Religiosorum, 492 A, ins. 4);
Della triangolazione e livellazione relativa allo studio generale e fondamentale di una strada ferrata da Firenze a Marradi per la più breve congiunzione del Mediterraneo all’Adriatico (ASF, Capirotti di Finanze, f. 54);
Sull’importanza della strada ferrata romagnola preferita da Pontassieve a Faenza pel Mugello e Val di Lamone in rapporto all’agevolezza e alla brevità tanto come Trasversale da mare a mare, quanto come Longitudinale dall’Alta alla bassa Italia (6 luglio 1862), AAGF, 84, ins. 1552);
Opere a stampa: Sulle strade ferrate da Firenze al Lago Trasimeno per Arezzo e da Siena al lago medesimo, Firenze, Calasanziana, 1851;
Sulle strade ferrate Aretina e Senese, Firenze, Calasanziana, 1851;
Di una strada ferrata da Lucca a Modena per le valli di Serchio e di Secchia, Firenze, Calasanziana, 1851;
Rapporto secondo di una strada ferrata da Lucca a Reggio di Modena per le valli di Serchio e di Secchia, Firenze, Calasanziana, 1852;
Rapporto di una strada ferrata Centrale Trasversale Italiana, Borgo S. Sepolcro, s.i.t., 1852;
Sulla vita e sulle opere di Giovanni Inghirami. Memorie storiche, Firenze, Calasanziana, 1854; Delle vere condizioni degli andamenti per via ferrata da Firenze a Ravenna per Faenza e per Forlì, Firenze, Calasanziana, 1861;
Delle vere condizioni degli andamenti per via ferrata da Firenze a Ravenna per Faenza e per Forlì. Relazione alla R. Commissione incaricata di proporre la scelta di uno fra quelli ed altri analoghi andamenti di ferrovia, Firenze, Calasanziana, 1861;
Del migliore andamento per via ferrata da Firenze alla Bassa Romagna e dei rapporti del medesimo con la più breve ferrovia trasversale e longitudinale centrale italiana, Firenze, Calasanziana, 1863;
Lettera agli onorevoli rappresentanti dei Municipi e delle Deputazioni aventi causa nel Padule di Fucecchio e nel circondario d’imposizione del medesimo (con allegato il progetto economico), in Repliche ai reclami e documenti sul progetto idraulico ed economico per la bonificazione della palude di Fucecchio, Firenze, Barbera, 1864, pp. 77-89;
Sulle condizioni del Lago di Orbetello dall’anno MDCCCLIX all’anno MDCCCLXIX, Firenze, Calasanziana, 1870;
Il Lago di Orbetello. Memoria seconda, Firenze, Calasanziana, 1870.

Produzione di cartografia manoscritta:
Per il disegno di ciascuno dei progetti di nuove strade ferrate (Porrettana, Aretina per il Trasimeno, Faentina, e Lucca-Modena-Reggio con deviazione per La Spezia) – rappresentazioni planimetriche con rilievi altimetrici rimaste inedite a centinaia, spesso in copie su lucido, nell’OXF o nell’ASPF (cfr. Barsanti, a cura di, 1992, pp. 26-38) – Antonelli utilizzò sempre, come quadri d’insieme, la vecchia carta geometrica toscana in scala 1:200.000 dell’Inghirami e la nuova carta austriaca del 1851 dell’Italia centrale in scala 1:86.400 e, come basi di dettaglio, i quadri d’unione comunali e le mappe particolari del catasto geometrico toscano (e di quelli lucchese, pontificio e modenese), con l’aggiornamento e con l’integrazione (specialmente per le forme del suolo e le quote altimetriche) scaturiti da lunghi e capillari sopralluoghi e misurazioni strumentali sul terreno.
Tra le carte rimaste manoscritte spicca la Pianta topografica delle adiacenze traversate dalla linea della Centrale Italiana da Pistoia in Val di Reno. Progetto tracciato sul terreno l’anno 1857 e Profilo rilevato per diporto nel maggio dell’anno predetto di G. Antonelli, in scala 1:40.000
Tra le carte a stampa, sono da segnalare:
la Carta geometrica dei varj andamenti planimetrici in progetto per vie ferrate da Firenze a Ravenna per Faenza e per Forlì, in scala 1:200.000, incisa da Luigi Balatri nel 1861 per la prima memoria sulla Faentina dello stesso anno;
la Carta geometrica di vari andamenti planimetrici di strada ferrata da Firenze a Forlì e da Firenze a Faenza limitati alle respettive regioni dell’Appennino, in scala 1:200.000, incisa da Luigi Balatri nel 1861 per la seconda memoria sulla Faentina dello stesso anno;
e la Carta geometrica per la comparazione di vari andamenti per via ferrata nell’Italia Superiore e nella Centrale, in scala 1:600.000, incisa da Luigi Balatri.
Tutte queste rappresentazioni evidenziano le linee già costruite e quelle in progetto nel Granducato e più in generale nell’Italia centro-settentrionale.

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Riferimenti bibliografici e archivistici

Barsanti, 1989; Barsanti, a cura di, 1992, pp. 26-38; OXF; ASPF; AAGF; ASF, Capirotti di Finanze.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai

Manetti, Alessandro

Alessandro Manetti
N. Firenze 1 febbraio 1787
M. Firenze 9 dicembre 1865

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica: Ingegnere e architetto granducale, fu il principale artefice tecnico della pianificazione territoriale (bonifiche e sistemazioni fluviali, realizzazioni stradali e urbanistiche, ecc.) dell'età della Restaurazione

Biografia:
contenente una valutazione storico-economica-giuridica sulle conseguenze sociali del prosciugamento del Lago di Bientina. I lavori al canale e alla botte vennero ultimati nel 1859, anche se l’inaugurazione della grande opera avverrà dopo la caduta del Granducato, nel 1863, con la direzione del vecchio assistente Renard (Caciagli, 1984, pp. 85-101; e Barsanti, 1994, pp. 252-254).
Nel 1849, ispezionò i lavori della strada Lodovica lungo il Serchio nell’ex Ducato di Lucca e i cosiddetti Bottacci Lucchesi o recinti di depurazione utilizzati dagli ingegneri di Lucca per impedire alle torbide fluviali di insabbiare l’Ozzeri e gli altri canali emissari del Lago di Bientina, con tanto di redazione, per il ministro Giovanni Baldasseroni, della memoria Sui cosiddetti Bottacci Lucchesi che ha in allegato la Carta topografica del territorio lucchese tra il Serchio e il Lago di Bientina, che vale a localizzare tali recinti (AAADF, Fondo Manetti, Cat. F.2, ins. 8).
Dal 1850 al 1859 ricoprì ruoli di primo piano nella nuova istituzione della Direzione Generale dei Lavori d'Acque e Strade e delle Fabbriche Civili dello Stato: fu Direttore Generale, Direttore delle opere preordinate alla sistemazione delle acque di Valdichiana e Direttore dell'Uffizio per il Bonificamento delle Maremme per la parte idraulica (Cresti e Zangheri, 1978, pp. 134-135; e Di Pietro, 2005, pp. 153-154).
Una volta avuto competenze anche sulle Fabbriche Civili dette il via ad un nutrito programma di restauro di strutture monumentali (ad esempio, a Firenze, Orsanmichele, le Murate, il Bargello, Porta San Gallo, ecc.).
Nel 1852-53, sovrintese ai lavori di ampliamento del porto di Livorno, dopo che tra gli anni ’30 e ’40, come enunciato, aveva progettato ed eseguito l’ingrandimento della città di Livorno con la nuova cinta daziaria dotata di barriere, porte e dogane.
Contemporaneamente, si occupò anche di ferrovie e specialmente della transappenninica tra Firenze e Bologna via Pistoia e la Porretta a cui intese – come rappresentante toscano nella specifica commissione che comprendeva anche gli Stati Pontificio e di Modena e l’Austria – tra il 1851 e il 1859. Disegnò anche profili e planimetrie relativi ai tracciati della ferrovia Porrettana: tra le figure spicca la Strada ferrata dell’Italia Centrale. Sezione II. Tronco Toscano: 1853 – Profilo longitudinale dell’Appennino dal Fosso Faldo al Fossaccio per dimostrare l’andamento della linea ferrata, l’avanzamento dell’escavazione dei pozzi e gallerie e le qualità dei terreni componenti la Montagna in traforo (AAADF, Fondo Manetti, Cat. F.4) (Bencivenni, 1984, p. 101).
Con l’improvvisa caduta del Granducato (27 aprile 1859), Manetti – che aveva sempre operato in osmosi tecnico-politica con l’ultimo sovrano ed amico Leopoldo II – venne pressoché immediatamente (decreto del 18 maggio) destituito da tutte le cariche dal Governo Provvisorio di Bettino Ricasoli. Rimasto “libero come l’aria”, si dedicò a tempo pieno alla stesura delle sue memorie che, con il titolo di Mio passatempo, sarebbero state pubblicate con curatela dell’antico allievo e collaboratore, ingegnere architetto Felice Francolini, solo a venti anni dalla morte, nel 1885 (Barsanti, 1994, pp. 252-254 e Di Pietro, 2005, p. 176).
A quanto è dato sapere, soltanto nel 1864 Manetti fu invitato dal Comune di Firenze a tornare a impegni professionali con il far parte “della Commissione Municipale incaricata di ispezionare l’Arno dentro Firenze per proporre provvedimenti contro le alluvioni”, ma il Nostro non raccolse l’invito adducendo seri – e senz’altro motivati – problemi di salute (AAADF, Fondo Manetti, Cat. F.1, ins. 31) (Bencivenni, 1984, p. 92).
“La figura di ingegnere offerta dal Manetti acquista ulteriore spessore e profondità se si pensa al fatto che egli non si limitò a gestire la grande esperienza e la cultura tecnico-scientifica acquisita negli anni della ricordata formazione parigina. Infatti egli concepì sempre la propria professione di tecnico al servizio dello stato come di una missione per il cui assolvimento ogni nuovo apporto e ogni ampliamento delle proprie conoscenze erano indispensabili linfa vitale. Da qui l’importanza dei numerosi viaggi effettuati nel corso della sua vita e al termine dei quali minuziose relazioni, accompagnate spesso da rapidi, ma efficacissimi schizzi [di opere territoriali di ordine idraulico, stradale e ferroviario e di macchinari anche applicabili all’industria mineraria e manifatturiera], mostravano una fame di conoscenze tecniche e di interessi mai sopiti neppure negli ultimi anni della sua vita” (Bencivenni, 1990, pp. 434-436).
Nunerosi sono infatti i resoconti – di regola trasmessi al Segretario di Finanze Francesco Cempini, ma anche ai granduchi – dei viaggi d’istruzione effettuati dal Manetti nell’Arcipelago Toscano (Notizie sull’Elba ed altre Isole dell’Arcipelago del 1833) (AAADF, Fondo Manetti, Cat. F.1, ins. 11), nell’Italia settentrionale ed Europa. Trattasi di Notizie prese in Lombardia sulla coltivazione del riso del giugno 1818 (con pianta e profilo di una risaia nell’azienda Critulzi presso Locate), e Appunti presi sul Naviglio che da Milano va a Pavia (con schizzi dell’idrovia e dei suoi sostegni), memorie indirizzate al granduca Ferdinando III; Ricordi sulle Saline del Tirolo, Baviera ed Austria del 1828 (con schizzi di fabbriche e macchinari); Rendiconto a S. A. I. e R. il Granduca di Toscana sugli studi e le osservazioni effettuati durante il viaggio in Francia nell’agosto-settembre 1830 (con 12 tavole di disegni di strade e ponti, canali e chiuse, pozzi artesiani) (AAADF, Fondo Manetti, Cat. F.9); Notizie sulle strade dello Spluga e dello Stelvio (AAADF, Fondo Manetti, Cat. F.1, inss. 5-6, 8 e 24 rispettivamente); Viaggio in Austria e in Sassonia nell’autunno 1839 (AAADF, Fondo Manetti, Cat. F.2, ins. 6); Escursione in Olanda nell’autunno 1844 (con mappe e disegni in tema di bonifiche e canali) (AAADF, Fondo Manetti, Cat. F.10); Rapporto della perlustrazione eseguita nell’ottobre 1845 ad alcuni lavori di pubbliche costruzioni nella Provenza e nella Linguadoca (con mappe e disegni di opere di bonifica e canali) (AAADF, Fondo Manetti, Cat. F.14) (Bencivenni, 1984, pp. 89-91, 100, 103 e 106).
Nei comprensori delle grandi bonifiche in corso di esecuzione (specialmente Valdichiana, Maremma e Bientina), Manetti curò in modo minuzioso la conoscenza geografica e cartografica del territorio dove si doveva operare o si stava operando, come dimostrano le cartografie topografiche e i profili di livellazione redatti sotto la sua direzione (non pochi disegni sono firmati dai suoi principali collaboratori Francesco Renard e Baldassarre Marchi: ad esempio, la livellazione della Chiana, dell’Arno e della Sieve di Renard del 1848, in D.10; la livellazione dei laghi di Bientina e Massaciuccoli fino al mare e al lago di Fucecchio di Marchi del 1841, in E.6) (Bencivenni, 1990, p. 445).
Una produzione immensa, quella cartografica del Manetti, che negli ultimi anni della sua vita egli aveva elencato in un Indice della collezione di carte relative alla Chiana alla Maremma ed a Bientina (Bencivenni, 1984, p. 59). Solo nell’Archivio Lorena di Praga (SUAP, RAT) “vi sono ancora centinaia di documenti appartenenti al Manetti” di tipo cartografico, del genere: Carta della dislocazione degli ispettori, sotto ispettori, ingegneri e aiuti-ingegneri dipendenti dai compartimenti di Firenze, Pisa, Siena, Arezzo e Grosseto, 1848; Carta geografica di parte del Granducato di Toscana e dello Stato della Chiesa, delineata specialmente per lume e regola dei progetti riguardanti la strada di commercio per unire i due mari, 1830 circa; Progetto della strada di ferro da Livorno a Firenze, fine anni ’30 del XIX secolo; e Pianta geometrica della città di Livorno e progetto artistico della sua sistemazione generale, 1849 (Zangheri, 1984, p. 30).
Particolarmente significativa la serie in stampa litografica dell'Imperiale e Reale Laboratorio di Cartografia costituito da Leopoldo II, prodotta dal 1828 al 1859 Padule di Castiglione della Pescaia, con le diverse figure che vengono comparate per mettere a fuoco i risultati della bonifica ottenuti in 25-30 anni di lavori.
Nutrito il corpo cartografico relativo alla Valdichiana, a comprendere: la già ricordata Carte de la vallée de la Chiana située entre l’Arno et le Tibre, stampata nel 1819; le due figure della pianura di Val di Chiana, ovvero la Mappa idraulica con i lavori di bonifica in corso nel 1823 e la Livellazione generale delle Chiane eseguita per la prima volta negli anni 1820 e 1821 con la Veduta di una colmata composta di due recenti (edite, con l’incisione di Stanislao Stucchi, nel volume Carte idrauliche dello stato antico e moderno della Valle di Chiana e livellazione generale dei canali maestri della medesima con un saggio sulla storia del suo bonificamento e sul metodo con cui si eseguiscono le colmate del 1823, insieme con la riproduzione semplificata della carta di Antonio Ricasoli del 1551, utilizzata per un confronto con il presente); la Carta che dimostra il corso della Chiana fra il Tevere e l'Arno, in Sulla stabile sistemazione delle acque di Val di Chiana (Firenze, Bencini, 1840) che, rispetto alla rappresentazione del 1823, offre un maggior dettaglio riguardo agli affluenti di sinistra della Chiana; la carta Corso dell’Arno e dei suoi influenti allegata al Profilo di livellazione della Chiana e dell’Arno dall’argine di separazione presso Chiusi sino al mare e della Sieve da San Piero a Sieve sino al suo sbocco in Arno, rilevato colla direzione di Alessandro Manetti... dall’ing. Francesco Renard..., edito a Firenze nello Stabilimento Bellamy, 1848 (AAADF, Fondo Manetti), che intende dimostrare la giustezza della tesi del Manetti per cui i lavori di bonifica in Valdichiana non erano responsabili dei diffusi allagamenti prodotti dall’Arno nell’occasione dell’inondazione del 1844: infatti, a differenza dei fondivalle del Mugello e del Casentino, completamente invasi dalle acque, la Valdichiana mostra limitatissime esondazioni nei Prati sotto la collina di Brolio e, di fronte, tra la Fattoria di Foiano e quella di Pozzo; la Carta della Valle di Chiana nell’anno 1849. Tav. I, che registra sia lo stato di fatto e sia il programma dei lavori da realizzare mediante tracciati a puntini, rappresentando per la prima volta un progetto complessivo per la stabile sistemazione delle acque della valle, e la Tav. II, ovvero un disegno tematico che rappresenta le quattro ipotesi di bonifica esaminate nella memoria, cioè quelli del Torricelli degli anni ’40 del XVII secolo, del Fossombroni del 1789, del Manetti del 1838 e infine del Paleocapa del 1845 (che intendeva limitare l’aggiunta della bietta di terra fossombroniana alla parte centrale della valle), in Sulla sistemazione delle acque della Valdichiana e sul bonificamento delle Maremme (Firenze, Benelli, 1849) (Di Pietro, 2005, pp. 150-152, 162, 167 e 168-169).

Produzione scientifica:
Carte idrauliche dello stato antico e moderno della Valle di Chiana e livellazione generale dei canali maestri della medesima con un saggio sulla storia del suo bonificamento e sul metodo con cui si eseguiscono le colmate, Firenze, Molini, 1823;
Lettera a S. E. il Sig. Cav. Vittorio Fossombroni sopra alcuni ripari d’un genere non molto usitato in Toscana (1824), che si eseguiscono per ottenere la regolare inalveazione dell’Arno nella pianura aretina, in Raccolta d’autori italiani che trattano del moto dell’acque, Bologna, Marsigli, 1824, III, pp. 323-330;
Descrizione delle macchine pei trafori modenesi o artesiani e dei pozzi forati in Toscana dal 1829 al 1833, Firenze, Tip. all’Insegna di Dante, 1833;
Sulla stabile sistemazione delle acque di Valdichiana. Memoria, Firenze, Bencini, 1840;
Delle opere eseguite per l’ampliamento della città e porto franco di Livorno dall’anno 1835 all’anno 1842, Firenze, Le Monnier, 1844;
Alcune parole sulla istituzione del Corpo degli Ingegneri di acque e Strade specialmente per ciò che concerne il servizio delle Comunità, Firenze, Benelli, 1848;
Memoria sulla sistemazione della Valdichiana e sul bonificamento delle Maremme, Firenze, Cecchi, 1849;
Esame della parte idraulica del Rapporto presentato il 6 dicembre 1859 dall’Ispettore A. Salvagnoli Marchetti, Firenze, Bencini, 1860;
Mio passatempo, a cura di Francolini Felice, Firenze, Carnesecchi, 1885.

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:
Pianta della città di Tolone, 1814 (AAADF, Fondo Manetti, Cat. B, tav. 28v);
Planimetria in due tavole del monastero di S. Benedetto in Arezzo, con Angelo Lorenzo de' Giudici, prima metà del XIX secolo (ASF, Miscellanea di Piante, nn. 22-23);
Piante e sezioni della Strada Militare da Viareggio alla Spezia, con l'ingegnere estense Giuseppe Manzotti, 1828 (ASP, Camera di Soprintendenza Comunitativa, ff. 320 e 559);
Pianta topografica con alcuni edifici siderurgici della Magona granducale, 1828-29 (ASF, Miscellanea di Piante, n. 278g);
Follonica con il suo “piano di fabbricazione”, 1830-31 (ASF, Segreteria di Gabinetto Appendice, f. 204);
Padule di Castiglione e sue adiacenze nel 1853; Padule di Castiglione e sue adiacenze nel 1859, 1:60.000 (AAADF, Fondo Manetti, n. 11.1-2); N. 5 piante del Padule di Castiglione e sue adiacenze con l’indicazione delle cinque fasi di bonifica previste a partire dal 1845-46; Padule di Castiglione della Pescaia, litografia del 1849 (AAADF, Fondo Manetti, Cat. C.10, tav. 11.5);
Mappa della pianura di Scarlino, 1:45.000 e Mappa topografica della pianura di Scarlino colla indicazione dei circondari d’imposizione dei fiumi e fossi che la bagnano, 1830-40 (AAADF, Fondo Manetti, Cat. C.10, tavv. 3/a-b);
Mappa dell’antico stagno di Piombino ed adiacenze, 1:25.000(AAADF, Fondo Manetti, Cat. C.10, tav. 4/a);
Mappa topografica della pianura di Cornia che comprende i circondari d’imposizione dei fiumi e fossi che irrigano la pianura medesima, 1830-40, scala 1:15.000 (AAADF, Fondo Manetti, Cat. C.10, tav. 4/c);
Pianta dei tenumenti del Rimigliano e del Bracciolo ceduti dall’Uffizio di Bonificamento a quello delle Regie Possessioni, 1853 (AAADF, Fondo Manetti, Cat. C.10, tav. 4/b);
Progetto per una conduttura di acque potabili dall’Argentale alla Città di Orbetello, con 11 tavole del progettato acquedotto che dal convento dei Passionisti dell’Argentario scendeva a Terrarossa e attraversava la laguna su ponte canale con strada: tra le figure, Pianta del Monte Argentale. Lucidata dalle mappe del catasto in scala 1:50.000 e la Pianta di Orbetello con le condotte e le fontane del nuovo acquedotto fino a Piazza d’Arme, 1840 circa (AAADF, Fondo Manetti, Cat. F.18) (Bencivenni, 1984, fig. 79 e pp. 107-108);
Progetto della cinta daziaria di Livorno, con la collaborazione dell’ingegnere Carlo Reishammer, 1834-35 (AAADF, Fondo Manetti, Cat. F.2, ins. 3);
Pianta del Porto di Livorno quale risulterebbe secondo il Progetto Manetti del 22 Agosto 1850 (AAADF, Fondo Manetti, Cat. F.1, ins. 26) (Bencivenni, 1984, pp. 94-99);
Piante e prospetti (36 tavole) con relazione del 1835-1842, edite in Delle opere eseguite per l'ingrandimento della città e porto franco di Livorno..., Firenze, Le Monnier, 1844, con Francesco Renard e gli incisori Carlo Chirici e Luigi Balatri (ASP, Piante dell'Ufficio Fiumi e Fossi, n. 223);
Carte de la vallée de la Chiana située entre l’Arno et le Tibre, disegno di Jacopo Frilli e Alessandro Manetti, stampa a Firenze di Leonardo Ciardetti, 1819;
Livellazioni del Canale Maestro della Chiana fatte dagli Ingegneri Salvetti e Manetti la 1° nell'anno 1769 la 2° nell'anno 1820 e Mappa idraulica della Pianura di Val di Chiana esprimente i lavori di bonificazione che sono in attività nell'anno 1822, in Operazioni idrauliche eseguite in Val di Chiana dall'Ingegnere Alessandro Manetti a tutto l'anno 1821 (ASF, Piante della Direzione Generale dell’Ufficio delle Acque e Strade, c. 1806), in 5 volumi rilegati;
Tavole Stato antico della Valle di Chiana al tempo di Cosimo I de’ Medici duca di Firenze. Quale si rileva dalla pergamena originale annessa alla perizia del 1551 che fu diretta da Messer Antonio de’ Ricasoli allora Soprintendente Generale alla Bonificazione delle Chiane; Mappa idraulica della pianura della Val di Chiana esprimente i lavori di bonificazione che sono in attività nell’anno 1823 (in un riquadro, la Carta che dimostra il corso della Chiana fra il Tevere e l'Arno); e Livellazione generale delle Chiane eseguita per la prima volta negli anni 1820 e 1821, in opera a stampa Carte idrauliche dello stato antico e moderno della Valle di Chiana e livellazione generale dei canali maestri della medesima con un saggio sulla storia del suo bonificamento e sul metodo con cui vi si eseguiscono le colmate (Firenze, Molini, 1823; e ASF, Piante della Direzione Generale dell’Ufficio delle Acque e Strade, c. 1806);
Carta che dimostra il corso della Chiana fra il Tevere e l'Arno, Profilo del Canal Maestro della Chiana dalla Chiusa dei Monaci al Callone di Valiano rilevata dall’Ingegner Salvetti nel 1769 e copiata dalle tavole a corredo delle Memorie idraulico-storiche pubblicate nel 1789, Sezioni trasversali dei fiumi Salarco, Foenna, ed Esse, in opera a stampa Sulla stabile sistemazione delle acque di Val di Chiana (Firenze, Bencini, 1840);
Due Tavole Grafici delle livellazioni della Chiana previste dal Torricelli sec. XVII, Fossombroni sec. XVIII, Progetto del 1838, Progetto del Paleocapa 1845; Carta della Valle di Chiana nell’anno 1849, in Sulla sistemazione delle acque della Valdichiana e sul bonificamento delle Maremme (Firenze, Benelli, 1849);
Quattro tavole del Profilo di livellazione della Chiana e dell’Arno dall’argine di separazione presso Chiusi sino al mare e della Sieve da San Piero a Sieve sino al suo sbocco in Arno, rilevato colla direzione di Alessandro Manetti... dall’ing. Francesco Renard..., edito a Firenze nello Stabilimento Bellamy, 1848, con Corso dell’Arno e dei suoi influenti, 1848 (AAADF, Fondo Manetti) (Di Pietro, 2005, p. 167);
Pianta generale della pianura pisana [tra l’Arno e Livorno]. Divisa in 27 rettangoli in scala 1:17241, 1840 (AAADF, Fondo Manetti, Cat. E.5);
Progetto Manetti del 1842. Andamento del nuovo Emissario del Canale Imperiale presso Vicopisano fino al Calambrone, profilo in cinque fogli (AAADF, Fondo Manetti, Cat. E.9);
Alzato, pianta e veduta a volo di uccello di un ponte “da costruire sull’Arno sotto corrente alla botte in cui passerà il canale essiccatore del Lago di Bientina, per servire ad una nuova via che ponga in diretta comunicazione Le Fornacette con Vicopisano, il Bientinese e Lucca” (AAADF, Fondo Manetti, Cat. E.14);
Varianti al Progetto del 1842 per la Fabbrica delle Cateratte e Botte, 1853 (AAADF, Fondo Manetti, Cat. E.10);
Pianta del corso dell’Arno presso San Giovanni alla Vena con l’attraversamento del nuovo emissario di Bientina (AAADF, Fondo Manetti, Cat. E.3, n. 4);
Pianta geometrica indicante l’andamento e la situazione dei Fossi e Strade presso le Fornacette in scala 1:2500 (AAADF, Fondo Manetti, Cat. E.12, ins. 13);
Mappa generale dei Paduli di Bientina, Fucecchio e Maciuccoli in scala 1:40.000, con profili e sezioni e Relazione sul prosciugamento del Lago di Bientina, 1864 (AAADF, Fondo Manetti, Cat. E.1, n. 1) (Bencivenni, 1984, pp. 80-81, 84, 88);
Pianta Rettificazione dell’Arno, situazione della Botte, dei Magazzini e del canale Essiccatore di Bientina, anni ’50 del XIX secolo (AAADF, Fondo Manetti, cat. E.6, tav. 12);
Carta topografica del territorio lucchese tra il Serchio e il Lago di Bientina, con localizzazione dei “bottacci lucchesi”, 1849 (AAADF, Fondo Manetti, Cat. F.2, ins. 8);
Pianta della Toscana settentrionale – con utilizzazione della base a stampa di Giovanni Inghirami del 1831 – con disegno dei territori inondati dall’Arno nel 1844 e con elenco delle pescaie sul fiume esistenti nel Compartimento di Firenze, a partire da quella di Monte sotto Ponte a Buriano (AAADF, Fondo Manetti, Cat. F.2, ins. 7);
Carta della Garfagnana in otto fogli e quadro d’unione, con il tracciato “per la comunicazione rotabile tra Camporgiano e il Fivizzanese” (AAADF, Fondo Manetti, Cat. F.17) (Bencivenni, 1984, p. 101);
Strada ferrata dell’Italia Centrale. Sezione II. Tronco Toscano: 1853 – Profilo longitudinale dell’Appennino dal Fosso Faldo al Fossaccio per dimostrare l’andamento della linea ferrata, l’avanzamento dell’escavazione dei pozzi e gallerie e le qualità dei terreni componenti la Montagna in traforo (AAADF, Fondo Manetti, Cat. F.4);
Pianta del Lago di Haarlem in Olanda in scala 1:60.000, autunno 1844 (AAADF, Fondo Manetti, cat. F.1, tav. 10).

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Meini, 1867; Tartini, 1838; Bencivenni, 1984; Bencivenni, 1990; Pertempi, a cura di, 1990, pp. 47-52; Giuntini, 1989; Rombai, Toccafondi e Vivoli, 1987, pp. 68-69, 208; Barsanti, 1987, p. 87; Barsanti, 1992, p. 70; Barsanti, 1994, pp. 237-256; Cresti e Zangheri, 1978, pp. 134-135; Caciagli, 1984, pp. 85-101; Caciagli e Castiglia, 2001, pp. 444 e 518-520; Di Pietro, 2005; Zangheri, 1984; Pesendorfer, a cura di, 1987, pp. 58, 94, 99, 105, 110, 112, 115-121, 134-140, 150, 176, 182, 189, 192-195, 197, 201, 207-213, 215, 241, 246, 249, 257, 261, 267, 269-172, 274, 276, 286, 297, 307, 344, 368, 391, 396, 400, 427-432, 435, 472, 494-500 e 510; ASF, Soprintendenza alla Conservazione del Catasto poi Direzione Generale delle Acque e Strade; ASF, Piante della Direzione Generale dell’Ufficio delle Acque e Strade; ASF, Ufficio di Bonificamento delle Maremma; ASF, Segreteria di Gabinetto Appendice; ASF, Miscellanea di Piante; AAADF, Fondo Manetti; ASGr, Ufficio del Bonificamento della Maremma; ASP, Camera di Soprintendenza Comunitativa; ASP, Piante dell'Ufficio Fiumi e Fossi.

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai

Luder, Johann

Johann Luder
N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:
Nel 1711, il frate cappuccino austriaco Johann Luder di St. Wolfgang (come egli si firma) presentava al granduca Cosimo III dei Medici – come da commissione – la raccolta di Vedute delle Montagne Pistoiesi, consistente in 12 rappresentazioni paesistiche finemente disegnate a penna e acquerellate che inquadrano in modo sistematico, con ampiezza e profondità, sezione per sezione, tutta la subregione montana pistoiese tra le alte valli di Lima-Sestaione, Limestre e Reno (in ASF, Piante dei Capitani di Parte Guelfa, cartone XXV).
A prima vista, questi prodotti pittorico-vedutistici sembra che non abbiano niente a che vedere con la cartografia, riallacciandosi al genere della veduta che, anche a Firenze e in Toscana, tra Sei e Settecento – rispetto alla produzione rinascimentale e manieristica – stava mostrando un evidente salto di qualità in realismo e introduzione di componenti decorative e pittoresche, che anticipano il vedutismo settecentesco: e ciò, grazie all’arrivo a Firenze di alcuni artisti stranieri, come il polacco Pandolfo Reschi e soprattutto l’olandese Gaspar Van Wittel, solito usare un supporto cartaceo con formato basale doppio dell’altezza, tale da consentirgli “ampie inquadrature panoramiche nitide nel segno, felici per rigore compositivo e per qualità narrative e documentarie” (Tongiorgi Tomasi, Tosi, Tongiorgi, 1990, p. 13 segg.; Cantelli et alii, 2004; e Chiarini e Marabottini, 1994).
Tra l’altro, proprio alla fine del XVII secolo risale la raccolta del non meglio noto architetto e pittore Antonio Ruggieri, consistente in 32 raffinati ritratti panoramici a penna con acquerello dei centri abitati grandi e piccoli dello Stato Senese, incastonati ciascuno nel suo ambiente morfologico e agrario. Pure tale piccolo atlante sembra sia stato prodotto per il bisogno di conoscenza a fini politico-territoriali di Cosimo III, sempre interessato alle rappresentazioni geografico-descrittive e cartografiche, che ne fu evidentemente il committente, ed è rimasto finora stranamente inedito in BNCF (Palatino, C.B. 4-80, Città e castelli del Senese). Le tavole sono corredate di essenziali didascalie relative alle principali emergenze edilizie e architettoniche (di interesse religioso, civile e militare) rappresentate con precisione veristica e puntualmente localizzate nei tessuti urbani con specifici richiami alfabetici.
Ma rispetto a tali figure contemporanee considerate dagli studiosi di genere ai vertici qualitativi della produzione toscana coeva, la valenza per così dire topografica delle rappresentazioni di Luder appare ancora più straordinaria, e si giustifica con l’obiettivo politico dell’operazione, volta ad una sistematica esplorazione della subregione appenninica pistoiese: fine dimostrato anche dagli innumerevoli richiami numerici presenti nelle tavole, che finiscono con il dare speciale significato ai luoghi (sedi abitate, corsi d’acqua, strade, cime e valichi montani nella loro configurazione morfologica e nelle loro destinazioni d’uso agrarie e forestali).
Tra tutte, particolarmente significativa appare la Veduta fatta di Monte Lattaia verso Fiorenza, Prato e Pistoia, con tutta la conca (tra Pistoia-Prato-Fiesole-Firenze-Poggio a Caiano e il Montalbano) che, con le sue tante varietà paesistico-ambientali, si apre nitida davanti agli occhi del pittore paesaggista che si raffigura intento a disegnare da un luogo panoramico della Montagna, sulla vecchia strada mulattiera per Modena.
Il fatto è che, con la raccolta di Luder, siamo di fronte alla chiara presa di coscienza dell’impossibilità della tecnica cartografica primo-settecentesca (ma questo stesso convincimento si ripresentò pure alla fine degli anni ’80, quando il matematico Pietro Ferroni, incaricato della progettazione della strada rotabile tra Firenze e la Romagna, non esitò ad assumere l’esperienza di lavoro e il prodotto del monaco cappuccino come modello, facendo disegnare ai due pittori paesaggisti fiorentini Antonio Fedi e Francesco Mazzuoli, inquadratura per inquadratura, l’ampio quadrante montano tirrenico e adriatico compreso fra Mugello-Val di Sieve e Valtiberina) di restituire la conformazione orograficamente tormentata dell’ambiente appenninico. Da qui, dunque, la lucida decisione di ricorrere al vedutismo (che diventa così strumento geopolitico al servizio del principe) per contribuire a risolvere problemi complessi funzionali alle pratiche amministrative del governo granducale: vale a dire, l’esigenza di individuare la direttrice più adatta alle operazioni di progettazione di una grande strada rotabile transappenninica come la Pistoia-Modena.

Produzione scientifica:

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:
Rombai e Romby, 1987; Rombai e Romby, 1988; Rombai, a cura di, 1993, pp. 70-72; Tongiorgi Tomasi, Tosi e Tongiorgi, 1990, pp. 12, 85 e 113; Cantelli et alii, 2004; Chiarini e Marabottini, 1994; ASF, Piante dei Capitani di Parte Guelfa

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai

Inghirami, Giovanni


N.
M.

Relazioni di parentela:

Ente/istituzione di appartenenza:
Qualifica:

Biografia:

Produzione scientifica:

Produzione di cartografia manoscritta:

Produzione di cartografia a stampa:

Fonti d’archivio:

Bibliografia:

Rimandi ad altre schede:

Autore della scheda: Leonardo Rombai